Riforma dell’adempimento collaborativo: tanti i punti aperti
a cura di Riccardo Mezzi
Attendendo la pubblicazione dei provvedimenti attuativi del decreto, i dubbi riguardano il ruolo della Guardia di Finanza, la portata dei benefici e la certificazione del Tax Control Framework
Il D. Lgs. 221/2023 (il “Decreto”) ha dato attuazione ai principi espressi negli articoli 17 e 20 della legge delega per la riforma fiscale (L. 111/2023), rispettivamente in tema di potenziamento del regime di adempimento collaborativo e regime opzionale di adozione del sistema di controllo del rischio fiscale (c.d. Tax Control Framework o TCF).
L’articolo 1, primo comma, del Decreto interviene sul D. Lgs. 128/2015 che disciplina il regime di adempimento collaborativo domestico, modificandolo e integrandolo. Il comma 2 fissa in 90 giorni dalla entrata in vigore il termine per l’adozione di diversi provvedimenti attuativi occorrenti per dare concreta operatività al nuovo regime.
I documenti citati sono:
- Il regolamento interministeriale contenente i requisiti dei professionisti abilitati al rilascio della certificazione del TCF[1];
- Il decreto del Mef contenente il codice di condotta recante i reciproci impegni assunti dall’amministrazione finanziaria e dai contribuenti aderenti al regime[2];
- Il regolamento del Mef sulle procedure semplificate per regolarizzare la posizione del contribuente aderente alle indicazioni dell’Agenzia che comportino la necessità di un ravvedimento operoso[3];
- Decreto del Mef contenente le forme di interlocuzione che precederanno la notifica di una risposta sfavorevole a interpello o qualsivoglia formalizzazione di posizione contraria rispetto ad una comunicazione qualificata di rischio[4].
Oltre a quanto espressamente elencato, la relazione illustrativa al decreto prevede che le Linee Guida contenti i requisiti minimi per la predisposizione e l’aggiornamento di une efficace Tax Control Framework (o TCF), nonché finalizzate al periodico adeguamento della certificazione del sistema[5], saranno emanate, tramite un Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, in tempi adeguati perché il regime sia adottabile dalle imprese a partire dal 2024.
La diffusione delle suddette Linee Guida, almeno per quanto attiene ai TCF relativi alle società industriali[6], è prevista per il primo trimestre dell’anno.
Attendendo la pubblicazione dei diversi documenti riportati, molti sono i temi fonte di discussione relativi alla riforma dell’istituto.
Poteri istruttori alla Guarda di Finanza: viene meno l’interlocutore unico?
Il Decreto riconosce l’esercizio di poteri istruttori alla Guardia di Finanza nell’ambito del regime[7]. Tale esplicito riferimento, dai più accorti già intravisto in sede di delega nel riferimento generico ai poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria, sembrerebbe però risolversi in un ruolo di mero braccio operativo da parte delle fiamme gialle, con competenza esclusiva, ancora esplicitamente prevista, per controlli e attività relative al regime all’Agenzia delle entrate (Ufficio Adempimento collaborativo della Direzione Centrale Grandi Contribuenti o Ufficio Cooperative), possibilità che non sembrava totalmente esclusa nemmeno nell’impostazione ante riforma. Al riguardo, la norma precisa che l’esercizio dei poteri citati si baserà su specifici protocolli di intesa e un coordinamento preventivo con l’Agenzia.
Peraltro, il tema non è del tutto recente, dal momento che, posta la competenza in via esclusiva dell’Ufficio Cooperative per i controlli relativi al regime di adempimento collaborativo, il supporto delle Direzioni Regionali per l’esercizio dei poteri istruttori finalizzati all’acquisizione di dati e notizie utili ai fini del controllo sostanziale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti ammessi al regime e per i periodi di applicazione era già stato previsto[8].
Benefici sanzionatori amministrativi
Sempre nell’ambito del regime, sollevano alcuni interrogativi i benefici in termini sanzionatori, sia dal punto di vista amministrativo, che penale.
Sul fronte amministrativo, in caso di diverse visioni tra Agenzia e contribuente, i nuovi commi 3 e 3-ter dell’art. 6 del D. Lgs. 128/2015 prevedono una esclusione totale delle sanzioni per i rischi fiscali comunicati tramite interpello (abbreviato) e comunicazione qualificata e una riduzione (alla metà del minimo edittale) riservata ai rischi non significativi ricompresi nella mappa dei rischi.
Lasciando da parte le questioni politiche squisitamente legate al gettito, appare ingiustificato il differente trattamento sanzionatorio tra rischi significativi e non, a fronte di una loro comunicazione comunque preventiva.
Infatti, nell’ambito del regime di adempimento collaborativo contribuente e Ufficio concordano le soglie di materialità quali-quantitativa delle fattispecie in ordine alle quali si intendono operanti i doveri di collaborazione e trasparenza – c.d. rischi “significativi”[9] – escludendo da detti doveri quelle che non rientrano nei parametri concordati – c.d. rischi “non significativi”– equiparando una loro ricomprensione all’interno della mappa dei rischi a una forma di comunicazione[10].
Se è vero che con riferimento ai rischi significativi vige un obbligo di comunicazione[11], è altrettanto vero che il contribuente resta libero di comunicare ulteriori situazioni connotate da incertezza, controverse o comunque fonte di rischio fiscale potenzialmente significativo[12]. Appare dunque ingiustificato il diverso trattamento sanzionatorio e la non equiparazione delle diverse tipologie di comunicazione (interpello abbreviato, comunicazione qualificata ex art. 5, comma 2, lett. b) del D. Lgs. 128/2015 e indicazione nella mappa dei rischi).
Peraltro, la condizione che il comportamento tenuto dal contribuente debba essere “esattamente corrispondente a quello rappresentato in occasione della comunicazione” a cui viene subordinata l’azzeramento delle sanzioni, era un aspetto che nella lettera della delega sarebbe dovuto essere anch’esso oggetto di certificazione da parte dei professionisti con riferimento a un determinato lasso temporale[13], ma che – al momento – pare non essere stato considerato dal in sede attuativa.
…e penali
Sul versante penale, posto che i soli costi penalmente rilevanti ai fini del reato di dichiarazione infedele[14] sono quelli “inesistenti” in quanto non sostenuti dal contribuente[15], il Decreto effettua la scelta di limitare la causa di non punibilità ai rischi fiscali comunicati e relativi ai soli elementi attivi sottratti a imposizione, non riconoscendola per quelli attinenti a elementi passivi inesistenti.
TCF integrato con il sistema di controllo contabile
In maniera analoga ad altri sistemi di controllo interno, il TCF poggia sulle medesime componenti illustrate nel COSO Report[16], modello di riferimento per imprese ed enti regolatori nella costruzione e valutazione dei sistemi di controllo interno.
Il decreto attuativo richiede che il TCF sia “integrato” anche considerando i rischi derivanti dai principi contabili adottati dal contribuente[17] e che la certificazione dovrà riguardare anche una sua conformità a detti principi[18], in modo da garantire la solidità del dato su cui poggia l’obbligazione tributaria, in un contesto che vede i due mondi, contabile e fiscale, sempre più vicini.
A livello domestico, il sistema di controllo interno sull’informativa finanziaria, obbligatorio per le società quotate, è previsto dalla L. 262/2005[19] (versione nostrana del Sarbanes-Oxley Act – SOX statunitense) e i dubbi riguardano non tanto le interazioni tra i due sistemi, già ampiamente esistenti e largamente sfruttate sia in fase di innesto che di monitoraggio del modello di TCF, quanto il coordinamento con le diverse attestazioni e certificazioni presenti[20].
Al riguardo, le dichiarazioni del viceministro Leo fanno presagire che sarà l’Agenzia delle entrate, attraverso le Linee Guida, a fornire indicazioni sul trattamento contabile di specifiche poste, andando a supplire ad alcune incertezze presenti.
Nuova modalità di accesso: partecipazione al consolidato fiscale
Il decreto attuativo prevede la possibilità di accesso all’adempimento collaborativo anche per le società partecipanti a un consolidato fiscale[21], in cui un solo soggetto superi i requisiti dimensionali per l’accesso (oggi Euro 750 milioni di ricavi o volume di affari[22]) e il gruppo – inteso nel senso di fiscal unit – sia dotato di un TCF certificato.
Tuttavia, si prevede che l’impianto resterà incentrato sulle singole legal entity, con autonoma istanza e decreto di ammissione, come avvenuto in passato con riferimento al gruppo IVA[23] e all’interpello sui nuovi investimenti. Infatti, soprattutto se pensiamo a gruppi complessi, l’aspettativa è al massimo di una istruttoria di ammissione ridotta, eventualmente con trattamento unitario delle società aventi profilo analogo (es. industriali), riconoscendo le peculiarità di ciascuna entità.
Certificazione per i soggetti già ammessi
Il comma 3 dell’art. 1 del Decreto attuativo prevede che non siano tenuti a certificare il modello i contribuenti già ammessi al regime o che abbiano presentato istanza di ammissione prima dell’entrata in vigore dello stesso[24]. La ragione si rinviene nel sindacato effettuato sul modello dall’Agenzia in sede di istruttoria per l’ammissione.
Tale previsione è in apparente contrasto con la prevista necessità di un adeguamento periodico della certificazione[25], per cui si ritiene che tale sottrazione potrebbe riguardare la sola fase iniziale (attuale), ricomprendendo tali soggetti nel periodico adeguamento, in futuro. Una diversa lettura esporrebbe il fianco a effetti distorsivi e discriminatori nei confronti dei new entrantdata l’evidente iniquità orizzontale della misura.
[1] Art. 4, comma 1-ter, del D. Lgs. 128/2015.
[2] Art. 5, comma 2-bis, del D. Lgs. 128/2015.
[3] Art. 6, comma 2, del D. Lgs. 128/2015.
[4] Art. 6, comma 2-bis, del D. Lgs. 128/2015.
[5] Art. 4, comma 1-quater, del D. Lgs. 128/2015.
[6] Le Linee Guida per la predisposizione di quello che è stato soprannominato TCF “standardizzato” sono un documento, predisposto dall’Agenzia delle entrate, che riporta i documenti che compongono il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale (appunto, il TCF) e le caratteristiche, nonché i requisiti minimi che gli stessi debbono possedere, in una logica di comply or explain. Il fine del documento è quello di fornire un supporto operativo alle imprese che intendono aderire al regime di adempimento collaborativo o a quello opzionale di adozione di un TCF “volontario” per la costruzione di un efficace TCF al fine di ottenere la certificazione da parte dei professionisti a ciò abilitati.
In particolare, i TCF “standard” saranno quattro: industriale, holding, bancario e assicurativo.
[7] Art. 7, comma 1, del D. Lgs. 128/2015.
[8] Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate Prot. 74913/2022, para. 1.
[9] Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate Prot. 101573/2017, para. 1, lett. j).
[10] Risoluzione dell’Agenzia delle entrate 49/E del 2021, para. 4.
[11] Supra, nota 9, punto 4.6
[12] Id., punto 4.7.
[13] Art. 17, comma 1, lett. g, n. 1, punto 1.9.4, della L. 111/2023.
[14] Art. 4, D. Lgs. 74/2000.
[15] A partire dal 2015 (a opera del D. Lgs. 158/2015) il legislatore ha sottolineato espressamente che rientrano nel perimetro penalmente rilevante solo le annotazioni di costi relativi a operazioni non intervenute (costi inesistenti), con conseguente irrilevanza penale per i costi sostenuti dal contribuente, ma non deducibili per ragioni varie (di classificazione, valutazione, competenza, inerenza). Al riguardo, il testo post-riforma dell’art. 4 del D. Lgs. 74/2000 recita:
“1-bis. Ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.” (sottolineature aggiunte).
Nell’ambito di nostro interesse, tali situazioni saranno comunque punibili sotto il profilo amministrativo (secondo le disposizioni del D. Lgs. 471/1997), per le cui riduzioni sanzionatorie bisognerà però fare riferimento ai nuovi commi 3 e 3-ter del D. Lgs. 128/2015.
[16] Committee of Sponsoring Organizations of the Treadway Commission (COSO), Internal Control – integrated framework, 2013.
[17] Art. 4, comma 1, del D. Lgs. 128/2015.
[18] Art. 4, comma 1-bis, del D. Lgs. 128/2015.
[19] Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari che ha modificato il Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (cd. Testo Unico della Finanza o TUF, D. Lgs. 58/1998) introducendo una sezione (la V-bis) dedicata alla redazione dei documenti contabili societari. Nell’ambito di tale modifica, l’art. 154-bis TUF istituisce la figura del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché le sue attribuzioni.
[20] Revisori esterni, attestazione del dirigente preposto ex art. 154-bis, comma 5, lett. b) del TUF.
[21] Artt. 117 e seguenti del D.P.R. 917/1986, c.d. TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).
[22] Cfr. art. 7, comma 1-bis, lett. a), del D. Lgs. 128/2015.
[23] Circolare dell’Agenzia delle entrate 8/E del 2019, para. 7.11.
[24] Avvenuta il 18 gennaio 2024.
[25] Art. 4, comma 1-quater, del D. Lgs. 128/2015.
Sono un Avvocato iscritto all’Ordine di Milano e mi occupo di diritto tributario e gestisco la relativa area per Ius in Itinere.
Sono nato a Bergamo, dopo la maturità classica mi sono laureato con lode in Giurisprudenza, scrivendo una tesi in diritto tributario internazionale. Successivamente, ho conseguito un Master in Diritto Tributario (Il Sole 24 Ore) e l’abilitazione all’esercizio della professione forense.
Durante l’ultimo anno di università ho vissuto all’estero e svolto un tirocinio presso l’IBFD – International Bureau of Fiscal Documentation di Amsterdam (NL), dove revisionavo articoli scientifici e svolgevo ricerche su questioni relative alla fiscalità internazionale.
Dopo la laurea, sono entrato a far parte dello studio legale e tributario di una big 4 presso la quale ho maturato esperienza con riferimento alle attività di compliance/consulenza fiscale ordinaria per le imprese, con un focus sui sistemi di controllo interno per la gestione del rischio fiscale (Tax Control Framework, o TCF, quale sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale ex D. Lgs. 128/2015 e Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo ai sensi del D. Lgs. 231/2001).
Attualmente sono associato dello Studio Tributario Tognolo presso il quale mi occupo delle medesime materie.
Svolgo, inoltre, attività di consulenza fiscale e legale ordinaria.
Partecipo in qualità di docente e relatore a seminari e convegni su tematiche di fiscalità e controllo interno, e scrivo articoli su quotidiani e riviste specializzate italiane ed estere.
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