venerdì, Ottobre 4, 2024
Litigation & Arbitration

Locazioni di immobili per lo svolgimento di attività professionali: quando è dovuta l’indennità di avviamento?

Il diritto all’indennità di avviamento  trova la sua ratio nell’esigenza di tutelare coloro che esercitano attività imprenditoriali dalla possibile diminuzione patrimoniale che può loro derivare dallo spostamento del luogo di svolgimento dell’attività commerciale.

Al contempo l’istituto evita  che il locatore possa approfittarsi della valorizzazione apportata nell’esecuzione del contratto di locazione dal conduttore. [1]

In forza di tale principio, la giurisprudenza afferma che al fine di riconoscere al conduttore l’indennità di avviamento occorre verificare se l’immobile sia stato utilizzato per lo svolgimento di attività che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti.

Tale verifica tuttavia non rappresenta l’unico presupposto che consente al conduttore di vedersi corrisposta la suddetta indennità.

Invero, l’art. 34 della legge n. 392/1978 prevede che l’indennità di avviamento debba essere corrisposta dal locatore solo qualora la cessazione del rapporto di locazione non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o a recesso del conduttore[2].

L’art. 35 della legge sulle locazioni commerciali prevede che l’indennità non sia dovuta qualora gli immobili siano locati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con gli utenti  nonché destinati all’esercizio di attività professionali.

Tale deroga trova la sua ratio nella circostanza per cui, nell’ambito di tali tipi di attività, il concetto di avviamento non si riferisce a una struttura imprenditoriale. Al contrario i vantaggi economici dell’attività svolta a favore della clientela si connettono direttamente alla figura del professionista.

Il principio enunciato tuttavia va necessariamente calibrato tenendo conto dell’attività concreta svolta all’interno dell’immobile da parte del professionista.

Trattasi di una valutazione ermeneutica dagli esiti variabili per la difficoltà di coniugare un’attività che si basa principalmente su un rapporto intuito personae, strettamente fiduciario, con i tipici connotati di un’attività imprenditoriale.

La giurisprudenza offre sul punto un panorama ermeneutico ispirato  al principio secondo cui, per stabilire se l’attività abbia natura imprenditoriale o professionale, occorre avere riguardo alla prevalenza dell’elemento imprenditoriale o di quello professionale.

Più in particolare, la giurisprudenza della Corte di Cassazione distingue l’attività medica svolta all’interno di una struttura ambulatoriale, dall’attività medica svolta all’interno di uno studio medico.

Sulla base di tale distinzione è stato precisato che l’ambulatorio è una vera e propria struttura aziendale destinata alla diagnosi o alla terapia medica extraospedaliera.

Viceversa, lo studio medico è un luogo di esercizio dell’assistenza sanitaria, caratterizzato dalla prevalenza del profilo professionale su quello organizzativo-imprenditoriale.

In attuazione di tali coordinate,  la Corte di Cassazione ha statuito in relazione alla casa di cura per anziani che l’attività ivi esercitata non comporta un contatto diretto col pubblico degli utenti poiché la scelta di una casa a preferenza di un’altra ha luogo solo in ragione del rapporto fiduciario tra l’anziano e il personale medico e paramedico che ivi offre le sue prestazioni[3].

Diversamente, in relazione all’attività svolta all’interno di un laboratorio di analisi cliniche, la Corte di Cassazione ha riconosciuto al conduttore l’indennità per la perdita di avviamento statuendo che l’organizzazione di impresa fosse  prevalente rispetto all’attività professionale[4].

Dall’analisi sinora condotta emerge che l’applicazione dell’art. 35  non opera automaticamente per le attività professionali ma, al contrario, impone di valutare se l’esercizio della suddetta attività presupponga un’organizzazione commerciale prevalente rispetto all’elemento professionale.

 

[1] M. Trimarchi, A. La Spina, Codice delle locazioni, II edizione.

[2] L’indennità di avviamento è quantificata dal legislatore in 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto o in 21 mensilità qualora all’interno dell’immobile locato sia svolta un’attività alberghiera.

[3] Cass. civ. Sez. III, 28-03-2001, n. 4505.

[4]Cass. civ. Sez. VI – 3, Ord., (ud. 06-04-2017) 24-05-2017, n. 13091.

Claudia Calderini

Claudia Calderini fa parte di Ius In Itinere dal 2018 in qualità di Responsabile dell'area di Diritto Civile. Laureata con lode all'università di Napoli Federico II, dopo aver conseguito l'abilitazione forense, nel 2016 ha deciso di trasferirsi a Milano per partecipare al master "Diritto & Impresa" presso la Business school de il Sole 24 Ore. Dopo aver lavorato presso un primario studio legale milanese, dal 2019 lavora come Senior Legal Associate presso un fondo di investimento che si occupa di gestione di investimenti nel settore delle energie rinnovabili.

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