lunedì, Marzo 18, 2024
Criminal & Compliance

Cass.Pen., Sez. V, 8 settembre 2021, n. 33219 sul reato di diffamazione mediante whatsapp

La massima

Le affermazioni lesive dell’onore e del decoro della persona offesa enunciate sullo status di whatsapp posso integrare il reato di diffamazione qualora i contenuti ivi presenti siano visibili ai contatti presenti in rubrica” (Cass.pen., sez. V, 8.9.21, n. 33219).

Il caso

La pronuncia in esame origina dal ricorso per Cassazione presentato dal difensore dell’imputato contro la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Caltanissetta, la quale ha confermato l’affermazione di responsabilità dello stesso per il reato di diffamazione commesso pubblicando nel proprio stato di Whatsapp contenuti lesivi della reputazione della persona offesa e, in riforma della decisione del Tribunale, ha concesso la sospensione condizionale della pena. I motivi del gravame concernano vizi argomentativi in merito all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio e vizi motivazionali e violazione di legge in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena.

La motivazione

In via preliminare la Corte rileva l’inammissibilità del primo motivo per genericità, così come risulta inammissibile per novità la questione inerente alla possibilità di escludere la visione dello stato a tutti o ad alcuni dei contatti presenti, con conseguente limitazione della diffusività delle affermazioni diffamatorie. L’aver pubblicato sul proprio status whatsapp espressioni lesive e diffamatorie integra difatti il reato di diffamazione, potendo tali affermazioni essere lette da tutti i soggetti presenti nella rubrica dell’imputato e dotati dell’applicazione.

Per quanto attiene al secondo motivo la Suprema Corte rileva che: “Non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione”.

Conseguentemente la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Ha inoltre condannato l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile liquidate in complessivi euro 3.000,00, oltre accessori di legge.

La sentenza è qui disponibile Cass.pen., sez. V, 8.9.21, n. 33219

Francesco Martin

Dopo il diploma presso il liceo classico Cavanis di Venezia ha conseguito la laurea in Giurisprudenza (Laurea Magistrale a Ciclo Unico), presso l’Università degli Studi di Verona nell’anno accademico 2016-2017, con una tesi dal titolo “Profili attuali del contrasto al fenomeno della corruzione e responsabilità degli enti” (Relatore Chia.mo Prof. Avv. Lorenzo Picotti), riguardante la tematica della corruzione e il caso del Mose di Venezia. Durante l’ultimo anno universitario ha effettuato uno stage di 180 ore presso l’Ufficio Antimafia della Prefettura UTG di Venezia (Dirigente affidatario Dott. N. Manno), partecipando altresì a svariate conferenze, seminari e incontri di studi in materia giuridica. Dal 30 ottobre 2017 ha svolto la pratica forense presso lo Studio dell’Avv. Antonio Franchini, del Foro di Venezia. Da gennaio a luglio 2020 ha ricoperto il ruolo di assistente volontario presso il Tribunale di Sorveglianza di Venezia (coordinatore Dott. F. Fiorentin) dove approfondisce le tematiche legate all'esecuzione della pena e alla vita dei detenuti e internati all'interno degli istituti penitenziari. Nella sessione 2019-2020 ha conseguito l’abilitazione alla professione forense presso la Corte d’Appello di Venezia e dal 9 novembre 2020 è iscritto all’Ordine degli Avvocati di Venezia. Da gennaio a settembre 2021 ha svolto la professione di avvocato presso lo Studio BM&A - sede di Treviso e da settembre 2021 è associate dell'area penale presso MDA Studio Legale e Tributario - sede di Venezia. Da gennaio 2022 è Cultore di materia di diritto penale 1 e 2 presso l'Università degli Studi di Udine (Prof. Avv. Enrico Amati). Nel luglio 2022 è risultato vincitore della borsa di ricerca senior (IUS/16 Diritto processuale penale), presso l'Università degli Studi di Udine, nell'ambito del progetto UNI4JUSTICE. Nel dicembre 2023 ha frequentato il corso "Sostenibilità e modelli 231. Il ruolo dell'organismo di vigilanza" - SDA Bocconi. È socio della Camera Penale Veneziana “Antonio Pognici”, e socio A.I.G.A. - sede di Venezia.

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