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Gravi illeciti professionali: una rivoluzionaria visione giurisprudenziale amministrativa

A cura di Pasquale La Selva

Agli inizi di marzo il Consiglio di Stato[1] si è pronunciato per riformare una sentenza in forma semplificata del Tar Sardegna – Cagliari[2], nella quale era stato accolto il ricorso proposto da Generali Italia S.p.A. per l’annullamento del provvedimento di esclusione reso da parte della stazione appaltante, Consorzio CIPNES Galluria. Attraverso tale provvedimento, la ricorrente in primo grado era stata esclusa dalla procedura aperta per l’affidamento quinquennale, con opzione per la stazione appaltante di proroga per ulteriori 4 anni, delle coperture assicurative del CIPNES Gallura. Il Tar aveva interpretato l’art. 80, comma 5, lett. c)[3] reputando che, per addivenire all’esclusione «occorre che il comportamento illecito attribuito all’operatore economico sia concretamente valutabile come ostativo alla considerazione positiva circa l’affidabilità dell’operatore medesimo», perciò è illegittima l’esclusione di una gara d’appalto in ragione di negligenze poste in essere dalla società interessata, quando in ordine a queste ultime sussista «una situazione di conflittualità e di reciproche contestazioni»; nel caso di specie inoltre, l’addebito mosso dalla stazione appaltante nei confronti della società assicurativa è  «riferito al rendimento di prodotti assicurativi con finalità di investimento (questioni peraltro molto risalenti nel tempo)», quindi non rientranti nel campo di applicazione della norma sopra richiamata (art. 80 Codice dei contratti pubblici) nel testo applicato ratione temporis (d.lgs. 50/2016 prima del correttivo).

Per esemplificare quanto appena letto, il Tar sosteneva che il motivo di esclusione addotto dalla stazione appaltante non figurasse tra le ipotesi tassative previste dall’art. 80, per cui, al fine di sciogliere ogni dubbio, si sarebbe dovuto interpretare il comma 5, lett. c) della stessa norma, nella parte un cui riporta «gravi illeciti professionali», e comprendere quali ipotesi siano riconducibili sotto questa definizione.

A tal punto, il Consorzio CIPNES Galluria era corsa immediatamente ai ripari in secondo grado, sostenendo l’errore del Tar e adducendo che, in realtà, il contrasto tra le parti era relativo alla stipulazione, nel 1998, con INA Assitalia S.p.A. (incorporata in Generali Italia S.p.A.) di polizze assicurative per la costituzione di un fondo di accantonamento per il TFR dei dipendenti del Consorzio. Il motivo del contendere non era infatti il rendimento dei prodotti assicurativi con finalità di investimento, ma la fornitura di un prodotto diverso da quello richiesto (che non avrebbe dovuto avere alcun margine di aleatorietà) e, comunque, «la mancata restituzione delle ingenti somme accantonate presso INA Assitalia sotto forma di polizze vita a favore dei dipendenti CIPNES per costituire il fondo TFR a loro favore» (restituzione, pretesa dal Consorzio e negata dalla compagnia di assicurazione); La ricorrente in secondo grado sosteneva dunque che l’inadempimento, consistente in questa mancata restituzione (dell’importo di oltre 800.000,00 euro), richiesta (con note del 2 settembre 2010) a titolo di riscatto alla scadenza del contratto, perdurava ancora. Secondo la stazione appaltante, INA Assitalia, dinanzi alla richiesta di disinvestimento, aveva dato sempre dinieghi e non aveva corrisposto alcunché; pertanto il conflitto non resta “risaliente nel tempo”, bensì attuale.

Ascoltando le ragioni interpretative dell’art. 80 delle due parti, secondo la parte appellata, di concerto con il Tar, tale norma avrebbe modificato notevolmente la precedente disposizione contenuta nell’art. 38, lett. f) del d.lgs. 163/2006[4], introducendo dei vincoli istruttori per la stazione appaltante per l’accertamento di una precedente violazione. In particolare, perché il grave illecito professionale possa giustificare un provvedimento di esclusione dalla gara, sarebbero necessari, secondo l’appellata, la risoluzione contrattuale definitiva o accertata in giudizio ovvero sanzioni, altrettanto definitive, in questa circostanza inesistenti.

A contrario, l’appellante sosteneva che la nuova disciplina non avrebbe inciso notevolmente sulla procedura di scelta del contraente tale da travolgere il principio fondamentale secondo cui l’esclusione dalle gare pubbliche si fonda sulla necessità di garantire l’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali di appalto pubblico fin dalla fase pre-negoziale.

Il collegio è dunque intervenuto interpretando la norma dell’art. 80, e nello specifico la disposizione “gravi illeciti professionali” come meramente esemplificativa. L’interpretazione del collegio infatti si sorregge sulle linee guida n. 6 del 2016/2017, nelle quali si legge, al punto 2.2.1.2 «le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione» rilevano «se anche singolarmente costituiscono un grave illecito professionale ovvero se sono sintomatici di persistenti carenze professionali». L’esclusione interverrebbe ogni qualvolta la violazione dei gravi illeciti professionali riconducano ad una delle fattispecie tassative indicate dall’art. 80, tuttavia a parere del collegio non è esclusa la possibilità da parte della stazione appaltante di servirsi della propria discrezionalità per individuare altri casi di “gravi” inadempienze non tassativamente elencate nella norma, tali da rendere dubbia l’integrità e l’affidabilità del concorrente. In caso valutazione discrezionale, la stazione appaltante dovrà motivare adeguatamente e con mezzi idonei la propria scelta.

L’interpretazione del CdS (che infine accoglie il ricorso) apre le vie ad una nuova linea di pensiero contraria rispetto alla precedente giurisprudenza, secondo la quale la stazione appaltante non avrebbe potuto escludere un concorrente non se per i casi tassativamente indicati dall’art. 80 del Codice dei contratti pubblici[5].

 

Considerazioni finali

 

Il Consiglio di Stato interpreta l’art. 80, comma 5, lett. c) del nuovo Codice dei contratti pubblici, sulla linea di pensiero dell’ANAC, in maniera rivoluzionaria rispetto al precedente consolidato orientamento giurisprudenziale, riconoscendo la tassatività dell’elencazione presente nella norma, ma attribuisce alla stazione appaltante un potere discrezionale da motivare adeguatamente nel caso in cui decida di escludere un concorrente dalla procedura di gara per una fattispecie non elencata all’art. 80, ma comunque rispondente ad un “grave illecito professionale”.

 

[1] CdS, sez. V, sentenza 2 marzo 2018, n. 1299.

[2] TAR Sardegna – Cagliari, sent. sempl., sez. I, 124/2017.

[3] Art 80, comma 5, lett. c), d.lgs. 50/2016: «la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione».

[4] Art. 38, lett. f) d.lgs. 163/2006: «Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante».

[5] cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 2017 n. 1955; T.a.r. per la Sicilia, 3 novembre 2017, n. 2511; T.a.r. per la Puglia, sez. III, 18 luglio 2017, n. 828; T.a.r. per la Puglia, sez. I, 30 dicembre 2016, n. 1480; T.a.r. per la Puglia – Lecce, III, 22 dicembre 2016, n. 1935; T.a.r. per la Calabria, I, 19 dicembre 2016, n. 2522, nonché da ultimo T.a.r. per la Campania – Napoli, sez. V, 12 ottobre 2017, n. 4781 e T.a.r. Palermo, 17 novembre 2017, n. 2511.

Pasquale La Selva

Pasquale La Selva nasce a Napoli il 22 Febbraio 1994. Ha conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” con tesi in Diritto Amministrativo dal titolo "Il socio pubblico e la golden share", a relazione del Prof. Fiorenzo Liguori, ed ha conseguito, presso il Dipartimento di Scienze Politiche dello stesso Ateneo la laurea magistrale in Scienze della Pubblica Amministrazione, con una tesi sulle "competenze e poteri di ordinanza tra Stato, Regioni ed Enti Locali nell'emergenza sanitaria" a relazione del Prof. Alfredo Contieri. Pasquale ha conseguito anche un Master di II livello in "Compliance e Prevenzione della Corruzione nei settori Pubblico e Privato" presso l'Università LUMSA di Roma, con una tesi sulla rotazione del personale quale misura anticorruttiva. Pasquale è direttore del Dipartimento di diritto amministrativo di Ius in itinere ed è praticante avvocato. Durante il periodo degli studi, Pasquale è stato anche un cestista ed un atleta agonista: detiene il titolo regionale campano sui 400 metri piani della categoria “Promesse” dell'anno 2016, è stato vice campione regionale 2017 della categoria "assoluti" sulla stessa distanza, ed ha partecipato ad un Campionato Italiano nel 2016. Contatti: pasquale.laselva@iusinitinere.it

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