lunedì, Marzo 18, 2024
Criminal & Compliance

Messa alla prova, simultaneus processus e continuazione: sollevata questione di legittimità costituzionale

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, con ordinanza del 16 Giugno 2021, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 168 bis, comma 4, c.p., nella parte in cui, disponendo che la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato non può essere concessa più di una volta, non prevede che l’imputato ne possa usufruire per reati connessi ex art. 12, comma 1, lettera b) c.p.p. ad altri oggetto di procedimenti già definiti.

La ridetta ordinanza trae origine da una contestazione per il reato di spaccio di lieve entità, ex art. 73, comma 5, D.p.r. 309/1990, avendo gli imputati A.D. e D.V.D. ceduto, in undici occasioni, piccole quantità di cocaina.

All’udienza il difensore avanzava richiesta di messa alla prova, evidenziando, tuttavia, come per un episodio di spaccio coevo ai fatti di cui in premessa (rinvenimento presso le abitazioni degli imputati di involucri di cocaina, bilancini e denaro contante), gli imputati avessero già usufruito del rito speciale, avanzando la relativa richiesta in sede di giudizio direttissimo ed estinguendo, in tal modo, il reato ivi contestato.

Il difensore riteneva, durante l’udienza, l’esistenza di una medesimezza del disegno criminoso tra i due fatti di spaccio dianzi citati; tuttavia, l’art. 168 bis, comma 4, precludeva la possibilità di usufruire nuovamente della messa alla prova, poiché la disposizione in commento circoscrive il godimento della sospensione procedimentale ad una sola volta.

Perciò, il Giudice a quo, a fronte di tale preclusione, ritiene come la questione debba essere devoluta ai Giudici di legittimità.

Nel determinarsi a censurare la previsione dell’unicità, prevista dal comma 4 dell’art. 168 bis c.p., il Giudice rimettente offre un’articolata motivazione a sostegno.

Anzitutto, verrebbe in rilievo un argomento storico: la legge istitutiva della messa alla prova, infatti, prima del passaggio al Senato, prevedeva la possibilità di godere per due volte della sospensione anzidetta, a meno che non si trattasse di un reato della stessa indole di quello già estinto (di talchè, nel caso che ci occupa, gli imputati non avrebbero comunque potuto usufruirne una seconda volta).

L’argomento appare debole, perché, come si vedrà nel prosieguo, il problema maggiore sarebbe determinato dalla separazione di procedimenti che potrebbero invece risultare connessi, per l’esistenza di un medesimo disegno criminoso. Pertanto, se il reato della stessa indole avrebbe comunque precluso l’accesso al rito speciale, la continuazione tra delitti, spesso (non sempre), trova riscontro in delitti assolutamente omogenei (ad esempio, più delitti di furto semplice, più reati di spaccio, e via discorrendo), tra di loro separati soltanto da un determinato lasso temporale.

Decisamente più condivisibile appare, al contrario, la successiva argomentazione, che fa leva su di un’interpretazione sistematica e correlata al diritto vivente.

Il Giudice, infatti, afferma come in tema di messa alla prova per minorenni, la giurisprudenza ha riconosciuto l’ammissibilità dell’estensione della messa alla prova da un processo precedente e già giudicato al procedimento giudicando, qualora vi sia continuazione tra i reati già giudicati e quelli giudicandi (pur escludendo un’automaticità di tale estensione).

Trattasi di un’interpretazione certamente connotata a favorire la positiva evoluzione della personalità del minore, consentendogli di fruire della messa alla prova, in buona sostanza, più di una volta, qualora i fatti di processi diversi risultino avvinti dalla medesimezza del disegno criminoso.

Peraltro, si osserva come il riconoscimento della continuazione, ex art. 81 cpv. c.p., non osta alla concessione della messa alla prova, qualora i fatti di reato siano giudicati all’interno del simultaneus processus.

E proprio qui si annida il paradosso: nel caso in cui, invece (per scelta processuale, per diversa tempistica dell’iscrizione del reato, e così via), si giunga a processo per uno soltanto dei fatti di reato eventualmente avvinti dal vincolo della continuazione, la richiesta di messa alla prova “(…) consuma definitivamente l’unica possibilità di usufruirne da parte dell’imputato[1]”.

Perciò, una successiva richiesta in altro procedimento, anche per fatti suscettibili di connessione ex art. 12, comma 1, lett. b) c.p.p., “(…) è destinata ad essere dichiarata inammissibile[2]”.  

E qui già si coglie in misura apprezzabile l’irrazionalità del sistema (…): la messa alla prova, per poter essere richiesta nell’unica volta esperibile, deve riguardare solo fatti giudicati in uno stesso procedimento[3]”.

Così non è, invece, come dianzi rilevato, in caso di parcellizzazione dei procedimenti, riguardanti reati astrattamente sussumibili nel prisma dell’art. 81 cpv. c.p.

La disparità di trattamento, sussumibile sotto il parametro dell’art. 3 Cost., appare evidente al Giudice rimettente: in caso di connessione ex art. 12, comma 1, lett. b) c.p.p. è possibile, all’interno del simultaneus processus, ricorrere alla messa alla prova per tutti i reati contestati, laddove l’imputato che affronti processi diversi, invero, potrà beneficiarne soltanto una volta.

Nemmeno un’interpretazione costituzionalmente orientata potrebbe superare l’impasse, giacchè l’ostacolo letterale della norma appare, come definito dal Giudice, insormontabile.

Si assume, ordunque, una violazione dell’art. 3 Cost., poiché ci si troverebbe in una situazione di contrarietà interna del sistema delineato dall’istituto disciplinato dall’art. 168 bis c.p.

L’ordinanza di rimessione affronta, dunque, un problema di sicuro interesse e di rilevanza pratica, attesa l’importanza che l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova riveste ormai nelle aule giudiziarie.

Effettivamente, appare illogico che sulla sola base della contestazione simultanea o parcellizzata di più reati avvinti dal vincolo della continuazione, l’imputato possa beneficiare dell’estinzione del reato, rispettivamente, per tutti i fatti, ovvero per uno soltanto di essi.

In tali casi, la regola contenuta nel comma quarto dell’art. 168 bis c.p. finisce col diversificare le posizioni degli imputati sulla base di vicende che prescindono totalmente dalle loro condotte; di talchè, quantomeno sul piano logico, una simile disciplina sembrerebbe stridere con il canone della ragionevolezza.

Vieppiù, se si considera come l’istituto della messa alla prova, pur oggetto della recentissima riforma del processo penale quanto ai limiti di pena edittale, non è stato oggetto di modifiche circa il numero di volte per le quali sia possibile fruirne.

In attesa delle determinazioni della Corte Costituzionale, si plaude all’iniziativa del Giudice che, in ogni caso, cerca di trovare una soluzione di buon senso di fronte ad una problematica che evidenzia un vero e proprio controsenso normativo.

Fonte immagine: www.pixabay.com

[1] Tribunale di Bologna, Ufficio del Giudice per le indagini preliminari, ordinanza 16 Giugno 2021.

[2] Tribunale di Bologna, cit.

[3] Tribunale di Bologna, cit.

Dario Quaranta

https://avvocatodarioquaranta.it/ Avvocato penalista, nato nel 1993. Ha conseguito il Master universitario di secondo livello in Diritto Penale dell'Impresa, presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, con la votazione di 30/30 e lode, ottenendo altresì il premio indetto dall'Associazione AODV231 destinato ad uno studente del Master distintosi per merito, ex aequo con altro partecipante. E' membro dell'Osservatorio Giovani e Open Day dell'Unione delle Camere Penali Italiane ed è responsabile della Commissione Giovani della Camera Penale di Novara. Frequenta dal 2021 il Corso biennale di tecnica e deontologia dell’avvocato penalista, attivato dalla Camera Penale di Torino. Si laurea in Giurisprudenza all'Università del Piemonte Orientale con la votazione di 110/110, discutendo una tesi in diritto penale intitolata: "La tormentata vicenda del dolo eventuale: il caso Thyssenkrupp ed altri casi pratici applicativi". Durante gli studi universitari ha effettuato un tirocinio di 6 mesi presso la Procura della Repubblica di Novara, partecipando attivamente alle investigazioni ed alle udienze penali a fianco del Pubblico Ministero. Da Maggio 2018 è Praticante Avvocato presso lo Studio Legale Inghilleri e si occupa esclusivamente di diritto penale. Da Dicembre 2018 è abilitato al patrocinio sostitutivo. Ad Ottobre del 2020 consegue l'abilitazione all'esercizio della professione di Avvocato presso la Corte d'Appello di Torino, riportando voti elevati nelle prove scritte (40-35-35) ed agli orali. Nel corso della sua attività professionale ha affrontato molte pratiche di rilievo, inerenti in particolar modo i delitti contro la Pubblica Amministrazione,  i delitti contro la persona, contro la famiglia e contro il patrimonio, nonchè in tema di reati tributari, reati colposi, reati fallimentari e delitti relativi al DPR n.309/1990. Si è occupato inoltre di importanti procedimenti penali per calunnia e diffamazione. Ha sostenuto numerose e rilevanti udienze penali in completa autonomia. E' collaboratore dell'area di Diritto Penale di Ius In Itinere e di All-In Giuridica, ed ha pubblicato un contributo sulla rivista Giurisprudenza Penale . E'altresì autore della sua personale rubrica di approfondimento scientifico, denominata "Articolo 40", disponibile sul sito della Camera Penale di Novara. Vanta 46 pubblicazioni sulle menzionate riviste e banche dati, tra contributi autorali e note a sentenza. Indirizzo mail: dario.quaranta40@gmail.com

Lascia un commento