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L’art. 19, comma 6-ter della L. 241/1990 è legittimo? La decisione della Corte Costituzionale

‹‹Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 6-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 11, 97, 117, primo comma – quest’ultimo in riferimento all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 6, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea (TUE), firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, entrato in vigore il 1° novembre 1993 – e secondo comma, lettera m), della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Toscana››.

Questo è quanto stabilito dalla Corte Costituzionale in una recente pronuncia[1] con la quale ha rigettato la questione di legittimità costituzionale promossa dal TAR Toscana in merito all’art. 19, comma 6-ter[2], della legge 7 agosto 1990, n. 241 nella parte in cui non prevede un termine finale per la sollecitazione, da parte del terzo, dei poteri di verifica sulla segnalazione certificata d’inizio attività (SCIA) spettanti all’amministrazione.

La Consulta interviene, con questa pronuncia, su uno dei punti più critici e problematici (soprattutto in sede di interpretazione ed applicazione giurisprudenziale) relativi alla disciplina della SCIA, ossia la questione della tutela del “terzo controinteressato”[3]; questione solo apparentemente risolta dal Legislatore con il  D.L. 138/2011 (che ha inserito nell’articolo 19 della L. 241/1990 il comma 6 ter) econ il quale si stabilisce che il terzo controinteressato nel caso in cui si ritenga leso può sollecitare, in prima battuta, l’amministrazione all’esercizio dei poteri inibitori e, qualora questa risulti inerme, procedere con l’azione avverso il silenzio[4].

Ma quando è possibile adire il giudice amministrativo avverso il silenzio, qual è, in altre parole, il dies a quo dell’impugnazione per il controinteressato?

A questo interrogativo l’attuale dettato normativo non da risposta e, proprio l’apparente possibilità per il terzo di presentare istanza sollecitatoria delle verifiche spettanti alla p.a. sine die, è alla base della questione di legittimità sollevata dal TAR Toscana.

L’ordinanza del TAR Toscana

La pronuncia di rimessione dei giudici toscani[5] trae origine dal ricorso presentato da un privato avverso  il silenzio serbato dal Comune di Campi Bisenzio sull’istanza di inibitoria da essa presentata in data 14 settembre 2016 avverso la SCIA con cui un condomino aveva  comunicato al suddetto Ente l’intenzione di procedere a lavori di manutenzione straordinaria (tra cui l’apertura di una finestra) sull’immobile in cui era compresa (anche) l’abitazione della ricorrente.

In particolare, l’azione avverso il silenzio (ex art. 31 c.p.a.) proposta dalla ricorrente giungeva al termine di numerose istanze (di cui la prima presentata nel novembre 2015) volte ad ottenere che l’Ente svolgesse le verifiche ad esso spettanti sulla SCIA in esame e rimaste inevase nonostante le numerose sollecitazioni da parte della stessa.

Oltre a chiedere al Tribunale di dichiarare l’obbligo del Comune resistente di pronunciarsi sulle istanze di verifica da essa presentate, la ricorrente aveva evidenziato, in via preventiva rispetto a possibili eccezioni, che il gravame dalla stessa proposto era da considerarsi tempestivo ai sensi dell’art. 19 comma 6 ter l. n. 241/90; quest’ultimo, infatti,  non prevedendo alcun termine per la proposizione dell’istanza di inibitoria di una SCIA da parte del terzo controinteressato, consentirebbe  di sollecitare l’intervento repressivo dell’Amministrazione nonché, ove questo non provveda, di proporre l’azione di cui all’art. 31 c.p.a. senza alcun limite di tempo.

Le parti resistenti, invece, ritenendo decorso il termine per la sollecitazione dei poteri inibitori da parte del terzo, avevano eccepito la tardività del gravame proposto.

I giudici dopo aver congruamente riassunto il contesto normativo  e le opzioni ermeneutiche emerse in giurisprudenza giungono alla conclusione che  l’attuale regime della SCIA non prevede, chiaramente,  un termine per la presentazione da parte del terzo dell’istanza sollecitatoria delle verifiche amministrative (di cui all’art. 19 comma 6 ter l. n. 241/1990) e che tale termine non è desumibile dal sistema normativo, con la conseguenza che la diffida del terzo dovrebbe ritenersi tempestiva anche se proposta a notevole distanza di tempo dall’avvenuto deposito della segnalazione presso l’Ente competente.

Tuttavia, a parere del Collegio, una tale lettura dell’art. 19, comma 6 ter, esporrebbe lo stesso a dubbi di legittimità costituzionale in quanto violerebbe:

  • gli artt. 3, 11 e 117, primo comma e secondo comma, lettera m), della Costituzione, in quanto non tutela l’affidamento del segnalante, che sarebbe esposto sine die al rischio di inibizione dell’attività oggetto di SCIA[6];
  • l’art. 3 Cost., perché, con specifico riferimento all’attività edilizia, darebbe luogo ad una irragionevole disparità di trattamento tra il segnalante e coloro che realizzino interventi assoggettati a permesso di costruire, esposti alla reazione del terzo per il solo termine di sessanta giorni previsto, a pena di decadenza, per l’impugnazione del titolo edilizio espresso;
  • i principi di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost., in quanto la possibilità incondizionata per l’amministrazione di rivalutare, anche a notevole distanza di tempo, l’assetto di interessi raggiunto con le precedenti determinazioni, produce un effetto deflattivo sull’efficienza, aumenta il rischio di adozione di decisioni contraddittorie da parte dello stesso Ente e, in definitiva, pregiudica il buon andamento dell’azione pubblica.

Alla luce di tali considerazioni il TAR Toscana  ha, dunque, ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 6 ter, l. n. 241/90, nella parte in cui non prevede un termine per la sollecitazione da parte del terzo delle verifiche sulla SCIA, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della suddetta questione.

La decisione della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale, come desumibile dalla massima citata nell’incipit della presente trattazione, ritiene non fondate le questioni di legittimità sollevate dal TAR Toscana; pur condividendo, infatti, la tesi del rimettente secondo la quale  la previsione di un termine costituisce un requisito essenziale dei poteri di verifica sulla SCIA a tutela dell’affidamento del segnalante, essa sottolinea come tale termine sia individuato e desumibile dallo stesso art. 19 della legge n. 241 del 1990 ed, in particolare, dai commi 3,4 e 6-bis dello stesso.

Il comma 3 attribuisce alla p.a. un triplice ordine di poteri (inibitori, repressivi e conformativi), esercitabili, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti dell’art. 19, comma 1, entro il termine ordinario di sessanta giorni dalla presentazione della s.c.i.a; il successivo comma 4 prevede che, decorso tal termine, quei poteri siano ancora esercitabili in presenza delle condizioni previste dall’art. 21-novies della stessa legge n. 241 del 1990[7]; il comma 6-bis, infine, applica questa disciplina anche alla s.c.i.a. edilizia, riducendo il termine di cui al comma 3 da sessanta a trenta giorni.

Orbene, secondo la Consulta sono questi i poteri di verifica spettanti all’Amministrazione che il terzo ha facoltà di sollecitare in base al disposto di cui al comma 6 ter e non altri, per cui i termini entro i quali il terzo controinteressato potrà agire sono quelli già puntualmente disciplinati dall’articolo 19[8] decorsi i quali, la situazione soggettiva del segnalante si consolida definitivamente nei confronti dell’amministrazione, ormai priva di poteri, e quindi anche del terzo.

Si tratta di una conclusione a cui si perviene anzitutto sulla base del dato testuale: la locuzione «verifiche spettanti all’amministrazione» lascia chiaramente intendere che la norma rinvia a poteri già previsti[9].

“Più in generale , il riconoscimento di un potere “in bianco” nel comma 6-ter sarebbe in manifesto contrasto con il principio di legalità-tipicità che caratterizza, qualifica e limita tutti i poteri amministrativi, principio che, com’è noto, ha fondamento costituzionale (artt. 23, 97, 103 e 113 Cost.) e va letto non solo in senso formale, come necessità di una previsione espressa del potere, ma anche in senso sostanziale, come determinazione del suo ambito, e cioè dei fini, del contenuto e delle modalità del suo esercizio”[10].

La Corte, infine, pur avendo dichiarato non fondate le censure sollevate dal TAR Toscana, conclude  affermando la necessità di un intervento normativo sull’art. 19, quantomeno ai fini, da una parte, di rendere possibile al terzo interessato una più immediata conoscenza dell’attività segnalata e, dall’altra, di impedire il decorso dei relativi termini in presenza di una sua sollecitazione, in modo da sottrarlo al rischio del ritardo nell’esercizio del potere da parte dell’amministrazione e al conseguente effetto estintivo di tale potere.

[1] Corte costituzionale, sentenza 13 marzo 2019, n. 45.

[2] ‹‹La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’articolo 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104››

[3] Ovvero del soggetto  negativamente inciso dall’attività oggetto di una segnalazione certificata di inizio attività e, dunque, titolare di un interesse legittimo pretensivo all’esercizio dei poteri di verifica da parte dell’amministrazione.

[4] Per un’analisi completa della questione si veda P.F. Verduni, La controversa questione della natura giuridica della D.I.A./S.C.I.A. e le sue implicazioni in materia di tutela del terzo, in Ius In Itinere 2018.

[5] Tar Toscana, sez. III, ordinanza 11 maggio 2017, n. 667.

[6] L’esigenza di tutelare l’affidamento circa la stabilità dei rapporti tra privato e pubblica amministrazione costituisce principio cardine dell’attività amministrativa in tutti i settori dell’intervento pubblico così come ripetutamente confermato dalla giurisprudenza comunitaria (ex multis CGCE, 3.3.1982, Alpha Steel Ltd. c. Commissione, C-14/81; id., 26.2.1987, Consorzio Cooperative d’Abruzzo c. Commissione, C-15/85).

[7] Quest’ultimo, a sua volta, disciplina l’annullamento in autotutela degli atti illegittimi, stabilendo che debba sussistere un interesse pubblico ulteriore rispetto al ripristino della legalità, che si operi un bilanciamento fra gli interessi coinvolti e che, per i provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei privati, il potere debba essere esercitato entro il termine massimo di diciotto mesi.

[8] Sessanta o trenta giorni dalla presentazione della SCIA (commi 3 e 6- bis), e poi entro i successivi diciotto mesi (comma 4, che rinvia all’art. 21 nonies).

[9] La lettura proposta dal TAR Toscana risulta, inoltre, incompatibile con  l’istituto della SCIA per come conformato dalla sua storia normativa e giurisprudenziale.

Si deve dare per acquisita la scelta del legislatore nel senso della liberalizzazione dell’attività oggetto di segnalazione, cosicché la fase amministrativa che ad essa accede costituisce una  parentesi puntualmente delimitata nei modi e nei tempi; una dilatazione temporale dei poteri di verifica, per di più con modalità indeterminate, comporterebbe, invece, quel recupero dell’istituto all’area amministrativa tradizionale, che il legislatore ha inteso inequivocabilmente escludere.

[10] Sentenze n. 115 del 2011, n. 32 del 2009, n. 307 del 2003 e n. 150 del 1982.

Paola Verduni

contatti: pverduni90@gmail.com

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