Rilascio dell’immobile in caso di cessazione del rapporto di locazione: l’ultima pronuncia della Cassazione
In tema di restituzione dell’immobile locato, l’articolo 1590 c.c. dispone che “il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto. In mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione. Il conduttore non risponde del perimento o del deterioramento dovuti a vetustà.Le cose mobili si devono restituire nel luogo dove sono state consegnate”.
L’articolo 1591 c.c., invece, si occupa di chiarire i danni per ritardata restituzione, prevedendo che “il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno”.
Ebbene, è proprio sulla base di queste disposizioni che la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi sul rilascio dell’immobile da parte del conduttore, con riferimento, in particolar modo, ad una precisa fattispecie.
Relativamente ai fatti di causa, invero, si dica che subito nel caso di specie il locatore agiva contro il conduttore a causa di un rilascio dell’immobile ancora occupato dai beni mobili del secondo (e che evidentemente non rientravano tra i beni da consegnare al proprietario ma tra quelli di cui il conduttore doveva liberare l’immobile).
A causa di questa circostanza il locatore non poteva riacquistare la piena e completa disponibilità del bene così da poterne fare uso secondo la sua destinazione.
È proprio su questo punto, infatti, che la Cassazione Civile, Sezione I, con sentenza 30-07-2018, n. 20146, concentra la sua disamina, rivelando che, diversamente operando, “la pronuncia della Corte di appello non merita condivisione nella parte in cui attribuisce rilievo incondizionato al completamento della procedura esecutiva di rilascio; e ciò in quanto — lo si legge nella sentenza impugnata — l’esecuzione forzata non si concluse con la messa a disposizione dei locali liberi dai beni mobili che vi erano posti (i quali, come precisato dalla Corte di merito, erano oltretutto voluminosi)”.
In sostanza, la Corte di merito ha ritenuto come questi beni mobili, seppur voluminosi, non facessero presumere un protrarsi dell’uso dell’immobile da parte del conduttore e che, anzi, il locatore in un primo momento non avesse manifestato doglianze in tal senso; e che comunque, in ogni caso, avrebbe potuto far rimuovere suddetti beni utilizzando “la normale diligenza imprenditoriale”.
La Corte di Cassazione, al contrario, ribalta la decisione della Corte di Appello statuendo il seguente principio di diritto, prendendo le mosse proprio dai due articoli del codice civile sopra citati: “l’obbligazione di restituzione dell’immobile locato, prevista dall’art. 1590 c.c., resta inadempiuta qualora il locatore non ne riacquisti la completa disponibilità, così da poterne fare uso secondo la sua destinazione, sicché la mora e gli effetti dell’art. 1591 c.c. si producono anche ove egli torni formalmente in possesso del bene, ma questo sia inutilizzabile perché ancora occupato da beni mobili del conduttore che non debbano consegnarsi al locatore, a nulla rilevando che il rilascio sia avvenuto coattivamente ex art. 608 c.p.c., atteso che la formale chiusura del processo esecutivo non determina l’automatica cessazione degli effetti sostanziali collegati al rapporto di locazione; ove, esaurite le operazioni esecutive per il rilascio coattivo dell’immobile, all’interno di questo permangano beni, precedentemente entrati nel possesso o nella detenzione del conduttore, che sono stati affidati a un custode giudiziario, lo stazionamento degli stessi nei locali non può ascriversi a una tolleranza del locatore, dal momento che tale situazione é determinata dalle esigenze di custodia, di cui si fa carico il soggetto all’uopo incaricato, e non dalla condotta dell’avente diritto al rilascio in quanto tale; ai fini della concreta risarcibilità di danni subiti dal creditore, l’art. 1227, comma 2, c.c., nel porre la condizione dell’inevitabilità, da parte del creditore, con l’uso dell’ordinaria diligenza, impone anche una condotta attiva o positiva diretta a limitare le conseguenze dannose di detto comportamento, ma nell’ambito dell’ordinaria diligenza, all’uopo richiesta, sono ricomprese soltanto quelle attività che non siano gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici”[1].
Cassando in tal modo la sentenza impugnata, la Cassazione afferma con forza il principio per cui, exart. 1590 c.c., il locatore ha diritto a riacquistare la piena disponibilità dell’immobile, potendosi quindi ugualmente produrre gli effetti della mora ex art. 1591nel caso in cui quest’ultimo risulti ancora occupato dai beni mobili del conduttore.
[1]Cassazione Civile, Sezione I, sentenza 30-07-2018, n. 20146.
Marco Limone nasce nel 1994 ad Atripalda (AV).
Consegue il diploma di maturità con votazione 100/100 presso il Liceo Scientifico P.S. Mancini di Avellino. Da sempre bravo in matematica, decide di non rinnegare le sue vere inclinazioni e ha frequentato, dal 2012, il Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli.
In data 07/07/2017 conclude il percorso universitario con votazione 110/110 e lode, discutendo una tesi in diritto processuale civile dal titolo “I profili processuali della tutela della parte nel contratto preliminare”.
Iscrittosi, infatti, sognando il “mito americano” della criminologia e del diritto penale, durante il suo percorso si scopre più vicino al diritto civile e alla relativa procedura, anche se, per carattere, affronta con passione qualsiasi sfida si presenti sul suo cammino.
Fortemente determinato e deciso nel portare avanti le sue idee e i suoi valori, toglietegli tutto ma non la musica. E le serie tv e il fantacalcio, ma quella è un’altra storia…
mar.limone1994@gmail.com
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