sabato, Luglio 27, 2024
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Permesso di soggiorno per motivi familiari: la convivenza di fatto con un partner italiano

Nell’ottobre 2017 il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5040, si è pronunciato nel senso di riformare la precedente sentenza del TAR Lombardia n. 1238 del 2016, resa a proposito del rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato da parte della Questura di Brescia. Al fine di comprendere al meglio i termini della controversia e il lavoro dei giudici di Palazzo Spada, è opportuno ricostruire la vicenda.

La sig.ra Claudia Machado De Souza ha impugnato dinanzi al TAR Lombardia il decreto con cui la Questura di Brescia aveva respinto la sua richiesta di permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato. Il Tar Lombardia, nella sezione distaccata di Brescia, ha però respinto il ricorso ritenendo che gli elementi dedotti non fossero idonei ad avallare quanto prospettato dalla ricorrente, sul presupposto che i contorni fattuali relativi all’impiego della stessa fossero nebulosi e non sufficientemente chiari.

Il Consiglio di Stato ha però recentemente rovesciato l’orientamento del giudice di prime cure, ritenendo invece fondate le doglianze dell’appellante. I giudici, pur confermando che non erano stati delineati in modo abbastanza chiaro i contorni del rapporto di collaborazione su cui la parte appellante aveva in primo grado ancorato la propria richiesta, hanno ritenuto preminente una ulteriore valutazione.

Il permesso di soggiorno può infatti essere rilasciato, ai sensi dell’art. 5 comma 9 del d.lgs. n. 286 del 1998, anche per motivi familiari ed è questa la circostanza che la Questura di Brescia, informata della convivenza con un partner italiano, avrebbe dovuto valutare al fine di concedere il permesso richiesto.

Infatti, le interpretazioni sia nazionali che comunitarie, spingono nel senso di attribuire rilievo non più alle sole unioni consacrate dal matrimonio, ma altresì a quelle di fatto. In questo senso è chiara la disciplina di cui all’art. 36 della recente legge in materia di regolamentazione delle unioni civili ( n. 76 del 2016) che chiarisce che si intendono conviventi di fatto “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”. Pertanto, pur non essendosi ancora realizzato un adeguamento concreto del nuovo concetto di famiglia alla materia dei permessi di soggiorno, non si può non considerare la convivenza di fatto con un partner italiano, elemento sufficiente ed idoneo a rilasciare il permesso di soggiorno alla richiedente.

Sulla base di tali argomentazioni, i giudici hanno pertanto ritenuto di dichiarare illegittimo il decreto reso dalla Questura in quanto non è stato preceduto da una valutazione omnicomprensiva della situazione di fatto prospettata dalla richiedente, non essendo a tal proposito sufficiente indagare la sola posizione lavorativa della stessa.

Chiara Svampa

Chiara Svampa nasce a Napoli nel novembre del 1993. Dopo aver conseguito la maturità classica presso il liceo Umberto I di Napoli, si iscrive al Dipartimento di Giurisprudenza presso l'università Federico II di Napoli dove attualmente frequenta l'ultimo anno. Sin da subito animata da grande passione, con il progredire degli studi si interessa in particolar modo al Diritto Amministrativo. A conclusione del suo percorso universitario è infatti impegnata nella redazione della tesi in Diritto Amministrativo relativa alle nuove modalità di conclusione del procedimento amministrativo, seguita dalla Prof. Spagnuolo Vigorita.

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