Gioco e scommesse autorizzati sono soggetti al Codice del Consumo?
Il gioco e la scommessa sono da sempre oggetto di attenzione da parte del legislatore.
La normativa in materia rimarca la necessità di garantire la tutela della pubblica sicurezza e dell’ordine pubblico (TULPS – CP – L. 401/1989), con previsione di sanzioni e reati.
A livello civilistico la regolamentazione dettata dagli artt. 1933 e ss c.c. evidenzia una tripartizione tra giochi tollerati, giochi tutelati e giochi vietati. In particolare viene esclusa per i giochi e le scommesse, non rientranti nella categoria delle lotterie legalmente autorizzate, ogni azione per il pagamento del debito di gioco e per la ripetizione della posta pagata dal giocatore perdente.
Con il passare del tempo, stante il crescente interesse dell’uomo comune a tentare la fortuna – senza poter in questa sede affrontare i problemi sociali connessi alla diffusione dello stesso – il gioco e la scommessa sono divenuti a tutti gli effetti delle considerevoli fonti di entrate per l’erario.
Questo fenomeno ha portato pertanto il legislatore nostrano, unitamente a quello degli stati esteri, a regolamentare ed accrescere progressivamente l’elenco dei giochi autorizzati.
Dal punto di vista strettamente civilistico si è più volte proposta la tematica dell’applicabilità o meno, ai predetti giochi regolamentati dallo Stato, delle norme del Codice del Consumo (d.lgs. 205/2006), con particolare riferimento a quelle che sanciscono la nullità delle clausole vessatorie.
Secondo un primo orientamento dottrinario e giurisprudenziale si ravvisava nel gioco d’azzardo un atto “fuori della tutela del consumatore” in quanto estraneo alla cosiddetta “categoria di educato consumo”. Veniva inoltre evidenziato dalla predetta corrente che il gioco e la scommessa sono caratterizzati dall’alea e non possono di fatto ricondursi ai contratti con i quali un soggetto privato acquista un bene e/o un servizio.
In più era sostenuto che l’eventuale squilibrio delle posizioni di chi predisponeva il regolamento del gioco e chi accettava lo stesso era in qualche modo compensato dall’entità dei rischi assunti con il pagamento di una posta relativamente bassa rispetto alle prospettive di vincite offerte.
Tale impostazione è stata completamente smentita dalla Corte di Cassazione, Sez. III, con l’ordinanza del luglio 2015, n. 14288.
Il Supremo Collegio, chiamato a decidere su un’istanza di regolamento di competenza territoriale, ha ritenuto non condivisibile l’esclusione del gioco autorizzato dalla categoria dei contratti dei consumatori.
Ribadendo la necessità di garantire l’ordine pubblico con la previsione di restrizioni da imporre agli operatori autorizzati a proporre servizi nel settore del gioco d’azzardo, e ciò al duplice fine di combattere le infiltrazioni della criminalità e garantire il massimo guadagno per le casse statali, la Corte afferma d’altro canto che “avuto riguardo al gioco autorizzato, in quanto gestito direttamente dallo Stato o da suoi concessionari, si ritiene che risultano elise le suindicate ragioni di sicurezza sociale, e che debbono per converso trovare applicazione le ordinarie norme poste a tutela dell’esercizio dell’impresa”.
Richiamando poi una pronuncia del Corte di Giustizia (21.10.1999, C-67/98, Zerratti) che ha ricondotto le raccolte di scommesse alla categoria della prestazione di servizi ex art. 49 del Trattato CE, il Supremo Collegio ha ritenuto erronea l’esclusione della disciplina di tutela dei consumatori ai contratti aleatori.
Rilevato infatti che per costante giurisprudenza “il versamento della posta contemplata nel contratto integra un comportamento deponente per la conclusione del contratto con automatica adesione alle relative condizioni” che il contrante – giocatore subisce ed implicitamente accetta, senza spesso conoscerne il contenuto, la Corte sussume il contratto concluso con la scommessa allo schema della conclusione del contratto per moduli o formulari predisposti unilateralmente. Ed è questo meccanismo che per gli ermellini fa scattare la tutela del consumatore, proprio in virtù della non partecipazione alla formazione dello schema negoziale il giocatore viene leso nella sua autonomia contrattuale, con l’imposizione delle clausole predisposte dall’altro contraente.
Tale schema, qualsiasi sia il divario tra posta e vincita, impone l’applicazione della tutela del consumatore.
Nel caso di specie la Corte ha pertanto ritenuto competente a decidere la vertenza sorta per il pagamento di una vincita ad una video lotteria il foro di residenza del consumatore, aprendo l’applicazione della tutela del d.lgs. 205/2006 anche al gioco e alle scommesse autorizzati.
Avvocato civilista specializzato in contrattualistica commerciale, real estate, diritto di famiglia e delle successioni, diritto fallimentare, contenzioso civile e procedure espropriative.
Conseguita la laurea in Giurisprudenza, ha collaborato con la II cattedra di Storia del Diritto Italiano dell’ateneo federiciano, dedicandosi poi alla professione forense.
Ha esercitato prima a Napoli e poi nel foro di Milano, fornendo assistenza e consulenza a società e primari gruppi assicurativi/bancari italiani.
Attualmente è il responsabile dell’ufficio legale di un’azienda elvetica leader nella vendita di metalli preziosi, occupandosi della compliance, fornendo assistenza per la governance e garantendo supporto legale alle diverse aree aziendali.
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