sabato, Aprile 27, 2024
Di Robusta Costituzione

Il finanziamento della politica nelle principali democrazie pluralistiche

Il finanziamento della politica nelle principali democrazie pluralistiche

a cura di Francesco Lamacchia

 

Introduzione

Lo svolgimento dell’attività politica, sia in forma individuale che collettiva, nelle odierne democrazie pluralistiche richiede ingenti risorse finanziarie. Da un lato, non sono sempre sufficienti le risorse patrimoniali dei singoli individui che partecipano alla vita politica e, dall’altro, i partiti costituiscono organizzazioni complesse che richiedono ingenti finanziamenti per il loro funzionamento e per il sostentamento delle campagne elettorali.

Nascono così diverse esigenze, in primo luogo bisogna evitare che il potere politico sia prerogativa esclusiva di chi ha il controllo della ricchezza, consentendo a tutti di partecipare alla vita politica. In secondo luogo, si ha l’esigenza di permettere il finanziamento mediante scelte volontarie dei cittadini per evitare di trasformare i partiti in apparati burocratici autonomi e insensibili alle esigenze della società[1].

Per rispondere a queste esigenze, i principali ordinamenti europei adottano principalmente un sistema misto basato sia sul finanziamento pubblico che sul finanziamento privato[2]. Tuttavia, come si vedrà, non sempre gli ordinamenti prediligono questo sistema. È opportuno quindi analizzare in linea generale le due forme di finanziamento singolarmente.

In merito al finanziamento pubblico, si tratta di somme a carico del bilancio statale che possono essere erogate mediante:

  • la previsione di c.d. rimborsi delle spese elettorali;
  • la previsione di contributi pubblici per l’attività politica di partiti e gruppi parlamentari, che possono essere diretti o indiretti (es. agevolazioni, contributi vincolati, beni e servizi).

Il finanziamento di tipo pubblico viene erogato sostanzialmente sulla base di tre criteri:

  • l’esito elettorale, inteso come superamento di una specifica soglia (percentuale o di voti) da parte dei partiti;
  • il dato parlamentare, inteso come elezione dei propri candidati nella legislatura;
  • la c.d. capacità attrattiva autonoma dei partiti nella società, ossia la capacità dei singoli partiti di ricevere una quota di finanziamento pubblico in ragione delle risorse ottenute dai finanziamenti di tipo privato (c.d. autofinanziamento).

La previsione di un finanziamento pubblico comporta altresì la presenza di limiti di spesa, ossia un tetto alle spese fissato dalla legge che i singoli partiti e/o candidati devono rispettare nel momento della campagna elettorale.

Per quanto riguarda il finanziamento privato, quest’ultimo avviene sotto forma di erogazioni liberali, da parte di persone fisiche e/o giuridiche. Elemento costante negli ordinamenti che saranno di seguito analizzati è quello di prevedere per queste erogazioni forme di deducibilità fiscale o esenzione fiscale, nonché particolari sanzioni per le erogazioni avvenute in violazione dei limiti previsti dalla legge.

Infine, ogni ordinamento prevede, seppur con diversa intensità, oneri procedurali e di certificazione a carico di chi riceve i finanziamenti, nonché organi istituiti per il controllo sulla gestione finanziaria dei fondi ricevuti e del rispetto dei limiti imposti dalla legge.

Il finanziamento della politica in Italia

In Italia[3] a partire dal 1974 è stato introdotto un sistema di finanziamento pubblico dei partiti che prevedeva:

  • un contributo annuale ai gruppi parlamentari per lo svolgimento dei propri compiti e per l’attività funzionale dei relativi partiti (art. 3 l. n. 195/1974, c.d. Legge Piccoli);
  • un contributo alle spese elettorali sostenute dai partiti per le elezioni del Parlamento europeo, del Parlamento nazionale e dei Consigli regionali (previsto dalla l. n. 659/1981).

La legge disciplinava anche il finanziamento privato dando vita così ad un sistema misto. Erano vietati i finanziamenti ai partiti o ai gruppi parlamentari da parte di enti pubblici, società a partecipazione statale o organi della PA e società private per le quali il divieto veniva meno se la somma fosse stata regolarmente iscritta in bilancio.

Tuttavia, sulla spinta di Tangentopoli e della crisi dei partiti nel 1993, a seguito di uno dei referendum abrogativi, le disposizioni sul finanziamento pubblico per il funzionamento ordinario dei partiti sono state abrogate. Successivamente, il legislatore ha introdotto, con la l. n. 2/1997, una forma di contribuzione volontaria ai partiti e movimenti politici, cioè la possibilità per i contribuenti di poter destinare, al momento della dichiarazione dei redditi, una quota pari al 4 per mille della propria Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) al finanziamento dei partiti o movimenti politici; i contribuenti però non potevano indicare a quale partito destinare il contributo, quest’ultimo veniva così ripartito in via generale a tutti i partiti.

Nel 1999 è stato reintrodotto con la l. 157/1999 (che tra le altre abrogava la contribuzione volontaria) il finanziamento pubblico ai partiti politici, sotto forma però di rimborso “in relazione alle spese elettorali sostenute per le campagne per il rinnovo del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali” (art. 1).

Dopo una serie altalenante di riforme e ripensamenti, si è arrivati al d.l. 149/2013 (convertito nella l. 13/2014). L’attuale disciplina prevede[4]:

  • l’abolizione del finanziamento pubblico in tutte le sue forme e la sua sostituzione con il finanziamento privato volontario secondo cui ciascun contribuente può destinare in favore di un partito politico il 2 per mille della propria Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF);
  • detrazioni fiscali e un limite massimo (di 100.000 euro) in relazione alle erogazioni liberali a favore dei partiti;
  • il divieto, come nella previgente disciplina (v. supra), per gli organi della PA, degli enti pubblici e delle società con partecipazione pubblica superiore al 20% di finanziare i titolari di cariche elettive, i partiti e i gruppi parlamentari.

Si è realizzato così il passaggio da un sistema di finanziamento pubblico ad un sistema di finanziamento privato.

Il finanziamento della politica in Francia

Il sistema di finanziamento dei partiti politici in Francia, disciplinato dalla Loi n. 88-227 du 11 mars 1988, può essere definito un sistema misto basato sia sul finanziamento pubblico che su quello privato[5].

Il finanziamento pubblico è incentrato su un contributo annuale il cui ammontare (c.d. crédits de paiement), individuato annualmente dalla legge finanziaria, è ripartito in due parti:

  • la prima viene attribuita ai partiti in proporzione ai voti ottenuti alle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea nazionale;
  • la seconda viene attribuita ai partiti che sono riusciti ad ottenere degli eletti all’Assemblea nazionale o al Senato (c.d. rappresentanza parlamentare).

La legge richiede come requisito per l’accesso al contributo che il partito abbia presentato candidati in almeno 50 circoscrizioni che abbiano ottenuto almeno l’1% dei voti espressi in tali circoscrizioni.

Inoltre, il Codice elettorale francese prevede un contributo statale per il parziale rimborso delle spese elettorali sostenute dai candidati alle elezioni legislative nazionali ed europee, nonché alle elezioni dei cantoni e municipi con più di 9.000 abitanti.

Per quanto riguarda il finanziamento privato, quest’ultimo deve avvenire nei limiti previsti dalla legge:

  • i partiti politici possono raccogliere fondi e contributi esclusivamente per il tramite di un mandatario (persona fisica o giuridica);
  • le donazioni a partiti politici e a candidati possono essere effettuate solo da persone fisiche: sono vietati i finanziamenti da parte di persone giuridiche, enti di diritto pubblico, enti con maggioranza del capitale appartenente ad enti pubblici, casinò e Stati esteri;
  • le donazioni a favore di uno stesso partito non possono eccedere la cifra di 7.500 euro all’anno.

Il finanziamento della politica in Germania

Anche l’esperienza tedesca si caratterizza per la presenza di un sistema di finanziamento dei partiti misto[6].

Per quanto riguarda il finanziamento pubblico, in un primo momento era basato sul rimborso delle spese elettorali[7]. Tuttavia, in seguito alla pronuncia della Corte costituzionale tedesca del 1992, che sosteneva come il rimborso elettorale fosse diventato un vero e proprio finanziamento continuativo, si è deciso di eliminare questa forma di finanziamento. Viene così previsto un contributo pubblico annuale per l’attività politica, basato su:

  • un contributo proporzionale ai voti ricevuti;
  • un contributo calcolato sulla quota dei contributi versati da privati (c.d. autofinanziamento).

Le formazioni politiche per accedere a tali contributi devono raggiungere determinati risultati elettorali: per le elezioni europee e del Bundestag il partito deve aver raggiunto lo 0,5% del totale dei voti validi; per le elezioni dei parlamenti dei Länder è richiesto l’1% del totale dei voti validi. La legge inoltre fissa limiti assoluti ai contributi federali nonché limiti relativi della quota attribuibile ai singoli partiti.

Sempre sul versante dei contributi pubblici sono inquadrabili le erogazioni previste dalla legge tedesca ai gruppi parlamentari al fine dello svolgimento dei compiti istituzionali.

Per quanto riguarda il finanziamento privato, quest’ultimo deve avvenire nei limiti previsti dalla legge. Sono infatti vietate le donazioni effettuate da determinati soggetti, tra cui enti di diritto pubblico ed enti con componente azionaria uguale o maggiore al 25% appartenente ad enti pubblici. Tuttavia, a differenza del modello francese, non sono vietate ma solo limitate le donazioni provenienti dall’estero.

Un tratto caratterizzante dell’esperienza tedesca è la previsione di un sostegno pubblico alle c.d. fondazioni politiche ossia fondazioni culturali collegate, ma distinte giuridicamente, ai partiti politici.

Il finanziamento della politica nel Regno Unito

Il Regno Unito rappresenta un’esperienza sui generis rispetto a quelle finora analizzate.

Il finanziamento pubblico dei partiti riveste infatti un ruolo peculiare[8].  Infatti, a partire dal 1975 le forme di finanziamento pubblico sono state riservate ai partiti di opposizione e non anche al partito di maggioranza, quest’ultimo trae un vantaggio diretto dal potere di governo anziché dal finanziamento. Il finanziamento dei partiti di opposizione alla House of Commons (c.d. Short Money) è formato da un contributo generale per lo svolgimento dell’attività parlamentare, un contributo riservato al Leader dell’opposizione e da un contributo per le spese di viaggio sostenute. Questi contributi vengono erogati in favore dei partiti di opposizione che alle ultime elezioni hanno ottenuto due seggi alla Camera oppure un seggio e 150.000 voti. Per quanto riguarda la House of Lords è previsto un contributo per i partiti di opposizione (c.d. Cranborne Money) non dissimile da quello previsto per la Camera dei Comuni.

Sono inoltre previste forme di finanziamento indiretto ossia una serie di agevolazioni per i candidati alle elezioni politiche (es. la concessione di spazi televisivi e radiofonici per la propaganda politica).

Per quanto riguarda invece il finanziamento privato, la disciplina non si differenzia molto da quelle già analizzate. Infatti, le donazioni possono essere erogate da persone fisiche e giuridiche nei confronti dei membri di partiti, di titolari di cariche elettive e di componenti di associazioni collegate ai partiti entro limiti massimi fissati dalla legge. Tali conferimenti sono assoggettati ad un regime di pubblicità in quanto ne è prevista l’iscrizione in un pubblico registro.

Il finanziamento della politica negli Stati Uniti

Il sistema di finanziamento dei partiti politici negli Stati Uniti si caratterizza per lo scarso utilizzo di risorse pubbliche da parte dei candidati e dei loro partiti[9].

A tal proposito, il finanziamento pubblico è previsto solo per la campagna presidenziale (elezioni primarie e generali). I partiti politici ricevono contributi pubblici per lo svolgimento delle conventions finalizzate alla designazione dei candidati alla presidenza. L’utilizzazione dei contributi pubblici è subordinata alla condizione secondo cui il candidato alle primarie deve dimostrare di avere una base minima di consenso, deve cioè raccogliere finanziamenti privati non inferiori a 5.000 dollari in almeno 20 Stati durante la sua campagna elettorale (ossia almeno 100.000 dollari). Le risorse a carico dello Stato per il finanziamento pubblico sono incrementate attraverso i c.d. matching funds, ossia erogazioni volontarie dei contribuenti al momento della dichiarazione dei redditi.

L’utilizzazione del finanziamento pubblico ha una duplice conseguenza, in primo luogo, il rifiuto da parte del candidato di ricevere finanziamenti privati e, in secondo luogo, il rispetto di limiti di spesa e di utilizzazione fissati dalla Federal Election Commission (FEC)[10], pena la restituzione dei fondi. Queste limitazioni sono alla base del ricorrente rifiuto da parte dei candidati di ricevere i fondi pubblici che talvolta sono inferiori rispetto a quanto i candidati potrebbero ricevere dal finanziamento privato. Si può quindi affermare che i contributi pubblici assolvono a una funzione di garanzia (eguaglianza nella partecipazione alla vita pubblica) per i candidati alla presidenza che non possono contare sui finanziamenti privati.

Per quanto riguarda invece il finanziamento privato, l’attenzione dell’ordinamento è maggiore: l’obiettivo è quello di porre limiti e condizioni a queste forme di finanziamento[11]. Il finanziamento privato, che riguarda anche le elezioni al Congresso, è ammesso sia da parte delle persone fisiche sia da parte delle persone giuridiche, le erogazioni da parte di quest’ultime sono la principale fonte di finanziamento dei partiti. A tal proposito rivestono un ruolo centrale i c.d. Political Action Committees (PACs) ossia organizzazioni, costituite dai soggetti finanziatori (aziende, sindacati, soggetti privati, ecc.), in grado di raccogliere e investire ingenti somme di denaro nello svolgimento di campagne elettorali. I finanziamenti privati svolgono, oggi più di prima, un ruolo determinante per i candidati e i relativi partiti. Questo soprattutto in seguito alla liberalizzazione dei finanziamenti elettorali tramite la previsione dei c.d. Super Political Action Committees (Super PACs)[12], queste organizzazioni, a differenza dei PACs, possono raccogliere e spendere somme di denaro illimitate.

[1] A tal proposito, v. R. Bin – G. Pitruzzella, Diritto Costituzionale, edizione 2020, p. 170

[2] G. Amato, Nota sul finanziamento della politica, pp. 5-10, consultabile qui: https://www.camera.it/temiap/XVI_0437.pdf

[3] R. Bin – G. Pitruzzella, op. cit., pp. 171-172

[4] Per approfondire il tema, v. A. Ceruso, Partiti politici e obblighi di trasparenza, 2020, disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/partiti-politici-e-obblighi-di-trasparenza-29695

[5] Materiale di legislazione comparata, Il finanziamento della politica in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti, pp. 5-19, 2013, disponibile qui: https://documenti.camera.it/leg17/dossier/pdf/MLC17002.pdf

[6] Ivi, pp. 21-40

[7] La Corte costituzionale tedesca nel 1966 dichiarò l’incostituzionalità di qualsiasi sovvenzione pubblica, vietando il finanziamento pubblico generale e ammettendo esclusivamente finanziamenti a titolo di rimborso delle spese elettorali. Ivi, p. 21

[8] Ivi, pp. 41-50

[9] Ivi, pp. 73-78

[10] La Commissione elettorale federale (FEC) è un’agenzia indipendente incaricata di amministrare e far rispettare la legge federale sul finanziamento della campagna elettorale.

[11] È una materia di competenza della FEC (v. supra), quest’ultima introduce limiti alle forme di finanziamento privato. I limiti per gli anni 2021-2022 sono consultabili qui: https://www.fec.gov/help-candidates-and-committees/candidate-taking-receipts/contribution-limits/

[12] A tal proposito, v. G. Amato, op. cit., p. 4

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