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La Manovra economica 2020

La manovra economica del Governo italiano, per il 2020, inizia il suo iter, col beneplacito dell’UE: blocco clausola aumento IVA, cashless e riduzione del Cuneo fiscale.

Palazzo Chigi, 15 ottobre 2019: con la consueta formula del ‘salvo intese’, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte e del Ministro dell’economia e delle finanze Roberto Gualtieri, ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili e il disegno di legge recante il Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e il bilancio pluriennale per il triennio 2020 – 2022.

Due facce della stessa medaglia, due documenti che esprimono la manovra finanziaria 2020 e trovano la loro traduzione sul piano contabile nel Documento programmatico di bilancio per il 2020. All’indomani, come da copione, il delicato passaggio istituzionale, col provvedimento che giunge al tavolo della Commissione europea.

Emergono subito alcune perplessità, in primis, il rischio che l’Italia non riduca il proprio debito come invece dovrebbe se rispettasse le regole europee sui conti pubblici. È quanto si evince dalla lettera firmata da Pierre Moscovici, commissario uscente agli Affari economici, e Valdis Dombrovskis, vice presidente appena riconfermato, in cui si legge: “il piano dell’Italia non è conforme ai parametri di riferimento per la riduzione del debito nel 2020”.

Il Documento programmatico di Bilancio presentato dall’esecutivo, come rammenta la Commissione nella missiva, “prevede una modifica del saldo strutturale nel 2020 pari a un peggioramento dello 0,1% del Pil”, una percentuale che “non è all’altezza dell’adeguamento strutturale raccomandato e pari allo 0,6% del Pil”. Inoltre, viene posto l’accento sul capitolo spesa, e dunque, sui rischi di un assalto alla diligenza lungo l’iter di approvazione in Aula. “Questi elementi non sembrano essere in linea con i requisiti della politica di bilancio stabiliti dalla Commissione” conclude la lettera.

Tuttavia, a fare da contraltare a questo piccolo giallo, le risposte più o meno positive dei mercati con lievi oscillazioni dello spread ed i reciproci attestati di fiducia dei protagonisti che prendono parte alla dialettica istituzionale. Insomma, come tiene a precisare anche il viceministro dell’economia Antonio Misiani, il clima che si respira è sicuramente più disteso di quello che ventilava circa un anno fa[1].

Si giunge così al passaggio in Parlamento. Il 5 novembre 2019 sono iscritte in calendario a Palazzo Madama, le comunicazioni del Presidente del Consiglio sul ddl Bilancio[2], con conseguente assegnazione del testo nell’omologa commissione in sede referente, mentre le altre avranno un ruolo consultivo[3].

Andiamo ora a vedere, quali sono le principali misure che stanno animando il dibattito nella nuova maggioranza parlamentare.

  • Capitolo IVA. Il problema della clausola di salvaguardia.

Le clausole di salvaguardia sono misure volte ad incrementare il gettito fiscale, con lo scopo di garantire il rispetto dei saldi di finanza pubblica. Allo stesso tempo però, prevedono che a tali misure non si procederà (c.d. disattivazione delle stesse) qualora le risorse reperibili con l’innesco delle clausole, possano essere trovate con altri interventi fiscali (ad es. un insieme di tante piccole entrate derivanti da altre voci fiscali).

Tecnicamente, queste norme implicano una variazione automatica di specifiche voci di tasse e imposte, con efficacia differita nel tempo rispetto al momento dell’entrata in vigore della legge che le contiene. Sono dette di salvaguardia in quanto finalizzate a salvaguardare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica definiti dal Governo per gli anni in cui le variazioni diventano efficaci.

Poiché di norma esse prevedono  che, agli incrementi di gettito che le stesse comportano, potrà poi non procedersi qualora le corrispondenti risorse possano essere reperite con altre misure, possono in sostanza definirsi come misure di maggiore entrata a efficacia differita, normativamente operative nell’anno per il quale sono previste, ma per le quali vi è un impegno programmatico – stante gli effetti economici recessivi connessi al maggior carico fiscale determinato dagli aumenti delle aliquote o accise – ad individuare misure alternative.

Hanno avuto dimora per la prima volta nel nostro ordinamento, per mano dell’ultimo Governo Berlusconi con il decreto-legge n. 98 del 2011 nella forma di tagli lineari di detrazioni e deduzioni fiscali, dopodiché sono state più volte reintrodotte e modificate. Con il decreto-legge n. 201 del 2011 del Governo Monti vengono trasformate in aumenti di aliquote IVA.

Le più recenti clausole di salvaguardia, previste dal Governo Renzi con la legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), dispongono l’incremento delle aliquote dell’IVA (ordinaria e ridotta) e delle accise sui carburanti per assicurare maggiori entrate fiscali comprese tra 12 e 22 miliardi di euro a decorrere dal 2016[4].

Per il prossimo anno è stato scongiurato l’aumento dell’Iva ma già nel 2021 il problema di reperire risorse, per sterilizzare[5] gli incrementi delle aliquote, sarà di nuovo una spada di Damocle. Secondo i calcoli presenti nella relazione tecnica che accompagna il DDL n. 1586, grazie al gettito di 23 miliardi derivante dall’applicazione di svariate micro-tasse, si riuscirà almeno per il 2020 a trovare una quadra.

Infatti, per il 2021, dei 28,753 miliardi che serviranno per annullare le clausole, l’attuale Manovra reperisce appena 9,8 miliardi, poco più di un terzo. Ciò vuol dire che l’anno prossimo bisognerà reperire altri 18,953 miliardi ed inoltre, a partire dal 2022 sarà ancora più dura, giacché dei 28,753 miliardi che serviranno per congelare l’incremento dell’Iva, l’attuale Manovra in discussione al Senato copre appena 2,995 miliardi e bisognerà quindi scovare risorse per 25,758 miliardi, superando anche il valore dell’ardua somma reperita quest’anno[6].

  • Decreto fiscale: lotta all’evasione e “Piano Italia Cashless”.

Con la Manovra 2020, l’esecutivo prova a rimuovere un antico retaggio del nostro sistema economico-sociale. L’azione viene progettata sulla base di un sistema di incentivi (per esercenti e consumatori) e sanzioni (per gli operatori economici).

Per comprendere a fondo lo scopo del Governo, basta soffermarsi su due punti chiave del comunicato emesso a seguito dell’approvazione, da parte del CdM, del Decreto Legge 26 ottobre 2019, n. 124 (c.d. Decreto Fiscale).

Per quanto concerne il primo pilastro dell’intervento normativo, ossia la lotta all’evasione, il comunicato parla di “politiche di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, … con inasprimento delle pene per i grandi evasori, … con  misure per contrastare l’illecita somministrazione di manodopera e l’aggiramento della normativa contrattuale in tema di appalti da parte di cooperative o imprese fittizie. Inoltre, si evidenzia che si… rafforzano le misure contro le frodi nel settore dei carburanti, … aumenta il contrasto all’evasione e all’illegalità nel settore dei giochi, attraverso l’istituzione del registro unico degli operatori del gioco pubblico e il blocco dei pagamenti per i soggetti che operano dall’estero senza concessione”.

Riguardo al secondo pilastro, per ciò che attiene al Piano Cashless, il comunicato del Governo esprime molto chiaramente la volontà di introdurre misure che hanno l’obiettivo “di aumentare i pagamenti elettronici, … con un impianto normativo che prevede, tra le altre cose, l’introduzione di un super bonus da riconoscersi all’inizio del 2021 e che va a “premiare” le spese nelle quali si utilizzano pagamenti elettronici con la finalità esplicita e chiara della tracciabilità e in particolare in quei settori e contesti economici in cui l’uso del contante la fa ancora da padrone.

Come fonte di stimolo all’uso dei pagamenti elettronici, sarà prevista l’istituzione di estrazioni e premi speciali (come il famoso Bonus Befana) per tutte quelle spese che i consumatori pagheranno utilizzando pagamenti digitali. Ultimo aspetto, molto importante: si statuisce che sono previste sanzioni per quelle realtà che non accettano il pagamento con carte o bancomat[7].

  • La riduzione del Cuneo Fiscale.

Trattasi della differenza tra il costo di un dipendente a carico del datore di lavoro e quanto riceve al netto lo stesso lavoratore, calcolata in percentuale del salario lordo. L’organizza per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), definisce il cuneo fiscale come: il rapporto tra l’ammontare delle tasse pagate da un singolo lavoratore medio e il corrispondente costo totale del lavoro per il datore.

È un indicatore percentuale che esprime il rapporto tra tutte le imposte sul lavoro e il costo del lavoro totale, dove per determinare il costo totale si devono considerare le tasse dirette, indirette ma anche i contributi previdenziali. Dunque, mostra la differenza tra la retribuzione lorda e i costi sostenuti dal datore di lavoro e quanto, invece, viene percepito come netto dal lavoratore[8].

Il cuneo fiscale sul lavoro del lavoratore dipendente in Italia, è costituito per esempio dall’Irpef + addizionali comunali e regionali + contributi previdenziali.

Il cuneo fiscale per il lavoratore autonomo e per il libero professionista, è dato dall’Irpef + addizionali comunali e regionali + contributi previdenziali e Iva.

Il cuneo fiscale per i datori di lavoro, è costituito dall’IRPEF + addizionali comunali e regionali + contributi previdenziali + IVA.

Nel Bel Paese il peso del cuneo fiscale è davvero molto alto:

Secondo la raccolta di dati più recente, infatti, si parla in Italia di un costo del lavoro pari a:

  • imposte sul reddito: pari al 17,5%;
  • contributi a carico del dipendente pari al 7,2%.
  • contributi a carico del datore di lavoro: pari al 24,3%.

Secondo il Taxing wages OCSE, il peso delle tasse sul lavoro in Italia, sarebbe addirittura salito sopra il 49% rispetto alla media registrata dall’OCSE che è pari al 35,9% e le tasse sul lavoro, rispetto al precedente anno, sono salite di un +0,8%.

Per quanto riguarda, invece, la tassazione del lavoratore sullo stipendio in busta paga, questa si attesta al 32,6% rispetto ad una media OCSE del 25,5%, mentre se si considera lo stipendio netto, in Italia è pari al 79,4% dell’imponibile, contro l’85,4% della media OCSE[9]. Al fine di ridare vigore alla crescita, spingendo i consumi attraverso una decisa riduzione delle tasse sul lavoro, uno dei pilastri della nuova manovra è proprio il tanto atteso taglio del cuneo fiscale.

Lo aveva promesso Conte durante le comunicazioni in Aula il giorno della fiducia al suo secondo Governo. Al principio, le intenzioni della maggioranza giallo-rossa andavano nella direzione di circa 125 euro al mese di taglio, che alla fine dell’anno avrebbe portato in tasca a lavoratori e lavoratrici fino a 1.500 euro. Per evidenti ragioni, la cifra è stata ridimensionata. Si tratta di 500 euro di bonus all’anno che, a partire da luglio 2020, andranno nelle buste paga dei lavoratori e lavoratrici fino a 35 mila euro annui di reddito da lavoro.

Infatti, i beneficiari della riforma saranno:

  • i lavoratori che attualmente percepiscono il Bonus/taglio Irpef di 80 euro introdotto dal Governo Renzi;
  • i lavoratori e le lavoratrici che hanno un reddito tra i 26 e i 35 mila euro annui[10].

Questa scelta di fondo, è legata ad una visione economica ben precisa. Infatti, scrivono alcuni studiosi, anche tagliando il cuneo fiscale si rischierebbe di non raggiungere lo scopo di spingere i consumi.

Se le risorse disponibili non sono tali da eliminare del tutto il fardello, bisogna fare le scelte giuste.

Ad esempio, un intervento di riduzione dell’Irap o anche dei premi Inail farebbero contrarre il cuneo fiscale, ma non necessariamente si avrebbero conseguenze direttamente positive sulla domanda interna.

Una mossa più pertinente sarebbe quella di una riduzione della tassazione dei lavoratori dipendenti a bassa e media remunerazione (platea ipotizzabile intorno a 10 milioni). Una deduzione fiscale di 250 euro all’anno procapite, richiederebbe 2,5 miliardi di euro all’anno. Questo taglio verrebbe trasferito nella busta paga e quindi più immediatamente spendibile.

Le aziende non avrebbero un vantaggio diretto, ma la crescita della domanda interna consentirebbe uno slancio produttivo consistente. Ma quel che conta, è che i lavoratori di tutti i settori produttivi avrebbero più capacità di spesa a disposizione[11].

  • Plastic tax.

All’art. 79 del disegno di legge “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022”, viene introdotta l’ “imposta sul consumo dei manufatti in plastica con singolo impiego”, ed inoltre, gli “incentivi per le aziende produttrici di manufatti in plastica biodegradabile e compostabile.

Come è possibile evincere dal nome del Titolo II del ddl, la suddetta tassa è pensata per tutelare l’ambiente e ad essa sono dedicati 19 commi.

Al comma 7 dell’art. 79 si precisa che l’imposta “è fissata nella misura di 1,00 euro per chilogrammo di materia plastica” contenuta nei «manufatti con singolo impiego che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari». Il criterio discriminante che darà luogo all’applicazione o meno della nuova imposta, trova dimora proprio nella descrizione del materiale oggetto della norma e dell’uso che di questo se ne fa: «se sono realizzati con l’impiego, anche parziale, di materie plastiche, costituite da polimeri organici di origine sintetica e non sono ideati, progettati o immessi sul mercato per compiere più trasferimenti durante il loro ciclo di vita o per essere riutilizzati per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati».

Attualmente, si specifica che dalle ultime dichiarazioni sia del Presidente Giuseppe Conte, sia del Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, la Plastic Tax nei prossimi giorni subirà una forte rimodulazione.

Ad ogni modo, è chiaro che la filosofia alla base della norma, la plastic tax miri a scoraggiare l’utilizzo di prodotti monouso contenenti plastica, per un evidente scopo di rispetto dell’ambiente e con un ritorno fiscale che poggia sulla disposizione di un’aliquota unica di 1 euro ogni chilogrammo di plastica.

Tuttavia, il legislatore italiano non è l’unico a tassare la plastica. Nell’UE già alcuni Stati membri hanno introdotto imposte volte a scoraggiare l’acquisto di prodotti specifici a base di plastica, in particolare dei sacchetti.

Alcuni esempi possono rendere meglio l’idea: la tassa sugli imballaggi in Belgio è di 3,6 euro al chilogrammo per le posate usa e getta di plastica, mentre è di 3 euro al chilo per le borse di plastica monouso. In Francia, la tassa è di 6 centesimi di euro per borsa; in Irlanda di 0,22 euro; in Portogallo di 0,08 euro iva esclusa. Una misura siffatta sulle borse di plastica in materiale leggero vige anche in Italia, introdotta nel 2017 con una norma che ha recepito una direttiva europea del 2015, tra l’altro molto discussa.

In Danimarca, i prodotti di packaging hanno un’imposta che va da oltre 1 euro al chilo per quelli che contengono plastica riciclata, a oltre 1,70 euro per i prodotti con plastica non riciclata. Nel Paese scandinavo sono tassate anche altre due materie plastiche, il polistirene espanso sinterizzato (Eps) e il cloruro di polivinile (Pvc), entrambi circa 2,70 euro al chilo. Nel 2018, il Regno Unito ha adottato una plastic packaging tax che entrerà in vigore da aprile 2022[12].

Sono questi alcuni dei punti principali della manovra per il 2020 che, nel momento in cui si scrive, attraversa il suo regolare percorso parlamentare. Proprio sulla Plastic tax si agitano gli animi nella maggioranza. Si è infiammato lo scambio di battute tra il leader del neo gruppo parlamentare Italia Viva, Matteo Renzi, che intende sopprimere l’imposta e il capo politico del M5S nonché ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che tiene a cuore la questione ambientale. Inoltre, a gettare benzina sul fuoco della diatriba in corso nella maggioranza, il tema del carcere ai grandi evasori.

 

[1] Repubblica.it, Manovra, Conte: “non sarà stravolta in Aula”. La lettera UE all’Italia: “chiarite su riduzione del debito”. 22 ottobre 2019. Disponibile qui: https://www.repubblica.it/economia/2019/10/22/news/manovra_lettera_ue_all_italia-239170924/

[2] Il 2 novembre la Ragioneria generale dello Stato ha bollinato il disegno di legge di Bilancio, che il 5 novembre ha iniziato il suo iter parlamentare alla Commissione Bilancio del Senato.

[3] Ciò vuol dire che solo alla V Commissione permanente Bilancio è attribuito il potere di emendare il ddl presentato dall’esecutivo, per poi riferire in Aula.

[4] Camera.it, Le clausole di salvaguardia. Documentazione parlamentare. Camera dei Deputati. Disponibile qui: https://temi.camera.it/leg17/temi/_inizio_leg___le_clausole_di_salvaguardia.

[5] Art. cit. Trattandosi tipicamente di norme volte a ridurre la spesa pubblica o aumentare le entrate fiscali, le clausole di salvaguardia incorporano nella legislazione vigente una misura di politica di bilancio di segno restrittivo. Per questo motivo sono state via via oggetto negli anni di interventi volti a impedirne, totalmente o parzialmente, l’entrata in vigore al fine di evitare un potenziale effetto recessivo sull’economia. Si suol dire che, le clausole sono sterilizzate, ovvero disattivate, impedendo, ad esempio, gli aumenti di aliquota e i conseguenti effetti sul gettito fiscale. La sterilizzazione costituisce pertanto una misura di politica di bilancio di segno espansivo in quanto volta a neutralizzare quella di segno restrittivo operata dalla clausola. 

[6] Anna Messia, La Manovra sbarca al Senato, solo un terzo dell’IVA coperta nel 2021. 04/11/2019.

Disponibile qui: https://www.milanofinanza.it/news/la-manovra-sbarca-al-senato-solo-un-terzo-dell-iva-coperta-nel-2021-201911041145183489.

[7] Mauro Bellini, Gli obiettivi di Italia Cashless e le misure del CdM presenti nel Decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, 27 ottobre 2019. Disponibile qui: https://www.pagamentidigitali.it/payment-regulation/che-cose-italia-cashless-e-cosa-cambiera-per-consumatori-e-retail/

[8] Francesca Zucconi, Taglio del cuneo fiscale: cos’è, come funziona e perché è importante, 22 ottobre 2019.

Disponibile qui: https://www.lavoroediritti.com/soldi-e-diritti/taglio-del-cuneo-fiscale

[9] Theitaliantimes.it, Cuneo fiscale: cos’è e come funziona il taglio in Legge di Bilancio 2020, 5 novembre 2019.

Disponibile qui:

[10] Art. cit.

[11] Raffaele Morese, Ridurre il Cuneo fiscale, rimpolpare le buste paga.

Disponibile qui: http://www.nuovi-lavori.it/index.php/sezioni/57-editoriale/123-ridurre-il-cuneo-fiscale-rimpolpare-le-buste-paga

[12] Pagella politica Di Agi, Come funziona la plastic tax in Europa, 5 novembre 2019. Disponibile qui:

Fonte immagine: https://www.ettorecolombo.com/2019/04/28/italia-a-rischio-crisi-economica-lo-scontro-piu-che-su-siri-e-sulla-prossima-manovra-di-bilancio/

Luigi Pone

Luigi Pone, nato a Napoli il 6/10/1985. Laurea specialistica in Scienze della pubblica amministrazione, con voti 110 e lode. Tesi di Laurea in Giustizia Costituzionale italiana e comparata. Titolo Tesi: "La Corte Costituzionale garante della legge elettorale; riforma della Carta e implicazioni sul sistema di giustizia costituzionale. Area di interesse: politica economica. Interessi: politica e attualità, evoluzione del diritto costituzionale e del sistema di diritto amministrativo in chiave nazionale ed europea. Lavoro attuale: consulente commerciale presso azienda di noleggio apparecchiature informatiche. Obiettivi futuri: lavorare nella pubblica amministrazione nazionale o locale.

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