giovedì, Marzo 28, 2024
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La variazione del tasso di interesse dei buoni fruttiferi postali

Con la recente pronuncia n. 3963/2019, le Sezioni Unite hanno fatto chiarezza sul potere della Pubblica Amministrazione di modificare il tasso di interesse dei buoni fruttiferi postali [1][2] in misura difforme a quella ripotata nelle tabelle a tergo.

La variazione può applicarsi a tutti i buoni fruttiferi postali emessi prima dell’entrata in vigore del D.lgs. 30 luglio 1999, n. 284, che all’art. 7 disciplina l’abrogazione delle disposizioni recate dai capi V e VI, titolo I, libro III del Decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, facendo salva l’applicazione del medesimo decreto ai rapporti già in essere alla data di entrata in vigore dell’abrogazione, che continuano a essere regolati dalla normativa anteriore. L’art. 173 del citato D.p.r., come novellato dall’art. 1, D.L. n. 460/1974, convertito in L. 588/1974, prevedeva la possibilità per la Pubblica Amministrazione di variare il tasso di interesse dei buoni fruttiferi già emessi, mediante decreto ministeriale da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale. Una volta intervenuta la modifica, il risparmiatore aveva la possibilità di scegliere di riscuotere i buoni, al tasso di interesse originariamente fissato, ovvero di non recedere dall’investimento che, a seguito della variazione, avrebbe maturato interessi differenti rispetto a quelli vigenti al momento della sottoscrizione.

La disciplina è stata esaminata dalla Cassazione nella sentenza sopracitata, chiamata a pronunciarsi su una controversia riguardante la variazione del tasso di interesse in peius, disposta dal D.M. del 13 giugno 1986, di buoni fruttiferi postali sottoscritti tra il 1982 e il 1983. Il ricorrente sosteneva che, sebbene i buoni fossero stati sottoscritti prima dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 284/1999, al momento della loro riscossione – effettuata nel 2004 – tale norma era stata ormai abrogata, pertanto il rendimento avrebbe dovuto corrispondere a quello indicato a tergo. A sostegno della propria tesi, richiamava la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 13979/2007 dalla quale, a suo dire, poteva evincersi la prevalenza delle indicazione del rendimento individuate dal titolo, nonché l’impossibilità di una variazione peggiorativa del saggio degli interessi.

La Cassazione nella sentenza n. 3963/2019 ha sottolineato l’insostenibilità di una tale interpretazione, frutto di una errata lettura del dato testuale normativo. Ha precisato, infatti, che l’art. 7 del d.lgs. n. 284/1999, al comma 3, prevede espressamente che per i titoli sottoscritti prima della sua entrata in vigore continua ad applicarsi la disciplina ex art. 173 del D.p.r n. 156/1973. A ribadirlo è proprio il Decreto Ministeriale del Tesoro del 19 dicembre 2000, adottato al fine di disciplinare il rendimento dei buoni fruttiferi in applicazione del d.lgs. n. 284 citato, che ha previsto che i titoli già emessi, prima dell’entrata in vigore del decreto ministeriale, continuano ad essere regolati dalla disciplina previgente.

Ha puntualizzato, inoltre, che il riferimento operato dal ricorrente alla sentenza del 2007, risulta essere fuorviante. Ed invero, le Sezioni Unite nel 2007 hanno affermato che “La discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e le indicazioni riportate sui buoni postali offerti in sottoscrizione ai richiedenti deve essere risolta dando la prevalenza alle seconde[3], tuttavia si riferivano ad una controversia avente ad oggetto dei buoni fruttiferi con un tasso di interesse che risultava ab origine in contrasto con le disposizioni vigenti al momento della sottoscrizione. Nello specifico, si trattava di titoli sottoscritti nel 1986 per i quali era stata prevista la triplicazione degli interessi dopo otto anni dalla sottoscrizione, in difformità a quanto previsto dal D.M. del 16 giugno 1984 – già in vigore al momento della sottoscrizione dei titoli – che fissava tale termine in nove anni.
È evidente dunque che la questione oggetto della pronuncia del 2019 in esame sia ben diversa: essa infatti riguarda buoni fruttiferi postali il cui tasso di interesse ha subito una variazione peggiorativa, a seguito dell’intervento del D.M. 13 giugno 1986 adottato dopo la loro sottoscrizione.

Ha sostenuto pertanto la Corte che le Sezioni Unite nel 2007 “non hanno affatto affermato, come pretenderebbe il ricorrente, la prevalenza in ogni caso del dato testuale portato dai titoli rispetto alle prescrizioni ministeriali intervenute successivamente alla emissione e ciò evidentemente non avrebbero potuto fare, e anzi hanno esplicitamente negato, a fronte all’inequivoco dato testuale dell’art. 173 del codice postale”.

Tale variazione, oltre a trovare fondamento nella disciplina ex art. 173 del D.p.r. menzionato attributiva del potere della Pubblica Amministrazione di modificare il saggio di interesse, è stata comunicata agli investitori tramite la pubblicazione del D.M. in Gazzetta Ufficiale, dunque mediante pubblicità legale. La variazione non rappresenta una condizione vessatoria del contratto che deve essere accettata per iscritto dal risparmiatore. I buoni fruttiferi postali, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, devono considerarsi titoli di legittimazione ai quali non si applica la disciplina generale sui titoli di credito, o sui rapporti privatistici[4]. Difatti, il buono fruttifero è uno strumento di risparmio ben noto nell’ambito del diritto bancario – già prima della L. 2106 del 2014 istitutiva dei buoni fruttiferi postali – inquadrato tra i depositi fruttiferi e quindi tra i contratti reali a prestazioni unilaterali, come titolo di legittimazione[5]. Tramite questa qualificazione, la giurisprudenza ha giustificato “la soggezione dei diritti spettanti ai sottoscrittori dei buoni postali alle variazioni derivanti dalla sopravvenienza dei decreti ministeriali[6] e ha ricondotto tale modifica ad una integrazione del contenuto del contratto ab esterno, secondo quanto disposto dall’art. 1339 c.c.

Sebbene la modifica venga imposta autoritativamente dalla P.A., essa non lede l’affidamento del risparmiatore, dal momento che è stato consentito a quest’ultimo di riscuotere gli interessi corrispondenti alla originaria fissazione individuata dal titolo maturati fino all’entrata in vigore del D.M. che ha apportato le modifiche in peius: ed invero, la variazione avrebbe riguardato esclusivamente gli interessi maturati dopo l’entrata in vigore del decreto. Non di poco conto è poi la precisazione che la possibilità di modifica di tali interessi era ben nota ai risparmiatori, atteso che ad autorizzarla era l’art. 173 citato in vigore al momento della sottoscrizione dei titoli.

Preme sottolinearsi che tale articolo è stato sottoposto alla valutazione di legittimità della Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 26/2020, ha dichiarato inammissibile e infondata la questione ribadendo i principi già affermati dalle Sezioni Unite. In particolare, la Consulta, oltre a confermare la qualifica dei buoni come titoli di legittimazione, ha evidenziato che la variazione sfavorevole del tasso di interesse non agisce retroattivamente, ma “opera solo per il futuro[7], ossia dal momento in cui entra in vigore il D.M. che la decreta, quindi non ha in alcun modo portata lesiva.

In conclusione, a seguito di tali pronunce non è più possibile dubitare circa la chiarezza del dato normativo di cui all’art. 173 D.p.r. n. 156/1973, essendo oramai pacifica la piena legittimità della modifica peggiorativa del tasso di interesse dei buoni fruttiferi postali sottoscritti prima dell’entrata in vigore del D.lgs. 30 luglio 1999, n. 284.

[1] Per maggiori informazioni sui buoni fruttiferi postali si veda “Guida all’investimento: I buoni fruttiferi postali” di Caramini R. , Novembre 2018 disponibile su https://www.iusinitinere.it/guida-allinvestimento-i-buoni-fruttiferi-postali-2-10483

[2]Per maggiori informazioni sui buoni fruttiferi postali si veda “Guida all’investimento: I buoni fruttiferi postali” di Caramini R. , Novembre 2018 disponibile su https://www.iusinitinere.it/guida-allinvestimento-i-buoni-fruttiferi-postali-2-2-10812

[3] Cass. civ. Sez. Unite, sentenza n. 13979, 15 giugno 2007: https://www.altalex.com/documents/news/2007/09/10/cassazione-civile-ss-uu-sentenza-15-06-2007-n-13979

[4] Cass. civ. Sez. I, sentenza n. 27809, 16 dicembre 2005.

[5] Ibid.

[6] Cass. civ. Sez. Unite, sentenza n. 3963, 11 febbraio 2019.

[7] Corte Cost., sentenza n. 26, 20 febbraio 2020.

Federica Sorrentino

Classe '94, si è laureata con lode in giurisprudenza alla Federico II, nel dicembre 2018, redigendo la tesi in diritto dell'impresa, intitolata "La responsabilità degli amministratori di S.p.a. nei confronti dei terzi". Ha svolto diciotto mesi di pratica forense presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli. È appassionata di diritto societario e diritto dei mercati finanziari. E-mail: federicasorrentino94@libero.it

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