giovedì, Marzo 28, 2024
Labourdì

Occupazione in crescita. Come leggere i dati?

1. Introduzione

L’Istituto Nazionale di Statistica, recentemente, ha fotografato la situazione degli occupati e disoccupati in Italia[1].

I dati raccolti, relativi al mese di novembre 2019, offrono spunti di riflessione interessanti in merito all’attuale situazione del mercato del lavoro italiano.

Negli ultimi giorni spesso si legge che l’occupazione è in crescita. Fermarsi a questa semplicistica affermazione non riesce a fornire una reale lettura della situazione socio-economica del nostro paese[2]. Ecco perché bisogna chiedersi: come leggere i dati.

2. Statistiche

L’ISTAT ha rilevato che, a novembre 2019, c’è stata una crescita occupazionale dell’0,1% rispetto al mese precedente. Dunque, si è arrivati ad una occupazione del 59,4%, dato che rappresenta il valore più alto registrato dal 1977, e cioè dall’inizio delle serie storiche redatte dall’istituto di statistica. In particolare, c’è stato un aumento di 41 mila occupati, dei quali 35 mila sono donne (+0,3%).

Per quanto riguarda la situazione contrattuale degli occupati, si registra un aumento dei contratti a tempo indeterminato, con un aumento di 67 mila dipendenti (+ 0,4%), mentre i lavoratori con contratto a termine diminuiscono di 4 mila unità (-0,1%). Si riscontra, inoltre, un drastico calo dei lavoratori autonomi, con una riduzione di 22 mila unità (- 0,4%).

Il tasso di disoccupazione rimane invariato al 9,7%, ma aumenta la disoccupazione giovanile (+1,3%), con circa 687mila disoccupati in più nella fascia 25-34 anni.

I dati offrono diverse letture, che di seguito si esporranno rapidamente.

3. Crescita occupazionale

Innanzitutto, è sicuramente incoraggiante la crescita occupazionale, di cui sono protagoniste finalmente le donne. Infatti, proprio quello dell’inattività femminile è stato un vero e proprio handicap per l’Italia rispetto all’economia ad altri paesi. Antichi stereotipi di genere e mancanza di politiche di sostegno all’occupazione femminile sono due delle maggiori cause della continua uscita di lavoratrici, soprattutto madri, dal mondo del lavoro. Tale fenomeno si combatte con misure di welfare sia pubblico che aziendale e con maggiore flessibilità dei tempi di lavoro. Nel primo caso si pensi all’importanza di prevedere asili nido gratuiti per le lavoratrici madri. Nel secondo caso lo smartworking può rispondere alle esigenze delle lavoratrici con figli o che necessitano di alleviare la pressione lavorativa quotidiana per dedicarsi alla cura di familiari disabili o anziani (di cui le donne spesso sono costrette a farsi carico).

4. Tipologie contrattuali

Con riferimento alle tipologie contrattuali utilizzate, è altrettanto positivo l’aumento dei contratti a tempo indeterminato, che si confermano in aumento. Non si può nascondere che la tanto vituperata abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori ha rivitalizzato l’utilizzo dei contratti a tempo indeterminato, soprattutto per i giovani. Quindi sembra anacronistico il recente dibattito sulla reintroduzione di tale norma. Nel mercato attuale i lavoratori necessitano sicuramente di maggior tutela, ma essa deve essere dinamica e deve essere perseguita attraverso la difesa della professionalità e l’incremento delle competenze. La tutela meramente statica del posto di lavoro, con le medesime mansioni espletate nella stessa azienda per tutto l’arco della vita lavorativa, è sorpassata ed è legata ad un mondo del lavoro del secolo scorso.

Per i motivi appena descritti non stupisce un ulteriore dato, passato in sordina, relativo ai lavoratori con contratto a termine. Essi hanno raggiunto i 3,1 milioni di unità (17,1% del totale dei contratti di lavoro subordinato), di cui il 63,2% giovani. Tale dato non deve essere combattuto con politiche di contrasto, che ridurrebbero ancor di più l’occupazione giovanile, ma deve essere affrontato con politiche attive che permettano ai giovani di essere più competitivi sul mercato ed avere una professionalità ricercata[3]. Ciò naturalmente deve essere accompagnato ad una lotta al lavoro nero e all’utilizzo fraudolento dei tirocini, spesso adoperati per sottopagare i lavoratori giovani.

5. Disoccupazione giovanile

Infine, proprio il dato relativo all’aumento della disoccupazione giovanile è quello più rilevante. In un paese che ha bisogno di crescita e di innovazione non è accettabile che, la fascia di popolazione che dovrebbe trainare un’economia (25-34 anni), sia quella che fatica maggiormente a trovare un’occupazione. Urge un forte rilancio delle politiche attive, che devono essere al centro di un progetto di riforma del mercato del lavoro. Secondo il rapporto OCSE 2019 la spesa per le politiche del lavoro in Italia nel 2016 è ammontata ad un importo complessivo di circa 29 miliardi di euro. Il 26% di tale importo è stato utilizzato per le politiche attive, mentre il 74% per le politiche passive. Inoltre, è indicativo il fatto che, quasi la metà dei fondi per le misure di politiche attive, è stata utilizzata per gli incentivi all’assunzione, e il resto della spesa è quasi interamente rappresentata dalle attività di formazione[4] .

6. Conclusioni: una lettura in chiaroscuro

Alla luce di queste brevi considerazioni, è ancora una volta di più chiaro come il mercato del lavoro sia mutato nell’ultima decade, e che esso continuerà ad evolversi.

Certamente i dati relativi all’aumento dell’occupazione, soprattutto femminile, e dei contratti di lavoro a tempo indeterminato sono da accogliere con speranza.

Altrettanto cristallino è che l’aumento della disoccupazione giovanile e il numero record di lavoratori con contratto a termine impongono una riflessione su ciò che non sta funzionando.

Urge un piano di politiche per il lavoro più rispondente al mercato del lavoro attuale.

[1] Comunicato ISTAT https://www.istat.it/it/archivio/237307

[2] Per un approfondimento sul tema si consiglia https://www.iusinitinere.it/italia-lavoro-economia-e-welfare-25058

[3] Cfr. F. Seghezzi, Lavoro a tempo: servono politiche non divieti (Sole 24 ore)

[4] Fonte Osservatorio Statistico dei Consulenti del lavoro (2018).

Fonte immagine:

Francesco Lombardo

Francesco Lombardo ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli con tesi in Storia del Pensiero Economico dal titolo: “I diritti Speciali di Prelievo: il contributo di Rinaldo Ossola”. Attualmente collabora con le cattedre di Economia Politica e di Storia del Pensiero Economico presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Federico II. Dopo aver ultimato la pratica forense, ha conseguito un Master di II livello come “Esperto in relazioni industriali e di lavoro”, in virtù di una borsa di studio assegnatagli dall’Università Roma Tre, con tesi dal titolo "Mobilità endoaziendale e formazione del lavoratore ex art. 2103 c.c.” È autore di articoli per riviste scientifiche e divulgative. Da novembre 2019 è ammesso al programma “Fabbrica dei Talenti” promosso dalla fondazione ADAPT. Crede molto nell’importanza per un giurista di approfondire anche lo studio di temi economici e finanziari.

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