giovedì, Marzo 28, 2024
Tax Driver

La disciplina del Transfer Pricing

Nell’ambito delle norme generali sulla valutazione del reddito d’impresa il legislatore ha previsto anche una normativa per contrastare fenomeni elusivi realizzati attraverso il c.d. transfer pricing (prezzi di trasferimento).

La disciplina in esame ha natura antielusiva in quanto cerca di evitare che i gruppi di imprese possano, mediante l’alterazione dei prezzi delle transazioni tra i soggetti residenti in paesi diversi ma appartenenti al medesimo gruppo, allocare volontariamente quote di reddito imponibile da uno stato all’altro. A riprova di ciò tali disposizioni si applicano indipendentemente dagli Stati coinvolti. Scopo della normativa, infatti, non è quello di contrastare il trasferimento del reddito imponibile verso stati a fiscalità privilegiata, bensì di contrastare in ogni caso l’illecita sottrazione del reddito imponibile ad uno Stato.

La regolamentazione del fenomeno in oggetto prende le mosse dall’art. 9 del Modello di Convenzione OCSE ed è disciplinata nell’ordinamento domestico dell’art. 110 co. 7 TUIR (Testo Unico Imposte sui Redditi). Secondo quest’ultimo, in caso di operazioni internazionali infragruppo, l’Amministrazione Finanziaria può valutare i beni ceduti e i servizi prestati in base al valore normale determinato ai sensi del secondo comma se ne deriva un aumento del reddito imponibile (o anche una diminuzione, solo però in esecuzione di accordi conclusi con autorità degli Stati esteri a seguito delle speciali procedure amichevoli previste dalle convenzioni internazionali). Tale comma prevede che per la determinazione del valore normale dei beni e dei servizi, per la valutazione dei corrispettivi, proventi, spese e oneri in natura o in valuta estera, si applicano quando non è diversamente disposto, le disposizioni dell’art.9 TUIR.

Secondo quest’ultimo per “valore normale” si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.

Per dare luogo all’applicazione della disciplina c.d. transfer pricing si richiede, quindi, la presenza di una società italiana e una estera e il controllo (diretto o indiretto) della prima sulla seconda o viceversa. La nozione di controllo prevista dal 110 co. 7 non corrisponde specificamente a quella civilistica del 2359 c.c., ma è più ampia comprendendo ogni ipotesi di influenza economica potenziale o attuale. Si richiede, inoltre, una transazione finanziaria o commerciale che abbia comportato condizioni economiche che differiscono da quelle che sarebbero state applicate qualora i due soggetti fossero stati indipendenti. Tale differenza consisterebbe nello scarto tra il valore della transazione formalmente convenuto e quello che sarebbe stato applicato, in sede internazionale, in una dinamica di libera concorrenza (noto anche come “arm’s lenght”).

La comparabilità delle transazioni rappresenta quindi una delle attività più rilevanti e problematiche nell’applicazione della disciplina dei prezzi di trasferimento. La corretta individuazione della transazione comparabile rappresenta il punto di partenza per l’applicazione della disciplina in oggetto e molteplici sono i fattori che determinano il grado di comparabilità dall’oggetto delle transazioni (caratteristiche intrinseche di beni o servizi scambiati, condizioni contrattuali..)

Aspetto evidentemente problematico è quello della determinazione del valore normale o di trasferimento e in particolare la determinazione dell’arm’s lenght. Su di esso incidono molteplici variabili che devono essere tenute in considerazione e il rischio concreto è che la valutazione perda i caratteri di oggettività. La determinazione del prezzo normale avviene in base a due ordini di criteri(base e alternativi).

Tra i metodi base si utilizza innanzitutto il CUP (comparable uncontrolled price method): il valore normale viene determinato confrontando quello della transazione oggetto di verifica, con quello che verrebbe praticato per le transazioni realizzate tra entità giuridiche indipendenti che operano nelle medesime condizioni contrattuali e di mercato

Molto utilizzato è anche il prezzo di rivendita (Resale pricemethod): il valore normale si ottiene detraendo dal prezzo dal prezzo finale di rivendita del bene da parte dell’acquirente una percentuale di profitto per spese di distribuzione e altre spese sostenute.

Altri metodi sono quello del costo maggiorato (cost plus method), la comparazione dei profitti e la ripartizione degli stessi.

Vincenzo Caianiello

Studente di giurisprudenza presso l'Università Federico II di Napoli. Appassionato di diritto commerciale e tributario internazionale. Amante della musica e della sua stratocaster. Attualmente in Erasmus presso Universitat Autónoma de Barcelona.

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