giovedì, Dicembre 12, 2024
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Tax Ruling – Le imposte al miglior “offerente”

Nel 2014 lo scandalo Luxleaks portò alla luce un complesso sistema di agevolazioni fiscali concesse dal Lussemburgo ad una nutrita serie di grandi gruppi societari multinazionali ( ad es. Ikea, Amazon, Pepsi, Starbucks) allo scopo di incentivare la loro presenza sul territorio nazionale. Nel mirino dell’inchiesta vi entrò anche un presunto accordo fiscale risalente al 2012 tra le autorità tributarie del Lussemburgo ed il braccio finanziario del gruppo Fiat, Fiat finance and trade, al fine di permettere al Lingotto di essere soggetto ad un regime impositivo con un’aliquota irrisoria, spesso inferiore all’1% dell’imponibile.

In tale contesto è emersa la pratica del cd. “tax ruling”, una sorta di accordo preventivo che intercorre tra le autorità fiscali dei paesi UE e le imprese, finalizzato a fornire a queste ultime tutte le informazioni circa le modalità con cui verranno calcolate le imposte in ambito societario ed i prezzi di trasferimento di beni e servizi tra imprese.

Il tax ruling permette alle grandi aziende di avere certezza giuridica circa l’ammontare dell’importo e le modalità di calcolo della tassazione che verrà loro applicata. Tale procedura si è rivelata particolarmente utile per i grandi gruppi societari, capaci, in questo modo, di attuare una “pianificazione fiscale” estremamente dettagliata ed aggressiva, volta principalmente a consentirgli di versare imposte quasi nulle spostando gli utili prodotti verso paesi che hanno “offerto” loro un regime di tassazione particolarmente vantaggioso.

Il perno di tale strategia fiscale ruota sulla possibilità per ogni paese di delineare specifiche discipline in tema di tax ruling da applicare alle imprese, permettendo a queste ultime di sfruttare la complessità dei sistemi fiscali e le lacune comunicative tra ordinamenti per approfittare del sistema più vantaggioso e minimizzare l’importo delle imposte sugli utili societari.

I dati sono significativi: dal rapporto stilato dalla rete Eurodad sulla base dei dati forniti dalla Commissione europea, si evince come si sia passati dai 547 accordi di tax ruling del 2013, ai 1440 del 2015. I paesi europei dove si registra il maggior numero di accordi fiscali di tale tipo sono il Belgio ed il Lussemburgo, non scalfito dalle vicende relative al caso Luxleaks.

Il legislatore europeo, con una prima direttiva del 2011 (2011/16/UE) dettata in tema di cooperazione amministrativa nel settore fiscale, ha cercato di affrontare le possibili criticità di tale situazione prevedendo un sistema di scambio automatico di informazioni sui ruling fiscali transfrontalieri e sugli accordi preventivi in materia di prezzi di trasferimento, con l’obbiettivo di accrescere il livello di cooperazione tra gli stati europei e favorire la trasparenza di tali accordi. La direttiva in esame ha avuto il merito di porre l’accento sulla necessità di ridurre la possibilità di una pianificazione fiscale aggressiva da parte delle grandi realtà aziendali con lo scopo di eludere le imposte sulle società, permettendo attraverso lo strumento dello scambio di informazioni, una maggior cooperazione fiscale nell’area europea.

Ma la misura, incentrata su un meccanismo di adesione facoltativa alle procedure di cooperazione, si è dimostrata nel tempo incapace di arginare la crescente dimensione del fenomeno del tax ruling e la propensione di alcuni paesi a favorire tali accordi segreti al fine di divenire polo di attrazione fiscale per le grandi realtà societarie europee e mondiali. Così, da ultimo, nel dicembre del 2015, il Consiglio ha adottato una nuova direttiva (2015/2376/UE) che rende obbligatorio ed automatico lo scambio di informazioni sui tax ruling tra stati membri, prevedendo inoltre a loro carico l’onere di inviare un regolare rapporto trimestrale sullo scambio di informazioni e di rispondere alle eventuali richieste ulteriori provenienti dagli altri stati membri. La Commissione europea ha inoltre previsto la possibilità di creare un repertorio centrale dove archiviare tutte le informazioni relative agli accordi fiscali intercorsi tra società e stati.

La direttiva (le cui disposizioni sono entrate in vigore il 1 gennaio 2017) disciplina infine la possibilità per gli stati membri di escludere dall’obbligo di scambio di informazioni i tax ruling emanati in favore di imprese con un fatturato annuo netto minore di 40 milioni di euro (ad esclusione delle imprese che si occupano di investimenti ed attività finanziarie). La disciplina in esame è coerente con le indicazioni emanate dall’OCSE in materia di contrasto ai fenomeni di erosione della base imponibile e con i risultati raggiunti dal G20 di Antalya del novembre 2015.

La ratio di tale percorso normativo è chiara: evitare che i grandi gruppi societari, attraverso una pianificazione fiscale aggressiva, trasferiscano gli utili imponibili in paesi con un regime impositivo più vantaggioso, erodendo così la base imponibile ed alterando la concorrenza all’interno del mercato unico, con possibili e gravissimi effetti sulla stabilità economica e fiscale europea.

Rossana Grauso

Studentessa della facoltà di giurisprudenza dell'Università degli studi di Napoli "Federico II" e tesista in diritto finanziario, è socia di Elsa Napoli. Appassionata di tributaristica e diritto del lavoro, prende parte al progetto "Ius in Itinere" a giugno 2016, divenendone nel gennaio 2017 responsabile dell'area di diritto tributario e diritto del lavoro. Dall'ottobre 2017 è collaboratore editoriale per AITRA - Associazione Italiana Trasparenza ed Anticorruzione. Nel futuro, un master in fiscalità d'impresa e contrattualistica internazionale. Email: rossana.grauso@iusinitinere.it

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