venerdì, Aprile 19, 2024
Criminal & Compliance

Il Pubblico Ministero come “ricercatore” di notizie di reati

A cura di: Lorenzo Pelli, Elsa Perugia

Poteri di iniziativa investigativa, notizie di reato atipiche e indagini pre-procedimentali.

Generalmente si è portati a pensare che l’iter del procedimento penale venga attivato con una querela della persona offesa o con una denuncia formale che costituiscono le classiche ipotesi di notizia di reato.

In realtà, il pubblico ministero ben può iniziare ad investigare autonomamente senza il bisogno della segnalazione di nessuno per i reati procedibili d’ufficio (art. 50, comma 2, c.p.p.).

Si pensi al caso di situazioni catastrofiche quali il naufragio della Costa Concordia, la slavina di Rigopiano o il crollo del ponte Morandi lo scorso 14 agosto.

In questi casi il p.m. è tenuto ad attendere la denuncia o la querela di qualcuno o è legittimato a procedere a prescindere da tutto ciò? La seconda ipotesi è decisamente quella corretta.[1]

In primo luogo, quando si verificano tragedie di questa portata il pubblico ministero ne viene ovviamente a conoscenza senza il bisogno di stimoli esterni.[2]

Inoltre, vi è il dato normativo che all’art. 330 del c.p.p. così recita: “il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti” e all’art. 70, comma 5, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (la legge sull’ordinamento giudiziario) prevede che se il pubblico ministero fuori dell’esercizio delle sue funzioni, viene comunque a conoscenza di fatti che possano determinare l’inizio dell’azione penale o di indagini preliminari, può segnalarli per iscritto al titolare dell’ufficio.”[3]

Da un prima lettura dell’articolo si evince come alcune notizie possano essere esclusivamente “presentate o trasmesse”, mentre altre vengano attivamente acquisite dagli organi inquirenti su loro iniziativa.

La dottrina ha, infatti, teorizzato una summa divisio fra le notizie di reato e cioè quella fra notizie tipiche (o qualificate) e atipiche (o non qualificate).[4]

Le prime sono, pertanto, quelle tipiche e si annoverano tra le classiche fonti conoscitive dell’avvenimento criminoso: la denuncia dei pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio (art. 331 c.p.p.), la denuncia di soggetti privati (art. 333 c.p.p.), il referto medico (art. 334 c.p.p.), l’informativa della polizia giudiziaria (art. 347 c.p.p.). A completare l’elenco vi sono tre istituti che pur essendo delle condizioni di procedibilità possono eventualmente fungere da veicoli informativi su fatti costituenti reato non precedentemente conosciuti dagli inquirenti: la querela (art. 337 c.p.p.), l’istanza di procedimento (art. 341 c.p.p.) e la richiesta di procedimento (art. 342 c.p.p.).

Le notizie della seconda categoria costituiscono, invece, quelle c.d. atipiche.

Non essendo queste ultime espressamente tipizzate ex lege, si tratta di “una massa eterogenea di veicoli di conoscenza del reato[5] e cioè di una categoria residuale in quanto non vi è “nessuno (che) presenta una denunzia o un rapporto”.[6]

In particolare, sono esempi di notizie atipiche la sorpresa in flagranza di reato, le fonti confidenziali (i famosi informatori) di cui si avvalgono gli inquirenti, le operazioni sotto copertura, i fatti notori, la conoscibilità derivante dai mass media (inchieste giornalistiche, siti web, spazi radiotelevisivi dedicati all’informazione)[7], la voce pubblica (che ricomprende tutte le notizie che circolano diffondendosi nei più disparati luoghi della vita sociale quali: famiglia, amicizie, opinioni correnti, istituzioni, partiti, gruppi organizzati, etc.) e la pseudonotizia di reato (un sospetto o un frammento di notizia) nonché la notizia anonima.

È di tutta evidenza come queste notizie non possono essere oggetto di una querela, ma devono essere autonomamente apprese dagli inquirenti.

Rientrano, dunque, nella fattispecie tutte le informative che sono espressione del potere attivo di polizia giudiziaria e pubblico ministero di assumere l’iniziativa nella ricerca di notizie.

Con l’attuale formulazione dell’art. 330 c.p.p. il Legislatore ha, infatti, esplicitamente attribuito all’inquirente la possibilità di spingersi fino alla ricerca di informazioni su fatti che possono configurare reati: il p.m. “finisce per essere parte attiva nella ricerca e nella costruzione della notizia stessa[8] e non rimane più mero recettore passivo di stimoli esterni.

In termini dinamici “non è la notizia che va verso il pubblico ministero, ma è quest’organo che va verso (dunque, ricerca) la notizia[9] il che dà una differente colorazione alle “indagini necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penaleex art. 326 c.p.p.

Pur essendo stato aspramente dibattuto in dottrina il potere del p.m. di ricercare d’ufficio le notizie di reato,[10] secondo alcuni studiosi[11] sarebbe addirittura auspicabile privarlo di tali funzioni, le notizie di reato non qualificate rappresentano un segno indelebile circa la configurazione di questa prerogativa.

Le notizie di reato atipiche, infatti, vengono usualmente apprese dal magistrato inquirente al di fuori della sua attività di magistrato il che presuppone l’esistenza di attività investigative che precedono l’inizio del procedimento penale e, quindi, l’iscrizione formale della notizia di reato dal momento che stiamo parlando di un vera e propria attività di formazione della notizia stessa.

Se, infatti, la notizia di cui il p.m. viene a conoscenza ad esempio su internet è un mero sospetto (pseudonotizia) o un resoconto anonimo è possibile che il titolare dell’accusa compia delle investigazioni prodromiche per capire si è in presenza di una notizia di reato vera e propria: in questi casi è il p.m. stesso a plasmare la notitia criminis.

Si pensi al classico esempio di una morte sospetta o di un suicidio[12] e che, dopo le indagini pre-procedimentali, si scoprono degli indizi che fanno propendere per la possibilità che si tratti di un omicidio. Quest’ultimo (e non certo un normale suicidio) costituisce il reato per il quale il p.m. può effettuare l’iscrizione formale dando così avvio alle indagini preliminari con le quali si inizierà ad indagare ufficialmente.

Questo implica l’esistenza delle investigazioni pre-procedimentali e cioè quelle attività, che preme chiarire non sono espressamente previste dalle norme del codice di rito, che gli inquirenti compiono al fine di stabilire se si è in presenza di una notizia di reato e in quale registro debba essere iscritta: definite attività sui generis perché non è né attività amministrativa di polizia sicurezza né attività di indagine preliminare.[13]

A questo punto dobbiamo chiederci quali sono gli atti che il pubblico ministero può compiere allo scopo di ricercare notizie di reato.

Anzitutto si può dire che non può compiere atti che vanno a ledere i diritti della persona costituzionalmente garantiti; assunto reso evidente dal fatto che queste attività si collocano in una fase precedente all’iscrizione formale e all’inizio delle indagini preliminari.[14] Ha, infatti, destato stupore in dottrina[15] la mancanza di sanzioni processuali in caso di abusi circa indagini svolte in mancanza di iscrizione in quanto possono ledere il diritto alla difesa e il diritto alla reputazione.

In concreto, fra le attività spendibili in questo ambito si annoverano: l’acquisizione di documenti, l’audizione di persone a sommarie informazioni, gli accertamenti tecnici o rilievi ripetibili e quant’altro possa risultare utile tenendo a mente l’esclusione di atti invasivi della sfera giuridica della persona protetta dalla Costituzione. Il pubblico ministero può utilizzarli facendone una selezione e una messa a fuoco oppure una vera e propria inchiesta che consenta di dare alle informazioni generiche, alle intuizioni ed ai sospetti una qualche concretezza.[16]

Sono in linea di massima esclusi tutti gli atti che presuppongono l’assunzione della qualità di persona sottoposta alle indagini ex art. 350 c.p.p. o per i quali è prescritta la garanzia dell’assistenza o della presenza del difensore (come perquisizioni o sequestri).[17]

In definitiva, si può affermare che il p.m. ben può andare alla ricerca di notizie di reato ed attivare il procedimento penale o le indagini pre-procedimentali di propria iniziativa, per i reati procedibili ex officio, in base alle conoscenze che occasionalmente acquisisce durante la sua normale vita quotidiana.

[1] Il p.m. che, seguendo una qualunque trasmissione di inchieste giornalistiche, si imbatte in una possibile notitia criminis può certamente iniziare ad indagare.

[2] Si pensi ad esempio ai delitti contro l’incolumità pubblica: strage (art. 422 c.p.), incendio (art. 423 c.p.), disastro ferroviario (art. 430 c.p.), epidemia (art. 438 c.p.), avvelenamento di acque o di sostanze alimentari (art. 439 c.p.), adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari (art. 440 c.p.), commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate (art. 442 c.p.), etc.

[3] Balza agli occhi l’importanza del primo inciso che è stato opportunamente collegato al potere di iniziativa di cui all’art. 330 c.p.p. vedi sul punto M. Scaparone, Indagini preliminari e udienza preliminare, in Compendio di procedura penale, G. Conso, V. Grevi, Cedam, Padova, 2000, 446.

[4] G. Leone, Trattato di diritto processuale penale, Jovene, Napoli, 1961, II, 3; P.P. Paulesu, Commento all’art. 330 c.p.p., in Codice di procedura penale commentato, a cura di A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, Milano, 2010, II, 4113.

[5] P.P. Paulesu, Commento all’art. 330 c.p.p., cit., 4113.

[6] V. Zagrebelsky, Indipendenza del pubblico ministero e obbligatorietà dell’azione penale, in Pubblico ministero e accusa penale, a cura di G. Conso, Zanichelli, Bologna, 1979, 25.

[7] In particolare, le inchieste giornalistiche possono ben trasformarsi inchieste giudiziarie: si pensi ad esempio alle “Panama Papers” e alle inchieste di “Fanpage.it” o “Le Iene”, “Report”, etc.

[8] G. Tranchina, Il pubblico ministero «ricercatore» di notizie di reati: una figura poco rassicurante per il nostro sistema, in Legisl. pen., 1986, 332.

[9] Così, P. Ferrua, L’iniziativa del pubblico ministero nella ricerca della notitia criminis, in Legisl. pen., 1986, 319.

[10] In senso positivo G. Fumu, L’attività pre-procedimentale del pubblico ministero, in Accusa penale e ruolo del pubblico ministero, Atti del convegno – Perugia 20 – 21 aprile 1990, a cura di A. Gaito, Napoli, 1991, 135; in senso negativo P. Ferrua, L’iniziativa del pubblico ministero nella ricerca della notitia criminis, cit., 317.

[11]Vedi, O. Mazza, La fase delle indagini preliminari nel “progetto Alfano” e il suo impatto sul sistema processuale vigente, in Cass. pen., 2009, 3265; G. Tranchina, Il pubblico ministero «ricercatore» di notizie di reati: una figura poco rassicurante per il nostro sistema, cit., 332.

[12] È il classico esempio di pseudonotizia di reato.

[13] R. Aprati, Notizia di reato, in Trattato di procedura penale, diretto da G. Spangher, Indagini preliminari e udienza preliminare, a cura di G. Garuti, Utet, Torino, 2009, III, 39.

[14] È con l’iscrizione soggettiva della notizia di reto che iniziano a decorrere le indagini preliminari, diviene obbligatoria l’applicazione delle norme del codice di procedura penale nonché la polizia assume la funzione di polizia giudiziaria potendo così utilizzare i poteri coercitivi (art. 55 c.p.p.; art. 220 disp. att. c.p.p.).

[15] A. Marandola, Il danno da iscrizione della notizia di reato, (nota a) Cass. pen., sez. VI, sent. 8 febbraio 2016, n. 4973, M.A., in Giur. it., 2016, 723.

[16] G. Fumu, L’attività pre-procedimentale del pubblico ministero, cit., 136.

[17] A. Marandola, I registri del pubblico ministero: tra notizia di reato ed effetti procedimentali, Cedam, Padova, 2001, 118.

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