Reddito di cittadinanza: l’esperimento finlandese
Il reddito di cittadinanza è un ammontare di reddito pagato dal settore pubblico a ogni adulto residente (o stabilmente membro di una specifica collettività), a prescindere dal fatto che sia un individuo povero o ricco, che viva da solo o con altri, che voglia lavorare o meno, ed è pertanto definito uno strumento universalistico[1].
Ad oggi, l’unico Paese al mondo[2] dove esiste un vero e proprio reddito di cittadinanza è l’Alaska. Dal 1982 l’Alaska Permanent Fund, nel quale confluisce circa il 25% dei proventi dei giacimenti di petrolio e gas dello Stato, garantisce un dividendo a tutti i residenti da almeno un anno, come ricompensa per l’utilizzo delle risorse naturali del territorio. L’importo varia in base ai proventi del settore minerario, in media 1.000 dollari l’anno per ogni cittadino, toccando nel 2015 il suo massimo storico: 2.000 dollari l’anno.
Nel gennaio 2017, La Finlandia ha iniziato a elargire una somma pari a 560 euro, a un campione casuale di 2000 disoccupati di età compresa dai 25 ai 58 anni. Un incentivo ai cittadini che per due anni, la durata dell’esperimento, non hanno alcun obbligo di cercare, né accettare un impiego e nel caso ciò avvenga, l’importo continuerà ad essere versato. I disoccupati per due anni, però, devono rinunciare a tutti gli altri benefici sociali legati alla disoccupazione, senza potersi opporre.
L’esperimento nazionale è stato lanciato dal governo di centro destra al costo di 20 milioni di euro con l’obiettivo di abbassare il tasso di disoccupazione che è pari all’8%, innalzare il tasso di occupazione che resta tra i 4 e i 7 punti percentuali inferiore alla media degli altri paesi scandinavi. Inoltre, ha come scopo quello di capire se l’avere un reddito incondizionato, incentiva o meno le persone a cercare e ad accettare un lavoro. Questo poi, potrebbe poi essere la base per parlare di un reddito di cittadinanza.
Durante l’esperimento verrà confrontato il comportamento del campione scelto con un gruppo di controllo, formato da tutti coloro che non sono stati selezionati nella popolazione dello studio (circa 173.000 persone), al fine di misurare l’impatto del basic income[3].
Uno degli argomenti trattati è se ci sono differenze nei tassi di occupazione tra coloro che ricevono e quelli che non ricevono un reddito di base.
È dal 1980 che in Finlandia si discute del reddito di cittadinanza soprattutto dalle forze politiche di sinistra, ma a metterlo in pratica è stato il centrodestra, in ottica completamente differente, però, non vuole combattere le disuguaglianze, ma favorire l’occupazione e la voglia di cercarsi un lavoro dando un forte colpo al welfare statale.
Nell’ultimo periodo ci sono state segnalazioni errate riguardo ad una interruzione anticipata dello studio sperimentale finlandese, ma appunto si è trattato di false informazioni: l’esperimento continuerà fino alla fine del 2018 come previsto.
“L’esperimento procede secondo i piani e continuerà fino alla fine del 2018”, afferma il professor Olli Kangas, leader del gruppo di ricerca di Kela[4].
Quindi l’esperimento continuerà e gli effetti saranno studiati solo una volta concluso, gli l’impatto sull’occupazione dell’intero esperimento saranno disponibili entro la fine del 2019 o all’inizio del 2020: “Gli effetti non saranno pubblicati mentre l’esperimento è in corso, perché una discussione pubblica sui risultati potrebbe influenzare il comportamento dei gruppi di test e di controllo; ciò porterebbe a risultati distorti “, afferma Kangas.
Ciò che invece si interrompe è un progetto di lungo periodo, inizialmente, infatti, l’idea era quella sperimentare altre tipologie di reddito di base in grado di determinare alla fine la migliore, ma al momento non ci sono piani per continuare o espandere l’esperimento dopo il 2018.
In Italia, questo è un tema attualissimo, e ora più che mai c’è una grande confusione tra reddito di cittadinanza, reddito di inclusione[5], e sussidi di disoccupazione[6].
La proposta del reddito di cittadinanza del Movimento 5 stelle ha contribuito a questa confusione. Infatti, la proposta, erroneamente chiamata reddito di cittadinanza dai pentastellati è assai diversa da quella finlandese: si tratterebbe, infatti, di un sistema misto di reddito condizionato alla formazione e all’accettazione di lavori proposti da enti e istituzioni pubbliche e private, più vicino ad un sussidio di disoccupazione che altro. Il che è giusto perché ogni Stato deve realizzare un proprio modello in base alle proprie casse pubbliche e alle proprie situazioni sociali. Bisogna, però, stare attenti a non confondere i cittadini.
Resta da chiedersi: il reddito di cittadinanza può sostituire le politiche di welfare? La risposta si avrà solo a inizio 2019 ma secondo il NY Times il reddito di cittadinanza dovrebbe essere esteso a tutti i cittadini per essere tale, e per capire se il progetto funziona si dovrebbe allargarlo a tutti, o estenderlo a tutte le categorie di cittadini, non solo i disoccupati.
In ogni caso gli argomenti a favore e contro sono diversi, li sintetizziamo qui di seguito.
Il reddito di cittadinanza potrebbe:
- Aumentare la stabilità e la sicurezza sociale
- Semplificare il welfare
- Rendere più redditizio il lavoro occasionale
- Ridurre la povertà
- Aumentare la libertà delle persone, che potrebbero scegliere in maniera non condizionata la propria vita e il proprio lavoro
- Aumentare le possibilità di migliorare la propria condizione
- Dare maggiore forza in fase di contrattazione quando si ottiene una proposta di lavoro
- Più libertà nei tempi che si decide di dedicare al lavoro, e al metodo di lavoro
- Sostegno alla piccola imprenditorialità, al lavoro autonomo e creativo, che magari non generano grossi volumi di soldi ma che danno soddisfazione personale
Per contro potrebbe:
- Essere troppo costoso per le casse dello stato
- Non essere adeguato a garantire più equità sociale degli strumenti offerti dal welfare
- Abolire il welfare
- Spingere le persone a cercare lavori part-time, indebolendo il potere dei contratti collettivi dei dipendenti
- Portare ad un aumento delle tasse, e con più tasse abbassare la propensione a creare imprese
- Dividere la società tra coloro che possono vivere senza un lavoro, e coloro che devono per forza farlo
- Non considerare i bisogni individuali se un certo reddito è da destinare a tutti
- Indebolire la posizione delle donne sul mercato del lavoro, perché sarebbero indotte a rimanere a casa e prendersi cura dei figli
È solo un test iniziale ma almeno si è iniziato a lavorare sul problema cercando soluzioni, ma senza l’illusione che estendere a tutti il diritto al reddito base risolverebbe i problemi.
[1] P. Van Parijs, A basic income for all, in What’s wrong with a free lunch, 2003.
[2] Secondo la Global Basic Income Foundation.
[3] Reddito di cittadinanza.
[4] Istituto delle assicurazioni sociali della Finlandia
[5] REI è una misura nazionale di contrasto alla povertà. Il REI si compone di due parti: un beneficio economico, erogato mensilmente attraverso una carta di pagamento elettronica (Carta REI) e un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà. È rivolto ai nuclei familiari che si trovano in condizione di povertà (INPS).
[6] Aiuto finanziario fornito dallo stato per un determinato periodo di tempo a chi rimane disoccupato.