lunedì, Ottobre 7, 2024
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Il movimento Cypherpunk: le origini delle criptovalute

Il movimento Cypherpunk: le origini delle criptovalute

a cura di Riccardo Santilli

Bitcoin, Libra, Ethereum, blockchain, sono termini oramai da tempo usciti dal lessico di un ristretto circolo economico ed entrati a far parte del linguaggio mainstream. Se sono in molti ad avere almeno una vaga idea su tali argomenti, non tutti sono però a conoscenza delle origini del concetto di criptovaluta.

L’idea di una rappresentazione digitale di valore basata sulla crittografia nasce con il movimento dei Cypherpunk, un gruppo di attivisti libertari che verso la fine degli anni ’80 avevano l’obiettivo di tutelare e migliorare la privacy di ciascun individuo attraverso l’utilizzo della crittografia.

Agli inizi degli anni ’90, il movimento comunicava grazie ad una serie di mailing lists crittografate e sicure.

Nel manifesto firmato Eric Hughes del 3 marzo 1993 si legge: «Noi Cypherpunks siamo attivi nella costruzione di sistemi informatici anonimi grazie all’impiego della crittografia, affinché lo scambio di informazioni e di denaro resti riservato. Noi scriviamo i codici software e li divulghiamo gratuitamente affinché siano disponibili ed adottati dal maggior numero di persone[1]».

Le idee di tale movimento furono in particolare portate avanti da David Chaum, inventore di DigiCash (chiusa nel 1999), prima impresa ad integrare la crittografia con la moneta al fine di rendere anonime le transazioni con un sistema di emissione centralizzato e di compensazione[2].

Una tappa fondamentale nella creazione di Bitcoin[3], la più celebre delle criptovalute, fu la realizzazione di Hashcash, un sistema inventato da Adam Back nel 1997 come metodo per limitare l’e-mail spam. Il sistema, utilizzato successivamente in Bitcoin come parte dell’algoritmo di mining propose l’aggiunta di un token, (hashcash) all’intestazione dei messaggi e-mail, costringendo in questo modo gli spammer a spendere una notevole quantità di costi computazionali[4].

Nel novembre del 1998, Wei Dai, un ingegnere informatico, pubblicò un paper nel quale descrisse la sua idea di criptovaluta: “b-money, un sistema di cassa elettronico anonimo e distribuito”. All’interno del documento pubblicato sulla mailing list dei Cypherpunks, l’ingegnere propose due protocolli[5]. Il primo, consentiva ad ogni aderente di mantenere un database separato, contenente la quantità nominale di denaro appartenente all’utente stesso. Il secondo, con una variante rispetto al primo sistema, delegava il conteggio dell’ammontare di denaro posseduto da ciascun utente a un sottoinsieme di partecipanti, che attraverso un incentivo economico (basato sulla teoria dei giochi), erano motivati a comportarsi in maniera onesta.

Nel dicembre 2005 Szabo, il blogger, crittografo e inventore degli smart-contracts, pubblicò la proposta di Bit Gold: una valuta digitale basata sul Reusable Proof of Work (RPOW), il trucco crittografico già utilizzato da Adam Back nella creazione di Hashcash. Szabo lavorò per diverso tempo presso la startup Digicash ideata da Chaum e comprese che la stessa, presentava alcuni rischi legati al problema della doppia spesa[6]. La tecnologia RPOW, ideata dal programmatore Hal Finney e basata su dei token crittografici utilizzabili una volta sola, risolveva questo problema, anche se i processi di validazione e di protezione contro il double spending venivano ancora eseguiti da un server centrale. La proposta di Bit Gold descriveva invece un sistema decentralizzato di PoW, dove ognuno, grazie all’utilizzo del timestamping[7] e della firma digitale, possedeva una chiave pubblica propria. Tuttavia, Szabo non propose un meccanismo per limitare l’offerta totale di Bit Gold, ma piuttosto pensò che le unità sarebbero state valutate in modo differente, ossia in base alla quantità di lavoro computazionale svolto per crearle[8].

Tutte le potenzialità di queste idee furono comprese da Nakamoto (dietro la cui identità si celano ancora grandi misteri), il quale riuscì a cogliere il meglio da ciascuna di esse, dando vita a quel progetto assolutamente innovativo che è la tecnologia blockchain[9].

La tecnologia blockchain presenta infatti molte caratteristiche affini ai tentativi precedentemente portati avanti dai Cyperpunks: al pari di bmoney che si presentava come sistema di cassa elettronico anonimo e distribuito, si tratta di un libro contabile distribuito (distribuited ledger) che permette scambi di valore in anonimato; il meccanismo di validazione delle transazioni avviene attraverso l’utilizzo del trucco crittografico già utilizzato da Adam Back nella creazione di Hashcash e ripreso successivamente da Szabo nella creazione di Bit Gold. A differenza di Bit Gold, il protocollo Bitcoin prevede però che il numero di bitcoin emessi nel tempo sia definito a priori, in maniera tale da far crescere la quantità totale molto rapidamente all’inizio e poi sempre più lentamente fino a stabilizzarsi asintoticamente sotto la soglia di 21 milioni intorno al 2030.

[1] Per un approfondimento sul tema: https://www.activism.net/cypherpunk/manifesto.html

[2] Capaccioli S. (2015), Criptovalute e bitcoin: un’analisi giuridica, 1. Ed., Milano, Giuffrè.

[3] Con la lettera maiuscola, se ci riferisce al sistema di pagamento, con la lettera minuscola se ci si riferisce alla criptovaluta

[4] Franco P. (2014), Understanding Bitcoin: Cryptography, Engineering and Economics, 1. Ed., Chichester, John Wiley & Sons Inc, p.163 ss.

[5] http://www.weidai.com/bmoney.txt

[6] Per doppia spesa, in economia, si intende la truffa che consiste nello spendere lo stesso titolo valutario due o più volte. Nell’economa tradizionale sono gli istituti finanziari centralizzati a fornire un controllo, mentre Bitcoin, essendo un sistema decentralizzato, prevede un ingegnoso stratagemma, chiamato proof-of-work (prova-di-lavoro) che, per registrare (quindi rendere effettive) un certo numero di operazioni di transazione di bitcoin, richiede il compimento da parte degli utenti di un lavoro “faticoso”. In termini informatici è un lavoro che prevede una enorme quantità di calcoli da parte di molti processori informatici che gareggiano per scoprire un “segreto” matematico. La ricerca di questo “segreto” non è altro che il ‘mining‘ (estrazione mineraria). Chi trova il “segreto” per primo è quello che registra definitivamente un blocco di nuove transazioni nel registro pubblico (la blockchain). Questo meccanismo inoltre evita che un miner disonesto possa accettare entrambe le spese registrandole nella blockchain, perché per farlo dovrebbe scoprire il segreto prima di tutti gli altri utenti onesti e l’unico modo per avere qualche possibilità sarebbe avere a disposizione più processori (ed elettricità) di tutti gli altri. Per ulteriori approfondimenti si consulti: https://www.tidona.com/bitcoin-revolution-una-analisi-giuridico-economica-sulle-criptovalute-e-sulla-tecnologia-blockchain/#_ftn19

[7] Una marca temporale (timestamp) è una sequenza di caratteri che rappresentano una data e/o un orario per accertare l’effettivo avvenimento di un certo evento. La data è di solito presentata in un formato compatibile, in modo che sia facile da comparare con un’altra per stabilirne l’ordine temporale. La pratica dell’applicazione di tale marca temporale è detto timestamping.

[8] Per ulteriori approfondimenti su Bit gold: https://bitcoinmagazine.com/articles/genesis-files-bit-gold-szabo-was-inches-away-inventing-bitcoin

[9] Per ulteriori osservazioni su bitcoin e blockchain, cfr. Claudia Addona, Bitcoin e il sistema Blockchain, luglio 2017, disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/bitcoin-e-il-sistema-blockchain-4422

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