“Diritto di accesso ad Internet” e Costituzione
Introduzione al “Diritto di accesso ad Internet” in Costituzione 1. “The right to Internet access”: diritto umano fondamentale nel diritto internazionale. 2. La proposta di Stefano Rodotà e gli sviluppi successivi. 3. Internet di cittadinanza: è possibile una cittadinanza digitale?
Introduzione
Il Presidente G. Conte, in più conferenze, ha sottolineato come il diritto di accesso ad Internet – a maggior ragione in questo momento storico- dovrebbe essere inserito in Costituzione[1] per rendere effettivo l’art. 3 co. 2 della Costituzione, il quale prevede che la Repubblica rimuova gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Con lo sviluppo della tecnologia, infatti, il “diritto di accesso ad Internet” emerge quale nuovo diritto fondamentale, il quale, però, non gode ancora di uno specifico riferimento costituzionale.
L’orizzonte giuridico di internet[2] , è diventato ancor più importante durante l’epidemia Covid-19, tanto da diventare lo strumento più idoneo e concreto (quale precondizione necessaria) per usufruire degli altri diritti presenti in Costituzione quali: il diritto all’istruzione, il diritto al lavoro, nonché i più elementari diritti di cittadinanza. Anche il Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli ha ribadito, proprio quest’estate, che in risposta alle nuove sfide della pandemia è fondamentale riconoscere il diritto di accesso ad internet quale fondamentale “diritto umano” [3].
Il presente articolo si prefigge di indagare la configurazione del diritto di accesso ad Internet nel diritto internazionale e le possibili configurazioni prospettate o prospettabili per l’inserimento in Costituzione.
1)“The right to Internet access”: diritto umano fondamentale[4] nel diritto internazionale
In cosa consiste il “diritto di accesso ad Internet”?[5] Prima di cimentarci nella definizione di questo diritto di ultima generazione, occorre avere contezza della nozione di “Internet”. Questo lemma è una contrazione di “in-terconnected networks”, cioè di “reti interconnesse”, ed è volta ad indicare un’infrastruttura priva di organizzazione gerarchica. Si usa distinguere due definizioni di internet: una “tecnica”, volta ad evidenziare il suo “essere uno strumento”[6], un mezzo di comunicazione, e la nozione “personalistica” che vede in Internet “la base dei servizi”[7] che permette all’individuo non solo di accrescere le proprie risorse nell’ambito della comunicazione strictu sensu, ma anche quella di partecipare alla vita democratica[8].
Soprattutto in riferimento a quest’ultima accezione, esso è stato considerato dal diritto internazionale[9] quale bene “patrimonio dell’umanità”, qualificazione volta a riconoscerne la necessità di diffusione ed a sottolinearne l’importanza strategica. In quanto “global common goods”, esso viene sottoposto al regime di “res communes omnium” che presuppone:
- il divieto di estensione della sovranità nazionale ( es. appropriazione unilaterale da parte dei singoli Stati) con conseguente libertà d’uso;
- l’obbligo di assoggettamento dei beni in questione a un regime internazionale di cooperazione;
- il divieto della loro utilizzazione – anche per interessi generali con modalità tali da arrecare pregiudizio irreparabile all’ambiente;
- obbligo di utilizzare tali beni esclusivamente per fini pacifici.
Questa definizione del bene, fa sì che il diritto di accesso ad Internet si presenti come un diritto fondamentale sia in quanto diritto–presupposto per il godimento di altri diritti fondamentali, sia in quanto diritto autonomo.
Ma se la definizione di internet non è univoca, ancor più non lo è il diritto ad esso connesso. Esso viene comunemente inteso quale “diretto a garantire la possibilità di ogni persona di accedere ad Internet al fine di esercitare nella realtà online i propri diritti, dalla libertà di espressione all’iniziativa economica privata e così via, e le proprie libertà fondamentali, attribuendo la responsabilità di tale garanzia agli Stati. Gli Stati devono quindi garantire la più ampia disponibilità di connessione e non limitare irragionevolmente l’accesso ad Internet”[10].
La garanzia della disponibilità di connessione è quindi attribuita agli Stati. Per renderla effettiva, il Consiglio sui Diritti Umani delle Nazioni Unite ha approvato, il 29 giugno 2012, la risoluzione A/HCR/20/L.13, ove ha delineato tre punti fermi in ordine al neofito diritto.
- In primo luogo, ha sancito che gli stessi diritti di cui le persone godono offline devono essere garantiti online (es. libertà d’espressione);
- in secondo luogo, ha riconosciuto la natura globale e aperta di Internet come una forza trainante per accelerare il progresso e lo sviluppo in ogni sua forma;
- in terzo luogo, ha invitato gli Stati a promuovere e facilitare l’accesso a Internet e la cooperazione internazionale finalizzata allo sviluppo dei mezzi di comunicazione e di informazione, sottolineando, infine, la necessità di riconoscere il diritto di accesso a Internet come un diritto fondamentale della persona umana.
Un’ importante sviluppo per il diritto di accesso ad Internet è stato compiuto nel 2014 negli Stati Uniti, quando l’amministrazione Obama proclamò la neutralità della rete (net-neutrality) quale servizio pubblico, poi negata dall’amministrazione Trump (nel 2017)[11]. Tale neutralità consisteva nel trattare allo stesso modo -senza discriminazioni- tutti i bit che circolano nel web rendendo, di fatto, la diffusione uguale per tutti, senza discriminazioni contenutistici causati dal potere d’acquisto. Nel 2017, quindi, viene inaugurata la fine dell’era dell’“internet aperto”, per proclamare l’ingresso di “internet a più velocità” (velocità differenti a seconda di chi può pagare per avere di più e per avere una qualità migliore). Potremmo dire: una “disuguaglianza” a più velocità.
L’Europa, invece, prosegue con il principio di neutralità della rete[12], sotto l’influsso della Carta dei diritti di internet, curata dal giurista Stefano Rodotà e approvata il 3 novembre del 2015 dalla Camera dei deputati all’unanimità.
2) La proposta di Stefano Rodotà e gli sviluppi successivi
In Italia, il dibattito dottrinale sull’inserimento del diritto di accesso ad Internet in Costituzione si è sviluppato a partire dalla seconda metà degli anni ’90. È in questi anni che l’imporsi della tecnologia inizia ad avvertirsi maggiormente e comporta, inevitabilmente, una metamorfosi del diritto. Tutte le regolamentazioni attuate, non possono prescindere da una regolamentazione generica del diritto d’accesso ad Internet. Fu Stefano Rodotà il pioniere della necessità di inserimento in Costituzione di un nuovo articolo inerente l’accesso ad Internet (l’art. 21 bis). Ma lo stesso Rodotà, successivamente, ritenne appropriata la proposta di Gaetano Azzariti[13] di intervenire con un emendamento dell’art. 21, piuttosto che con un nuovo articolo (questo perché rappresenterebbe una specificazione del più generale diritto alla libera manifestazione del pensiero). La proposta di Gaetano Azzariti è stata quella di inserirla dopo l’enunciazione (1°comma) del principio di manifestazione del pensiero, come specificazione (nel 2° comma), nel campo dell’informatica e delle nuove tecnologie. Questo perché anche le altre specificazioni del diritto alla manifestazione del pensiero sono collocate successivamente al primo comma.
Questo fu l’art. 21-bis proposto: “Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire le violazioni dei diritti di cui al Titolo I della parte I”. Questo lavoro, pur non trovando forma compiuta in una revisione Costituzionale, è sfociato nella Dichiarazione dei diritti di internet[14], varata nel 2015 e supra menzionata. Così, come affermato nel Preambolo essa “è uno strumento indispensabile per dare fondamento costituzionale a principi e diritti nella dimensione sovranazionale”.
Non manca chi, in dottrina critica l’esigenza dell’inserimento in Costituzione: per Lorenzo Cuocolo [15] non è possibile differenziare Internet dalla televisione, i quali possono tranquillamente emergere da un’interpretazione evolutiva del testo costituzionale, o chi, come Roberto Zaccaria[16], afferma che tale articolo può rinvenirsi dalla lettura combinata degli articoli 15 e 21 della Costituzione.
Il “diritto di accesso ad Internet” è stato, fin qui, legato al diritto alla manifestazione del pensiero, quale modalità tecnologica innovativa. Ma se la televisione ha comportato sì, un’innovazione tecnologica, essa non ha, però, compiuto una vera e propria rivoluzione: questo perché la tv amplifica solo il diritto all’informazione. Il diritto di accesso ad Internet, invece, con l’evolversi della società digitale, è presupposto di numerosi altri diritti, sino a diventare precondizione per una cittadinanza digitale. Tale diritto, difatti, pur non trovando esplicito riferimento in Costituzione, è riconosciuto dalla legge ordinaria, nello specifico nel Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD)[17], testo unico che riunisce le norme riguardanti l’informatizzazione della p.a., ove viene riconosciuto quale presupposto fondamentale per la costruzione di una cittadinanza digitale.
È nel 2018, poi, a fare ingresso in Parlamento, attraverso la proposta di Giuseppe D’Ippolito e Mirella Liuzzi (Movimento Cinque Stelle), una nuova formulazione del diritto di accesso ad Internet, che è stata riproposta anche con il cambio di governo, e attende l’inizio della discussione parlamentare[18]. La nuova formulazione è enunciata in tre principi: l’uguaglianza del diritto d’accesso, la duplice natura di diritto sociale e diritto di estrinsecazione della personalità umana, la garanzia della neutralità della rete. Di seguito, la formulazione proposta:
- “Tutti hanno uguale diritto di accedere alla rete internet in condizioni di parità e con modalità tecnologicamente adeguate;
- “La Repubblica promuove le condizioni che rendono effettivo l’accesso alla rete internet come luogo ove si svolge la personalità umana, si esercitano i diritti e si adempiono i doveri di solidarietà politica, economica e sociale. La limitazione può avvenire, con le garanzie stabilite dalla legge, solo per atto motivato dall’autorità giudiziaria;
- “la neutralità della rete internet. La legge determina le condizioni affinché i dati trasmessi e ricevuti mediante la rete internet non subiscano trattamenti differenziati se non per fini di utilità sociale e riconosce la possibilità di utilizzare e di fornire apparecchiature, applicativi e servizi di propria scelta”.
In queste disposizioni viene riproposto l’encomiabile lavoro di Stefano Rodotà, ma con una modifica inerente la collocazione. Non più nell’art. 21 (21 bis o emendamento dell’art. 21), ma art. 34 bis.
Se le proposte di Stefano Rodotà e di Gaetano Azzariti sembrerebbero legare (per la loro collocazione) il diritto d’accesso ad internet al il diritto alla manifestazione del pensiero, senza, tuttavia, trascurarne l’aspetto sociale (la formulazione, difatti, evoca l’art. 3 della Costituzione); in questa nuova formulazione il diritto si stacca da questo connubio con il diritto alla manifestazione del pensiero, per legarsi al diritto all’istruzione. Questa collocazione è congeniale all’evidenziazione sia della dimensione sociale del diritto (cui corrisponde il dovere dello stato di rimuovere le disuguaglianze sociali), sia di quella personalista (quale presupposto per lo sviluppo dell’individuo, in analogia con il diritto all’istruzione). La nuova formulazione sembra nascere dalla matura consapevolezza del diritto dell’accesso ad Internet quale diritto autonomo (non più in funzione della libertà di manifestazione del pensiero), ma in funzione dello sviluppo della personalità umana (ricalcando il diritto di accesso ad internet presente nell’art. 2 della Dichiarazione dei diritti di internet)[19]. “Digito ergo sum”[20], si potrebbe dire, da cui deriva la necessità della costruzione di una cittadinanza digitale, intesa quale spazio giuridico in cui i diritti e i doveri di cittadinanza possono essere esercitati sia nel contesto fisico reale, sia n quello virtuale.
Tuttavia, prima di parlare di “cittadinanza digitale”, si dovrebbe parlare di “istruzione digitale”, nel prossimo paragrafo spiegheremo perché.
3) Internet di cittadinanza[21]: è possibile una cittadinanza digitale?
In Italia solo il 21 % degli individui in età compresa tra i 16 e i 65 anni possiede un buon livello di alfabetizzazione e capacità di calcolo. L’Italia è ultima in Europa e si posiziona dopo Paesi quali Turchia e Cile. Sono gli “analfabeti digitali” [22], i quali non hanno le competenze minime necessarie per accedere ad Internet. Questo ritardo digitale rispetto ad altri Paesi può essere ricondotto principalmente a tre fattori: l’età media della popolazione italiana, il livello culturale, nonché il ritardo infrastrutturale.
L’Italia deve, infatti, recuperare un doppio ritardo: uno infrastrutturale (il digital divide infrastrutturale) e uno culturale (digital divide cognitivo, il cd. analfabetismo informatico). Per rendere effettivo il diritto di accesso ad Internet, occorre colmare queste due forme di divario digitale[23]. La differenza tra chi ha accesso ad Internet (e può, quindi, usufruire dei vantaggi che la rete offre) e chi non ha questa opportunità viene definita “divario digitale”, ed è talmente discriminante da essere stata definita – nei casi estremi- “apartheid digitale”[24].
Si è visto con il lockdown, la stessa “tele-didattica” (o “didattica a distanza”) ha incontrato notevoli difficoltà legate sia all’analfabetismo informatico degli utenti[25], sia all’enorme divario digitale causato sia da condizioni soggettive di povertà, sia da condizioni oggettive quali la mancanza di infrastrutture adeguate. Tutto questo, a distanza di ben 15 anni da quando è stato promulgato il Codice dell’Amministrazione digitale. Non si può intervenire con stanziamenti una tantum, si devono rendere effettive le condizioni di accesso attraverso progetti istituzionali più ampi: l’inserimento in Costituzione di questo articolo, pur non essendo risolutivo, lancerebbe un chiaro punto di partenza in questa direzione.
Da un lato il diritto d’accesso ad internet, quale precondizione necessaria per dirimere il divario digitale, strumentale all’apprendimento, alla connessione; dall’altra, però, anche un più compiuto diritto: il diritto all’alfabetizzazione digitale, quale completamento del diritto all’istruzione ( ex art. 34 co. 1 e 2 della Costituzione).
Questo per dare maggior forza all’art. 8 del Codice dell’amministrazione digitale, rubricato “Alfabetizzazione informatica dei cittadini”[26]: Non solo, ma anche in conformità a quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 307 del 2004, è stato considerato “corrispondente a finalità di interesse generale, quale è lo sviluppo della cultura, nella specie attraverso l’uso dello strumento informatico, il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 Cost.) anche al di là del riparto di competenze per materia fra Stato e Regioni di cui all’art. 117 Cost.”[27]. Tale intervento aveva ad oggetto contributi finanziari erogati con carattere di automaticità in favore di soggetti individuati in base all’età o al reddito, e finalizzati all’acquisto di personal computer abilitati alla connessione Internet, “in un’ottica evidentemente volta a favorire la diffusione, tra i giovani e nelle famiglie, della cultura informatica”[28].
Si potrebbe obiettare -ancora una volta – che tali diritti siano -in fondo- già garantiti dalla nostra Costituzione[29], e spetti all’interprete il compito di estrapolarli da essa. A tal fine, si potrebbe far riferimento al diritto all’uguaglianza sostanziale ex art. 3 Cost., allo sviluppo della personalità ex art. 2 Cost, al diritto al libero accesso all’istruzione scolastica senza alcuna discriminazione ex art 34 Cost. co 1, all’ obbligatorietà e gratuità dell’istruzione ex art. 34 co. 2 Cost. È certamente vero, ma l’inserimento in Costituzione sarebbe un segnale evidente del riconoscimento dell’importanza di un diritto fondamentale di ultima generazione.
Ma anche qui, si potrebbe obiettare che oramai esistono numerose Carte che proclamano tale diritto.
Oltre a ricordare l’importanza della collocazione in Costituzione di un articolo per l’ordine della gerarchia delle fonti, si sottolinea anche quanto sottolineato da Stefano Rodotà[30] e da Gaetano Azzariti[31], ossia che non possono essere sufficienti le costituzioni settoriali[32], scaturite dalle dinamiche economiche, che riflettono interessi settoriali (a favore della lex mercatoria), a scapito dell’esercizio dei poteri politici ed istituzionali che hanno il fondamentale compito di trovare l’equilibrio tra le diverse forze sociali.
Non solo, affinché di Costituzione e di Costituzionalismo si possa parlare, non si può parlare soltanto di un “catalogo di diritti”, occorre anche “limitare il potere”[33]. Il costituzionalismo moderno è nato con la Rivoluzione Francese, ove, all’art. 16 della Dichiarazione dei diritti del 1789 prevedeva “Ogni società nella quale la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri fissata, non ha una costituzione”. Ebbene, riconoscere sì i diritti, ma anche conoscere chi davvero detiene il potere di “Internet”, per poterlo poi gestire e regolare, è condizione necessaria affinché di costituzionalismo (quale patto fondamentale tra consociati) si possa ancora parlare. Né si può aderire all’ormai superata teoria del 1981 che presupponeva l’originaria anarchia della rete, quale presupposto della libertà informatica, quale esplicazione del nuovo liberismo. Questo “laissez faire”, genererebbe una governance della lex mercatoria. Ebbene, per garantire questa limitazione del potere, a maggior ragione occorre che questa sia prevista a livello costituzionale.
Norberto Bobbio scriveva che i diritti umani “sono diritti storici, cioè nati in certe circostanze, contrassegnate da lotte per la difesa di nuove libertà contro vecchi poteri, gradualmente, non tutti in una volta e non una volta per sempre”[34], ebbene, si auspica non solo che la proposta prosegua con successo il suo iter, ma anche che questa venga poi attuata con infrastrutture sufficienti, affinché tutti abbiano la stessa possibilità di usufruire dei vantaggi della società digitale ed esserne parte. Questo perché, anche i più elementari diritti di cittadinanza, senza il riconoscimento del diritto di accesso ad Internet, con l’evolversi della società digitale, potrebbero non essere esercitabili in concreto.
[1] Disponibile qui: https://www.corrierecomunicazioni.it/digital-economy/conte-diritto-a-internet-sia-inserito-in-costituzione/ ( ultimo accesso 24/ 09/ 20).
[2] V. Frosini, L’orizzonte giuridico dell’Internet, in “Il diritto dell’informazione e dell’informatica”, n. 2, 2000, pp. 271-280.
[3] Disponibile qui: https://www.agensir.it/quotidiano/2020/7/24/internet-sassoli-parlamento-europeo-laccesso-alla-rete-sia-riconosciuto-come-un-nuovo-diritto-umano/( ultimo accesso 24/ 09/ 20). D. Sassoli, “ Il diritto al web sia una battaglia europea” in Repubblica.it https://www.repubblica.it/politica/2020/07/19/news/sassoli_il_diritto_al_web_sia_una_battaglia_europea_-262314742/
[4] R. Pisa, L’accesso ad internet, un nuovo diritto umano fondamentale?, In Treccani giuridica, 7/01/2010, disponibile qui:https://www.treccani.it/magazine/diritto/approfondimenti/diritto_internazionale_e_comparato/2_Pisa_internet.html. ( ultimo accesso 24/ 09/ 20).
[5] G.M. Ruotolo, Internet (diritto internazionale), in Enciclopedia del diritto (estratto), Annali VII, pp. 545-567.
[6] P. Passaglia, Internet nella Costituzione italiana: considerazioni introduttive, in Consultaonline.it. (ultimo accesso 10/10/ 2020).
[7] P. Passaglia, ibid., p. 5.
[8] P. Passaglia, ibid., p. 8.
[9] V. Kiss, La notion de patrimoine commun de l’humanité,in Recueil des Cours de l’Académie dedroit international de la Haye, CLXXV, 1982, 99 ss. , disponibile qui https://www.researchgate.net/publication/275262147_Internet_diritto_internazionale#fullTextFileContent (ultimo accesso 24/ 09/ 2020).
[10] Voce “Diritto di accesso a Internet”, Wikipedia, disponibile qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Diritto_di_accesso_a_Internet#:~:text=L%27accesso%20ad%20Internet%20%C3%A8%20diritto%20fondamentale%20della%20persona%20e,pieno%20sviluppo%20individuale%20e%20sociale.&text=Ogni%20persona%20ha%20eguale%20diritto,di%20ordine%20economico%20e%20sociale, (ultimo accesso 24/09/20).
[11] A. Di Corinto, Attacco alla neutralità della Rete, cosa cambia per noi europei, in Repubblica.it, disponibile qui: https://www.repubblica.it/tecnologia/2017/12/15/news/attacco_alla_neutralita_della_rete_cosa_cambia_per_noi_europei-184253006/, (ultimo accesso 24/09/20).
[12] Regolamento (UE) 2015/2120 sulle misure riguardanti l’accesso a un’Internet aperta, che modifica la direttiva 2002/22/CE e il regolamento (UE) 531/2012, con il quale all’art. 1 “definisce norme comuni per garantire un trattamento equo e non discriminatorio del traffico nella fornitura di servizi di accesso ad Internet e tutelare i relativi diritti degli utenti finali”.
[13] G. Azzariti, Internet e Costituzione, in Costituzionalismo.it, n. 2/2011, pp. 5 ss. , disponibile qui https://www.costituzionalismo.it/wp-content/uploads/Costituzionalismo_392m.pdf
[14]Disponibile qui: https://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/commissione_internet/TESTO_ITALIANO_DEFINITVO_2015.pdf
[15] L. Cuocolo, La qualificazione giuridica dell’accesso a Internet, tra retoriche globali e dimensione sociale, in Politica del diritto, a. XLIII, n. 2-3, 2012, p. 283 ss.
[16] R. Zaccaria, Dal servizio pubblico al servizio universale, in L. Carlassare (a cura di), La comunicazione del futuro e i diritti delle persone, Cedam, 2000, pp. 12.
[17] Il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) è un testo unico che riunisce e organizza le norme riguardanti l’informatizzazione della Pubblica Amministrazione nei rapporti con i cittadini e le imprese. Istituito con il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è stato successivamente modificato e integrato prima con il decreto legislativo 22 agosto 2016 n. 179 e poi con il decreto legislativo 13 dicembre 2017 n. 217 per promuovere e rendere effettivi i diritti di cittadinanza digitale.
[18] Atto numero 1136 della Camera, dove attende l’inizio della discussione parlamentare. Per monitorare lo stato della proposta di legge, si veda: https://www.camera.it/leg18/126?tab=1&leg=18&idDocumento=1136&sede=&tipo=.
[19] Art. 2 della Dichiarazione dei Diritti di Internet rubricato “Diritto di accesso”.”1. L’accesso ad Internet è diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale. 2. Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale. 3. Il diritto fondamentale di accesso a Internet deve essere assicurato nei suoi presupposti sostanziali e non solo come possibilità di collegamento alla Rete. 4. L’accesso comprende la libertà di scelta per quanto riguarda dispositivi, sistemi operativi e applicazioni anche distribuite. 5. Le Istituzioni pubbliche garantiscono i necessari interventi per il superamento di ogni forma di divario digitale tra cui quelli determinati dal genere, dalle condizioni economiche oltre che da situazioni di vulnerabilità personale e disabilità”.
[20] T.E. Frosini, Il diritto costituzionale di accesso ad Internet, in M. Pietrangelo (a cura di), “Il diritto di accesso ad Internet” Collana ITTIG-CNR, Serie “Studi e documenti”, n. 9, Napoli, ESI, 2011, pp. 23-43 (cit. pag. 32 ss.).
[21]Si veda: C. Fotina, “Internet di cittadinanza in Costituzione: parte l’iter della proposta 5 Stelle” in www.ilsole24ore.com, 20/03/19 https://www.ilsole24ore.com/art/internet-cittadinanza-costituzione-parte-l-iter-proposta-5-stelle-ABuHMAgB, ( ultima consultazione 20/ 10/ 20).
[22]Si veda: T. Hardware, Analfabeti digitali: secondo l’OCSE l’Italia il terzo Paese peggiore su 29 analizzati, in ww.ilfattoquotidino.it, 10/05/19, disponibile qui https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/05/10/analfabeti-digitali-secondo-locse-litalia-il-terzo-paese-peggiore-su-29-analizzati/5168160/ ; per i dati si veda: https://d110erj175o600.cloudfront.net/wp-content/uploads/2019/05/Skills-Outlook-Italy-IT.pdf ( ultime consultazioni 20/10/20).
[23] L’origine del termine è da rinvenirsi all’inizio degli anni Novanta negli Stati Uniti, in alcuni studi che sottolineavano come il possesso di pc aumentasse solo per alcuni gruppi etnici. Il termine è entrato successivamente nell’uso comune quando il Presidente Bill Clinton ed il suo vixe Al Gore lo hanno utilizzato in un discorso tenuto nel 1966 a Knoxville, in Tennessee, ove l’amministrazione statunitense sottolineava la disparità di accesso ai servizi telematici tra la popolazione “[..]that our children will never be separated by a digital divide”. https://it.wikipedia.org/wiki/Divario_digitale. Per un approfondimento sul divario digitale si veda L. Sartori, Il divario digitale. Internet e le nuove disuguaglianze sociali, Bologna, il Mulino, 2006.
[24] Si veda, a titolo esemplificativo : V. Alfano “Digital divide: la nuova apartheid”, 27/10/2011, (ultima consultazione 20/10/2020), disponibile qui: https://www.cinquecolonne.it/digital-divide-la-nuova-apartheid.html;
[25] “Didattica a distanza allarga il divario digitale, Anief: 1 alunno su 3 ha problemi ad accedere”, in https://www.orizzontescuola.it/didattica-a-distanza-allarga-divario-digitale-anief-1-alunno-su-3-ha-problemi-ad-accedere/ (ultima consultazione 21/ 10/ 2020).
[26] Art.8 Codice amministrazione digitale “1. Lo Stato e i soggetti di cui all’art. 2. Co. 2, promuovono iniziative volte a favorire la diffusione della cultura digitale tra i cittadini con particolare riguardo ai minori e alle categorie a rischio di esclusione, anche al fine di favorire lo sviluppo di competenze di informatica giuridica e l’utilizzo dei servizi digitali delle pubbliche amministrazioni con azioni specifiche e concrete, avvalendosi di un insieme di mezzi diversi fra i quali il servizio radiotelevisivo”.
[27] Sentenza Corte cost. n. 307 del 2004, §3.1. del “Considerato in Diritto”, Il testo della sentenza è consultabile qui: http://www.giurcost.org/decisioni/2004/0307s-04.html.
[28] Sentenza Corte cost. n. 307 del 2004, §3.1. del “Considerato in Diritto”.
[29] F. Modugno, I “nuovi diritti” nella Giurisprudenza Costituzionale, Torino, Giappichelli, 1995.
[30] S. Rodotà, Una Costituzione per internet?, In Politica del Diritto, fascicolo 3, settembre 2010, in Il Mulino rivista web, disponibile qui: http://www.unite.it/UniTE/Engine/RAServeFile.php/f/File_Prof/SCIANNELLA_2796/Rodota_Costituzione_Internet.pdf, p. 345.
[31] G. Azzariti, op.cit., p. 3.
[32]G. Teubner, La cultura del diritto nell’epoca della globalizzazione. L’emergere delle costituzioni civili, Roma, Armando, 2005.
[33] G. Azzariti, Il costituzionalismo moderno può sopravvivere? Laterza, Bologna, 2013.
[34] N. Bobbio, L’età dei diritti, Einaudi, Torino, 1997, XIII.
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Laureata in Giurisprudenza presso l’Università La Sapienza di Roma nel 2023, con una tesi in diritto costituzionale, dal titolo “La teoria dei controlimiti: la tutela della democrazia sostanziale ad extra“, relatore Prof. Gaetano Azzariti, correlatore Prof. Alessandro Somma.
E’ specializzata in giustizia costituzionale presso l’Università di Pisa, autrice di numerosi articoli divulgativi e scientifici di Diritto Costituzionale.
Attualmente svolge la pratica forense presso il Foro di Roma ed è Responsabile diritto costituzionale presso questa rivista.
Da luglio 2023 cura la rubrica “DI ROBUSTA COSTITUZIONE” presso Ius in Itinere, che di seguito viene illustrata:
flaviana.cerquozzi@iusinitinere.it
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