L’impatto dell’emergenza sanitaria nelle operazioni di M&A: il caso LVMH – Tiffany & Co.
L’impatto dell’emergenza sanitaria nelle operazioni di M&A: caso LVMH-TIFFANY
A cura di Viviana Palazzo
L’emergenza sanitaria in Italia – e nel resto del mondo – ha provocato un blocco totale, per oltre due mesi, di tutti i servizi giuridici e commerciali, i quali sono stati inevitabilmente danneggiati dalla crisi sanitaria e, conseguentemente, economica provocata dalla pandemia da Covid-19. L’epidemia non ha risparmiato, ça va sans dire, anche le operazioni di M&A. Un primo riscontro negativo riguardante le operazioni di M&A si è già potuto appurare nel primo trimestre del 2020[i]. Nel secondo trimestre, tuttavia, la situazione è notevolmente cambiata: l’impossibilità di viaggiare e di muoversi su tutto il territorio nazionale e internazionale, ha impedito l’organizzazione degli incontri in presenza e, su scala globale, ha rivoluzionato totalmente il modo di fare business, comprendendo anche il modus operandi proprio delle operazioni straordinarie, visto l’elevato grado di incertezza che il virus ha ingenerato sugli operatori del settore. Nel secondo periodo ivi esaminato, di conseguenza, le operazioni di M&A diventano quasi del tutto inesistenti e “possiamo dire che la pandemia ha avuto e avrà un effetto di lungo termine sulle operazioni di M&A, con molti operatori che resteranno cauti nella valutazione di potenziali target”[ii]. Le sinergie e gli accordi previsti dalle società – prima e durante la diffusione del virus – risultavano di difficile applicazione concreta a seguito di quelli che erano i dubbi circa la fattibilità economica delle operazioni straordinarie, ma, alcune di queste, già in corso nel 2019, non risultavano essere prorogabili a seguito di quelli che erano gli accordi preliminari già intesi. Pertanto, la grande incertezza e instabilità dell’operazione in sé ha avuto come inevitabile nesso “causa-effetto” la rinegoziazione dei prezzi di vendita. La chiusura dei negozi e l’interruzione del flusso economico determinati dalla pandemia, sono fattori che hanno inficiato negativamente anche su una delle più importanti operazioni finanziarie nel settore del lusso: l’acquisizione da parte di LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton[iii] (di seguito, “l’Acquirente”) del gioielliere Usa Tiffany & co[iv] (di seguito, il “Venditore”). Gli utili e le azioni del Venditore sono stati fortemente gravati dalla crisi economica provocata dall’emergenza sanitaria e ciò ha posto il colosso francese di Bernard Arnault davanti ad un bivio: la possibilità di chiedere uno “sconto” al gioielliere statunitense per l’acquisizione o abbandonare del tutto l’operazione.
Per molti mesi il matrimonio tra Lvmh e Tiffany ha rischiato di essere solo un’ipotesi a causa del clima di incertezza provocato sia dal lockdown sia dalla guerra commerciale a colpi di dazi voluta dal presidente Donald Trump.
- Un’unione tormentata
I futuri sposi LVMH ed il gruppo di gioielli fondato da Charles Lewis Tiffany – reso celebre dal cult movie interpretato da Audrey Hepburn “Colazione da Tiffany” – decidono di convolare a nozze dopo molto tempo. Il CEO di LVMH – gruppo nel quale sono ricompresi i più noti fashion brands tra cui Dior, Kenzo, Lacroix, Vuitton, Givenchy, Lowe, Pucci, Fendi, Loro Piana – aveva avanzato una proposta di acquisto che prevedeva il pagamento di 135 dollari ad azione, definendo, si legge sul punto, Tiffany come “un’icona americana”. Si ricordi a tal proposito che verso la fine del mese di novembre 2019 i due gruppi avevano annunciato di essere “entrati nella fase finale dell’accordo con il quale Lvmh comprerà Tiffany per 135 dollari per azione in contanti. Una transazione del valore di 14,7 miliardi di euro o 16,2 miliardi di dollari”. È evidente che per diventare leader nel sotto settore dell’hard luxury[v], Bernard Arnault aveva tutto l’interesse a concludere l’operazione. Qualcosa, però, nel corso dell’operazione è andato storto, e, ciò, è dovuto alla crisi economica provocata dalla pandemia che ha depresso la domanda dei beni di lusso e ha devastato il settore della vendita al dettaglio. Le vendite del gioielliere di New York diminuiscono quasi del 40% nei sei mesi fino a luglio, registrando una perdita di oltre $30 milioni. La pandemia, però, non è l’unica causa: Donald Trump “mette lo zampino” nella trattativa, anche se inconsapevolmente, minacciando l’applicazione di dazi aggiuntivi sui prodotti importati dalla Francia. Il 4 giugno 2020 LVMH, con un comunicato stampa, fa sapere che il Consiglio di Amministrazione riunitosi il 2 giugno “ha concentrato in particolare la sua attenzione sullo sviluppo della pandemia e sul suo potenziale impatto sui risultati e le prospettive di Tiffany & Co rispetto all’accordo che collega i due gruppi. Considerando le recenti indiscrezioni di mercato, LVMH conferma, in questa occasione, che non sta pensando di acquistare azioni Tiffany sul mercato”. LVMH rendendo nota la sua non intenzione a concludere l’acquisizione societaria cita le parole espresse in una lettera ufficiale del Ministro francese per l’Europa e gli Affari Esteri Jean-Yves Le Drian con la quale chiede di posticipare l’operazione oltre il 6 gennaio 2021 a fronte delle minacce da parte del presidente americano di tassare i beni francesi. Tiffany a sua volta, aveva precedentemente richiesto il differimento della chiusura dell’operazione al 31 dicembre e non più al 24 novembre, ma con questa nota di stampa di LVMH, emergeva l’intenzione del gruppo di non accettare la richiesta avanzata da Tiffany. Il consiglio di amministrazione del gruppo LVMH confermava la sua posizione affermando che fosse “comunque intenzionato ad attenersi all’accordo di fusione firmato a novembre dello scorso anno che prevede, in ogni caso, come termine ultimo il 24 novembre 2020 e di non essere in grado pertanto di completare l’acquisizione”. La società capitanata da Bernard Arnault, inoltre, confermava la sua posizione, sottolineando come durante la pandemia, la dipendenza di Tiffany dal mercato statunitense e dal traffico nei centri commerciali, abbiano determinato delle prospettive così poco chiare da “rendere LVMH non più in grado di completare l’operazione”. Nelle accuse rivolte dal gruppo sul magazine Financial Times, difatti, risultava chiaro come LVHM intendesse sospendere l’accordo a causa della richiesta del Ministro Francese – di cui supra – e dell’intenzione del gruppo Tiffany di prorogare la chiusura del termine dell’accordo al 31 dicembre. Il colosso d’Oltralpe, inoltre, accusava Tiffany di “cattiva gestione” innescata dalla pandemia Covid-19. LVMH, si legge sui quotidiani, accusava la società americana di aver assunto decisioni sbagliate nel corso dell’operazione di M&A, tra cui la distribuzione di dividendi ai suoi azionisti troppo sostanziosi e non adatti per il momento di perdita per l’azienda. Tiffany dichiarava, però, di essere stata informato tardivamente dell’accusa mossagli che tuttavia non sarebbero un motivo valido per interrompere l’accordo. Il gruppo americano replica immediatamente con un’iniziativa legale avviata presso la Corte di Chancery nello stato del Delaware, definendo “senza senso e diffamatoria” l’azione avviata da LVMH. La società Tiffany & Co. citava in giudizio LVMH contestando il mancato rispetto degli obblighi contrattuali e la sua disonestà nei confronti della stessa. Roger Farah, presidente CDA di Tiffany & Co commentava l’episodio affermando che: “ci rammarica di dover intraprendere questa azione, ma Lvmh non ci ha lasciato altra scelta se non quella di avviare un contenzioso per proteggere la nostra azienda e i nostri azionisti con la fiducia di avere adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dall’accordo di fusione e con l’impego a completare la transazione alle condizioni concordate l’anno scorso”, prosegue affermando che il gruppo francese “ha violato gli obblighi relativi all’ottenimento dei via libera antitrust” ed è proprio questo che ha spinto Tiffany a chiedere il rinvio della conclusione dell’accordo del 24 Novembre al 31 dicembre. Il colosso americano comunicava che inizialmente il termine di chiusura era previsto per il 24 agosto, prorogato successivamente al 24 novembre e, nonostante questa prima proroga, l’acquirente non aveva presentato alcuna istanza di approvazione circa le condizioni stabilite dall’Antitrust in tre delle giurisdizioni richieste e non aveva presentato formale richiesta di approvazione Antitrust nell’UE o a Taiwan, e le domande in Giappone e Messico rimanevano sospese, per tali ragioni il venditore, in attesa delle formali liberatorie, concedeva più tempo a LVMH.
Il gioielliere spiegava come l’accusa rivolta all’azienda francese sia quella di voler bloccare l’accordo raggiunto ex ante e di aver tentato di rinegoziare l’affare in modo inappropriato eludendo così l’obbligo contrattuale di pagare il prezzo concordato inizialmente (16 miliardi di dollari); infine contestava la “mancanza di basi giuridiche” della richiesta del governo francese con cui esortava la società LVMH di adottare misure per scoraggiare le autorità americane dall’attuazione dei dazi sulle merci francesi. Anzi, la citazione della lettera del ministro, sembrerebbe mettere proprio in luce la poca sicurezza delle accuse formulate nella citazione della lettera del legale di LVMH – diceva il presidente. Il CEO Alessandro Bogliolo respingeva le accuse di cattiva gestione delle attività e sosteneva che la compagnia stesse affrontando l’emergenza sanitaria “grazie anche alla forte presenza in Cina”[vi] (che è il maggior consumatore mondiale di lusso). Per quanto attiene l’accusa di distribuzione di dividendi, si precisava come il pagamento di questi sia richiesto dall’accordo di fusione ed approvato dagli azionisti di Tiffany “Tiffany – spiegano – ha pagato un dividendo trimestrale per 131 trimestri consecutivi da poco dopo la sua IPO[vii] e non ha mai mancato e inoltre si trova in una forte posizione di liquidità, con riserve di circa 1,1 miliardi di dollari e un debito netto inferiore a 350 milioni, entrambi al 31 agosto 2020”[viii]. Le diverse spiegazioni date dall’acquirente indicherebbero quindi la malafede[ix] nei suoi rapporti con Tiffany e sembrerebbero solo tentativi volti a nascondere gli sforzi finalizzati al raggiungimento di un accordo e ad evitare l’adempimento dei propri obblighi ai sensi dell’accordo di fusione, difatti sostiene Roger Farah che: “in base all’accordo LVMH si è assunto tutto i rischi di autorizzazione antitrust e tutti i rischi finanziari relativi alle tendenze o condizioni economiche del settore e i termini dell’accordo di fusione sono molto chiari”[x] questo è ciò che si leggeva fino a qualche settimana fa sul sito di Tiffany. Il rimorso del compratore[xi] non attribuisce, però, all’acquirente il diritto unilaterale di lasciare la transazione o ridurre il prezzo. Questa battaglia di denunce e contro denunce che avrebbe portato al confronto in Tribunale nel gennaio del 2021, poteva essere archiviata solo con la definizione di un nuovo accordo in grado di accontentare sia l’acquirente che il venditore. Sicuramente è forte l’interesse di entrambi verso l’acquisizione in quanto Tiffany avrebbe tratto il suo vantaggio al momento della conclusione dell’operazione di M&A con il gruppo LVMH che, ricordiamo, già possiede i più celebri luxory brands e da parte sua il colosso francese – gli stessi analisti di Equita Sim commentano sul punto che: “l’acquisizione di Tiffany avrebbe portato una maggiore esposizione nel comparto dei gioielli, area più in crescita nel settore del lusso e nel mercato americano. Di conseguenza pensiamo che sia più probabile una revisione del prezzo che un abbandono dell’affare da parte del gruppo di LVMH”. Questo dietrofront pubblico – testimoniato dal magazine Financial Times – sembrerebbe un tentativo di ottenere uno “sconto” sull’operazione alla luce della crisi del lusso e destinato quindi a sfociare nella stipula di un nuovo accordo conveniente per entrambi.
- L’accordo è raggiunto
Solo pochi giorni fa, molteplici testate giornalistiche riportavano che: “questo matrimonio s’ha da fare”, come direbbe Alessandro Manzoni. L’acquisizione più cara mai conclusa nel settore del fashion si è conclusa e le battaglie legali giungono finalmente a termine. I due gruppi, come previsto, stipulano un nuovo accordo modificando le tempiste e le cifre originarie. Il Gioielliere statunitense ottiene, difatti, il differimento del termine per la conclusione dell’operazione e l’acquisizione sarà completata all’inizio del 2021[xii]. LVMH ottiene così uno sconto da 135 dollari ad azione giungendo ad una cifra record 131,5 risparmiando 420 milioni di dollari sui 16,2 miliardi originari. Plurimi giornalisti ed esperti nel settore del fashion law, infatti, sostengono che l’accordo proposto dal gruppo LVMH sia stato necessario poiché lo stesso era consapevole della fragilità della propria posizione da un punto di vista legale, per cui:“Tiffany e Lvmh hanno concordato di risolvere anche i contenziosi in corso presso la Delaware Chancery Court”[xiii]. La transazione dovrebbe chiudersi all’inizio del prossimo anno previa approvazione degli azionisti di Tiffany e consuete condizioni di closing. “Siamo molto lieti di aver raggiunto un accordo con Lvmh a un prezzo interessante e di poter ora procedere con la fusione” dice Roger N. Farah, presidente del Cda di Tiffany. “Accordo equilibrato, formidabile potenziale del marchio. Siamo più che mai convinti del formidabile potenziale del marchio Tiffany” Bernard Arnault, Presidente e Ceo di Lvmh.
“La pace è fatta” e le ombre gettate dal Covid-19, almeno in questo caso, non hanno avuto la meglio.
[i] M. Fiani partner KPMG in Italy “Il mercato M&A alla prova del Covid-19” Aprile 2020 disponibile qui https://home.kpmg/it/it/home/media/press-releases/2020/04/mercato-fusioni-acquisizioni-rapporto-kpmg-q1-2020.html
[ii] Luisa Quarta di Bareau Van Dijk nel suo intervento al seminario organizzato dall’Università Bocconi, nell’ambito del Best Performance Award di SDA Bocconi School of Management.
[iii] Lvmh “lo spirito aziendale” https://www.lvmh.it/il-gruppo/chi-siamo/lo-spirito-lvmh/
[iv] “Un’eredità iconica” consultabile su:
[v] L’hard luxury, definizione che comprende oggetti di lusso come orgoglio e gioielli.
[vi] M.Sacchi “Alessandro Bogliolo: “Tiffany e il lusso tornano a correre grazie alla Cina” 7 settembre 2020 .
[vii] Offerta pubblica inziale o IPO è l’offerta al pubblico dei titoli di una società che intende quotarsi per la prima volta su un mercato regolamentato.
[viii] E.F “M&A in bilico”
disponibile qui : https://www.fashionmagazine.it/business/ma-in-bilico-tiffany-risponde-a-lvmh-false-le-accuse-di-cattiva-gestione-105931
[ix] La mala fede e è la consapevolezza di ledere diritti altrui, oppure il mancato uso dell’ordinaria diligenza nell’accertarsi di non ledere diritti altrui mediante propri comportamenti.
[x] M.Sacchi “Lvmh-Tiffany, scontro Usa-Francia sull’acquisizione. Arnault: accordo non più realizzabile”9 settembre 2020 disponibile qui: https://www.corriere.it/economia/moda-business/20_settembre_09/lvmh-tiffany-scontro-arnault-accordo-non-piu-realizzabile-71c44388-f297-11ea-86fc-7fbaee355822.shtml
[xi] Il rimorso del compratore è il senso di rammarico dopo aver fatto un acquisto
[xii]Consultabile su https://r.lvmh-static.com/uploads/2020/10/press-release-en-29-oct-2020.pdf
[xiii] Tiffany and LVMH modify merger price” https://www.lvmh.it/notizie-documenti/comunicati-stampa/tiffany-and-lvmh-modify-merger-price/
Per ulteriori approfondimenti vi sono ulteriori informazioni sul caso consultabili in “Sezione Notizie e documenti” di LVMH disponibile qui https://www.lvmh.it/notizie-documenti/documentazione/ e “Tiffany per la stampa” disponibile qui http://press.tiffany.com/News/News.aspx
Per maggiori approfondimenti si legga RACO, L’impatto del coronavirus sulla fashion industry, Ius in Itinere, disponibile su https://www.iusinitinere.it/limpatto-del-coronavirus-sulla-fashion-industry-26723
Viviana palazzo nasce a Catania il 13 Maggio 1997.
È una studentessa del quinto anno di giurisprudenza indirizzo internazionalistico, attualmente iscritta presso l’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano.
La sua esperienza formativa include la partecipazione ad esperienze di pratica legale di diritto internazionale, seminari di international business law e simulazioni processuali presso il tribunale di Catania in veste di pubblica accusa e moot-trials di diritto penale, mediante le quali ha potuto mettere alla prova le proprie capacità oratorie e di ragionamento.
Ha inoltre partecipato a work-shop di diritto internazionale privato.
Ha partecipato attivamente a progetti di legalità organizzati a Roma e Palermo ed è attivista online di Amnesty International Italia.
I suoi interessi filantropici l’hanno spinta a fare volontariato in varie scuole elementari siciliane e a partecipare a progetti di volontariato organizzati dalla Croce Rossa Italiana.
Attualmente collabora con la rivista giuridica Ius in itinere e scrive articoli per l’area commerciale e di fashion law.