Le circostanze del reato
Disciplina generale[1]
Le circostanze sono elementi accidentali del reato, in quanto accedono ad un reato già perfetto nella sua struttura, incidendo nella sola modificazione della pena. La presenza delle circostanze non determina la configurazione di un diverso reato; l’assenza di circostanze non comporta il venire meno del reato realizzatosi. In linea generale, si può affermare che due siano le caratteristiche che appartengono alle circostanze:
- Effetto: incremento o diminuzione della pena, andando al di là della cornice edittale prevista dalla fattispecie base. In altri termini, il Giudice, in presenza delle circostanze, può determinare un aumento o una diminuzione della pena che vada al di là della cornice edittale prevista dal legislatore per quel determinato reato. Questa caratteristica permette di porre in evidenza la differenza con i criteri di cui all’art. 133 c.p., grazie ai quali il Giudice può applicare in concreto la pena, spaziando però solo all’interno della cornice edittale prevista.
- Funzionalità: le circostanze si caratterizzano per l’idoneità a determinare una variazione della quantità di pena, legata a sua volta alla gravità del reato commesso, da un punto di vista oggettivo e soggettivo. In altri termini, tutte le circostanze altro non fanno che valorizzare un aspetto che attiene o alla maggiore o minore gravità del reato o alla maggiore o minore capacità a delinquere del soggetto.
Classificazione[2]
Le circostanze vengono classificate sulla base di criteri elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza. In questa sede, si esaminano i criteri normativi elaborati dalla giurisprudenza. Sulla base di tali criteri, si distinguono le circostanze:
- Aggravanti e attenuanti, le quali determinano, rispettivamente, un aumento o diminuzione di pena;
- Comuni e speciali, a seconda che si riferiscano a tutte le fattispecie di reato o solamente ad alcune;
- Oggettive e soggettive, la cui disciplina è dettata dall’art. 70 c.p. Sulla base di questa, si dicono circostanze oggettive «quelle che concernono la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione, la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell’offeso» e soggettive «quelle che concernono la intensità del dolo o il grado della colpa, o le condizioni e le qualità personali del colpevole, o i rapporti fra il colpevole e l’offeso, ovvero che sono inerenti alla persona del colpevole».
- Ad effetto comune e ad effetto speciale, le quali determinano, rispettivamente, un aumento o diminuzione di pena fino ad un terzo o superiore ad un terzo.
Tratto comune delle circostanze ad effetto comune e ad effetto speciale risiede nel fatto che la variazione di pena, che a loro consegue, è dipendente dalla pena della fattispecie base (variazione cd. frazionaria).
Questo tratto permette di distinguerle dalle:
- Circostanze autonome, le quali determinano l’applicazione di una pena di specie diversa rispetto a quella prevista dalla fattispecie base;
- Circostanze indipendenti, le quali non determinano una pena di specie diversa, ma una cornice edittale indipendente da quella prevista dal reato base.
Questioni problematiche relative alle circostanze indipendenti[3]
Una volta introdotte le circostanza indipendenti, appare opportuno soffermarsi sulla loro configurabilità prima e dopo la riforma operata dalla legge n. 400 del 1984.
Prima della riforma, la base legale della distinzione tra circostanze ad effetto comune e ad effetto speciale e tra le circostanze autonome e quelle indipendenti era l’art. 63, co. 3, c.p. Tale ultimo articolo, infatti, prevedeva per le circostanze autonome e indipendenti una disciplina speciale: l’aumento o la diminuzione di pena non operava sulla pena ordinaria, ma sulla pena stabilita dalla circostanza anzidetta. Tuttavia, l’art. 5 della legge 400/1984 ha modificato l’art. 63, co. 3, c.p.. Quest’ultimo, oggi, si riferisce ancora alle circostanze autonome, ma non più a quelle indipendenti. L’art. 5 della legge anzidetta, invero, ha espressamente introdotto la denominazione delle circostanze ad effetto speciale e ne ha, al contempo, fornito una definizione[4].
Nel sistema vigente, pertanto, per espressa previsione legislativa, le circostanze che comportano un aumento di pena superiore ad un terzo sono circostanze ad effetto speciale.
A seguito dell’intervento legislativo del 1984, però, è divenuto incerto il regime delle circostanze indipendenti, cioè quelle che appunto determinano una variazione di pena in maniera indipendente dalla pena ordinaria.
Disciplina delle circostanze indipendenti
Relativamente al regime delle circostanze indipendenti, sono state sostenute tre tesi:
- La prima tesi sostiene l’assoluta irrilevanza delle circostanze indipendenti.
- La prima tesi è stata respinta da coloro che, al contrario, affermano che l’art. 63, co. 3, c.p. continua a ricomprendere, seppur tacitamente, le circostanze indipendenti. In particolare, tale tesi sostiene che l’art. 63 c.p. ricomprenda solo quelle circostanze che comportino un aumento di pena superiore ad un terzo.
Appare di tutta evidenza come tale tesi, considerando circostanze indipendenti solo quelle che comportano un aumento di pena superiore ad un terzo, dia luogo a difficoltà applicative. Si pensi, ad esempio, come in questo modo che molte circostanze ad effetto speciale andrebbero qualificate come circostanze ad effetto comune, con la loro conseguente esclusione dalla disciplina dettata dai commi 4 e 5 dell’art. 63 c.p.
3. Alla luce di queste considerazioni, la dottrina oggi maggioritaria sostiene che l’omessa considerazione delle circostanze indipendenti dal nuovo testo dell’art. 63, co. 3, c.p. sia solo il frutto di una svista legislativa.
Dall’aderire all’orientamento maggioritario deriva un’importante conseguenza, cioè che le circostanze indipendenti, nonostante la loro apparente sostituzione, in realtà continuano ad essere disciplina dall’art. 63 c.p..
Posto ciò, l’incertezza rimane per le ipotesi in cui la variazione di pena delle circostanze indipendenti sia inferiore ad un terzo. In questi casi, o le stesse dovranno ancora essere considerate ad effetto speciale o andranno qualificate, in termini frazionati, come circostanze ad effetto comune.
Concorso omogeneo di circostanze
Prima di addivenire alla conclusione, è opportuno esaminare la disciplina dettata dall’art. 63 c.p..
L’art. 63, co. 1, c.p. prevede la modalità con cui si può concretamente operare la variazione di pena in presenza di un’unica circostanza aggravante o attenuante. Si tratta di una procedura bifasica: il Giudice, dopo aver accertato l’esistenza di una circostanza, procede in primo a luogo a determinare la pena sulla base della cornice edittale prevista dalla fattispecie base; in secondo luogo, lo stesso calcola su tale entità la variazione di pena derivante dalle circostanze.
I commi 2, 3, 4 e 5 dell’art. 63 c.p. disciplinano, il concorso omogeneo di circostanze. Si tratta della situazione in cui si realizzano più circostanze o tutte aggravanti o tutte attenuanti.
- Nel caso di più circostanze ad effetto comune, il secondo comma prevede la disciplina del cumulo materiale, con i limiti degli articoli 65, 66 e 67 c.p.. Il Giudice, quindi, deve calcolare una prima variazione sulla pena del reato base, per poi applicare le ulteriori variazioni sull’entità così ottenuta. L’ordine con cui si procede è indifferente.
- Nel caso di concorso di circostanze ad effetto comune e ad effetto speciale o autonome, il comma 3 prevede sempre la disciplina del cumulo materiale, ma riconosce priorità nel calcolo alle circostanze ad effetto speciale e a quelle autonome. Sulla pena così ottenuta si procede alle ulteriori variazioni.
- Infine, nel caso di più circostanze autonome o ad effetto speciale, i commi 4 e 5 prevedono la disciplina del cumulo giuridico. Essi stabiliscono che si applica soltanto la pena prevista per la circostanza più grave o meno grave, potendo il Giudice aumentarla o diminuirla fino ad un terzo.
Conclusioni in ordine all’art. 63 c.p. e alle circostanze indipendenti
Ebbene, una volta esaminata l’art. 63 c.p., va chiarito che la tesi oggi maggioritaria ritiene che in linea generale, in punto di disciplina, le circostanze indipendenti vadano equiparate alle circostanze ad effetto speciale, anche se determinano una variazione inferiore ad un terzo[5].
Rilevanza applicativa-la prescrizione[6]
Orbene, una volta chiarita la collocazione e la conseguente disciplina delle circostanze indipendenti, appare utile soffermarsi la rilevanza delle circostanze indipendenti. Si riporta, a titolo di esempio, la conseguenza applicativa in punto di prescrizione.
Come noto, l’odierno art. 157 c.p. non tiene più in considerazioni le circostanze nel calcolo del termine prescrizione. L’unica deroga alla regola generale è prevista per le circostanze ad effetto speciale e per quelle autonome. Ebbene, ci si era chiesti se, ai fini del calcolo della prescrizione, si dovesse tenere conto anche delle circostanze indipendenti in senso stretto, cioè quelle non determinanti un aumento di pena superiore ad un terzo, stante quanto sopra esposto. Il caso da cui era sorto l’interrogativo riguardava, segnatamente, l’art. 609-ter c.p., il quale prevedeva un aumento di pena di 1/5 rispetto al reato base, l’art. 609-bis c.p.. Tale articolo, pertanto, non può essere classificato tra le circostanze ad effetto speciale, non determinando un aumento di pena superiore ad un terzo.
All’esito di un contrasto giurisprudenziale, la questione è stata risolta dalle Sezioni Unite[7]. In particolare, la Suprema Corte ha sostenuto che l’art. 157 c.p. solo in via di deroga consente di tenere in considerazione le circostanze autonome e ad effetti speciale. Chiaramente, però, tale deroga comporta un allungamento del termine di prescrizione, con conseguente impossibilità di una sua applicazione analogica in malam partem. Ordunque, la Corte conclude per l’irrilevanza delle circostanze indipendenti in quanto queste, non essendo implicitamente classificabili come circostanze ad effetto speciale, non implicano necessariamente un aumento di pena superiore ad un terzo.
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[1] R. Garofoli, Manuale di diritto penale, parte generale, Nel Diritto Editore, XVI Edizione 2019, 220, p. 971.
[2] Ibidem, p. 978.
[3] D. D’Adamo, Il complesso inquadramento giuridico delle circostanze indipendenti che comportano una variazione di pena inferiore ad un terzo: l’intervento chiarificatore delle sezioni unite, in https://www.filodiritto.com/, 28 febbraio 2018.
[4] «Quando per una circostanza la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o si tratta di circostanza ad effetto speciale, l’aumento o la diminuzione per le altre circostanze non opera sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza anzidetta. Sono circostanze ad effetto speciale quelle che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo».
[5] Cass. Pen., Sez. III, 17 luglio 2019, n. 31293.
[6] A, Melchionda, Circostanze “indipendenti” con variazione edittale di pena non superiore ad un terzo: per le sezioni unite non sono “ad effetto speciale” e non rilevano ai fini della prescrizione, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 27 giugno 2017.
[7] Cass. Pen. SU, 19 giugno 2017, n. 28953.
Avvocato penalista, esperta in Scienze Forensi, Vice Responsible dell’area di Criminologia di Ius in Itinere.
Maria Vittoria Maggi nasce a Padova il 29/07/1992.
Dopo un percorso complesso, ma ricco, si laurea in giurisprudenza il 7 dicembre 2016 con voto 110/110, con tesi in procedura penale, dal titolo “L’esame del testimone minorenne”.
Prima della laurea, Maria Vittoria svolge uno stage di sei mesi presso il Tribunale di Trento: i primi tre mesi, svolge mansioni legate alla sistemazione dei fascicoli del giudice e alla citazione di testimoni; per i restanti tre mesi, affianca un magistrato nell’espletamento delle sue funzioni, con particolare riferimento alla scrittura dei capi di imputazione e dei decreti, alla partecipazione alle udienze, alla risoluzione di problematiche giuridiche inerenti a casi in corso di udienza.
Una volta laureata, il 7 febbraio 2017 Maria Vittoria decide di continuare il percorso iniziato in precedenza e, così, diventa tirocinante ex art. 73 d.l. 69/2013 presso il Tribunale di Trento. Durante i 18 mesi previsti di tirocinio , la stessa ha assistito un Giudice Penale partecipando alle udienze e scrivendo le motivazioni delle sentenze.
Contestualmente al primo anno di tirocinio, Maria Vittoria ha voluto approfondire in maniera più seria la sua passione. Ha, così, iniziato un Master di II livello in Scienze Forensi (Criminologia, Investigazione, Security, Intelligence) presso l’università “La Sapienza” di Roma. Ha concluso questo percorso il 16 febbraio 2018, con una votazione di 110/110L e una tesi dal titolo “L’interrogatorio e l’analisi finalizzata all’individuazione del colpevole”.
Una volta concluso anche il tirocinio in Tribunale, Maria Vittoria ha intrapreso la pratica forense presso uno studio legale a Trento, approfondendo il diritto civile. Dal 29 ottobre 2018 si è, quindi, iscritta al Registro dei praticanti dell’Ordine degli Avvocati di Trento. Dopo questa esperienza, nell’ottobre 2019 Maria Vittoria decide di frequentare anche un rinomato studio penale di Trento. Questa frequentazione le permette di completare, a tutto tondo, l’esperienza penalistica iniziata con un Pubblico Ministero, proseguita con un Giudice e conclusa con un avvocato penalista.
Il 23 ottobre 2020, Maria Vittoria si abilita all’esercizio della professione forense. Dal novembre 2020 Maria Vittoria fa, inoltre, parte di LAIC (Laboratorio Avvocati-Investigatori-Criminologi).
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