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Gli INCOTERMS®: il riconoscimento internazionale e la diffidenza della giurisprudenza italiana

Cosa sono gli Incoterms®?

Il contratto di vendita di beni mobili si presenta come una delle più antiche forme contrattuali, già diffuse nelle società più antiche. La relativa disciplina, inizialmente rimessa agli usi, conobbe solamente nel periodo dell’illuminismo compiuta formalizzazione grazie alla codificazione.  Tuttavia, tale codificazione interessò per lungo tempo unicamente i contratti conclusi tra parti contrattuali della medesima nazione, lasciando, invece, agli usi la regolazione dei contratti che oggi definiremmo internazionali. Ebbene, fu proprio l’esigenza di sopperire a tale mancanza ad indurre la Camera di Commercio Internazionale di Parigi (“ICC”) ad intraprendere un’approfondita analisi, il cui risultato – a noi noto – è rappresentato dagli International Commercial Terms.

Gli International Commercial Terms – altresì noti come Incoterms®[1] – costituiscono un compendio di clausole contrattuali (o “terms”) da impiegare a livello internazionale nelle operazioni che implichino un trasferimento di beni. Promossi, sviluppati ed aggiornati nel corso degli anni dalla ICC, i suddetti terms costituiscono la formalizzazione di quegli usi prevalentemente invalsi nella prassi commerciale internazionale, cui è conferita forma scritta ed un’interpretazione univoca. Nello specifico, annoverando diritti e doveri dei soggetti giuridici coinvolti, gli Incoterms® si occupano di ripartire oneri, costi e rischi relativi alla consegna dei beni tra il soggetto alienante ed il soggetto acquirente.

L’ingente opera di studio e ricerca svolta dall’ICC ha pertanto costituito un importante baluardo nella prevenzione delle controversie derivanti dall’erronea interpretazione di quelle condizioni commerciali internazionali di cui, inevitabilmente, prima della pubblicazione degli Incoterms®, ciascuna parte contraente risultava avere una visione difforme ed influenzata dalla cultura giuridica e sociale del Paese di appartenenza.

Inoltre, la circostanza che gli Incoterms® siano periodicamente soggetti a revisione (la nona ed ultima edizione è del Gennaio 2020) permette loro di conservare il loro status di usi, continuando a risultare sempre rappresentativi delle mutevoli esigenze ed abitudini delle parti. D’altro canto, proprio in quanto usi e, quindi, privi di natura cogente, poiché pubblicati da un organo non governativo (ICC), gli Incoterms® hanno alimentato il dibattito nazionale con riguardo alla natura giuridica ed alla conseguente efficacia loro attribuibile nell’ordinamento giuridico italiano, conoscendo, invece, più facile favore da parte della giurisprudenza e della dottrina internazionale.

La mancata previsione del trasferimento di proprietà

Premettendo che gli Incoterms® non forniscono una disciplina esaustiva del diritto dei contratti di vendita internazionale, si noti che solamente alcuni aspetti tra cui la consegna, il trasferimento del rischio, i costi e la ripartizione degli oneri doganali risultano espressamente considerati da ciascuno dei terms. Del tutto assente, al contrario, risulta la disciplina del trasferimento della proprietà, costituendo un ulteriore ostacolo ai fini del riconoscimento dell’efficacia degli Incoterms® nell’ordinamento giuridico italiano. Ciononostante, chiara è la logica perseguita dall’ICC nel non trattare volutamente dell’effetto traslativo della proprietà negli Incoterms®, stante l’impossibilità di elaborare una disciplina trasversale confacente alle differenti tradizioni giuridiche ed ai relativi impianti normativi privatistici di Common e Civil law.

Tuttavia, la mancata considerazione del trasferimento della proprietà nelle previsioni degli Incoterms® ha destato non pochi ostacoli, favorendo un’iniziale e rigida opposizione al loro impiego. Capostipite dell’orientamento giurisprudenziale italiano si rinviene nella pronuncia n.15389/2002[2] della Corte di Cassazione laddove gli Incoterms® furono, infatti, considerati mere “clausole di spesa”, unicamente riferibili all’incidenza economica del trasporto e degli oneri connessi. Fu, al contempo affermato che, in ogni caso, il trasferimento della proprietà e conseguentemente dei rischi connessi ai beni, avrebbero costituito aspetti del contratto di vendita sottoposti unicamente alle norme comuni.

Questa prima pronuncia osteggiò l’impiego degli Incoterms® a livello nazionale, determinandone un’inevitabile battuta d’arresto nell’iter di diffusione, nonché un forte dislivello con il panorama internazionale, in cui invece gli Incoterms® furono recepiti con maggiore favore, tanto da conoscere una sempre maggior diffusione ed un frequente ricorso da parte dei contraenti.

Se tuttavia gli Incoterms® non annoverano il trasferimento della proprietà, riconoscono, invece, compiuta considerazione alla disciplina del rischio, ancorandone, con previsione conforme a tutti gli 11 Incoterms®, il relativo trasferimento al perfezionarsi della consegna.  La previsione risulta quindi del tutto antitetica al dettato codicistico secondo cui la stipulazione del contratto implicherebbe, di per sé, l’immediato esplicarsi degli effetti costituitivi e traslativi da esso derivanti[3], con conseguente subordinazione del trasferimento del rischio al trasferimento della proprietà. Appaiono pertanto chiare le ragioni dell’immutato orientamento giurisprudenziale, granitico nel riconoscere la prevalenza su qualsivoglia esplicita pattuizione delle parti – e quindi anche sugli Incoterms® – del dettato codicistico, in forza del quale la sopportazione del rischio risulterebbe regolata dal noto principio “res perit domino”.

Ebbene, l’unanimità di vedute in merito all’inapplicabilità della disciplina del trasferimento del rischio annoverata negli Incoterms® portava con sé una ulteriore problematicità rappresentata dalla consegna che, per lungo tempo, ha rappresentato una questione piuttosto insidiosa.

L’applicabilità degli Incoterms® ai fini della disciplina della consegna del bene

Il dettato codicistico in tema di consegna di beni mobili, nel disciplinare, ai sensi dell’articolo 1510 c.c., il luogo della consegna del bene, sembrerebbe ammettere l’applicabilità di una diversa pattuizione laddove subordina l’operare della previsione codicistica all’ assenza di patti o usi contrari. Pertanto, consolidato ormai l’orientamento per cui gli Incoterms® rientrino tra gli usi, la loro efficacia circa l’individuazione del luogo della consegna sembrerebbe – apparentemente – poter vantare pieno riconoscimento. In realtà, la giurisprudenza italiana, sino al 2014, si era mostrata piuttosto restrittiva, rigettando l’ipotesi che il ricorso ad un Incoterm® nella pattuizione contrattuale potesse comportare lo spostamento convenzionale del luogo di adempimento dell’obbligazione di consegna.

Al contrario, negli ultimi anni, l’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea[4] si è mostrato decisivo nel determinare un’inversione di tendenza in seno alla giurisprudenza nazionale. La Corte europea ha avuto, infatti, modo di accertare che “al fine di verificare se il luogo di consegna fosse determinato “in base al contratto” il giudice (nazionale) adito dovesse tener conto di tutti i termini e di tutte le clausole rilevanti del contratto stesso, che fossero idonee a identificare con chiarezza tale luogo, compresi quei termini e quelle clausole generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del commercio internazionale, quali gli Incoterms®.

Fu sulla scia di questa pronuncia, nonché in forza di quanto previsto dall’articolo 5 del Regolamento CE/44/2001[5], che le S.S U.U. della Corte di Cassazione[6] sostennero che un accordo diverso da quanto previsto dal dettato codicistico – stipulato tra le parti con riferimento al luogo della consegna dei beni – potesse “assumere prevalenza” unicamente laddove fosse chiaro ed esplicito e quindi risultasse nitidamente dal contratto.

Si badi, tuttavia, che la Suprema Corte fu altresì ferma nel prevedere che un semplice e generico richiamo a qualsivoglia clausola degli Incoterms® non fosse sufficiente a manifestare la chiara ed univoca volontà delle parti di stabilire il luogo di consegna della merce.

Ed è proprio in linea di continuità con questa iniziale pronuncia che la Cassazione ha recentemente[7] ribadito i limiti all’impiego degli Incoterms®, circoscrivendone la funzione giurisdizionale. Infatti, in caso di controversia, la possibilità di individuare il giudice competente in base al luogo designato dalle parti per la consegna – ricorrendo ad un dato “term” – è stata limitata alle sole ipotesi in cui l’impiego degli Incoterms® si traduca in una facilitazione delle convenzioni e, tramite esse, in una inequivocabile identificazione della giurisdizione competente.

La pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha pertanto consentito di sradicare la rigidità con cui la giurisprudenza italiana era coesa nel rigettare l’impiego degli Incoterms® per fini ulteriori rispetto alla ripartizione dei costi.  Ebbene, da mere “clausole di spesa” – così come definiti per la prima volta nel 2002 – la giurisprudenza riconobbe la vincolatività delle previsioni contenute nell’Incoterm® richiamato nel contratto, con riguardo all’individuazione del luogo di consegna, allorquando tali indicazioni fossero chiare ed esplicite. Il riconoscimento non è di poco conto, atteso il valore attribuito dal Regolamento CE/44/2001 al luogo di consegna, ovvero di funzione giurisdizionale ai fini dell’attribuzione di competenza in caso di controversie.  Granitico rimase, invece, l’orientamento giurisprudenziale che considerava inapplicabili le previsioni degli Incoterms® concernenti il trasferimento del rischio – anche laddove espressamente richiamate dalle parti – poiché totalmente antitetiche rispetto all’impianto privatistico italiano.

L’ipotesi della consegna dei beni per mezzo di un vettore

Diversa è, invece, l’ipotesi in cui la consegna del bene si perfezioni nelle mani del vettore, e non direttamente quelle dell’acquirente, con conseguente liberazione del soggetto alienante dall’obbligazione di effettuare la consegna, allorquando il bene sia stato affidato al vettore[8].

Nel caso di specie, la circostanza che il contratto di trasporto si inserisca autonomamente nella vicenda contrattuale, come modalità esecutiva dell’obbligazione di consegna, ha permesso che si consolidasse l’orientamento giurisprudenziale[9] coeso nell’imputare, all’acquirente e non all’alienante, la responsabilità dell’inadempimento del vettore. Si è a lungo argomentato che – in deroga al dettato codicistico, di cui all’articolo 1228 c.c., secondo cui il debitore risponderebbe della condotta dei terzi di cui si sia avvalso nell’adempimento della propria obbligazione – la consegna dei beni nelle mani del vettore sarebbe, invece, idonea a liberare l’alienante dalla propria obbligazione, con conseguente trasferimento di ogni rischio dall’alienante all’acquirente.

Ebbene, l’imputabilità della responsabilità del vettore all’acquirente con conseguente trasferimento di ogni rischio connesso ai beni al momento della consegna al vettore, caratterizza tale modalità di consegna, di cui al secondo comma dell’art 1510 c.c., nella misura in cui presenta una disciplina conforme alle previsioni di cui ai 4 Incoterms® del cosiddetto gruppo “C”[10] dell’edizione del 2020. I suddetti prevedono, infatti, che la consegna si ultimi allorquando i beni siano consegnati al vettore con conseguente trasferimento del rischio dall’alienante all’acquirente in quel medesimo frangente.

Diversamente da quanto sinora considerato, l’ipotesi in oggetto riveste straordinario rilievo poiché evidenzia l’unica circostanza in cui siano le medesime previsioni codicistiche a subordinare il trasferimento del rischio all’avvenuta consegna del bene nelle mani del vettore, con una disciplina sostanzialmente coincidente con quanto previsto dagli Incoterms® del gruppo “C”[11].

Tuttavia, non si erri nel ritenere che la giurisprudenza abbia concretamente riconosciuto l’efficacia degli Incoterms® del gruppo “C”, quanto piuttosto si noti che sia stata la conformità delle previsioni codicistiche agli Incoterms® a non creare l’esigenza, in sede giudiziaria, di contestarne l’efficacia.

La responsabilità da inadempimento del vettore

Ebbene, ogniqualvolta la consegna del bene si perfezioni nelle mani del vettore, come sovra considerato, potrebbe delinearsi un’ulteriore problematicità dettata dall’inadempimento del vettore incaricato. Al riguardo, la giurisprudenza è unanime nel riconoscere che – indipendentemente da patto, uso o Incoterm® cui le parti ricorrano – sia l’acquirente a rispondere dell’inadempimento, in quanto evento temporalmente successivo al perfezionamento della consegna.

Tuttavia, anche questo orientamento giurisprudenziale si mostra di grave ostacolo alla vincolatività delle ulteriori previsioni di cui agli Incoterms®. Si pensi, infatti, che, anche laddove nell’elaborato contrattuale, le parti abbiano fatto ricorso ad un dato Incoterm®, ad esempio appartenente al gruppo “D”, la relativa previsione che imputi in capo all’alienante ogni responsabilità connessa ai beni sino all’avvenuta consegna nel luogo di destinazione finale, non risulterebbe dotata di efficacia vincolante. Le previsioni non avrebbero, infatti, quel riconoscimento, tale da superare l’orientamento giurisprudenziale che – individuando nella consegna dei beni al vettore il perfezionamento dell’obbligo di consegna vantato nei riguardi dell’acquirente – imputino tutto ciò che avvenga in seguito, sempre e comunque, nella sfera di responsabilità dell’acquirente stesso.

Anche quest’ultimo orientamento, non tradendo il generale sentimento di diffidenza della giurisprudenza nei confronti degli Incoterms®, amplia il bacino di aspetti per cui il loro ricorso sia precluso, annoverandovi altresì l’imputabilità della condotta del vettore. Tale condotta, essendo intrinsecamente connessa all’alea del trasferimento del rischio, non risulta, pertanto, in alcun modo disciplinabile da previsioni altre rispetto al dettato codicistico.

Ebbene, gli Incoterms® – nonostante godano di fama mondiale e diffuso ricorso nell’ambito del commercio internazionale, sin dai tempi più lontani ed ancora prima che conoscessero una compiuta formalizzazione scritta – continuano a trovare le preclusioni sinora considerate laddove impiegati in pattuizioni contrattuali in cui l’Autorità giudiziaria italiana sia chiamata a dirimere le relative controversie. L’evidente diffidenza della giurisprudenza italiana ne ha, pertanto, sicuramente ostacolato il ricorso delle parti, determinando, in Italia, una realtà anomala e antitetica rispetto al diffuso utilizzo conosciuto dagli Incoterms® nel panorama internazionale.

 

[1] Incoterms® è un marchio registrato della Camera di Commercio Internazionale di Parigi, pertanto l’espressione «Incoterms» deve essere sempre seguita dal simbolo di marchio registrato ogniqualvolta sia impiegata per riferirsi alle edizioni successive al 2000.

[2] Trattasi della sentenza della Corte di Cassazione n.15389 del 4 Novembre 2002.

[3] Ci si riferisce alle previsioni degli articoli 1326 e 1465 del codice civile.

[4] Trattasi della sentenza n. 87 del Giugno 2011 della sezione III della Corte di Giustizia dell’unione europea.

[5] L’articolo 5 del regolamento CE/44/2001 afferma la competenza del giudice del luogo in cui i beni siano stati consegnati in caso di controversie.

[6] Ci riferiamo alla pronuncia della Corte di Cassazione, a SS UU, n. 24279 del 14/11/2019.

[7] Trattasi della sentenza n.17566 del 28 Giugno 2019.

[8] Come disciplinato dall’articolo 1510, comma 2, del Codice Civile.

[9] Ci si riferisce, da ultimo, alla pronuncia n. 11247 del 17/12/1996 della Sezione III della Corte di Cassazione.

[10] Ai fini conoscitivi, è opportuno rammentare che gli Incoterms® siano convenzionalmente raggruppati in 4 categorie designate dalla lettera iniziale dei terms, rispettivamente individuate nella lettere E, F, C e D.

[11] Seppur, infatti, siano anche gli Incoterms® del gruppo “D” a prevedere che la consegna dei beni avvenga per mezzo di un vettore, questi ultimi, diversamente, post-pongono il perfezionamento della consegna al momento in cui i beni giungano presso la destinazione finale, e non quindi al momento in cui siano affidati al vettore come nel caso del gruppo “C”.

Annamaria Iandoli

La Dott.ssa Annamaria Iandoli si laurea con lode presso l'università di Roma "LUISS Guido Carli". Animata da un forte interesse per le materie civilistiche, attualmente svolge la pratica forense presso l'Avvocatura Capitolina di Roma- Settore Patrimonio ed è tirocinante presso le sezioni civili della Suprema Corte di Cassazione.

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