Il rendiconto condominiale dopo la legge n.220/2012
La legge di riforma della materia condominiale n.220 del 2012 non ha modificato tanto il concetto della professionalità e delle conoscenze giuridiche richieste all’amministratore, ma ha modificato i suoi obblighi verso i condomini, soprattutto, relativamente alle modalità di gestione, in particolar modo in riferimento alle somme gestite, in entrata e in uscita e della situazione patrimoniale attraverso il cosiddetto rendiconto.
Innanzitutto, l’amministratore è obbligato ad aprire un conto corrente intestato al condominio[1], la ratio di tale statuizione è quella di evitare che le somme dei condomini nelle mani dell’amministratore possano confondersi col suo patrimonio personale, difatti, l’amministratore che non apre il conto corrente condominiale può essere oggetto di revoca[2].
Dunque, vige un vero e proprio obbligo di far transitare, in entrata e in uscita, sul conto del condominio, tutte le somme ricevute dai condomini; sarebbe auspicabile una gestione che elimini il denaro liquido, caratterizzata da pagamenti tacciabili.
È obbligo dell’amministratore di redigere il rendiconto annuale; l’amministratore oltre a redigere il rendiconto annualmente deve convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni. [3]
Il mancato rispetto dell’obbligo di redigere i rendiconti e di convocare l’assemblea, comporta a carico dell’amministratore stesso il risarcimento dei danni a favore del condominio.
Quando parliamo di rendiconto, non dobbiamo confondere questo col bilancio: il rendiconto è l’insieme dei documenti da fornire in visione ai condomini insieme con il bilancio, quest’ultimo è il riepilogo delle entrate e delle uscite del condominio; nel rendiconto non possono essere inserite operazioni mai o non ancora eseguite dell’amministratore.
Le fatture e le ricevute delle spese sono di proprietà del condominio e possono essere visionate da ogni singolo condomino prima dell’assemblea che approva il rendiconto[4].
L’amministratore non può rifiutarsi di consegnare al condomino la copia della documentazione contabile, poiché, la mancata consegna di questa documentazione contabile, rende annullabile l’assemblea che approva il rendiconto.[5]
Tutti coloro che devono partecipare alle spese condominiali, possono prendere visione e richiedere copia dei documenti giustificativi di spesa[6].
In ultimo, l’amministratore è obbligato a conservare la documentazione condominiale per 10 anni.
Per ciò che concerne la redazione del rendiconto, questo deve essere veritiero, dunque, deve essere reale e deve rappresentare la situazione reale del condominio.
Il sistema ottimale per la redazione del rendiconto è il cosiddetto principio di cassa, ossia le spese effettivamente sostenute e le entrate effettivamente riscosse.[7]
Nonostante la diatriba tra quanti sono a favore criterio di cassa e quanti propendono, invece, per il criterio della competenza, quest’ultimo non è previsto dalla normativa vigente, poiché la giurisprudenza ha sempre affermato, il principio secondo cui il conto consuntivo della gestione condominiale deve essere strutturato in base al principio di cassa, con la conseguenza che le spese devono essere annotate in base alla data dell’effettivo pagamento.[8]
Importante sottolineare che l’amministratore, in sede di assemblea di approvazione del rendiconto, non può essere delegato da parte di un qualsiasi condomino, potendo in materia configurarsi un conflitto di interessi, per il quale deve ritenersi sussistente la nullità della delibera assembleare, nel caso di approvazione del preventivo e del consuntivo, con il voto determinante dell’amministratore, portatore di deleghe di taluni condomini assenti.[9] Così agendo, infatti, egli finisce per cumulare nella sua persona le due figure contrattuali del mandante e del mandatario, in violazione dell’articolo 1713 codice civile.
La recente riforma propende per l’applicazione del principio di cassa, infatti, secondo la riforma, il rendiconto è formato dal registro di contabilità, in cui sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita ai sensi dell’articolo 1130 comma 8 c.c..
Un’ estrema sintesi dell’articolo 1130 bis c.c. stabilisce che il rendiconto è formato dal:
a) registro di contabilità
b) dal riepilogo finanziario
c) da nota esplicativa sintetica della gestione
a)Il registro di contabilità contiene le voci in entrata ed in uscita, indicate in ordine cronologico. Indissolubile è il legame di questo documento con il conto corrente condominiale, anche per rendere effettiva la possibilità di controllo e verifica del rendiconto e della gestione.
b)Il riepilogo finanziario è un documento simile allo “stato patrimoniale”, in cui vanno indicati i fondi e le riserve e dove sono allocati.
c)La relazione sintetica dell’amministratore ha il fine di “spiegare” il rendiconto; questa è parte integrante del rendiconto e avrà la funzione di illustrare ed integrare dati quantitativi (una sorta di nota integrativa).
In ultimo c’è da sottolineare che l’assemblea è libera di approvare (o meno) il rendiconto; nel caso in cui il rendiconto non dovesse essere veritiero, tale vizio non può essere sanato da una delibera assembleare , in quanto questo è affetto da nullità assoluta; mentre un rendiconto redatto male, che non arreca danno patrimoniale ai condomini, è annullabile nel termine dei 30 giorni previsti dall’ art 1137 c.c..
[1] Art. 1129 C.C. comma 7.
[2] Art. 1129 C.C. comma 12 n.3.
[3] Art. 1130 C.C. comma 1 n. 11.
[4] Cassazione civile, sezione II, 21 novembre 2000, numero 15010.
[5] Cassazione civile, sezione II, 8 agosto 2003, numero 11940.
[6] Art 1130 bis C.C.
[7] Cassazione civile sez. III, 9 maggio 2011 numero 10153.
[8] Tribunale di Milano, numero 5036/1991.
[9] Tribunale di Milano 3/3/1997, numero 2357.