Furto di sabbia: souvenir, reato o (mal)educazione ambientale?
Premessa. Furto di sabbia, macro crimini in micro atteggiamenti.
Con la chiusura della stagione estiva, si sa, è tempo di bilanci. E se al riguardo il nostro pensiero va immediatamente all’aspetto economico (dalla durata del soggiorno alla spesa media a famiglia, dalla dicotomia vacanza in Italia – vacanza all’estero alla presenza di stranieri ecc…), cioè a tutto ciò che concerne l’indotto a 360 gradi, in realtà esiste un’altra questione, ormai sempre più rilevante e problematica, che ancora troppo spesso viene percepita come secondaria (ammesso che venga percepita). Più nel dettaglio, si fa riferimento al fatto che ogni anno le nostre spiagge sono sempre un po’ più povere, un po’ più alleggerite in termini di sabbia, sassi, fiori, conchiglie e materiale vario. Da anni, infatti, dilaga il fenomeno del portarsi via dal luogo di vacanza un “pezzettino” del posto stesso, come una sorta di souvenir, ignorando che un gesto compiuto con estrema facilità e spesso (ma non sempre!) in buona fede, possa costare parecchio caro.
A tal proposito, ne sa qualcosa la Sardegna che, in Italia, è la regione che, in questi termini, ne paga maggiormente le spese durante i mesi estivi. Nel mese di luglio 2021, infatti, i suoi finissimi granelli hanno fatto gola a non pochi, tanto che all’aeroporto di Alghero gli agenti dell’Agenzia delle Dogane e della Guardia di Finanza ne hanno sequestrato un chilo e mezzo contenuto in bottiglie di plastica. Non solo. Alla lista si aggiungono, infatti, 50 conchiglie, 743 ciottoli di mare e una roccia del peso di quasi un chilo e mezzo. Il tutto ben chiuso all’interno di trolley di turisti, in procinto di far rientro a casa, e proveniente dalle spiagge ritenute tra le più belle della regione[1], quelle – probabilmente – con arenili in grado di fare gola ai più. Ma chi sono questi “più”? La lista è varia, possono essere semplici collezionisti che si tengono il materiale per sé, oppure gente che lo fa per moda, per postare qualche foto “acchiappa like” sui social, con il fine di destare un po’ di invidia a qualcuno e che, quindi, agisce con estrema leggerezza; possono essere veri e propri estimatori, per i quali il materiale diviene oggetto di scambio tra i collezionisti di tutto il mondo. O, ancora, talvolta sabbia e conchiglie ritenute particolarmente rare e preziose vengono vendute.
Qualunque sia il fine del furto di sabbia o di altro materiale, il risultato è sempre lo stesso: il comportamento sopra descritto integra un illecito. A stabilirlo sono il Codice Penale, il Codice della Navigazione, il Codice civile, le norme ed ordinanze regionali e locali, per come interpretati dalla giurisprudenza. Sono proprio gli enti comunali, provinciali, regionali e le comunità del luogo quelle che, invero, spesso sono più coinvolti, in quanto più vicini alle realtà locali. Gli stessi, quindi, sono in grado di canalizzare l’azione pubblica in modo più efficace, attenzionando in modo specifico e funzionale certe aree, nonché di sensibilizzare maggiormente le persone.
Conclusa tale premessa, ora si va ad analizzare il problema sotto due punti di vista. In primis, quello giuridico; successivamente, lo stesso verrà in chiave criminologica, spiegando entro quali termini e a che condizioni possiamo interrogarci in merito alle conseguenze derivanti dal rubare sabbia o affini dalle nostre spiagge.
Furto di sabbia: ecco cosa prevede la legge.
Il libro II del Codice penale “Dei delitti in particolare” al Titolo XIII “Dei delitti contro il patrimonio”, fornisce definizione di furto all’art. 624. “Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da € 154 a € 516 (625, 626, 649). Agli effetti della legge penale, si considera “cosa mobile” anche l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia valore economico (812 co.3, 814 c.c.; 1184 c.n.). Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61, n. 7, e 625“.
L’oggetto materiale è, dunque, costituito dalla cosa mobile altrui. Nei delitti contro il patrimonio, il termine “cosa” sta ad indicare tutto ciò che può essere assoggettato al potere dell’uomo e suscettibile di avere un’utilità economica. Da un lato, come si evince dal secondo comma, non importa quale sia lo stato di aggregazione della cosa o la sua composizione (solido, liquido o gassoso) e, dall’altro, il termine “mobile” sta ad indicare lo stato “movibile” della cosa nel suo aspetto naturalistico.
Nel caso in esame, la sottrazione di sabbia o di altro materiale si configura come furto, nei termini previsti dalle circostanze di cui all’art. 625 del codice, integrando l’aggravante del fatto commesso su cosa destinata alla pubblica utilità o pubblico servizio o di cosa esposta per necessità, consuetudine o destinazione alla pubblica fede.[3].
È utile, all’uopo, sottolineare che per “cose esposte alla pubblica fede” si intendono quelle che si trovano in una situazione per cui un numero indeterminato di persone possono venirne in contatto per una specifica causa, per necessità, per consuetudine o per destinazione naturale (si pensi ad esempio alla sabbia della spiaggia). Si consideri, inoltre, che “la ratio della maggior tutela accordata alle cose esposte per necessità, per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede va individuata nella minorata possibilità di difesa connessa alla particolare situazione dei beni, in quanto posti al di fuori della sfera di diretta vigilanza del proprietario e, quindi, affidati interamente all’altrui senso di onestà e di rispetto”, così la Cass. pen. n. 26857/2017. [4].
Per delineare un quadro normativo specifico, inerente l’oggetto del reato in esame, la previsione del legislatore nel Codice penale è da integrarsi sia con il Codice della Navigazione sia con il Codice Civile.
Secondo l’art. 1162 del Codice della Navigazione, “[L’] estrazione abusiva di arena o altri materiali” stabilisce che “chiunque estrae arena, alghe, ghiaia o altri materiali nell’ambito del demanio marittimo o del mare territoriale ovvero delle zone portuali della navigazione interna, senza la concessione prescritta nell’articolo 51[2], è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1549,00 a euro 9296,00”.
Ma qual è in concreto l’oggetto di tale divieto? La risposta è da ricercarsi nell’art. 28 del Codice della Navigazione laddove fornisce una definizione di demanio marittimo e di cosa realmente sia in esso ricompreso[5]; mentre il Codice civile, all’art. 822, stabilisce che il demanio marittimo appena definito, rientra nel demanio pubblico.
Giurisprudenza e ratio legis.
A fungere da corollario a quanto stabilito dal legislatore, vi è la sentenza della Cassazione n. 11158/2019 [6] che, nel confermare a sua volta la sentenza di primo grado conseguente a giudizio abbreviato, ha statuito la colpevolezza nei confronti di tre persone per il reato di furto di cui agli artt. 110, 624, 625 co. 1 n. 5 e 7, co.2 c.p., in quanto “in concorso si impossessavano di un ingente quantitativo di sabbia marina (…) caricandola a bordo di un autocarro”. Non ha, quindi, assunto rilevanza quanto già in precedenza dichiarato da parte di uno dei tre e cioè che, in realtà, si trattasse di sabbia pulita da impiegarsi per lavori in muratura e non di materiale di scarto, come avrebbero tentato di far credere. La suddetta Corte, infatti, richiamando la sent. N. 16894 del 22/1/2004, precisa che non possono ritenersi lesivi del principio di offensività, non configurando quindi ipotesi delittuosa, solamente quei comportamenti aventi ad oggetto sottrazioni di quantità effettivamente irrilevanti e, quindi, non incidenti minimamente sul bene giuridico tutelato. In sostanza, il furto di sabbia in quantità meramente irrisorie non configura un illecito penalmente rilevante.
Le motivazioni sottese alle norme e alle citate decisioni, che ritengono sussistente la circostanza aggravante, trovano spiegazione nel fatto che, tramite prelievo di detto materiale dagli arenili, si integra danno idrogeologico, si danneggia la pubblica utilità nonché la fruibilità delle nostre spiagge. L’obiettivo infatti, come facilmente intuibile, è quello della conservazione del patrimonio naturale, possibilmente incrementandolo e non deturpandolo, garantendo la salvaguardia delle zone marittime, montane e di tutte quelle aree specificatamente oggetto di normativa, anche e soprattutto, locale. Ogni divieto deve, pertanto, avere una chiave di lettura univoca: il mantenimento dell’equilibrio del nostro ecosistema, della flora e della fauna, propri di quei luoghi di vacanza tanto amati. Sarebbe bene rendersi conto che questi rappresentano il motivo per cui ogni anno ci si reca in vacanza proprio lì, non altrove.
Sostanzialmente, nulla di illegale si commette nel costruire castelli in spiaggia o raccogliere acqua con il secchiello, ma si rientra nel penalmente perseguibile laddove questi beni vengano asportati dal loro habitat.
Aspetto criminologico e educativo.
Bene, concretamente, il furto di sabbia può costituire un macro crimine in un micro atteggiamento?
Il problema sotteso a tale comportamento è la tenuità della percezione di commettere un illecito o la percezione di non commetterlo affatto, non considerando perciò il furto di sabbia come un’azione in cui letteralmente si rubi qualcosa. È, in linea generale, ciò che accade in materia di reati ambientali, laddove si è spinti a commettere un piccolo gesto a danno dell’ambiente nella convinzione che esso rappresenti un’inezia se paragonato al resto del mondo e allo spazio che ci circonda. Il punto è che tale “piccolo” gesto va moltiplicato per ogni persona del pianeta per ogni giorno, più volte al giorno. Posta questa considerazione, allora forse più facilmente si può comprendere e ragionare sulla gravità di quell’inezia. Se portarsi in valigia una piccola manciata di conchiglie, un sacchetto di sabbia o altro sembra essere un gesto innocuo, è necessario soffermarsi sul fatto che, molto probabilmente, tanti altri hanno la medesima idea. Il pensiero del “tanto lo fanno tutti” è ciò che, molto spesso, produce i danni maggiori.
L’aspetto educativo passa anche attraverso l’insegnamento del rispetto nei confronti dell’ambiente. E questo è un atteggiamento che deve necessariamente essere impartito sin da piccoli. Raccogliere cavallucci marini, granchi, pesci, stelle marine ecc… con i propri figli può sembrare divertente ed al contempo utile per stimolare la curiosità del bambino nei confronti della natura. In realtà, si sta commettendo un illecito penale, nonché trasmettendo un insegnamento del tutto errato al bambino, inculcandogli la convinzione che può disporre liberamente della natura e, a seconda del proprio divertimento, disporre di altre creature viventi che, al di fuori del loro habitat, non troverebbero altro che la morte.
Il problema è arduo da scardinare, ma oggi sono numerose le associazioni, nate soprattutto in Sardegna, in quanto regione maggiormente soggetta al furto di sabbia. Il problema ha richiesto anche l’intervento del governo della Regione che, nel 2017 ha introdotto una norma che prevede una sanzione amministrativa da euro 500 a euro 3.000 per chi asporta, detiene, vende anche in piccole quantità, sabbia, sassi, ciottoli, conchiglie del litorale o preso dal mare senza le dovute autorizzazioni. [7]
Nella scia di tali interventi, si rileva che nel parco nazionale dell’arcipelago di La Maddalena[8], dove si trova l’isola dei Budelli, alcune spiagge a partire dal 2020 sono state parzialmente chiuse a causa della continua erosione dell’arenile, mentre altre sono state completamente inibite ai turisti ed accessibili solo tramite visite guidate dalle guardie del parco, camminando lungo una passerella, con il fine di preservare il territorio senza, al contempo, sottrarlo alla vista o agli scatti fotografici dei tanti turisti.
Oltre alla normativa regionale, come accennato poc’anzi, sono presenti numerose associazioni locali volte a sensibilizzare il turismo ecosostenibile, focalizzando l’attenzione sul divieto di furti di souvenir dalle spiagge, proprio per il fatto che, oltre che deturpare l’ambiente, si commette un reato . Dette associazioni hanno anche utilizzato i vari canali social spesso dandosi voce tramite personaggi noti del mondo televisivo.
Rispetto a quanto esposto fino a questo momento, si potrebbe sostenere che il punto cruciale è il seguente: si potrebbe anche concordare sul fatto che non è il souvenir furtivamente messo in valigia dal turista a comportare il danno all’ecosistema marino o al territorio marittimo circostante, ma il punto è un altro e va inserito in un discorso molto più ampio, ad un livello superiore. Tale micro atteggiamento rientra, infatti, in un macrocomportamento di diseducazione ambientale e di mancato rispetto verso la natura e verso il patrimonio faunistico dei nostri litorali. Ecco che, in un’ottica di turismo sostenibile e responsabile, è fondamentale (ri)educare al rispetto dell’ambiente ospitante al fine di ridurre il più possibile l’impatto ambientale e di inquinamento.
Se, infatti, al già imponente fenomeno di erosione naturale, che si bilancia peraltro ad un precario fenomeno di deposito, si aggiunge il furto di sabbia da parte dell’uomo o la sottrazione di altro materiale, il rischio avrà logicamente conseguenze esponenziali tendenti alla sparizione di interi arenili.
Conclusioni.
Gli aspetti su cui lavorare in prospettiva futura potrebbero essere: quello dei divieti di accesso in certe zone particolarmente precarie; soprattutto in ottica preventiva, un’educazione, in primis da parte dei genitori nei confronti delle nuove generazioni e, inoltre, in ambito scolastico, attraverso una educazione in grado di approfondire determinati aspetti che, troppo spesso, si ritengono secondari. Si crede, infatti, di adempiere il proprio dovere solamente, ad esempio, non buttando plastica in mare. In realtà, prevenire è sempre meglio che correre ai ripari, con imposizioni perentorie e pesanti sanzioni.
Tale educazione andrebbe trasmessa non solo nelle località turistiche, ma anche e soprattutto nelle grandi città, dove la persona del luogo probabilmente già è a conoscenza il problema ma, si sa, il souvenir è mostrato con maggiore orgoglio sulle scrivanie degli uffici di chi il mare non ce l’ha.
Ad oggi, purtroppo però non è ancora così; il percorso, però, quantomeno è iniziato.
Fonte immagine: www.pixabay.com
[1] Notizia disponibile qui: https://www.ilpost.it/2021/08/19/furti-sabbia-sardegna/
[2] Art. 51 Cod. Nav. “Nell’ambito del demanio marittimo e del mare territoriale, l’estrazione e la raccolta di arena, alghe, ghiaia o altri materiali è sottoposta alla concessione del capo del compartimento”.
[3] In tema di furto aggravato, per approfondimento su circostanza aggravante derivante dall’esposizione della cosa sottratta alla pubblica fede per ragioni di necessità di cui all’art. 625, 1° comma, n. 7) c.p., si veda: https://www.iusinitinere.it/cass-pen-sez-v-3-settembre-2020-n-25035-31241
[4] Cass. pen. n. 26857/2017 – Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 26857 del 29 maggio 2017
[5] Art. 28 Cod. Nav.: “Fanno parte del demanio marittimo: il lido, la spiaggia, i porti, le rade; le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell’anno comunicano liberamente col mare; i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo“.
[6] Cass. pen., sez. IV, n. 11158 del 2019.
[7] Con specifico riferimento alla Sardegna, l’art. 40 della Legge regionale n. 16 del 2017 prevede espressamente che “salvo che il fatto non costituisca più grave illecito, chiunque asporta, detiene, vende anche piccole quantità di sabbia, ciottoli, sassi o conchiglie provenienti dal litorale o dal mare in assenza di regolare autorizzazione o concessione rilasciata dalle autorità competenti è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 500 a euro 3.000,00”.
[8] https://www.lamaddalenapark.it/pagina20744_budelli.html
Laureata all’Università Cattolica Sacro Cuore di Piacenza nel 2006 con tesi intitolata “Il licenziamento del dirigente”, ha in seguito indirizzato la propria carriera lavorativa in diversi ambiti che le hanno fornito esperienza, soprattutto grazie al contatto costante con persone e ragazzi, mantenendo un forte interesse per l’ambito criminologico. Questo l’ha portata a voler conseguire ulteriore laurea in Criminologia con tesi dal titolo “Staging ed occultamento di cadaveri”, nel 2021, per poter indirizzare completamente il proprio lavoro in questa direzione. Attualmente lavora nel territorio piacentino in ambito criminologico – sociale, di prevenzione delle condotte devianti, in contatto con il servizio sociale, occupandosi specificatamente dei minori. Esperta di Scienze Forensi, si mantiene in costante aggiornamento e continua formazione su aspetti forensi e criminologici, prestando attenzione, in chiave critica, ai processi mediatici, cercando di interpretare le motivazioni sottese al fenomeno. La frase che funge da sfondo ad ogni suo lavoro è: “Non si tratta di fascinazione del male, si tratta di dare centralità alla persona, alla vittima e alle cause devianti, studiando il criminale prima del crimine, il folle prima che la follia, con l’obiettivo di rieducare e reintrodurre in società. Dalla parte della giustizia sempre e per sempre”.