Il sistema di distribuzione selettiva nelle industrie della moda
La ricerca di prodotti di lusso quali cosmetici, abbigliamento, accessori, rappresenta, spesso, un’ardua impresa. Essi non sono sempre presenti nei negozi fisici o sulle più disparate piattaforme di vendita online, in quanto il titolare del brand per preservare l’aurea di prestigio del proprio marchio decide spesso di attuare il c.d. sistema di distribuzione selettiva. Appare evidente che nel caso dei prodotti di lusso, la notorietà, il valore di un marchio, si manifesti anche attraverso i canali di distribuzione utilizzati.
Per “Sistema di distribuzione selettiva si intende un sistema di distribuzione nel quale il fornitore si impegna a vendere i beni o i servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori selezionati sulla base di criteri specificati. A loro volta detti distributori si impegnano a non vendere tali beni o servizi a rivenditori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema” (cfr. Avv. Alice Fratti). Tale nozione è offerta dall’articolo 1, lettera e, Regolamento UE numero 330/2010. La distribuzione selettiva risponde alla duplice esigenza di effettuare un controllo sulle modalità di vendita dei prodotti da parte dei distributori ed anche proibire la vendita al di fuori della rete di distribuzione selettiva stessa.
I brand che presentano una particolare aurea di prestigio, ricorrono spesso ad un sistema di rivendita più selezionato e specializzato, non prediligendo l’ampiezza e la vastità di vendita dei prodotti di largo consumo. Lo scopo è, indubbio, quello di tutelare l’immagine del marchio e la qualità dei servizi pre e post vendita, la shopping experience e altresì contrastare la contraffazione. Il sistema in esame costituisce una forma di restrizione verticale della concorrenza, che gode dell’esenzione dal divieto di cui all’articolo 101 TFUE alla stregua del quale: “ Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno”. La distribuzione selettiva sebbene appaia astrattamente idonea a ledere la disciplina sulla concorrenza in quanto pone degli ostacoli per l’accesso al mercato da parte di alcuni rivenditori, costituisce una modalità legittima di vendita.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in una sua celebre pronuncia, ha precisato che tale sistema non è vietato dalla normativa europea che tutela la libera concorrenza a condizione che i rivenditori vengano scelti sulla base di criteri oggettivi di natura qualitativa, le caratteristiche del prodotto necessitano di tale rete per preservare la qualità e le caratteristiche del prodotto, i criteri non vadano al di là di quanto necessario.[1] La Corte ha quindi individuato i requisiti necessari affinchè tale sistema non costituisca una violazione dell’articolo 101 TFUE.
Tale pronuncia è stata emanata dalla Corte nell’ambito della controversia intercorrente tra la Società Coty Germany, che produce cosmetici di lusso in Germania e li distribuisce attraverso una rete di distribuzione selettiva e la Parfumerie Azkente, rivenditore autorizzato dei prodotti Coty nei punti vendita fisici ed online. Nei propri contratti di distribuzione, Coty, a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento sulle restrizioni verticali, introduceva una clausola con il divieto ai distributori autorizzati di avvalersi dei marketplaces per le vendite online.Clausola non sottoscritta da Azkente. La Corte, chiamata a pronunciarsi sulla controversia in esame, ha affermato la leicità della clausola in quanto garantisce al produttore, anche nell’ambito del commercio online, che i suoi prodotti vengano ricollegati unicamente ai distributori autorizzati, salvaguardando l’immagine del lusso dei prodotti interessati ed ha inoltre statuito che essa non costituisce una restrizione fondamentale della concorrenza. La selezione dei distributori appartenenti al sistema di distribuzione selettiva, avviene quindi attraverso l’utilizzo di criteri prefissati. Si stratta di critieri obiettivi, di natura qualitativa, da applicare in modo uniforme e non discriminatorio. I distributori autorizzati non potranno rivendere i prodotti ad altri distributori non appartenenti alla rete di distribuzione selettiva, ma in virtù del principio “Freedom of cross supplies”, potranno acquistare i prodotti da altri distributori appartenenti alla rete di distribuzione selettiva.
La distribuzione selettiva quale deroga al principio dell’esaurimento del marchio.
La trattazione di tale sistema non può prescindere dall’analisi del principio dell’esaurimento comunitario. Tale principio, introdotto con la Direttiva Europea 2008/95/CE, è stato recepito dall’ordinamento con l’articolo 5 del Codice della Proprietà Industriale. Esso sancisce e disciplina: “ Le facoltà esclusive attribuite dal presente codice al titolare di un diritto di proprietà industriale si esauriscono una volta che i prodotti protetti da un diritto di proprietà industriale siano stati messi in commercio dal titolare o con il suo consenso nel territorio dello Stato o nel territorio di uno Stato membro della Comunità Europea o dello Spazio economico europeo”. Il secondo comma di tale articolo specifica che tale limitazione dei poteri non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare stesso si opponga all’ulteriore commercializzazione. L’esistenza di una rete di distribuzione selettiva può configurare, secondo la giurisprudenza comunitaria[2], un motivo legittimo ostativo l’esaurimento a condizione che si tratti di un prodotto di lustro o di prestigio. La Corte ha precisato che la qualità di tali prodotti non risulta solo dalle loro caratteristiche materiali, ma anche dallo stile e dall’immagine di prestigio che conferisce loro un’aurea di lusso, che tale aurea costituisce un elemento essenziale di detti prodotti affinchè siano distinti, da parte dei consumatori, da altri prodotti e che, pertanto, un danno a tale aura di lusso può compromettere la qualità stessa di tali prodotti. La Corte ha individuato i criteri di cui il Giudice nazionale dovrà servirsi per verificare caso per caso se la vendita dei prodotti a soggetti non appartenenti la rete di distribuzione selettiva e la successiva commercializzazione da parte di questi, possano determinare uno svilimento del marchio.
Distribuzione selettiva online.
L’avvento di internet e le modalità di vendita online, che in questo periodo storico pandemico hanno assunto un ruolo fondamentale, hanno imposto l’obbligo di ridisegnare gli equilibri precedentemente tratteggiati. La rete permette infatti di raggiungere un numero illimitato di consumatori finali presenti nei territori più disparati creando inevitabilmente nuovi spazi in cui l’immagine del produttore, del titolare del marchio può essere potenzialmente danneggiata. Anche nella modalità di vendita online, è fondamentale potersi avvalere di un sistema di distribuzione selettiva, ed è operante la deroga del principio dell’esaurimento di cui all’articolo 5 cpi. Esso può infatti essere derogato se sussistono motivi legittimi in relazione alle modalità ed alle forme di commercializzazione online dei prodotto di lusso o di prestigio da parte di marketplace e rivenditori autorizzati. L’inizio della vendita di un prodotto on-line può avvenire solo se le condizioni stabilite dal produttore siano pienamente soddisfatte. Il distributore deve infatti offrire una descrizione dettagliata del progetto di realizzazione del sito web, così da poter consentire al produttore la verifica della sussistenza delle suddette condizioni. La piattaforma di vendita online dovrà riflettere le più avanzate tecniche di mercato e dovrà essere coerente con le linee guida grafiche del titolare del marchio. Dovrà sussistere una descrizione dettagliata del prodotto, quali caratteristiche fisiche e qualitative, l’uso, la denominazione. Il rivenditore autorizzato dovrà utilizzare tutti gli espedienti necessari al fine di preservare, durante la vendita sulla piattaforma online, l’immagine di prestigio dei prodotti e del titolare del marchio. A tal proposito di notevole importanza la pronuncia del Tribunale di Milano[3], nell’ambito della controversia Sisley-Amazon. Sisley Paris, che vende i suoi prodotti cosmetici attraverso un sistema di distribuzione selettiva a tutela del prestigio e qualità dei prodotti e che richiede precisi standard qualitativi di rivendita, accusava Amazon per aver commercializzato i prodotti con modalità tali da ledere l’aurea dei propri prodotti. Il Tribunale di Milano, accoglieva il reclamo proposto da Sisley, inibendo Amazon la vendita sul proprio Marketplace dei prodotti dei primi accanto ad altri appartenenti a livelli più bassi di mercato. Il Tribunale di Milano, in una successiva e differente pronuncia, emanata nell’ambito del procedimento cautelare che vedeva contrapposti Beautè Prestige International S.A., Shiseido Europe S.A e Shiseido Italy S.p.A nei confronti di Amazon, ha seguito l’orientamento giurisprudenziale prevalente che afferma la leicità dell’esigere il rispetto di standard qualitativi da parte della piattaforma online che vende i prodotti. Nel caso di specie le ricorrenti, licenziatarie dei marchi “Narciso Rodriguez”, “Issey Miyake” “ Elie Saab” “Dolce e Gabbana” e “Zadig e Voltaire”, contestavano il mancato rispetto da parte di Amazon di alcuni requisiti tali a preservare il prestigio dei loro marchi. Il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso limitatamente ai marchi “Narciso Rodriguez” e “Dolce e Gabbana”, considerati marchi di lusso e quindi suscettibili di ricevere pregiudizi dalle modalità di vendita effettuate da Amazon.
Prodotti oggetto del sistema di distribuzione selettiva
La norma non offre alcuna indicazione concernente i prodotti che possono formare oggetto del sistema di distribuzione selettiva, limitandosi a delinearne la nozione. Tuttavia, appare evidente, che il sistema di distribuzione selettiva non si addice a prodotti di uso comune. Lo scopo della distribuzione selettiva è infatti quello di tutelare alcune tipologie di prodotti, che per le loro caratteristiche intrinseche, esigono un sistema di vendita maggiormente curato. Deve quindi trattarsi di prodotti aventi un particolare pregio: prodotti di lusso quali gioielli, cosmetici, abbigliamento, o in alternativa prodotti tecnici e complessi. In tale ottica, appare evidente, che il sistema di distribuzione selettiva verrà violato quando i prodotti sono venduti in punti vendita simili a discount store, insieme a prodotti brand meno prestigiosi e quando vi è l’assenza di una vendita adeguata e professionale. Il Tribunale di Milano[4] ha recentemente definito il concetto di lusso specificando gli indici da cui si può dedurre che i prodotti appartengono a tale categoria. Il Tribunale ha affermato che “un prodotto può essere definito di lusso non solo in ragione delle sue caratteristiche materiali, ma anche dello stile e dell’immagine di prestigio che lo accompagnano” ed ha ritenuto idonei a classificare un prodotto come prodotto di lusso i seguenti indici: la ricerca di materiali di alta qualità per il prodotto, la cura del packaging, la presentazione al pubblico promossa a livello pubblicitario da personalità dello spettacolo; l’ampio accreditamento nel settore di riferimento, desumibile dai numerosi premi conseguiti; il consolidato riconoscimento da parte della stampa specialistica.” Ne deriva che la Distribuzione Selettiva è un sistema che non può prescindere da una attenta e profonda analisi del prodotto e dalle sue peculiarità oltre che da una precisa individuazione del target degli stessi destinatari.
[1] Corte di Giustizia dell’Unione Europea, C-230/16, 6 dicembre 2017.
[2] Corte di Giustizia dell’Unione Europea, C-59/08, 23 aprile 2009.
[3] Trib. Milano, ord.,3 luglio 2019
[4] Trib. Milano, ord., 19 ottobre 2020; Trib. Milano, ord. 3 dicembre 2020.
Si leggano anche:
COMMENDATORE, E-commerce e concorrenza sleale nel mondo della fashion industry, Ius in itinere.
GUARINO, Gli accordi vietati tra imprese: disciplina ed applicazione dell’art. 101 TFUE, Ius in itinere.
Laureata in Giurisprudenza con tesi in Diritto Civile presso l’Università di Napoli Federico II, prosegue la propria formazione presso la Scuola di Specializzazione per le professioni legali a Napoli.
Praticante avvocato presso Studio Legale civlista.
Animata da una forte passione per il settore della moda, attualmente iscritta al master part time “Fashion Law” presso il Sole24ore Business School.
Collabora con la rivista giuridica online “Ius In Itinere”, scrivendo articoli per l’area Fashion law.