martedì, Ottobre 15, 2024
Uncategorized

Riflessioni sul Concordato Preventivo alla luce del nuovo Codice della Crisi d’Impresa

Come ampiamente affermato dalla dottrina e  giurisprudenza, il Concordato Preventivo si configura come lo strumento che l’ordinamento  ha congeniato per scongiurare la dichiarazione di fallimento, attraverso la stipula di un accordo volto a favorire non solo il  risanamento bensì la prosecuzione dell’attività d’impresa.

La normativa, regolata dalla Legge Fallimentare del 1942,  ha subito nel corso del tempo vari e numerosi interventi legislativi volti a “ristrutturare” lo scheletro dell’istituto. Tra questi è opportuno ricordare il Decreto Legislativo del 12 gennaio 2019 n. 14 che ha innovato sicuramente le caratteristiche dell’istituto.

Ad oggi, pertanto,  il nuovo Concordato Preventivo  potrà, cosi,  configurarsi:

  1. concordato “in continuità aziendale“;
  2. concordato “liquidatorio“, sulla base di quanto dettato dall’art. 84.

E’ pacifico, ad avviso dei più, come il concordato “in continuità aziendale” si rivelerà esser  l’opzione che la nuova disciplina si proporrà di voler maggiormente valorizzare, in quanto finalizzata al recupero della capacità dell’impresa di rientrare, finalmente risanata, all’interno del mercato.

La “continuità aziendale” potrà, cosi,  essere:

▪  diretta qualora sia in capo al soggetto imprenditore che ha presentato la domanda di concordato;

▪  indiretta qualora sia prevista la gestione dell’azienda in esercizio o la ripresa dell’attività da parte di un soggetto diverso dal debitore a seguito di un’operazione straordinaria, a titolo esemplificativo ma non esaustivo cessione, usufrutto, affitto o conferimento di azienda in una o più società o a qualsiasi altro titolo. In questo caso, si ricordi, deve essere assolutamente assunto l’impegno di garantire, per una durata di almeno due anni, la conservazione di almeno il 30% dei lavoratori impiegati dal debitore al momento del deposito del ricorso.

Il  nuovo Piano, qualora esso sia in continuità diretta o indiretta, dovrà quindi  prevedere che l’attività di impresa sia funzionale ad assicurare il ripristino dell’equilibrio economico finanziario nell’interesse prioritario dei creditori oltre che dell’imprenditore precisando che i suddetti  dovranno essere soddisfatti “in misura prevalente” dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale, ivi compreso il ricavato derivante dalla cessione del magazzino, donde di quanto prodotto dall’impresa.

Si potrà cosi definire “prevalenza” ogniqualvolta i ricavi, attesi dalla continuità per i primi due anni di attuazione del piano, derivino da una attività di impresa alla quale sono addetti almeno la metà dei lavoratori in forza al momento del deposito del ricorso. Pertanto, l’obiettivo sotteso del  Legislatore è stato e sarà quello di incentivare, in futuro, la conservazione del “valore” dell’azienda, favorendo non solo la prosecuzione dell’attività bensì la nondimeno significativa  salvaguardia dei livelli occupazionali.

Nel risolvere alcuni contrasti interpretativi sorti negli ultimi anni, la normativa prevede infine che la proposta di Piano dovrà indicare l’utilità specificatamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore.

Utilità”  che può essere ben rappresentata  dalla prosecuzione o dalla rinnovazione dei rapporti contrattuali con il debitore o con il suo avente causa, con l’obiettivo di soddisfare il ceto  creditorio con vantaggi sicuri ed economicamente valutabili.

Altresì’, sarà invece possibile  accedere al concordato “liquidatorio“, ogniqualvolta:

  1. l’apporto di risorse esterne debba incrementare di almeno il 10% il soddisfacimento dei creditori chirografari;
  2. i chirografari debbano, in ogni caso, essere soddisfatti nella misura non inferiore al 20% dell’ammontare complessivo.

In tal caso, la proposta di concordato potrà  essere presentata dall’imprenditore, in stato di crisi o di insolvenza, accompagnata da un piano di attuazione, fattibile  sia da un punto di vista giuridico e sia economico, ovvero presentare delle  concrete possibilità di realizzazione.

Da tal proposta, si desume che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca potranno ricevere un soddisfazione integrale dei loro crediti a condizione che non sia inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione di beni o diritti su cui sussiste la causa di prelazione avuto riguardo al “valore di mercato“. È, quindi,  precisato che tal valore  dovrà essere decurtato del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti al bene o al diritto e della quota parte delle spese generali attestate da un professionista indipendente.

Sulla base dell’art. 85, si potrà pacificamente affermare come la quota residua del credito verrà trattata come credito chirografario prevedendo, altresì, una moratoria della durata massima di due anni anziché di uno come previsto dal sistema vigente dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti su cui sussiste una causa di prelazione.

Il Piano  dovrà cosi contenere la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, donde il debitore specificherà:

▪  le cause della crisi;

▪  la definizione delle strategie di intervento ed i tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria nel caso di concordato in continuità;

▪  gli apporti di finanza nuova, se previsti;

▪   le azioni risarcitorie e recuperatorie esperibili nonché le prospettive di recupero;

▪   le ragioni per cui la continuità aziendale è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori;

▪   l’indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività nonché delle risorse finanziarie necessarie e delle modalità di copertura, ove sia prevista la continuità aziendale diretta.

Al fine di superare  le incertezze presenti nel sistema vigente, il Legislatore ha volutamente inserito la previsione per cui  il piano dovrà  contenere non solo l’indicazione dei tempi delle attività da compiersi, bensì le iniziative da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi pianificati e quelli raggiunti in ottica di garantire una maggiore flessibilità della procedura.

Ponendo, invece, lo sguardo sugli effetti della presentazione della domanda, è opportuno evidenziare, alla luce delle modifiche apportate, come  il Debitore conserverà  l’amministrazione dei beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale, dalla data di deposito dell’istanza di accesso al concordato preventivo sino all’omologazione.

Sono pertanto inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato i mutui, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili e di partecipazioni societarie di controllo, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e donazioni, ed in genere gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione che siano stati compiuti senza autorizzazione scritta del giudice delegato prevendo, in termini chiaramente innovativi, che:

  • l’autorizzazione potrà  essere concessa dal Giudice prima dell’omologazione qualora l’atto sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.
  • l’alienazione e l’affitto di azienda, di rami di azienda, e di specifici beni sono effettuate tramite procedure competitive previa stima ed adeguata pubblicità a garanzia del principio di trasparenza della procedura e con l’obiettivo di salvaguardare il miglior soddisfacimento per i creditori.

E’ chiaro quindi che la Riforma risolve una serie di  aspetti molto controversi tra di loro: su tutti, l’autorizzazione da parte del Tribunale a procedere per il pagamento della retribuzione dovuta per la mensilità antecedente il deposito della domanda di concordato a favore dei lavoratori addetti all’attività di cui si prevede la continuazione o anche la previsione per cui il debitore, qualora sia prevista la continuazione dell’attività, potrà rimborsare le rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante sui beni strumentali all’esercizio dell’impresa. In tal caso, il debitore dovrà aver adempiuto, alla data di deposito della domanda di concordato, a tutte le proprie obbligazioni rendendosi necessaria, sulla base di quanto disposto dall’art. 100, l’attestazione di un professionista indipendente che certifichi che il credito garantito possa essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non leda i diritti degli altri creditori.

Sempre nell’ambito della procedura, un aspetto innovativo che preme sottolineare è la possibilità per il Tribunale ad aprire, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, vista la comunicazione effettuata dal commissario giudiziale, la procedura di liquidazione giudiziale dei beni del debitore qualora si accerti che:

  1. il debitore abbia occultato o dissimulato parte dell’attivo;
  2. il debitore abbia dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti ovvero abbia esposto passività inesistenti o commesso atti di frode;
  3. il debitore abbia compiuto atti non autorizzati o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori.

Si ricordi che l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale verrà altresì disposta nel caso in cui venga accertato, in qualsiasi momento, che non sussistano le condizioni per l’apertura del concordato.

Ulteriori novità disciplinari si segnalano anche sullo svolgimento delle operazioni di voto. È infatti soppressa l’adunanza dei creditori che è stata sostituita con l’espressione del voto attraverso modalità telematiche, vale a dire attraverso posta elettronica certificata inviata al commissario giudiziale oppure attraverso le strutture informatiche messe a disposizione dal Ministero della Giustizia che potrà anche definire misure tecniche differenti per lo svolgimento del procedimento di voto.

Inoltre, è stata finalmente  risolta la questione circa la legittimazione all’esperimento, successivamente all’omologazione del concordato preventivo liquidatorio, delle azioni restitutorie, recuperatorie e dell’azione sociale di responsabilità che vengono attribuite al liquidatore sia nel caso in cui le azioni debbono essere iniziate nel corso della procedura sia quando siano già pendenti. E con particolare riferimento all’azione sociale di responsabilità, si afferma come ogni patto contrario o ogni altra diversa previsione contenuta nella proposta di concordato o nel piano siano inopponibili al liquidatore ed ai creditori sociali restando tuttavia ferma, anche in pendenza della procedura e nel corso della sua esecuzione, la legittimazione da parte di ciascun creditore sociale di poter esercitare o proseguire l’azione di responsabilità prevista dall’art. 2394 c.c.

Un ulteriore problema  ha riguardato per molti anni  i rimedi concessi ai creditori in operazioni di trasformazione, fusione o scissione compiute durante la procedura di concordato o dopo l’omologazione.

Ad oggi, i creditori potranno pertanto contestare la validità delle operazioni soltanto attraverso lo strumento dell’opposizione all’omologazione. Sulla base del nuovo art. 116, nel caso di risoluzione o annullamento del concordato, gli effetti delle operazioni di trasformazione, fusione o scissione sono irreversibili salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi ex art. 2500 bis, comma 1, c.c., art. 2504 quater, comma 2, c.c. ed art. 2506 ter, comma 5. c.c.

Sono superati altresì i dubbi applicativi circa gli strumenti di controllo ed intervento del Tribunale durante la fase di esecuzione del concordato preventivo. Per esempio, nel caso in cui venga rilevato che il debitore non sta provvedendo al compimento degli atti necessari a dare attuazione alla proposta o ne sta ritardando il compimento, il Tribunale potrà attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti richiesti a quest’ultimo. Laddove invece vengano denunciati ritardi o omissioni del debitore da parte del soggetto che ha presentato la proposta di concordato approvata e omologata dai creditori, il Tribunale potrà attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore o revocare l’organo amministrativo, se si stratta di società, nominando un amministratore giudiziario.

Infine, l’art. 119 ci evidenzia come la disciplina prevista relativa alla risoluzione del concordato per inadempimento porta con sé una rilevante novità visto che la legittimazione a proporre la domanda viene riconosciuta non solo ai creditori, ma anche al commissario giudiziale quando sia stata fatta richiesta da parte di uno dei creditori.

Concludendo, il nuovo Codice ha come obiettivo quello di riformare in modo organico ed unitario la materia delle procedure concorsuali e della crisi da sovraindenbitamento cercando di dar priorità a tutte quelle proposte che comportino il superamento della crisi assicurando (i) la “continuità aziendale”, (ii) la riduzione dei tempi e dei costi delle procedure ed infine, (ii)  l’armonizzazione con tutte le forme di tutela previste per i profili relativi all’occupazione e al reddito dei lavoratori.

 

Lascia un commento