domenica, Dicembre 1, 2024
Diritto e Impresa

La Cassazione sul criterio di retroversione degli utili in caso di violazione di diritto d’autore

La Prima Sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza del 29 luglio 2021 – n. 21833/2021[1] – è tornata sul tema della applicazione dei criteri valutativi del danno da violazione di diritti d’autore, con particolare riguardo al criterio di retroversione degli utili sancito all’art. 158[2] della legge sul diritto d’autore (L. n. 633/1941).

Il richiamato articolo, al primo comma, prevede che in ipotesi di violazione del diritto d’autore su un’opera dell’ingegno, il danneggiato possa chiedere il risarcimento del danno emergente e del lucro cessante e che, a spese dell’autore della violazione, sia distrutto o rimosso lo stato di fatto da cui è risultata la violazione.

Con l’ordinanza in commento, i giudici della Suprema Corte, riprendendo il quadro già esistente ma ampliandolo e motivandolo alla luce delle esigenze manifestate, hanno chiarito la rilevanza dell’applicazione del criterio della retroversione degli utili a tutela del danneggiato. Mediante l’applicazione del detto criterio si giunge infatti alla determinazione equitativa del danno, partendo dal calcolo degli utili che l’autore dell’illecito abbia tratto dall’utilizzo economico dell’altrui opera dell’ingegno.

Nella valutazione si è tenuto tuttavia conto della necessità di procedere ad un’equa comparazione di diritti ed interessi, per cui si è statuito che:

E’ necessario depurare il totale dei proventi riscossi, tenendo conto, da un lato, dei costi sopportati direttamente ricollegati allo sfruttamento illecito e, dall’altro, dei proventi esclusivamente dipendenti, in realtà, dall’autonomo contributo del plagiario”.

Per altro verso, con una prima ordinanza (n. 21832/2021), i giudici, sempre in relazione al criterio della retroversione degli utili ma in tema di proprietà industriale (art. 125 CPI), hanno chiarito che:

“In tema di proprietà industriale, il titolare del diritto di privativa che lamenti la sua violazione ha facoltà di chiedere, in luogo del risarcimento del danno da lucro cessante, la restituzione (c.d. “retroversione”) degli utili realizzati dall’autore della violazione, con apposita domanda ai sensi dell’art.125, c.p.i., senza che sia necessario allegare specificamente e dimostrare che l’autore della violazione abbia agito con colpa o con dolo.”

L’analisi prospettata nel presente articolo riguarda in particolare il caso relativo alla violazione dei diritti d’autore, ovvero al fenomeno di plagio di un’opera musicale con analisi del criterio stabilito all’art. 158 L.d.A.[3]

I fatti di causa

Nel 2008 il Tribunale di Milano aveva dichiarato l’avvenuto plagio di un’opera musicale con specifico riferimento alla parte del ritornello, e si era pronunciata sentenza di condanna, in via solidale, dei titolari dei diritti patrimoniali, dell’autore e del compositore dell’opera.

Nel giudizio di appello, veniva ridotto l’importo risarcitorio sull’assunto per cui il Tribunale avesse errato nell’applicazione del criterio della retroversione degli utili di cui all’art. 158 della legge sul diritto d’autore, dal momento che non si è tenuto conto dei costi sostenuti dagli appellanti per la promozione dell’opera musicale stessa, e dovendo considerarsi il criterio da applicare alla luce del disposto di cui all’art. 1226 c.c.

La Corte di Cassazione, nell’esaminare la questione, ha richiamato le regole dettate dal citato art. 158:

  • il risarcimento spettante al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni di cui agli artt., 1223, 1226 e 1227 c.c.;
  • il lucro cessante è valutato dal giudice ai sensi dell’art. 2056, comma secondo, c.c., anche tenuto conto degli utili realizzati in violazione del diritto. Inoltre il giudice può liquidare il danno in via forfettaria sulla base, quanto meno, dell’importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti qualora l’autore della violazione avesse chiesto al titolare l’autorizzazione per l’utilizzazione del diritto;
  • sono, altresì, dovuti i danni non patrimoniali, ai sensi dell’art. 2059 c.c.[4]

La pronuncia della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, prendendo le mosse da precedenti sul tema, ha sviluppato una rinnovata analisi sul criterio di retroversione degli utili. Secondo i giudici, la liquidazione del danno va interpretata sì alla luce del criterio del “prezzo del consenso”[5], come minimale, ma occorre tenere in considerazione il criterio di retroversione degli utili, il quale gode un significato intrinseco, di tipo sanzionatorio più che riparatorio, e che permette di attribuire al danneggiato i vantaggi economici che l’autore del plagio ha in concreto conseguito mediante l’attività illecita.

Tuttavia, come sopra anticipato, si è aggiunto che l’attribuzione dei vantaggi economici al soggetto leso non deve avvenire in maniera automatica ma è necessario “depurare il totale dei proventi riscossi, tenendo conto, da un lato, dei costi sopportati direttamente ricollegati allo sfruttamento illecito e, dall’altro, dei proventi esclusivamente dipendenti, in realtà, dall’autonomo contributo del plagiario”. Deve infatti tenersi conto dell’art. 1223 c.c. per cui, essendo il criterio di retroversione degli utili una norma favorevole al danneggiato, esso va letto alla luce della regola sulla necessaria derivazione causale del fatto illecito.

La retroversione degli utili è quindi uno strumento necessario per giungere alla determinazione equitativa del danno e permette di calcolare efficacemente e nell’interesse del danneggiato i profitti che l’autore della violazione del diritto abbia conseguito illecitamente sfruttando economicamente l’opera dell’ingegno.

Il calcolo quantificativo dell’importo deve avvenire sulla base di documenti e prove, il cui onere di produzione grava sui danneggiati. L’eventuale inosservanza dell’ordine di esibizione integra un comportamento dal quale si possono desumere argomenti di prova, ex art. 116 c.p.c., secondo comma. A tal fine, il giudice, per condurre una corretta valutazione degli importi effettivamente collegati all’attività illecita e dei costi, può disporre idonea c.t.u. oltre a tener conto della condotta dell’ inadempiente all’ordine emesso, ex art. 210 c.p.c.

Difatti, con riguardo alle somme impiegate dall’autore per lo sfruttamento dell’opera, la Corte ha statuito che: “ la somma così come accertata quale ricavato per lo sfruttamento dell’opera, deve essere depurata, da un lato, dei costi sopportati dal medesimo, e, dall’altro lato, dell’autonomo contributo al successo dell’opera, così come realizzata e diffusa sul mercato dall’autore dell’illecito, per quanto tale successo dipenda dal lancio, propiziato dalla notorietà dell’interprete e dalle concrete capacità esecutive ed evocative del medesimo, tali da suscitare l’interesse del pubblico”.

In ogni caso, Il criterio di retroversione (come quello del “prezzo del consenso”) è richiamato solo nell’ambito della valutazione del lucro cessante che, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2056, comma 2, c.c.[6], deve essere valutato “con equo apprezzamento delle circostanze del caso” e “sempre nella cornice di una liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c.[7]”. In tale contesto, quindi, la Corte giunge alla conclusione che questo sia il criterio liquidatorio c.d. minimale del lucro cessante.

I due criteri esposti, di retroversione degli utili e del prezzo del consenso, si pongono allora in relazione tra di loro “come cerchi concentrici, avendo il legislatore indicato come il secondo sia quello che permette una liquidazione c.d. minimale, mentre il primo, dall’intrinseco significato sanzionatorio, permette di attribuire al danneggiato i vantaggi economici che l’autore del plagio abbia in concreto conseguito”.

Dunque, nell’ambito della violazione dei diritti autorali, il criterio di retroversione è stato inserito nell’alveo della liquidazione equitativa del lucro cessante, con espresso richiamo all’art. 1223 c.c. per cui emerga “la necessità di calcolare i soli profitti che siano conseguenza immediata e diretta dell’illecito”, e dunque la necessità di individuare corretti “fattori di moderazione” dei profitti restituibili ai sensi dell’art. 158 L.d.A. “in funzione risarcitoria”, posto che “il principio della retroversione degli utili è un mero strumento per pervenire alla determinazione equitativa del danno, non per attribuire in modo acritico e matematico tutti i proventi riscossi”.

La Corte ha delineato allora i seguenti principi di diritto[8]:

In primo luogo, si è chiarito che il criterio della retroversione degli utili in tema di diritto d’autore, anche ove più favorevole al danneggiato, resta nondimeno ancorato alla regola della necessaria derivazione causale ex art. 1223 c.c. dal fatto illecito: pertanto la somma, così come accertata quale ricavo per lo sfruttamento dell’opera realizzato dal responsabile, deve essere depurata, da un lato, dei costi sostenuti dal medesimo, e, dall’altro lato, dell’autonomo contributo al successo dell’opera (…), propiziato dalla notorietà dell’interprete e dalle concrete capacità esecutive ed evocative del medesimo, tali da suscitare l’interesse del pubblico”.

In secondo luogo, “tra i fattori di moderazione dei profitti restituibili, alla stregua del criterio della retroversione degli utili, di cui all’art. 158 L. n. 633/1941, vanno considerati i costi sostenuti dall’autore del plagio”, tenendo in considerazione che quest’ultimo è onerato della relativa prova secondo le regole dettate dal codice civile e di procedura civile.

Infine, si tiene conto dell’“autonomo contributo al successo dell’opera da parte dell’autore o degli autori dell’illecito, da accertare da parte del giudice, anche in via presuntiva, sulla base di indicatori quanto più obiettivi, come le vendite realizzate dal responsabile, anche per altre opere, entro un periodo di tempo significativo e sufficientemente esteso, e ciò in comparazione con quello dell’autore dell’opera plagiata”.

Alla luce di quanto emerso e in applicazione degli accennati principi, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza con rimessione alla Corte d’Appello di Milano, così permettendo di procedere ad una nuova liquidazione del danno avvenuto, dopo aver preso in considerazione i principi espressi sul tema.

[1] La pronuncia della Cassazione n. 21833/2021 è consultabile qui: https://iusletter.com/wp-content/uploads/Cass-ord.-sez.-I-29_07_2021-n.-21833.pdf. Si richiama, altresì, l’ordinanza n. 21832/2021 della Cassazione, sempre in tema di retroversione degli utili in relazione alla violazione di diritti di privativa e tutela brevettuale con disamina dell’art. 125 c.p.i. https://www.foroeuropeo.it/aree-sezioni/cassazione-massime-materie/1113-beni/49976-domanda-di-retroversione-in-luogo-del-risarcimento-del-lucro-cessante-cass-n-21832-2021

[2] L’art. 158 L. aut prevede che: “1. Chi venga leso nell’esercizio di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante può agire in giudizio per ottenere, oltre al risarcimento del danno che, a spese dell’autore della violazione, sia distrutto o rimosso lo stato di fatto da cui risulta la violazione. 2. Il risarcimento dovuto al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile. Il lucro cessante è valutato dal giudice ai sensi dell’articolo 2056, secondo comma, del codice civile, anche tenuto conto degli utili realizzati in violazione del diritto. Il giudice può altresì liquidare il danno in via forfettaria sulla base quanto meno dell’importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, qualora l’autore della violazione avesse chiesto al titolare l’autorizzazione per l’utilizzazione del diritto. 3. Sono altresì dovuti i danni non patrimoniali ai sensi dell’articolo 2059 del codice civile”.

[3] Risulta importante altresì chiarire che la legge sul diritto d’autore, come anche il codice della proprietà industriale, sia stata aggiornata a seguito dell’attuazione della direttiva 2004/48/CE (nota come “direttiva sull’enforcement”) e attuata con il D. lgs. 16 marzo 2006, n. 140 (“Attuazione della direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale”). La versione precedente dell’art. 158 l.d.a. si limitava a stabilire “chi venga leso nell’esercizio di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante può agire in giudizio per ottenere che sia distrutto o rimosso lo stato di fatto da cui risulta la violazione o per ottenere il risarcimento del danno”. Risultava difficile la quantificazione del danno, spingendo frequentemente la giurisprudenza ad ancorarsi ai criteri in tema di della proprietà industriale. La Suprema Corte aveva affermato come non fosse precluso al giudice il potere-dovere di commisurare il danno “nell’apprezzamento delle circostanze del caso concreto”, considerando il beneficio tratto dall’attività vietata e “assumendolo come utile criterio di riferimento del lucro cessante, segnatamente quando esso sia correlato al profitto del danneggiante, nel senso che questi abbia sfruttato, a proprio favore, occasioni di guadagno di pertinenza del danneggiato, sottraendole al medesimo” (Cass., 24 ottobre 1983, n. 6251; poi confermato da Cass., 8 luglio 1998, n. 6674). La riforma ha poi aggiornato il testo così come è oggi previsto, per cui la liquidazione avviene ai sensi degli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c. Il lucro cessante va valutato dal giudice ai sensi dell’art. 2056, comma secondo, c.c., “anche tenuto conto degli utili realizzati in violazione del diritto”. Inoltre, vi è la possibilità di “liquidare il danno in via forfettaria sulla base quanto meno dell’importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, qualora l’autore della violazione avesse chiesto al titolare l’autorizzazione per l’utilizzazione del diritto”. Rif. da A. S. Gaudenzi, La riforma del diritto processuale “industriale” alla luce del d. lgs. n. 140/2006, http://www.notiziariogiuridico.it/sirottigaudenzi_1402006.html#sdfootnote25sym

[4] Rif. da F. De Carlo, https://www.diritto.it/violazione-del-diritto-dautore-e-criterio-di-retroversione-degli-utili/, 2021

[5] In particolare, in base al criterio del “prezzo de consenso”, il danno risarcibile è pari al prezzo che il soggetto del quale è stata utilizzata l’opera abusivamente avrebbe ottenuto, qualora avesse concesso ad altri il diritto a diffonderla. Più precisamente, la sanzione per l’illegittimo sfruttamento dei diritti d’autore sarà quantificata in base alla somma che il titolare dei diritti avrebbe percepito quale corrispettivo del raggiungimento di un accordo con l’utilizzatore non abusivo. La quantificazione del “prezzo del consenso” deve basarsi sul corrispettivo in precedenza richiesto dal titolare per la cessione dell’opera di cui è titolare, a favore di terzi. Così Trib. Torino Sent. n. 2591/2017 presente qui http://www.giurisprudenzadelleimprese.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/08/20170518_RG4725-2016-1.pdf

[6] Art. 2056 c.c. Valutazione dei danni: “Il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227. Il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso”.

[7] Art. 1226 c.c. Valutazione equitativa del danno: “Se il danno [1218, 1223] non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa”.

[8] Quali precedenti sul tema, si richiamano le seguenti pronunce: con riguardo alla disciplina del codice della proprietà industriale (art. 125 c.p.i., comma 3) sent. Corte d’appello di Torino del 27 maggio 2019 presente qui: https://www.judicium.it/wp-content/uploads/2020/04/App.-Torino-27-maggio-2019.pdf. Inoltre, il Tribunale di Milano, con sentenza del 14.1.2016, aveva statuito che “nella disciplina dell’art. 125 convivono (…) due diverse misure di tutela: da un lato il risarcimento del danno, inteso come ristoro economico del pregiudizio patrimoniale (e anche morale) subito dal titolare del diritto leso (che secondo la norma contenuta nell’art. 13.1 della direttiva 2004/48/CE, deve essere posto a carico di chi sia “implicato consapevolmente o con ragionevoli motivi per esserne consapevole in un’attività di violazione); dall’altro lato la retroversione al titolare del diritto leso degli utili realizzati dall’autore della violazione (che non implica l’accertamento di alcun elemento soggettivo in capo all’autore della violazione: la violazione inconsapevole non può dar luogo al risarcimento dei danni ma non può comunque arricchire l’autore della medesima): ma la retroversione può essere richiesta solamente in alternativa al risarcimento del lucro cessante o per l’eccedenza dei profitti dell’autore della violazione rispetto al lucro cessante del titolare del diritto”.

 

Sofia Giancone

Avvocato e Dottoranda di Ricerca in diritto privato presso l'Università Tor Vergata - Roma Sofia Giancone fa parte di Ius In Itinere da maggio 2020. Ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza nel 2019 con Lode presso l'Università di Roma Tor Vergata, discutendo la tesi in Diritto Commerciale dal titolo: "Il software: profili strutturali, tutela giuridica e prospettive". Ha svolto la pratica forense in ambito civile e il tirocinio formativo in magistratura ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Corte d'appello civile di Roma. Successivamente ha approfondito i temi legati all'IP & IT e si è specializzata in Tech Law & Digital Transformation con TopLegal Academy. Si è occupata di consulenza e assistenza legale nell'ambito del Venture Building, innovazione e startup, contrattualistica di impresa. Ad ottobre 2022 ha conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense e ad oggi esercita la professione di Avvocato. Dal 2022 svolge inoltre il Dottorato di ricerca in diritto privato presso l'Università di Roma Tor Vergata. Profilo LinkedIn: linkedin.com/in/sofia-giancone-38b8b7196

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