Criptovalute: rimedio o danno per la crisi economica del Venezuela
Le criptovalute stanno emergendo a livello mondiale come metodo di pagamento virtuale alternativo alle tradizionali monete fisiche. L’Unione Europea nella sua direttiva 843/2018 le definisce come: “una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”. [1]
In numerosi Stati del mondo, le criptovalute sono riconosciute come forma legale di pagamento: in Giappone, ad esempio, dal 2017 sono utilizzate e riconosciute dal governo. La riserva indiana semiautonoma Lakota Nation, nel Sud Dakota, dal 2014 ha deciso di utilizzare il Bitcoin come valuta ufficiale, con il nome di “Mazacoin”. [2]
Il Bitcoin fu largamente utilizzato anche da Cipro, durante la crisi economica del 2013, consentendo agli studenti dell’Università di Nicosia di utilizzarlo per il pagamento delle tasse universitarie. E’ interessante analizzare l’utilizzo di questo metodo di pagamento virtuale da parte di popolazioni o Paesi in situazioni politico-economiche instabili o critiche, come il Venezuela.
In che misura la scelta di usare la criptovaluta può avere un impatto sulla crisi economica che sta interessando il Venezuela?
Il Paese sudamericano sta attraversando una crisi economico-politica molto importante, che sta avendo serissime ripercussioni sulla popolazione. A tal proposito, l’uso delle criptovalute ha iniziato a diffondersi attraverso varie iniziative, sia da parte del governo di Nicolas Maduro sia da parte di imprese private ed ONG.
Si ricordi che già nel 2018 è stato introdotto il cosiddetto Bolivar sovrano, chiamato “Petro”, la criptovaluta ufficiale del governo di Maduro per cercare di contrastare l’iperinflazione del Paese. Un petro equivale circa a 80.000 bolivar venezuelani ed è sostenuto da riserve di petrolio (50%) oro (20%) e diamanti (10%). Attraverso un documento di identificazione il governo realizza su una piattaforma online il trasferimento dei Bolivar in Petro.
Sono numerose le iniziative sulle criptovalute che si stanno diffondendo nel Paese: un esempio è l’iniziativa “Dinero Abierto“, senza scopo di lucro, per incentivare l’uso della criptovaluta nel Paese sudamericano da parte dei privati cittadini, o ancora la criptovaluta Dash, gestita da una community che si autofinanzia, e che sta riscontrando un grande successo tra il popolo venezuelano.
Con l’utilizzo delle criptovalute negli scambi commerciali e nell’acquisto anche di beni di prima necessità si cerca dunque di creare un’alternativa alla moneta tradizionale che è sempre più svalutata.
Difatti, si è osservato che in Paesi come il Venezuela dove l’instabilità politica ed economica è molto alta, ed il tasso di inflazione è molto elevato e volatile, l’utilizzo di Bitcoin è cresciuto di circa 20 volte dal 2018. [3] Si ricordi che questo sistema è sprovvisto di un banco centrale o di un ente amministrativo unico che gestisce e supervisiona il cambio della moneta, ma prevede la presenza di un’informazione condivisa e pubblica tra tutti gli utenti, che rende difficile falsificarla a causa dell’uso della crittografia, legata alla tecnica del blockchain.
Il programma “Give Crypto” in Venezuela ha fornito tramite le criptovalute aiuti temporanei alle famiglie vulnerabili, per un ammontare di circa 7 dollari a settimana (equivalente al salario minimo venezuelano), con cui è stato possibile acquistare giornalmente beni di sussistenza primaria. Inoltre, ci sono numerose ONG che si dedicano ad attività di formazione per insegnare l’uso delle applicazioni di criptovalute alle famiglie più indigenti, ritenendo l’utilizzo di queste monete virtuali più sicuro rispetto all’accumulo di ricchezza in un Paese come il Venezuela dove il tasso di criminalità è al momento tra i più alti del Sud America e dove la volatilità della moneta cambia a distanza di poche ore.
In molte situazioni è dal punto di vista logistico più facile ricorrere a questa soluzione piuttosto che consegnare materialmente alimenti o medicine ed inoltre questo sistema può giovare alla stabilità dei fondi.
Uno dei principali vantaggi che in una situazione critica come quella venezuelana acquista una grande rilevanza è il fatto che attraverso le criptovalute si possono anche ricevere rimesse dall’estero attraverso operazioni molto più veloci rispetto ai tradizionali cambi valuta. E la velocità è un elemento molto importante in un Paese dove il cambio dei prezzi è così flessibile da cambiare in pochi minuti.
Nonostante ciò, ci sono numerosi aspetti da tenere in considerazione riguardo l’utilizzo di questa moneta virtuale:
– in primo luogo, la natura anonima delle criptovalute le rende utilizzabili per attività illecite e riciclaggio di denaro, motivo per il quale c’è grande scetticismo su questo metodo di pagamento, poichè sembra andare contro le regolamentazioni a tutela del consumatore
– in secondo luogo, essendo un sistema informatico, deve essere necessariamente utilizzato attraverso una connessione Internet stabile, elemento che in Venezuela è cruciale poichè nel Paese spesso si verificano blocchi o malfunzionamenti nell’utilizzo della connessione ad Internet. Inoltre tra la popolazione, le fasce più indigenti e gli abitanti delle zone rurali e dell’entroterra non sempre posseggono gli strumenti tecnologici ed informatici necessari per utilizzare questo tipo di valuta.
– Infine, in Venezuela i delitti finanziari sono puniti con il carcere ciò ha dissuaso numerosi commercianti ad accettare ed utilizzare le criptovalute.
Analizzando dunque vantaggi e criticità dell’uso delle monete virtuali in una situazione economica così instabile come quella venezuelana, almeno al momento non sembra che l’uso della criptovaluta abbia riflessi e ripercussioni tangibili o significative, basandosi ancora quasi esclusivamente sulla propensione o meno all’uso di questi canali da parte della popolazione. Resta per ora un hype che, se venisse sublimato e corretto, in futuro potrebbe avere un impatto notevole nell’accessibilità e nella lotta all’inflazione e alle fluttuazioni della moneta tradizionale, proponendosi come valida alternativa in Paesi, come il Venezuela, che attraversano crisi economiche così importanti.
[1] Direttiva UE 2018/843 Del Parlamento Europeo e del Consiglio 30 maggio 2018, disponibile su:https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018L0843&from=EN
[2] Santilli Riccardo, “Bitcoin revolution: una analisi giuridico-economica sulle criptovalute e sulla tecnologia blockchain”, 2018, disponibile su: https://www.tidona.com/bitcoin-revolution-una-analisi-giuridico-economica-sulle-criptovalute-e-sulla-tecnologia-blockchain/
[3] El Nacional, “Venezuela y otras razones que le vuelven a dar fuerza al bitcoin”, 14 Maggio 2019, disponibile su: http://www.el-nacional.com/noticias/economia/venezuela-otras-razones-que-vuelven-dar-fuerza-bitcoin_282316
Fonte immagine: https://www.idreamoffire.com/9-things-i-wish-id-done-differently-in-my-financial-past/matrix-3109378_1920/
Dottoressa in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli, Master di specializzazione in Relazioni Internazionali presso l’Instituto de Estudios Europeos di Madrid.
Esperienza di ricerca presso il think-tank “Real Instituto Elcano” di Madrid, nel campo della “Politica dell’Unione Europea e della Spagna”.
Tra i principali interessi la politica internazionale e la tutela del patrimonio artistico e culturale, motivo per il quale sono socia dell’associazione UNESCO Giovani.
Attualmente co-worker presso la società di ricerca e comunicazione “Think Thanks” e contributor nell’area di Politica Economica.