Class Action ed impugnabilità della pronuncia d’Appello
In tema di azione di classe (o class action, termine anglosassone), le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono recentemente giunte alla soluzione di un caso che ha apportato modifiche sostanziali sull’impugnabilità dell’ordinanza definente il procedimento. Le S.U hanno infatti stabilito, con la sentenza numero 2610 del 2017, che è inammissibile il ricorso ex art.111 c.7 Cost. contro l’ordinanza emessa in Appello in sede di reclamo, adottando però una motivazione differente rispetto a quanto già affermato sul medesimo oggetto in precedenza e riuscendo ad evitare un potenziale contrasto giurisprudenziale; inoltre hanno specificato se il provvedimento di rigetto fosse opponibile ad un altro soggetto collettivo diverso dai destinatari del medesimo.
Nel 2012, la sentenza numero 9722 aveva di fatto già escluso la possibilità di ricorrere ex art. 111 c. 7, poiché l’ordinanza di inammissibilità era fondata su di una “delibazione sommaria ed unicamente finalizzata ad una pronuncia di rito, idonea a condizionare soltanto la prosecuzione di quel processo di classe senza assumere la stabilità del giudicato sostanziale” , parificando dunque il provvedimento di rigetto in sede di reclamo ad uno di rigetto contro domanda di ingiunzione: di conseguenza non era esclusa la riproponibiltà dell’azione risarcitoria in sede ordinaria.
La sentenza numero 2610/2017 non condivide totalmente quanto affermato nel 2012 e intende la questione sull’ammissibilità o meno del ricorso in Cassazione come “pregiudiziale” rispetto agli stessi motivi di ricorso e ai profili dell’azione ex 140-bis del codice del consumo.
Il punto di partenza delle sezioni unite è la sentenza numero 2953/1953, che aveva chiarito i presupposti per la ricorribilità ex art.111 c. 7, fissando la ben nota differenza tra “incidere” e “decidere” con efficacia di giudicato su diritti soggettivi; poiché nel caso di specie l’azione ex 140-bis è stata utilizzata con prevalenti finalità risarcitorie di danni patrimoniali e non, mancherebbero nel provvedimento impugnato appunto i requisiti della “definitività e decisorietà” e ciò comporterebbe l’inammissibilità dello strumento ex art 111 c. 7, essendo il medesimo diritto inoltre tutelabile mediante azione individuale.
Da ciò ne consegue che l’azione di classe dichiarata inammissibile non può essere riproposta dai medesimi soggetti che l’hanno proposta o da chi vi ha aderito, in virtù del fatto che, la valutazione di inammissibilità del giudice competente ha una cognizione che può spingersi anche nell’esame del merito dell’azione e nel rispetto principio “ne bis in idem” .
Le sezioni unite precisano in ogni caso che il provvedimento di inammissibilità non è opponibile invece agli altri appartenenti alla “classe” rimasti estranei alla precedente iniziativa giudiziaria, il che dunque non ne esclude la riproponibilità dai medesimi in un differente giudizio.
Nato a Napoli nel 1993, studente presso la Federico II e iscritto all’ultimo anno di Giurisprudenza.
Molto interessato alle materie processuali con profili sia civilistici che penali, concluderà il percorso universitario con una tesi sul “Giudizio in Appello”.
Collaboratore dell’area contenzioso, cerca di coniugare un’esposizione che sia tecnica ma al contempo scorrevole ed efficace.