Cubo di Rubik – Il caso del rompicapo senza marchio
Nel lontano 1974 Ernő Rubik, professore ungherese di architettura e scultore inventò un rompicapo che ancora oggi viene venduto in tutto il mondo.
Nel 1999 la Seven Towns, società britannica che gestisce i diritti di proprietà intellettuale del cubo di Rubik, ne registrò il marchio tridimensionale presso l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO). Contestualmente furono depositati i relativi disegni che rappresentano il “puzzle tridimensionale” dalla forma di un cubo.
Al tempo della registrazione il riferimento della legislazione comunitaria risiedeva nell’articolo 4 rubricato “Segni atti a costituire un marchio comunitario” del regolamento (CE) 40/94 sul marchio comunitario: “Possono costituire marchi comunitari tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma dei prodotti o del loro imballaggio, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.” Il menzionato regolamento è oggi sostituito dal regolamento (CE) 207/2009 sul marchio dell’Unione europea che non ha novellato l’articolo in questione, mantenendo il riconoscimento dei cosiddetti “marchi di forma“, ossia segni distintivi costituiti dalla forma o dalla confezione di un prodotto.
Nel 2006 la Simba Toys, casa tedesca produttrice di giocattoli, iniziò una battaglia legale infruttuosa davanti all’EUIPO affermando che le linee nere delle facce si riferissero a funzioni tecniche di cui la rotazione delle parti del cubo fosse la soluzione tecnica da proteggere con brevetto e non tramite la registrazione marchio. Infatti, in estrema sintesi, l’articolo 27 dell’Accordo TRIPs (The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights) tutela con brevetto “le invenzioni, di prodotto o di procedimento, in tutti i campi della tecnologia, che siano nuove, implichino un’attività inventiva e siano atte ad avere un’applicazione industriale“, mentre il marchio permette la distinzione di prodotti in concorrenza ai sensi dell’articolo 15 dell’Accordo.
Nel novembre 2014 la Simba Toys dunque fece ricorso nei confronti del Tribunale dell’Unione europea (Simba Toys GmbH & Co. KG/UAMI, T-450/09), il quale respinse la domanda con la motivazione che la forma di cubo non rivestisse una funziona tecnica da arrecare pregiudizio ai concorrenti del titolare del marchio. Infatti, le linee nere non costituirebbero “singoli elementi del cubo” in quanto “anche supponendo che un osservatore oggettivo possa dedurre dalle riproduzioni grafiche del marchio contestato che le linee nere hanno la funzione di separare, gli uni dagli altri, elmenti mobili, esso non potrà stabilire precisamente se questi elementi siano finalizzati, ad esempio, a ruotare o ad essere smontati, per essere, poi, rimontati o a consentire che il cubo in questione si trasformi in un’altra forma“. In sintesi, il Tribunale dell’UE sostenne che la soluzione tecnica discussa non risultasse dalle caratteristiche della forma, ma da meccanismi interni e non visibili.
Di contro, la Simba Toys decise di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Giustizia (CGUE).
Nel maggio 2016 l’avvocato generale della CGUE, Maciej Szpunar, anticipò la sentenza della stessa Corte (Simba Toys GmbH & Co. KG/EUIPO – Seven Towns Ltd, C-30/15 P) che a novembre 2016 si schierò a favore della Simba Toys annullando “la sentenza del Tribunale e la decisione della EUIPO che confermano la registrazione della forma del cubo di Rubik come marchio dell’Unione“. Difatti, “nell’esaminare se la registrazione dovesse essere rifiutata per il motivo che tale forma comportava una soluzione tecnica, l’EUIPO e il Tribunale avrebbero dovuto prendere in considerazione anche elementi funzionali non visibili del prodotto rappresentato da detta forma, quali la sua capacità di rotazione.”
La Corte rilevò la portata dell’articolo 7 rubricato “Impedimenti assoluti alla registrazione“, paragrafo 1, lettera e), punto ii) regolamento (CE) 40/94 sul marchio comunitario per cui “Sono esclusi dalla registrazione […] i segni costituiti esclusivamente […] dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico” al fine di evitare il regime di monopolio a favore di una singola impresa, citando il punto 43 della causa C-48/09 di Lego Juris A/S contro l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (UAMI) e Mega Brands Inc. Infatti, il titolare di un marchio può vietare ad altre imprese non solo l’uso della stessa forma, ma anche di forme simili. Ci si chiese se la forma fosse necessaria ad eseguire un risultato tecnico e quindi conferisse una posizione di supremazia alla Seven Towns. La sentenza del Tribunale dell’UE fu criticata perché “le caratteristiche essenziali di una forma devono essere valutate alla luce della funzione tecnica del prodotto concreto di cui trattasi” e dunque le rotazioni che permettono al cubo di Rubik di godere della capacità distintiva ricadono nell’articolo 7, paragrafo 1, lettera e), ii) del regolamento (CE) 40/94.
Ora l’EUIPO dovrà adottare una nuova decisione alla luce della sentenza della Corte di Giustizia.
Non ci resta che attendere risolvendo un cubo di Rubik.
Elisabetta Colombo, in concomitanza agli studi accademici presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano, è attualmente attiva nell’associazione internazionale ELSA (The European Law Students’ Association) con la nomina di Presidente di ELSA Milano ed inoltre lavora nel Team for External Relations di ELSA Italia.
Nel febbraio 2016 si è aggiudicata il quarto posto all’ICC International Commercial Mediation Competition e a novembre il primo classificato alla II National Negotiation Competition organizzata da ELSA Italia.
Ricopre la carica di Head of Organizing Committee della III edizione della National Negotiation Competition che sarà ospitata da ELSA Milano questo novembre.
Con l’incarico di National Coordinator e Researcher del Legal Research Group internazionale sul tema dell’European Compliance Benchmark ha approfondito la relativa tematica coordinando al contempo il gruppo di lavoro italiano giungendo dunque alla pubblicazione del lavoro lo scorso maggio.