domenica, Aprile 28, 2024
Tax Driver

La rete della DAC 7: vendite web sotto la lente del Fisco

La rete della DAC 7: vendite web sotto la lente del Fisco

Di Riccardo Mezzi*

Per la rubrica “Tax Driver

  1. Introduzione: panoramica della cooperazione amministrativa tra le autorità fiscali dei Paesi UE

Il D. Lgs. 32/2023 (anche “Decreto” o “Decreto di recepimento”) ha recepito nel nostro ordinamento la  Direttiva DAC 7[1] di modifica della originaria  DAC 1[2].

L’acronimo “DAC” sta per “Directive on Administrative Cooperation”, in quanto la prima direttiva aveva stabilito un sistema di cooperazione amministrativa tra le autorità fiscali nazionali degli Stati membri dell’Unione Europea, definendo regole e procedure per lo scambio di informazioni a fini fiscali. Il fine è quello di intensificare le attività di controllo per combattere la frode e l’evasione fiscale attraverso la coordinazione.

Infatti, uno dei vantaggi del mercato interno è che i cittadini e le imprese dell’UE hanno la libertà di movimento e stabilimento, con la possibilità di operare e investire oltre i confini nazionali. Tuttavia, l’assenza di armonizzazione in tema di imposizione diretta spesse volte si traduce nella possibilità, per i contribuenti, di evadere o eludere le imposte nel proprio Paese di residenza che, in base ai trattati fiscali tra Stati, ha solitamente il diritto di tassare il reddito ovunque prodotto nel mondo dal soggetto residente (c.d. worldwide taxation principle), anche se su tale reddito viene effettuato un prelievo fiscale nell’altro Paese (quale paese “della fonte”, c.d. source-based taxation, principio che permette la tassazione del reddito dei soggetti residenti e non residenti).

Per raggiungere l’obiettivo di cooperazione, nelle varie modifiche alla DAC 1 si è passati dall’iniziale scambio di informazioni riguardante alcune tipologie di reddito[3] fino a ricomprendere i conti finanziari (DAC 2[4]), i ruling transfrontalieri e gli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento (DAC 3[5]), le informazioni relative al Country-by-Country Reporting o CbCR (DAC 4[6]), le informazioni sulla titolarità effettiva con riferimento alla normativa antiriciclaggio (DAC 5[7]), alcuni meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica[8] (“Reportable Cross-Border Arrangement” o “RCBA”), identificati al ricorrere di elementi distintivi  (gli “hallmark”, di cui all’allegato IV della Direttiva) che i meccanismi/operazioni poste in essere devono presentare per essere soggetti all’obbligo di comunicazione (DAC 6[9]).

Giunti ora al sesto aggiornamento dell’originaria DAC 1, la DAC 7 introduce lo scambio automatico obbligatorio di informazioni tra Stati e tra gestori di piattaforme digitali e amministrazioni fiscali.

  1. Cosa prevede la DAC 7

La Direttiva estende la cooperazione amministrativa fiscale tra gli Stati UE anche al settore dell’economia digitale e lo fa prevedendo un obbligo di comunicazione all’Amministrazione finanziaria di dati relativi a transazioni di beni e servizi scambiati su piattaforme digitali (siti web e app).

Gli obblighi nascono dalla consapevolezza che le misure fiscali attuali non sono in grado di risolvere i problemi che contraddistinguono la tassazione della digital economy, a partire dall’evidente assenza di uno stretto collegamento tra contribuente e territorio nella produzione di reddito “dematerializzato” e la cui diretta conseguenza è una difficoltosa ripartizione delle potestà impositive degli Stati, prodromo di fenomeni di evasione ed elusione.

In particolare, la normativa pone sui gestori[10] di siti e app specifici obblighi di comunicazione dei dati (e di adeguata verifica) degli utenti-venditori operanti sulle proprie piattaforme che svolgano le attività “pertinenti”.

Con attività “pertinente” si intende un’attività svolta al fine di percepire un corrispettivo e ricompresa tra quelle soggette all’obbligo di comunicazione[11], ossia l’e-commerce, l’affitto di beni immobili, l’offerta di servizi personali e le attività di noleggio di qualsiasi mezzo di trasporto.

Le eccezioni riguardano tutte le attività svolte da un venditore che agisce in qualità di dipendente del gestore di piattaforma (o di un’entità collegata del gestore di  piattaforma), nonché quelle che non integrino alcuni requisiti volumetrici verso l’alto e verso il basso.

In particolare, la citata esclusione si riferisce ai grandi fornitori di alloggi nel settore alberghiero (i.e. soggetti che dispongono di oltre 2.000 attività pertinenti all’attivo sul proprio sito/app); e ai piccoli inserzionisti (vale a dire venditori per i quali il gestore del sito/app abbia facilitato meno di 30 attività pertinenti e con corrispettivo versato o accreditato inferiore a 2.000 Euro nell’anno).

Riassumendo, gli oneri che la normativa pone a capo del gestore della piattaforma digitale sono:

  1. effettuare una adeguata verifica fiscale per comprendere se il soggetto sia o meno un venditore escluso (con possibilità di delegare tale attività a un terzo, senza che ciò impatti in merito ai profili di responsabilità);
  2. raccogliere le informazioni sul venditore (quali l’identificativo, il suo giro d’affari online, eventuali imposte trattenute e, in caso di locazione, i dati dell’immobile affittato e il numero di giorni di affitto);
  3. effettuare la comunicazione all’Agenzia delle entrate quale obbligo di rendicontazione annuale, entro il mese di gennaio dell’anno successivo a quello cui si riferisce la comunicazione. Il termine per la prima comunicazione sarà il 31 gennaio 2024 [12].

Per consentire le attività e la raccolta delle informazioni di cui ai punti 1) e 2), il Decreto di recepimento prevede un meccanismo secondo cui il gestore inserisce nel contratto con il venditore  una clausola in base alla quale se questi non fornisce tutte o alcune delle informazioni richieste, se trascorrono 60 giorni dalla prima richiesta e siano intervenuti due solleciti, il suo profilo viene chiuso e gli viene impedito di iscriversi  nuovamente alla piattaforma. In alternativa, il gestore può trattenere il corrispettivo del venditore fino a quando non sono fornite le informazioni richieste[13].

I dati comunicati dai gestori residenti vengono raccolti in una banca dati dell’Agenzia e, da un lato, potranno essere utilizzati per le attività di accertamento domestiche mentre, dall’altro, saranno oggetto di scambio con le amministrazioni finanziarie degli altri Stati membri UE entro il mese successivo, seguendo un criterio di condivisione imperniato sulla residenza fiscale del venditore[14].

La residenza è identificata per il tramite del suo indirizzo principale. Qualora il gestore della piattaforma dovesse riscontrare che il venditore ha un NIF (i.e. numero di identificazione fiscale) rilasciato da uno Stato membro diverso rispetto a quello dell’indirizzo principale, il venditore è considerato anche residente nello Stato di rilascio del NIF. Se, invece, il venditore fornisce informazioni relative all’esistenza di una stabile organizzazione il gestore di piattaforma con obbligo di comunicazione potrà considerare il venditore residente anche nello Stato membro in cui è ubicata la stabile organizzazione.

Si pensi alla vendita di beni su un sito o tramite una app il cui gestore sia fiscalmente residente in un altro Paese UE effettuata da un utente-venditore italiano. Il gestore della piattaforma estera dovrà monitorare le vendite di tutti gli utenti e, una volta che il nostro utente avrà superato il limite dei 2.000 Euro per almeno 30 operazioni di vendita pertinenti, scatterà l’obbligo di comunicazione dei dati dell’utente alla propria Amministrazione finanziaria (estera) la quale, lato suo, provvederà a scambiare l’informazione con l’Agenzia delle entrate.

Coerentemente alle logiche delle direttive DAC, qualora dovessero esserci più gestori di piattaforma  con  obbligo di comunicazione in relazione al medesimo venditore oggetto di comunicazione, ciascuno di essi è esonerato da tale obbligo se può provare  che  le  medesime informazioni sono state comunicate all’Agenzia delle entrate da un altro gestore di piattaforma con obbligo di comunicazione[15]. La medesima regola vale nel caso in cui vi siano più gestori residenti in diversi Stati Membri[16].

Per quanto attiene alle sanzioni, in caso di omessa comunicazione dei dati il gestore sarà soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria che va dai 3.000 fino a un massimo di 31.500 Euro[17], mentre, nel caso di informazioni incomplete o inesatte la sanzione è ridotta e va dai 1.000 ai 10.500 Euro[18].

*Avvocato in Milano.

[1] Direttiva UE 2021/514.

[2] Direttiva UE 2011/16, recepita in Italia con il D. Lgs. 29/2014.

[3] Reddito da lavoro dipendente; compensi per dirigenti; prodotti di assicurazione sulla vita; pensioni; proprietà e redditi immobiliari.

[4] Direttiva UE 2014/107, recepita dalla L. 95/2015.

[5] Direttiva UE 2015/2376, recepita in Italia dal D. 32/2017.

[6] Direttiva UE 2016/881, recepita  – a termine dei lavori sulla Action 13 (“Guidance on the Implementation of Transfer Pricing Documentation and Country-by-Country Reporting”) del Progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) del G20/OCSE – dall’art. 1, c. 145 e 146 della L. 208/2015 (Stabilità 2016).

[7] Direttiva UE 2016/2268.

[8] Gli schemi riguardano casi di pianificazione fiscale aggressiva, strutture opache off-shore e schemi di aggiramento del CRS (Common Reporting Standard, elaborato in sede OCSE).

[9] La DAC 6 è stata recepita nel nostro ordinamento dal D. Lgs. 100/2020.

[10] Il Decreto di recepimento, all’art. 2, comma 1, lett. d), e), f) e g), definisce  “gestore  di  piattaforma  con  obbligo  di   comunicazione” qualsiasi  gestore  di  piattaforma,  senza considerare gli esclusi e i c.d. “gestori di piattaforma qualificati non-UE”, che sia (1) residente a fini fiscali  in  Italia  o il soggetto non residente che, alternativamente, (1.1) sia costituito, disciplinato o regolamentato  secondo  la legge dello Stato; (1.2) abbia la sede di direzione, compresa la sede  di  direzione effettiva, nel territorio dello Stato;  (1.3) abbia una stabile organizzazione nel territorio dello Stato.

Ancora, qualora il gestore non sia fiscalmente residente in Italia, e non abbia le caratteristiche di cui ai punti 1.1), 1.2) e 1.3), ma faciliti l’esecuzione di un’attività pertinente da parte di venditori oggetto di comunicazione o di un’attività pertinente che comporta la locazione di beni immobili ubicati nel territorio dello Stato.

Ma gli obblighi possono riguardare anche il c.d. “gestore di piattaforma qualificato  non-UE”, definito dal Decreto come il gestore di piattaforma che facilita tutte le attività pertinenti qualificate, ma residente a fini fiscali in una “giurisdizione qualificata” extra-UE oppure, in assenza di tale ultimo requisito, (1) è costituito a  norma  delle  leggi  di  una  giurisdizione qualificata non-UE; (2) ha la sede di  direzione,  compresa  la  sede  di  direzione effettiva, in una giurisdizione qualificata non-UE.

Le giurisdizioni “qualificate” non-UE sono indicate come gli Stati in cui vige un accordo qualificante effettivo tra autorità

competenti, concluso con le autorità competenti di tutti  gli  Stati membri identificati come giurisdizioni oggetto di comunicazione in un elenco pubblicato dalla giurisdizione non-UE. Tale accordo, riguarda lo scambio automatico di

informazioni equivalenti a quelle specificate nell’articolo 11 (del D. Lgs. 32/2023, relativo alle informazioni da comunicare ai fini della DAC 7), quale confermato da un atto di esecuzione ai sensi dell’articolo 8-bis quater, paragrafo 7, della DAC.

[11] Art. 2, comma 1, lett. h) del D. Lgs. 32/2023.

[12] Al riguardo, il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. 406671 del 20 novembre 2023 ha recato disposizioni attuative in merito alle modalità e termini di comunicazione delle informazioni, registrazione dei soggetti tenuti, casi di esclusione e individuazione degli Uffici competenti allo svolgimento dei controlli nei confronti dei gestori di piattaforma.

[13] Art. 12, comma 1, del Decreto.

[14] Disciplinata all’art. 5 del Decreto.

[15] Art. 10, comma 1, ultimo periodo del Decreto.

[16] Id. comma 2, ultimo periodo.

[17] Sanzione ex art. 10,  c. 1,  del D. Lgs. 471/1997, aumentata della metà, come stabilito dall’art. 12, c.3, del Decreto di recepimento.

[18] Id. medesima sanzione, dimezzata, sempre ai sensi dell’art. 12, c.3, ult. periodo, del Decreto di recepimento.

Riccardo Mezzi

Sono un Avvocato iscritto all’Ordine di Milano e mi occupo di diritto tributario e gestisco la relativa area per Ius in Itinere.

 

Sono nato a Bergamo, dopo la maturità classica mi sono laureato con lode in Giurisprudenza, scrivendo una tesi in diritto tributario internazionale. Successivamente, ho conseguito un Master in Diritto Tributario (Il Sole 24 Ore) e l’abilitazione all’esercizio della professione forense.

Durante l'ultimo anno di università ho vissuto all'estero e svolto un tirocinio presso l'IBFD - International Bureau of Fiscal Documentation di Amsterdam (NL), dove revisionavo articoli scientifici e svolgevo ricerche su questioni relative alla fiscalità internazionale.

Dopo la laurea, sono entrato a far parte dello studio legale e tributario di una big 4 presso la quale ho maturato esperienza con riferimento alle attività di compliance/consulenza fiscale ordinaria per le imprese, con un focus sui sistemi di controllo interno per la gestione del rischio fiscale (Tax Control Framework, o TCF, quale sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale ex D. Lgs. 128/2015 e Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo ai sensi del D. Lgs. 231/2001).

Attualmente sono associato dello Studio Tributario Tognolo presso il quale mi occupo delle medesime materie. Svolgo, inoltre, attività di consulenza fiscale e legale ordinaria.

Partecipo in qualità di docente e relatore a seminari e convegni su tematiche di fiscalità e controllo interno, e scrivo articoli su quotidiani e riviste specializzate italiane ed estere.

 

Email di contatto: r.riccardomezzi@gmail.com

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