venerdì, Luglio 26, 2024
Litigation & Arbitration

La Cartolarizzazione dei crediti e la prova della cessione dei crediti in blocco

A cura di Roberta Chicone e Federica Nazzaro

 

Premessa

Scopo del presente contributo è quello di prendere in esame alcune delle questioni e problematiche di carattere tecnico-giuridico sorte negli ultimi anni e sottese alle operazioni di cessione dei crediti bancari.

Il mercato delle cartolarizzazioni si conferma difatti molto attivo poiché conveniente per le banche che, al fine di liberarsi dei crediti sofferenti o deteriorati (c.d. Non Performing Loans, NPL) (es. mutui ipotecari o altri crediti con garanzie reali, ovvero quei crediti che con molta probabilità non verranno più incassati oppure verrebbero recuperati solo a seguito di procedure giudiziali dispendiose sia per la durata che per i costi), con la cartolarizzazione riescono in tempi brevi a migliorare i propri bilanci e ad ottenere liquidità immediata.

Prima di soffermarci sulla problematica processuale che ci interessa – ossia la titolarità del rapporto controverso e la prova cui la società cessionaria è onerata dal fornire in caso di opposizione del debitore ceduto – è quindi necessario qualche breve cenno sull’istituto della cartolarizzazione.

 

Cos’è la cartolizzazione dei crediti

La cartolarizzazione dei crediti è un istituto giuridico, o meglio un’operazione finanziaria, come molte di origine anglosassone, disciplinata nel nostro ordinamento dalla L. n. 130/1999 che consiste nella cessione a titolo oneroso (pro-soluto[1]) di più crediti pecuniari, anche futuri (di solito vantati nei confronti di un mutuatario(borrower) da parte di un creditore (ente cedente o originator), a favore di una società di cartolarizzazione (società veicolo, c.d. Special Purpose Vehicle – SPV) che, al fine di procurarsi i mezzi per il pagamento del prezzo di acquisto, emette titoli obbligazionari destinati ad essere collocate presso investitori. Tutti i flussi provenienti dalla riscossione dei crediti ceduti (in gergo tecnico, proceeds della cartolarizzazione) i.e. le somme incassate dai debitori dei crediti pecuniari ceduti verrannodestinati ai portatori dei titoli emessi quale rimborso del finanziamento del prezzo di acquisto dei crediti medesimi.

La cartolarizzazione assolve alla funzione di smobilizzare i crediti, al fine di ottenere una liquidità immediata, e a creare uno strumento finanziario, ossia una sorta di “nuovo bene”.

Di fatto, con la cartolarizzazione il rischio relativo al credito viene trasferito dall’originator (che cede il credito pro-soluto) agli investitori, titolari delle obbligazioni emesse dalla società di cartolarizzazione (società veicolo SPV).

Quindi, i vantaggi che il creditore ottiene con la cartolarizzazione sono:

  1. trasferire il rischio derivante dal credito, per il tramite della società di cartolarizzazione agli investitori, titolari delle obbligazioni emesse dalla società di cartolarizzazione;
  2. smobilizzare i cediti, che fuoriescono dal suo patrimonio a fronte dell’ottenimento di immediata disponibilità economica, fornita dagli investitori, sottoscrittori degli strumenti finanziari offerti loro dalla società di cartolarizzazione (SPV), che si interpone fra gli originali creditori e gli investitori. trasformando attività per definizione non liquide (come i mutui) in attività liquide.

La società di cartolarizzazione (SPV) è un soggetto che, svolgendo un’attività di creazione di un nuovo bene (le obbligazioni), si interpone tra il creditore originario cedente (originator / cedente) e gli investors (sottoscrittori dei titoli), rappresenta, appunto, il veicolo grazie al quale i crediti transitano dagli originators agli investors.

L’art. 3 della legge 130/1999[2] individua le caratteristiche che deve possedere la società per la cartolarizzazione dei crediti (SPV):

– forma di società di capitali;

– esclusività dell’oggetto sociale nella realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei crediti;

– è sottoposta agli obblighi di segnalazione previsti per finalità statistiche da parte della Banca d’Italia;

– la separazione del patrimonio della società rispetto al portafoglio dei crediti ceduti e tra più portafogli oggetto di operazioni di cartolarizzazione diverse, al fine di “segregare” i patrimoni ceduti.

Tale separazione patrimoniale non ha tanto la funzione di limitare la responsabilità della società veicolo quanto quella di creare un meccanismo di garanzia patrimoniale per i portatori dei titoli emessi, data l’evidente minor solvibilità di una SPV rispetto ad una banca, difatti, come suddetto una volta realizzata la cartolarizzazione del credito il rischio di insolvenza del debitore viene trasferito dalla banca originator al mercato.

 

Differenza tra cartolarizzazione dei crediti e cessione ordinaria

La base normativa dell’operazione di cartolarizzazione dei crediti è la cessione dei crediti prevista dal Codice civile (artt. 1260 c.c. e ss.) tuttavia la cartolarizzazione costituisce una disciplina speciale rispetto a quest’ultima e se ne differenzia per diversi aspetti.

Anzitutto i due istituti si differenziano per la complessità dell’operazione e del numero dei soggetti coinvolti: mentre la cessione è un’operazione giuridica piuttosto diretta, in cui il creditore originale, o “cedente”, decide di trasferire un credito a un terzo soggetto, chiamato “cessionario” che acquisisce la medesima posizione del cedente come creditore (con gli stessi limiti e condizioni), la cartolarizzazione è invece un processo più articolato e complesso che riguarda la trasformazione di un insieme di crediti, spesso illiquidi, in titoli negoziabili sul mercato finanziario.

Inoltre, nella cessione ordinaria il contratto non necessita di alcuna forma a pena di nullità, perfezionandosi con il semplice consenso delle parti, salva l’accettazione o notificazione al debitore a pena di inefficacia della cessione nei suoi confronti (ex art. 1264 c.c.).

La ratio di tale previsione è tutelare il legittimo affidamento del debitore, il quale deve sapere con certezza a chi pagare per liberarsi dal debito: pertanto, se il debitore ceduto provvede al pagamento nei confronti del cedente dopo l’avvenuta notificazione o successivamente alla sua accettazione, non può considerarsi liberato ed il cessionario è pertanto legittimato ad agire nei suoi confronti per ottenere la prestazione dovuta.

In presenza di una cartolarizzazione di crediti, invece, considerato l’elevato numero di debitori ceduti e dunque il compito quasi oggettivamente impossibile di cui verrebbe gravato il cessionario in caso di applicazione dell’art. 1264 c.c., costui deve procedere non già alla notificazione della cessione al debitore ceduto (né tanto meno procurarsene l’accettazione) ma, ai sensi e per gli effetti dell’art. 4 della L. n. 130/1999 e del rinvio all’art. 58 del D.lgs. n. 385 del 1993, i.e. il Testo Unico Bancario (T.U.B.), 2[3] e 4[4] comma, deve semplicemente procedere (i) alla iscrizione della cessione nel registro delle imprese e (ii) alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’intervenuta cessione.

La cessione dei crediti in blocco e la recente giurisprudenza in tema di prova e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica

L’art. 58 T.U.B. deroga, dunque, alle norme ordinarie previste in tema di efficacia e opponibilità dei contratti di cessione, prevedendo che l’efficacia delle cessioni in blocco attuate dalle Banche si produca mediante la comunicazione dell’avvenuta cessione con l’iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, salvo altre eventuali forme integrative di pubblicità stabilite dalla Banca d’Italia.

Vale la pena evidenziare che, in base alle Istruzioni di vigilanza emanate dalla Banca d’Italia, per rapporti giuridici individuabili in blocco, si intendono i crediti, i debiti e i contratti che presentano un comune elemento distintivo (ad es. dai settori economici di destinazione, dalla tipologia della controparte, dall’area territoriale e da qualunque altro elemento comune che consenta l’individuazione del complesso dei rapporti ceduti).

Ora, nei confronti dei debitori ceduti la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della comunicazione di cui all’art. 58 TUB è stata considerata dalla giurisprudenza prevalente come una peculiare forma di pubblicità di tipo notificativo, idonea ad assicurare in capo al debitore o a terzi la conoscenza legale della cessione, parificandone gli effetti alla notificazione di cui all’art. 1264 c.c. e così rendendo superflua l’accettazione e/o la notifica singolarmente al debitore ceduto, assicurando parimenti l’efficacia liberatoria del pagamento (cfr. tra le tante Cass. Civ. n. 10200 del 16.04.2021[5]).

Tuttavia, sovente accade che a causa dell’astrattezza e generalità degli estratti di cessione pubblicati in Gazzetta Ufficiale, come tali non idonei ad identificare i singoli crediti ceduti, il debitore ceduto nella quasi totalità dei casi contesti in giudizio (con eccezione di merito) la titolarità del credito della SPV, onerando di conseguenza la società veicolo a fornire la prova della titolarità del rapporto. In ipotesi di tal fatta, qualora la prova non sia fornita, nei termini di legge (e cioè nel rispetto delle preclusioni istruttorie proprio del giudizio civile) si avrà una sentenza di rigetto nel merito della domanda del cessionario, come tale idonea a produrre autorità di cosa giudicata sulla titolarità o meno del credito.

La questione, dunque, che la giurisprudenza si è trovata ad affrontare, con andamento contraddittorio, è la necessità o meno della indicazione precisa di ogni e ciascun credito ceduto nella cessione in blocco ai fini della esperibilità da parte del creditore cessionario, e quindi della sua legittimazione ad intraprendere le necessarie azioni di recupero credito.

Vale dunque la pena segnalare i due orientamenti giurisprudenziali sinora delineatesi.

Secondo un primo orientamento, basato sulla interpretazione letterale della normativa applicabile e quindi sulla assenza di esplicite previsioni a mente delle quali, nell’avviso di cessione di una cartolarizzazione, sarebbe necessaria l’individuazione di ogni singolo rapporto di credito, deve considerarsi compiutamente fornita la prova della titolarità del credito con la sola mera produzione in giudizio dell’estratto della Gazzetta Ufficiale (Trib. Pavia, n. 184 del 1.05.2018; Trib. Ragusa n. 68 del 18.01.2019).

Il secondo, prevalente (e certamente più condivisibile) orientamento ritiene invece che, in caso di contestazione della titolarità del credito vantato dalla SPV, la mera pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale non sia prova sufficiente dell’esistenza della cessione specifica poiché, operando anche in caso di cartolarizzazione la regola generale procedurale di cui all’art. 115 c.p.c.[6], spetterebbe al cessionario fornire la prova documentale che il credito controverso rientri proprio tra quelli oggetto di cartolarizzazione (e quindi ceduti in blocco) (cfr. tra le tante Cass. Civ. n. 17944/2023; Cass. Civ. n. 24798/2020; Cass. Civ. n. 5617/2020; Cass. Civ. n. 4116/2016).

Deve tuttavia precisarsi che l’onere probatorio ulteriore sin qui discusso sussiste solo allorquando vi sia specifica contestazione della cessione da parte del debitore ceduto. A contrario, la produzione documentale del contratto di cessione e della specifica parte di tale contratto ove viene indicato il credito discusso non è necessaria allorquando il debitore ceduto non abbia eccepito alcunché al riguardo ovvero abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuto la cessione, ovvero ovviamente qualora il problema sia risolto a monte e cioè allorquando l’estratto della Gazzetta Ufficiale, rispettando il principio di determinatezza dell’oggetto e del contenuto contrattuale ex art. 1346 c.c.[7], specifichi per categoria i rapporti ceduti in blocco e gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare, senza incertezze, i crediti oggetto di cessione.

A tale orientamento ha aderito da ultimo la Suprema Corte di Cassazione che con la sentenza n. 7866 del 22 marzo 2024, richiamando, al fine di prestarvi adesione, le decisioni della Corte di Cassazione n. 17944 del 22.06.2023 e n. 9412 del 05.04.2023, ha specificato che “la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della cessione in blocco esonera la cessionaria dal notificare la cessione al titolare del debito ceduto ed è un adempimento che si pone sullo stesso piano di quelli prescritti in via generale dall’art. 1264 c.c., ma non esonera la parte che agisce affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 TUB, dall’onere di dimostrare l’inclusione del credito per cui agisce in detta operazione; dimostrazione che può dirsi soddisfatta tramite l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell’avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale, là dove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, quindi, di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete; con la conseguenza che ove tale riconducibilità non sia desumibile con certezza dalle suddette indicazioni sarà necessaria la produzione del contratto e/o dei suoi allegati, ovvero sarà necessario fornire la prova della cessione dello specifico credito oggetto di controversia in altro modo[8].

Conclusioni

In conclusione, in attesa che si consolidi un orientamento univoco in tema di prova della legittimazione attiva della cessionaria in materia di cessione di crediti in blocco nei confronti del debitore o di terzi, al fine di evitare che le contestazioni degli obbligati possano paralizzare le azioni poste correttamente in essere dai creditori cessionari e preso atto delle accertamenti che sempre più spesso i giudici di merito e di legittimità richiedono alla società cessionaria per dimostrare la propria legittimazione ad agire, è consigliabile produrre, sin dall’avvio delle azioni di recupero del credito o di intervento ex art. 111 c.p.c. in giudizi pendenti, documenti idonei a provare la titolarità del credito in capo ai soggetti cessionari (i.e. non solo il contratto di cessione ma anche la documentazione attestante che lo specifico credito azionato sia compreso nel blocco di crediti ceduti) evitando in tal modo ritardi o sospensioni delle azione di recupero del credito dovute ad eccezioni dilatorie dei tempi processuali cui ricorrono sempre più spesso i debitori obbligati.

A tal fine la società cessionaria potrà assolvere all’onere probatorio sulla stessa gravante per dimostrare la propria effettiva titolarità producendo in via cumulativa oltre l’estratto della Gazzetta Ufficiale (i) la dichiarazione della cedente attestante che il credito azionato dalla cessionaria sia stato effettivamente ceduto alla stessa nell’ambito dell’operazione di cartolizzazione richiamata nell’atto e (ii) copia del contratto di cessione con l’estratto dell’elenco delle posizioni cedute tra cui emerge in modo inequivocabile la posizione debitoria per la quale si agisce.

[1] Cessione pro-soluto, dall’omonimo termine latino che significa letteralmente “a titolo di pagamento”, nella quale il cedente, vale a dire il soggetto che cede il credito verso terzi, non sarà più responsabile di eventuali inadempienze future relative al credito stesso.

[2] Art. 3 della legge 130/1999 rubricato “Società per la cartolarizzazione dei crediti”:

1. La società cessionaria, o la società emittente titoli se diversa dalla società cessionaria, hanno per oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei crediti.

  1. I crediti relativi a ciascuna operazione (per tali intendendosi sia i crediti vantati nei confronti del debitore o dei debitori ceduti, sia ogni altro credito maturato dalla società di cui al comma 1 nel contesto dell’operazione), i relativi incassi e le attività finanziarie acquistate con i medesimi costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quello relativo alle altre operazioni. Su ciascun patrimonio non sono ammesse azioni da parte di creditori diversi dai portatori dei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti stessi.

2-bis. Non sono ammesse azioni da parte di soggetti diversi da quelli di cui al comma 2 sui conti delle società di cui al comma 1 aperti presso la banca depositaria ovvero presso i soggetti di cui all’articolo 2, comma 3, lettera c), dove vengono accreditate le somme corrisposte dai debitori ceduti nonché ogni altra somma pagata o comunque di spettanza della società ai sensi delle operazioni accessorie condotte nell’ambito di ciascuna operazione di cartolarizzazione o comunque ai sensi dei contratti dell’operazione.

Tali somme possono essere utilizzate dalle società di cui al comma 1 esclusivamente per il soddisfacimento di crediti vantati dai soggetti di cui al comma 2 e dalle controparti dei contratti derivati con finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti, nonché per il pagamento degli altri costi dell’operazione.

In caso di avvio nei confronti del depositario di procedimenti di cui al titolo IV del testo unico bancario, nonché di procedure concorsuali, le somme accreditate su tali conti e quelle affluite in corso di procedura non sono soggette a sospensione dei pagamenti e vengono immediatamente e integralmente restituite alla società senza la necessità di deposito di domanda di ammissione al passivo o di rivendica e al di fuori dei piani di riparto o di restituzione di somme.

2-ter. Sui conti correnti dove vengono accreditate le somme incassate per conto delle società di cui al comma 1 corrisposte dai debitori ceduti – aperti dai soggetti che svolgono nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione dei crediti, anche su delega dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 6, i servizi indicati nell’articolo 2, comma 3, lettera c), non sono ammesse azioni da parte dei creditori di tali soggetti se non per l’eccedenza delle somme incassate e dovute alle società di cui al comma 1. In caso di avvio nei confronti di tali soggetti di procedimenti concorsuali, le somme accreditate su tali conti e quelle affluite in corso di procedura, per un importo pari alle somme incassate e dovute alle società di cui al comma 1, vengono immediatamente e integralmente restituite alle società di cui al comma 1 senza la necessità di deposito di domanda di ammissione al passivo o di rivendica e al di fuori dei piani riparto o di restituzione di somme.

  1. Le società di cui al comma 1 si costituiscono in forma di società di capitali. Fermi restando gli obblighi di segnalazione previsti per finalità statistiche, la Banca d’Italia, in base alle deliberazioni del CICR, può imporre alle società di cui al comma 1 obblighi di segnalazione ulteriori relativi ai crediti cartolarizzati al fine di censire la posizione debitoria dei soggetti cui i crediti si riferiscono”.

[3] Art. 58, comma 2, TUB: “La banca cessionaria dà notizia dell’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. La Banca d’Italia può stabilire forme integrative di pubblicità”.

[4] Art. 58, comma 4, TUB: “Nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall’art. 1264 del Codice civile”.

[5] Cass. Civ. n. 10200 del 16.04.2021 ha avuto modo di precisare che nel caso di cessioni di crediti in blocco ex art. 4 della L. n. 130/1999 la pubblicazione della notizia sulla Gazzetta Ufficiale (che richiama l’art. 58 T.U.B.), ha la funzione di esonerare dalla notificazione stabilita dall’art. 1264 c.c. dunque di assicurare l’efficacia liberatoria del pagamento e regolare il conflitto tra i cessionari.

[6] Art. 115 c.p.c.: “Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita”.

[7] Art. 1346 c.c.: “L’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile”.

[8] Corte di Cassazione sentenza n. 7866 del 22 marzo 2024: nel caso di specie la Corte, atteso che non era stato prodotto da parte della cessionaria né il contratto di cessione né tanto meno l’elenco specifico dei crediti oggetto di cessione, ha dichiarato inammissibile il ricorso depositato.

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