L’art. 604 bis c.p.: propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa
L’articolo 604 bis del codice penale rubricato “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa” ha ad oggetto condotte discriminatorie e recita quanto segue:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito
a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni.
Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l’istigazione e l’incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull’apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale [1].”
Tale articolo è stato inserito nel codice penale italiano in virtù del d.lgs. del 1 marzo 2018 n. 21 provvedimento finalizzato ad attuare delle deleghe contenute nella riforma Orlando, dirette alla tendenziale attuazione del principio della riserva di codice e si colloca nella neo introdotta sezione I bis dedicata ai delitti contro l’eguaglianza. I reati previsti dall’art. 604 bis c.p. sono reati comuni di mera condotta che possono essere posti in essere da qualunque soggetto. Trattandosi di un reato di opinione, per tale deve essere inteso una fattispecie che incrimina la manifestazione, l’espressione di un certo contenuto di pensiero.
Le condotte previste nel reato in esame riguardano la propaganda e l’istigazione. Quanto alla propaganda non si intende una semplice divulgazione di idee da portare a conoscenza degli altri, ma si caratterizza in modo più specifico con un’azione rivolta ad influire sulla psicologia altrui e sull’altrui comportamento e pertanto implica che la diffusione sia idonea a raccogliere consensi intorno all’idea espressa e divulgata [2]. In altre parole, la nozione di propaganda contiene in sè da un lato, l’elemento della diffusività, dall’altro, quello dell’invito, rivolto a terzi, ad aderire a loro volta a quelle idee. L’istigazione invece, non si concretizza in un semplice sostegno o in una mera adesione, ma presuppone un’attività diretta a convincere terzi e a porre in essere condotte violente e discriminatorie. L’oggetto giuridico posto a tutela dell’art. 604 bis c.p. si identifica con l’esigenza di tutela contro azioni discriminatorie fondate sulla razza, l’origine etnica o la religione di ciascun individuo. Nello specifico, per condotte discriminatorie s’intende ogni azione volta alla distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, colore, ascendenza o origine etnica, che ha lo scopo o l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale o in ogni altro settore della vita pubblica.
L’ultimo comma dell’art. 604 bis c.p. riserva una sanzione più aspra per una fattispecie diretta alla repressione del negazionismo, con quale si indica l’atteggiamento di minimizzazione, o scetticismo, o addirittura di rifiuto nei riguardi di verità storiche aventi ad oggetto casi eclatanti di discriminazione, spesso anche con l’impegno della violenza, in danno di determinate comunità etniche, religiose ecc. Trattasi di figura speculare rispetto ad atteggiamenti di vera e propria “apologia” di condotte discriminatorie legate a determinate vicende storiche. Perché rilevino penalmente tali condotte, si richiede che siano commesse in modo che derivi concreto pericolo di diffusione (ad esempio attraverso libri, periodici, giornali, ma prescindendo sia dal contesto in cui tali idee vengono collocate, sia dall’adesione o non adesione del soggetto attivo a dette idee) [3].
Per quanto attiene all’elemento psicologico del reato, la propaganda e l’istigazione alla commissione di condotte discriminatorie di cui al comma 1, lett. a) sono reati a dolo generico [4].L’istigazione di cui al comma 1, lett. b), la commissione di atti di discriminazione, di violenza o di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi sono reati a dolo specifico [5].
La Corte di Cassazione si è più volta pronunciata nel corso degli anni per fissare i confini dell’operatività del reato di cui all’art. 604 bis c.p. In un caso recente ha stabilito che è compatibile con il disposto dell’art. 10 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, l’applicazione dell’aggravante ex art. 3, comma 1, l. 25 giugno 1993, n. 205 (ora art. 604 ter cod. pen.), in relazione al reato di cui all’art. 3, comma 1, lett. a), l. 13 ottobre 1975, n. 654 (ora art. 604 bis cod. pen.) commesso da un parlamentare mediante dichiarazioni rese nel corso di un’intervista radiofonica. Tali dichiarazioni ritenute volgari ed irridenti nei confronti di esponenti dell’etnia rom, configurano una manifestazione d’odio funzionale alla compressione dei principi di eguaglianza e libertà rientrante nelle “ipotesi eccezionali” individuate dalla giurisprudenza della corte edu, in presenza delle quali si giustifica l’ingerenza statuale punitiva nei confronti della libertà di espressione [6].
I fatti riguardavano dichiarazioni dell’imputato, membro del Parlamento Europeo, nel corso di un’intervista resa nell’ambito di una trasmissione, avente ad oggetto l’incontro tenutosi, nello stesso giorno, presso la Camera dei deputati tra il Presidente ed esponenti delle comunità Rom e Sinti italiane. Il Tribunale condannava l’imputato ritenendo assorbito nel delitto di diffamazione, continuato ed aggravato dalla finalità discriminatorie razziale, il reato di cui alla L. n. 654 del 1975, art. 3, comma 1, lett. a) in applicazione della clausola di riserva espressa, che risolve il concorso apparente di norme incriminatrici. Le conformi sentenze di merito escludevano invece la sussistenza della causa di giustificazione dell’esercizio del diritto di manifestazione del pensiero, sub specie di espressione, in forma satirica, di un’opinione sorretta da intendimento provocatorio, nonchè l’esimente dell’immunità ex art. 68 Cost. Avverso la sentenza veniva proposto ricorso in Cassazione.
La Suprema Corte, nel decidere il caso de quo, riteneva solo in parte fondato il ricorso, riqualificava il fatto ascritto nei confronti dell’etnia Rom nell’originaria contestazione di cui all’art. 3, comma I, lett. a), prima parte, legge 13 ottobre 1975, n. 654 (ora art. 604 bis codice penale), e decideva di annullare la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena, rinviando ad altra sezione della Corte d’appello di Milano. [7]
Dunque, si evince la ratio dell’introduzione dell’art. 604 bis c.p. volta al rispetto della dignità umana e del principio di uguaglianza etnica, nazionale, razziale e religiosa.
[1] www.brocardi.it art. 604 bis c.p.
[2] Corte Costituzionale sent. N. 87 del 1966
[3] Schemi e schede di diritto penale, XVI edizione, edizioni giuridiche Simone
[4] Cass.penale sez. III, sent, n. 36906/2015; Cass. penale, sez. III, sent. n. 37581/2008
[5] Cass. Penale, sez. I, sent. n. 42727/2015; Cass. penale sez. fer., sent. n. 38877/2015; Cass. Penale, sez. V, sent. n. 25756/2015, Cass. penale, sez. III,sent. n. 37581/2008
[6] Cass. Penale, sent. del 22 luglio 2019 n. 32862
[7] Guerra M.A, Politico offende i rom? È reato di diffusione dell’odio razziale, articolo del 14.08.2019 tratto da altalex.com
Immagine tratta da www.ircsia.it
Mariaelena D’Esposito è nata a Vico Equense nel 1993 e vive in penisola sorrentina. Laureata in giurisprudenza alla Federico II di Napoli, in penale dell’economia: “bancarotta semplice societaria.”
Ha iniziato il tirocinio forense presso uno studio legale di Sorrento e spera di continuare in modo brillante la sua formazione.
Collabora con ius in itinere, in particolare per l’area penalistica.