martedì, Ottobre 8, 2024
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Da Kyoto a Katowice: accordi sul clima e operatività

A partire dagli anni ’70, si è acceso il dibattito internazionale relativo ai cambiamenti climatici. Constatata l’inefficacia di strumenti a valore puramente dichiarativo, nel corso degli anni gli Stati hanno compreso che per ridurre le emissioni erano necessarie misure più severe[1]. Nel 1997, i firmatari della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) hanno approvato il Protocollo di Kyoto. Si tratta del primo accordo internazionale che prevede obiettivi di riduzione delle emissioni giuridicamente vincolanti per i paesi sviluppati. Entrato in vigore soltanto nel 2005, il protocollo riposa su due basi:

  • Riduzione del 5,2% delle emissioni di gas a effetto serra nel periodo 2008-2012;
  • Introduzione di “meccanismi flessibili”: Clean Development Mechanism, Joint Implementaion, Emission Trading[2].

Nonostante il protocollo di Kyoto apparisse come un compromesso ragionevole, Stati Uniti e Cina, i due principali responsabili mondiali dell’emissione di gas a effetto serra, non hanno mai ratificato l’accordo. Malgrado la riduzione delle emissioni dunque, non sono stati registrati benefici significativi sulla situazione climatica globale[3].

Durante la conferenza di Durban del 2011, l’obiettivo era riuscire a stipulare un nuovo accordo legalmente vincolante sul clima in grado di sostituire il protocollo di Kyoto. Questo avrebbe dovuto coinvolgere anche i maggiori produttori di emissioni di gas a effetto serra, tra cui Stati Uniti, Cina e India, non vincolati dal precedente protocollo[4]. Si è così aperto un secondo periodo di adempimento degli obblighi previsti dal protocollo di Kyoto nel 2013, che si concluderà nel 2020.

Il protocollo di Kyoto II, tuttavia, non colma le lacune del testo originario. La responsabilità di intervenire per la riduzione delle emissioni è, infatti, ancora affidata unicamente ai paesi sviluppati. Inoltre, il Canada si è ritirato prima della fine del primo periodo di impegni e Russia, Giappone e Nuova Zelanda non hanno invece aderito al secondo periodo di adempimenti. Attualmente dunque questo secondo accordo si applica soltanto a circa il 14% delle emissioni mondiali[5], con un coinvolgimento in prima linea di Unione Europea, Australia, Norvegia e Svizzera. Tuttavia 70 paesi, in via di sviluppo e sviluppati, hanno assunto impegni non vincolanti intesi a ridurre le emissioni di gas a effetto serra.

Dopo diverse conferenze sul clima, segnate dal disaccordo, finalmente durante la conferenza di Parigi del 2015, 195 paesi hanno adottato il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima globale. Teso a limitare l’aumento della temperatura globale “ben al di sotto” dei 2°C, l’accordo è entrato in vigore il 22 aprile 2016 introducendo un elevato standard di trasparenza e cooperazione tra gli Stati[6].

Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (GIEC), creato nel 1988, è il principale organismo internazionale incaricato di valutare i progressi tecnico-scientifici fatti in materia di cambiamenti climatici. Composto da tre gruppi di lavoro[7], gli esperti si occupano essenzialmente dell’analisi dei rischi proponendo al contempo delle strategie concrete[8].

L’ultimo rapporto, commissionato al GIEC alla Conferenza di Parigi del 2015 e pubblicato l’8 ottobre scorso, dichiara la necessità di mantenere il riscaldamento globale entro 1,5°C. Questo comporterebbe notevoli cambiamenti in tutti gli aspetti della società, rappresentando un vantaggio non solo per l’ecosistema ma anche per uno sviluppo più sostenibile ed equo delle comunità[9]. In tale occasione, gli esperti hanno proposto due modi per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra di origine umana nell’atmosfera: attraverso il taglio delle emissioni (passaggio alle energie rinnovabili, riciclo dei rifiuti, riduzione del consumo di carne, ecc.) e attraverso la rimozione della CO2 (riforestazione, cattura e stoccaggio del carbonio)[10].

In definitiva, mantenere il riscaldamento a 1,5°C eviterà l’acidificazione degli oceani, permetterà di diminuire l’innalzamento degli oceani, il rischio di estinzione di alcune specie nonché l’impatto del clima sulla biodiversità e sulla sicurezza umana[11]. Su tali basi si fonda anche la strategia dell’Unione Europea per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2050. Il rapporto del GIEC  dimostra infatti che è possibile rispettare la soglia di 1,5°C a condizione che si agisca con tempestività.

Nel prossimo dicembre si terrà a Katowice, Polonia, la COP24 con l’obiettivo di specificare gli aspetti relativi all’operatività delle misure contenute nell’accordo di Parigi[12]. In vista della futura conferenza, il 9 novembre scorso l’Ue ha elaborato le “conclusioni del Consiglio sui finanziamenti per il clima” dichiarando di essere favorevole al raggiungimento di un’economia carbon neutral entro breve tempo[13].

Patricia Espinosa Cantellano, Segretario generale della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ha dichiarato che il 2018 si presenta come un anno importante per la diplomazia climatica internazionale. Bisogna infatti fare un bilancio dei risultati ottenuti dagli Stati ed incentivare il progresso in tutti i settori dell’economia. Le aspettative sono dunque elevate, in particolare per ciò che riguarda l’operatività e il grado di efficacia dell’accordo di Parigi.

[1] Consiglio dell’Unione europea, Accordi internazionali sull’azione per il clima, consultabile al sito: https://www.consilium.europa.eu/it/policies/climate-change/international-agreements-climate-action/

[2] A. Crosetti, R. Ferrara, F. Fracchia, N. Olivetti Rason, Diritto dell’ambiente, Editori Laterza, 2008, p. 21.

[3] The Editors og Encynclopaedia Britannica, Kyoto Protocol, consultabile al sito: https://www.britannica.com/event/Kyoto-Protocol

[4] Ibid. 

[5] Consiglio dell’Unione Europea, op. cit. 

[6] Commissione europea, Accordo di Parigi, consultabile al sito: https://ec.europa.eu/clima/policies/international/negotiations/paris_it

[7] Gruppo di lavoro I: elementi scientifici dei cambiamenti climatici; Gruppo di lavoro II: incidenza, adattamento e vulnerabilità; Gruppo di lavoro III: attenuazione dei cambiamenti climatici.

[8] Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, Communiqué de presse du GIEC, consultabile al sito: https://www.ipcc.ch/pdf/session48/pr_181008_P48_spm_fr.pdf

[9] Ibid.

[10] Ansa, Onu, clima oltre 1,5 gradi nel 2030 se non si agisce, consultabile al sito: http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/clima/2018/10/08/onu-quattro-percorsi-per-tenere-riscaldamento-entro-15-c_8cb9bf7e-1e8f-425c-b77a-ab709854f10e.html

[11] United Nations Climate Change, UNFCCC Secretariat Welcomes IPCC’s Global Warming of 1.5°C Report, consultabile al sito: https://unfccc.int/news/unfccc-secretariat-welcomes-ipcc-s-global-warming-of-15degc-report

[12] IISD, EU Council Adopts Conclusions on Climate Finance Ahead of UNFCCC COP 24, consultabile al sito: http://sdg.iisd.org/commentary/policy-briefs/eu-council-adopts-conclusions-on-climate-finance-ahead-of-unfccc-cop-24/

[13] Consiglio dell’Unione europea, Consiglio “Economia e finanza”, consultabile al sito: https://www.consilium.europa.eu/it/meetings/ecofin/2018/11/06/

Giulia Ficuciello

Nata a Torino nel 1993, sono attualmente iscritta all'ultimo anno di Giurisprudenza Ciclo Unico presso l'Università di Torino. Durante la mia carriera universitaria ho sviluppato un grande interesse per il diritto internazionale. Grazie alla partecipazione alle attività di Msoi, sezione Piemonte e Valle d'Aosta, ho potuto approfondire e ampliare le mie conoscenze in tale ambito. Nel 2015 ho iniziato a collaborare con la rivista di politica internazionale Msoi thePost, potenziando le mie capacità in qualità di redattrice per la sezione Unione Europea. Durante l'anno accademico 2016/2017 ho partecipato al Programma Erasmus+ per studio presso l'Università Jean Moulin Lyon III. Stimolata dall'ambiente multiculturale di Lione, ho deciso di tornarci per svolgere un periodo di Traineeship presso il "Centre de droit international" della medesima Università. Tale ultimo periodo mi ha consentito di svolgere in modo appropriato le ricerche per la redazione, in francese, della tesi di laurea. Il titolo è "Catastrophes environnementales et droits de l'Homme: du fait au droit", attraverso lo studio delle più grandi catastrofi ambientali, il mio obiettivo è quello di mettere in evidenza le problematiche sollevate dall'azione dell'uomo sull'ambiente.

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