giovedì, Aprile 18, 2024
Criminal & Compliance

Rimessa alle Sezioni Unite la qualificazione del rapporto tra delitto di stalking e omicidio aggravato

Con ordinanza n. 14916/2021 la Quinta Sezione penale della Cassazione ha sottoposto alle Sezioni Unite il seguente quesito: “se, in caso di concorso tra i fatti-reato di atti persecutori e di omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576, co. 1, n. 5.1, cod. pen., sussista un concorso di reati, ai sensi dell’art. 81 cod. pen., o un reato complesso, ai sensi dell’art. 84, co. 1, cod. pen., che assorba integralmente il disvalore della fattispecie di cui all’art. 612-bis cod. pen. ove realizzato al culmine delle condotte persecutorie precedentemente poste in essere dall’agente ai danni della medesima persona offesa».

Il contrasto giurisprudenziale

Il caso in esame trae origine da una condanna pronunciata in sede di appello per i delitti di omicidio doloso aggravato ai sensi dell’art. 576 co. 1 n. 5.1. cod. pen. e di atti persecutori (art. 612 bis).

Occorre preliminarmente osservare che l’art. 576 prevede la pena dell’ergastolo per l’autore  del delitto di atti persecutori che cagiona al morte della stessa persona offesa.

L’art. 612 bis contempla un reato comune abituale a triplice evento alternativo. La condotta è vincolata, nella forma della violenza o della minaccia e, quanto all’elemento soggettivo, è richiesto il dolo generico.

Secondo un primo orientamento[1], il delitto di atti persecutori di cui all’art. 612 bis cod. pen. non è assorbito in quello di omicidio aggravato di cui all’art. 576 co. 1, n. 5.1. poiché non sussisterebbe alcuna relazione di specialità ai sensi dell’art. 15 cod. pen., mancando identità strutturale tra le due fattispecie. L’orientamento in esame considera il reato complesso (art. 84 cod. pen.) espressione del principio di specialità (art. 15 cod. pen.), inteso in senso formale, quale rapporto tra gli elementi costitutivi delle fattispecie incriminatrici.

In particolare, l’aggravante di cui al n. 5.1 si differenzia, sul piano letterale, da quella prevista al precedente n. 5, che esplicita la necessità di un nesso di occasionalità tra i reati ivi previsti (“in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 583 quinquies, 600 bis, 600 ter, 609 bis, 609 quater e 609 octies”) e l’omicidio. La circostanza di cui al n. 5.1 avrebbe quindi natura soggettiva, atteso che si caratterizza per l’identità dell’autore degli atti persecutori e dell’omicidio ed è tale identità soggettiva che connota il disvalore del fatto. Tale circostanza si contraddistingue quindi per il nesso tra il fatto e l’autore del reato e non per la relazione tra reati, presupposto per l’applicazione dell’art. 84, che fa espresso riferimento ai “fatti”. Inoltre, il reato di atti persecutori è un reato abituale, mentre l’omicidio si configura come un delitto istantaneo. Tale caratteristica esclude anche l’operatività della clausola di riserva posta in apertura dell’art. 612 bis (“salvo che il fatto costituisca più grave reato”), poiché tale clausola è applicabile solo nel caso in cui sussista un rapporto di identità strutturale tra le norme incriminatrici.

Un diverso orientamento[2] ritiene che tra i reati in esame si configuri un concorso apparente di norme e che l’art. 576 n. 5.1 costituisca un’ipotesi di reato complesso.

In primo luogo, da un punto di vista letterale, l’art. 84 esclude l’applicazione della disciplina del concorso di reati quando la legge considera come elementi costitutivi o come circostanze aggravanti di un solo reato fatti che costituirebbero, per sé stessi, reato. Tale noma sarebbe applicabile all’art. 576, il quale dispone che il delitto di atti persecutori costituisce aggravante dell’omicidio.

Inoltre, si osserva che ciò che aggrava il delitto di omicidio è la precedente commissione di atti persecutori culminati nell’esito fatale. Pertanto, è la connessione con il delitto di omicidio ad assumere rilevanza, nonostante la diversa formulazione letterale dell’aggravante inserita al n. 5. In questo modo si evita di incentrare il disvalore della fattispecie sul tipo di autore. Tale approccio è compatibile con il principio di offensività e quello di materialità, che impongono di calibrare la pena all’offesa arrecata con la condotta al bene tutelato e non alle qualità del reo.

In questa prospettiva, l’art. 84 non sarebbe riconducibile a un’ipotesi di rapporto di specialità ai sensi dell’art. 15 cod. pen., ma al principio di consunzione, in virtù del quale occorre verificare la sussistenza di un nesso funzionale tra reati.

Tale interpretazione mira poi a non punire due volte un medesimo fatto, in conformità del principio del ne bis in idem sostanziale, di cui la figura del reato complesso è estrinsecazione. Sul rilievo che l’art. 576 n. 5.1 assorbe integralmente il disvalore delle condotte persecutorie sfociate nell’omicidio, è sufficiente applicare la pena ivi prevista, senza doverla cumulare con quella di atti persecutori.

Ciò ha anche un risvolto sul piano processuale, poiché, in seguito a una condanna irrevocabile per omicidio aggravato, il reo non potrà essere nuovamente tratto a giudizio per gli stessi fatti a titolo di atti persecutori. In particolare, occorre distinguere il ne bis in idem processuale dal ne bis in idem sostanziale. Il ne bis in idem processuale riguarda il fatto storico, a prescindere dalle differenti qualificazioni giuridiche che a tale fatto possono essere attribuite. Non si ammette quindi una seconda iniziativa penale se il medesimo fatto storico-naturalistico è già stato oggetto di una pronuncia definitiva[3]. Il ne bis in idem sostanziale ha invece un campo applicativo più ristretto, riguarda il rapporto tra norme incriminatrici astratte, a prescindere dal fatto inteso in senso storico[4].

Le indicazioni della Sezione rimettente

La Sezione rimettente osserva che la questione in esame non è superabile in base alla clausola di riserva posta in apertura dell’art. 612 bis, poiché essa presuppone che vi si a un unico fatto suscettibile di molteplici qualificazioni giuridiche. Si versa piuttosto in un caso di pluralità di fatti autonomi, che integrano due distinte fattispecie, per cui assume rilievo l’art. 84.

In relazione al primo orientamento, la Sezione rimettente rileva che la concezione soggettivistica incentrata sul tipo di autore collide con i principi costituzionali di materialità e offensività ribaditi dalla Corte Costituzionale in relazione all’aggravante della clandestinità[5]. Pertanto, nonostante il silenzio della norma, occorre accertare la sussistenza di una connessione finalistica e/o temporale tra gli atti persecutori e l’omicidio, anche secondo una logica di progressione. La differente locuzione normativa impiegata dal Legislatore rispetto al precedente n. 5 sarebbe giustificata dalla natura abituale del reato di stalking.

Il giudice rimettente, poi, rileva che il reato complesso presuppone un’analisi tra fattispecie astratte. In particolare, l’art. 84 prevede due casi di reato complesso, il reato derivante dall’unione di due fattispecie in un nuovo reato autonomo e quello aggravato dalla commissione di un diverso reato. Nel caso di cui all’art. 576 co. 1 n. 5.1, gli atti persecutori costituiscono circostanza aggravante dell’omicidio.

Si osserva in chiusura che la rilevanza della questione rimessa alle Sezioni Unite si pone anche rispetto al rapporto tra atti persecutori e lesioni che, ai sensi dell’art. 585 cod. pen., sono aggravate nel caso di sussistenza di una delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 576, ivi compresa quella del n. 5.1.

 

Fonte dell’immagine: pexels.com

[1] Cass. n. 20786/2019.

[2] Cass. n. 30931/2020).

[3] Cass. 14916/ 2021 § 4.

[4] Cass. 14916 /2021 § 4.

[5] C. Cost. n. 249/2010.

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