Gli effetti della sentenza n. 251/2016 della Corte Costituzionale: la struttura dei decreti correttivi
La sentenza 251/2016 della Corte Costituzionale ha avuto un notevole impatto sulla Riforma della PA avviata nel 2015.
La Corte, nel punto 9 del Considerato in diritto della sentenza, invita il Governo ad adottare strumenti al fine di ottenere soluzioni correttive affinché non si perda lo slancio riformatore della Legge delega 124/2015. Il percorso più ragionevole e compatibile con l’impianto della sentenza sembra essere quello che il Governo adotti decreti correttivi intervenienti direttamente sui decreti legislativi e che si risolvano nell’applicazione della disciplina della delega (come modificata dalla Corte Costituzionale) al processo di riforma in corso. Il decreto attuativo dovrebbe completare precetti normativi, ovvero correggere, il decreto legislativo già adottato. Tramite questo strumento, si potrebbe eliminare o modificare norme ritenute in contrasto con la Costituzione, svolgendo così una funzione di sanatoria di un asserito vizio dell’atto legislativo già adottato.
Il decreto correttivo, pertanto, dovrebbe sia rispettare i principi e criteri direttivi della legge delega sia svolgere una funzione di correzione o integrazione del testo legislativo originario, salvo quanto affermato dalla giurisprudenza della Corte, per evitare che il nuovo provvedimento si risolva in un esercizio tardivo della delega, estendendo ad ambiti differenti da quelli delineati dal primo decreto.
Ad avviso del Consiglio di Stato, il decreto correttivo dovrebbe dare atto espressamente, “nelle premesse”, della sentenza della Corte e dello svolgimento del procedimento di leale collaborazione, descrivendo in modo adeguato l’oggetto, gli effetti e le modalità di svolgimento dell’intesa.[1] In secondo luogo, il decreto dovrebbe testualmente emendare le premesse del decreto originario, inserendo la menzione dell’intesa raggiunta, esplicitando gli effetti procedimentali sananti il vizio procedimentale. In terzo luogo, dovrebbe contenere le norme correttive e integrative eventualmente definite all’esito della concertazione con le Regioni.
Come disposizioni di chiusura, il decreto dovrebbe espressamente fare salve le disposizioni delle norme contenute nel decreto originario che non sono state modificate all’esito della procedura di cooperazione e una, eventuale, che faccia salvi gli effetti intercorsi tra l’entrata in vigore del decreto originario e quella del correttivo. Il decreto dovrebbe pertanto introdurre tutte le modifiche necessarie per risolvere incertezze e per far funzionare le norme originarie. Appare opportuno ribadire che l’intesa con le Regioni riguardi esplicitamente sia il decreto correttivo sia le disposizioni già introdotte con il testo unico in una prospettiva di sanatoria ex tunc delle norme introdotte. Tale esigenza appare efficacemente presa in considerazione dal combinato disposto dell’art. 1 e dell’art. 18 dello schema del D. lgs. “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”: l’art. 1 ha una valenza confermativa delle disposizioni non modificate dal correttivo stesso, l’art. 18 fa salvi gli effetti già prodotti dal decreto legislativo n. 175 del 2016. Entrambe queste norme, sottoposte anch’esse all’intesa, come tutto il decreto correttivo, appaiono fornire all’intera riforma un effetto sanante, in attuazione del dictum della Corte Costituzionale. Le potenzialità sono intrinsecamente connesse alla “fase cruciale dell’attuazione” di ogni riforma, come il Consiglio di Stato ha avuto modo di definirla in molteplici occasioni. L’adozione dei decreti legislativi attuativi di una legge di riforma non è sufficiente. In considerazione che ogni riforma può presentare criticità o lacune, queste possono essere eliminate e l’impianto normativo migliorato con una fase di progressivo adattamento tramite decreti correttivi e integrativi. Con tali decreti si potrebbe da un lato garantire la qualità formale del testo, con l’eliminazione di illegittimità e dall’altro per apportare le correzioni e le integrazioni che l’applicazione pratica renda opportune, se non indispensabili, per il buon funzionamento della riforma.
[1] Cfr. Parere consultivo 00083/2017 Consiglio di Stato
Gianluca Barbetti nasce a Roma nel 1991. Appassionato di diritto amministrativo,ha conseguito la laurea in Legal Services con una tesi sui servizi pubblici locali, con particolare attenzione alle società partecipate. Durante il percorso di studi, ha svolto diverse attività parallele per completare la propria formazione con approcci pratici al diritto, come Moot Court in International Arbitration e Legal Research Group. E’ curatore e coautore di due opere pubblicate e attualmente in commercio.