Contrasto tra Consiglio di Stato e Consiglio di giustizia amministrativa: gravi illeciti professionali
A cura di Pasquale La Selva
La giustizia amministrativa torna a pronunciarsi sul disposto dell’art. 80 Codice dei contratti pubblici (motivi di esclusione dalla gara), dopo che la sezione V del Consiglio di Stato aveva preso una posizione completamente rivoluzionaria in controtendenza rispetto al vecchio orientamento giurisprudenziale, relativamente alla tassatività dell’elencazione dei motivi di esclusione.
A pronunciarsi questa volta è il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana[1].
Nel caso di specie la s.r.l. Emanuele Fiore Mancini impugnava dinanzi al TAR Sicilia il provvedimento della stazione appaltante con il quale veniva disposta la revoca dell’aggiudicazione provvisoria in suo favore della gara relativa alla fornitura biennale di dispositivi per la biopsia prostatica (aghi ecogeni), nonché l’aggiudicazione alla Gimas s.r.l., seconda classificata.
La revoca disposta dalla stazione appaltante era stata giustificata alla luce dell’art. 80 Codice dei contratti pubblici, dato che la ricorrente aveva subito poco prima una risoluzione per inadempimento di un diverso contratto di fornitura di dispositivi medici.
In sostanza la ricorrente adduceva che la risoluzione del precedente contratto non poteva integrare una fattispecie rientrante nei gravi illeciti professionali quale causa giustificativa della revoca della nuova aggiudicazione, in quanto era stata impugnata davanti al Tribunale civile di Termini Imerese (udienza di citazione 25/2/2018), mentre l’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 presuppone che la risoluzione per inadempimento non sia stata contestata in giudizio.
Il giudice di prime cure, ritenendo che l’elencazione proposta dall’art. 80 non fosse tassativa, bensì meramente esemplificativa, rilevando così il rapporto fiduciario tra amministrazione ed operatore economico, aveva infatti così stabilito: «l’inadempimento (incontestato) posto in essere dalla ricorrente in ordine al precedente contratto di forniture ha dato luogo non solo alla risoluzione del contratto (oggetto di contestazione davanti all’a.g.o.), ma anche all’applicazione di una penale, rispetto alla quale non vi è contestazione nell’an, ma solo nel quantum».
Il Tribunale adito, con sentenza in forma semplificata respingeva il ricorso, arrivando così la vexata quaestio dinanzi al supremo giudice della giustizia amministrativa siciliana.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione siciliana in prima battuta ragionava sul motivo di esclusione della stazione appaltante, appoggiando il ragionamento effettuato dalla ricorrente, ovvero che la lettera dell’art. 80 prevede che l’esclusione ai sensi del comma 5, lett. c) sia valida quando l’accertamento dei gravi illeciti professionali, come motivo di risoluzione per inadempimento di un contratto, non sia contestata in giudizio, cosa che invece la ricorrente aveva fatto dinanzi al giudice civile.
Tutto ciò però non esenta toutcourt la società esclusa dal campo di applicazione dell’art. 80, in quanto la norma in questione, la cui elencazione è meramente esemplificativa (ci tiene a precisare il giudice amministrativo), consente l’esclusione, invero, al di là delle tipizzazioni che pur ne costituiscono il nucleo (al cospetto delle quali opera un meccanismo di tipo presuntivo), anche in tutti i casi in cui «la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.»
Ne consegue che ad un’impresa non basta aver contestato in giudizio la risoluzione contrattuale subìta per porsi completamente al riparo, per tutta la durata, del processo, dal rischio di esclusioni da gare d’appalto indotte dalla relativa vicenda risolutoria, in quanto nulla toglie alla stazione appaltante il potere di dimostrare comunque «con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità» confermando così l’orientamento disposto dalla Sez. V del Consiglio di Stato, espresso con sentenza 2 marzo 2018, n. 1299.
Tuttavia, la stazione appaltante non si è riservata di addurre ulteriori motivi di esclusione, per tale ragione, il supremo giudice amministrativo siciliano ha accolto il ricorso riformando la sentenza impugnata, provocando così l’annullamento dell’atto di revoca della stazione appaltante.
Ordunque, resta da osservare che manca una linea di continuità tra le interpretazioni del Consiglio di Stato ed il Consiglio di giustizia amministrativa, in quanto il primo riconosce come meramente esemplificativa soltanto la disposizione “gravi illeciti professionali”, mentre il secondo considera come ugualmente esemplificativa tutta la disposizione e l’elencazione dell’art. 80.
Il Consiglio di Stato riconosce infatti che la stazione appaltante possa escludere l’operatore economico alla luce della tassativa elencazione contenuta nella norma, ma che questa possa riservarsi in taluni casi la possibilità di individuare ulteriori fattispecie ipotetiche di “gravi illeciti professionali”. Il Consiglio di giustizia amministrativa invece, riconoscendo tutta la norma come meramente esemplificativa, starebbe implicitamente riconoscendo alle stazioni appaltanti una sconfinata discrezionalità, e ciò nella pratica non comporterebbe altro che una maggiore sindacabilità dei provvedimenti di esclusione emessi, aumentando così in maniera considerevole il contenzioso.
L’ingiustificato raggio di azione della discrezionalità amministrativa dunque snaturerebbe considerevolmente una norma di per sé già complessa ed articolata, ed inoltre causerebbe non pochi problemi agli operatori economici, che dovrebbero preoccuparsi, alla luce di questa interpretazione, non solo di non ricadere nei casi tassativamente elencati dall’art. 80, ma altresì di non ricadere in ulteriori ipotesi rimesse alla mera discrezionalità amministrativa, giungendo così al risultato tanto temuto: l’esclusione dalla gara.
A questo punto resta da chiederci quale sia la sorte dell’interpretazione dell’articolo 80, e come si debba risolvere il contrasto tra Consiglio di Stato e Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana: basterebbe ricondurre in maniera analogica il conflitto ad un mero contrasto tra giudici, o si dovrebbe comunque tenere conto della posizione di specialità del supremo giudice amministrativo siciliano?
[1] C.G.A.R.S. 30 aprile 2018, n. 242
Pasquale La Selva nasce a Napoli il 22 Febbraio 1994.
Ha conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” con tesi in Diritto Amministrativo dal titolo “Il socio pubblico e la golden share”, a relazione del Prof. Fiorenzo Liguori, ed ha conseguito, presso il Dipartimento di Scienze Politiche dello stesso Ateneo la laurea magistrale in Scienze della Pubblica Amministrazione, con una tesi sulle “competenze e poteri di ordinanza tra Stato, Regioni ed Enti Locali nell’emergenza sanitaria” a relazione del Prof. Alfredo Contieri.
Pasquale ha conseguito anche un Master di II livello in “Compliance e Prevenzione della Corruzione nei settori Pubblico e Privato” presso l’Università LUMSA di Roma, con una tesi sulla rotazione del personale quale misura anticorruttiva.
Pasquale è direttore del Dipartimento di diritto amministrativo di Ius in itinere ed è praticante avvocato.
Durante il periodo degli studi, Pasquale è stato anche un cestista ed un atleta agonista: detiene il titolo regionale campano sui 400 metri piani della categoria “Promesse” dell’anno 2016, è stato vice campione regionale 2017 della categoria “assoluti” sulla stessa distanza, ed ha partecipato ad un Campionato Italiano nel 2016.
Contatti: pasquale.laselva@iusinitinere.it