Crisi ucraina: l’accoglienza dei profughi tra obblighi di fonte UE e discrezionalità statale
Nell’ora più buia[1] del rispetto dei diritti umani, la ricerca di asilo costituisce da sempre il primo barlume di speranza. L’ondata di sfollati che sta interessando l’Europa in seguito al recente deflagrare del conflitto armato in Ucraina e al suo rapido deterioramento è chiaro indice dell’inscindibile e storico legame tra violazione dei diritti fondamentali e richiesta di protezione internazionale: «by the time massive abuses of human rights occur, the chances of averting refugee flows are slim»[2].
La crisi umanitaria ucraina in corso è l’effetto dell’occupazione dell’Ucraina orientale da parte delle forze russe, formalmente iniziata il 24 febbraio 2022 (pur trattandosi di un conflitto ben più radicato nel tempo[3]). Nonostante le prime evacuazioni di civili fossero state disposte già da metà febbraio per la popolazione ucraina residente nelle repubbliche separatiste di Luhansk e Donetsk, l’afflusso di profughi più massiccio ha avuto luogo in seguito all’offensiva militare su Kiev, lanciata nei giorni seguenti. La grave violazione dell’integrità territoriale, indipendenza e sovranità ucraina, lungi dal rappresentare – nelle parole del Cremlino – una mera “operazione militare speciale”, si è tramutata, nell’arco di pochi giorni, in una guerra efferata e di larga scala, tanto per l’estensione dei territori occupati (che ricomprendono – nel momento in cui si scrive – l’intera curva orientale dell’Ucraina dal nord di Kiev al sud di Odessa), quanto per gli obiettivi colpiti (da militari a civili). A seguito dell’instabilità che colpisce il Paese, non a caso, l’Ucraina è stata temporaneamente sospesa dall’elenco dei c.d. Paesi di origine sicuri fino al 31 dicembre 2022[4].
All’aggressione militare è così inevitabilmente seguito l’esodo della popolazione ucraina, con conseguente eccezionale pressione migratoria alle frontiere orientali dell’Unione europea. Si stima infatti che, nel peggiore dei casi, l’afflusso di sfollati dall’Ucraina possa raggiungere la quota di 6,5 milioni di persone[5]. Dati UNHCR confermano l’avvenuta fuga di più di 5,3 milioni di persone dall’Ucraina, a cui si aggiungono più di 7,7 milioni di sfollati interni, per un totale di quasi 13 milioni di sfollati[6]. Si tratta di dati che lasciano presagire il rapido raggiungimento dei picchi migratori ipotizzati in seno al Consiglio[7], nonché un inevitabile ingolfamento dei sistemi di accoglienza UE che sarebbero in grado di garantire una capacità di appena 310 000 posti – chiaramente inadatta a sopportare una pressione migratoria che non può che intensificarsi[8].
L’attivazione della protezione temporanea
L’esodo di massa dall’Ucraina è di tale intensità da non poter essere gestito efficacemente tramite le normali pratiche di asilo, eccessivamente lunghe e laboriose anche in periodi di flussi migratori non straordinari. Si noti, inoltre, che l’Ucraina figura nell’elenco dei Paesi con “esenzione di visto” in area Schengen[9]: i cittadini ucraini avrebbero dunque accesso ai paesi dell’Area senza dover presentare alcun visto all’attraversamento delle frontiere esterne. Tuttavia, il loro status all’interno dell’UE non garantisce l’accesso al lavoro, alla sanità e ad altri servizi fondamentali per la loro protezione, durante quello che potrebbe essere un conflitto prolungato[10]. La migliore prospettiva di accoglienza, sia in termini di celerità procedimentale, che di tutela sostanziale dei diritti dei profughi, risulta pertanto essere l’attivazione della protezione temporanea per “afflusso massiccio di sfollati”, disciplinata, in area europea, dalla Direttiva 2001/55/CE (c.d. direttiva sfollati[11]), adottata nel 2001 da una Comunità europea memore dei conflitti in Ex Jugoslavia e in Kosovo.
A seguito dei numerosi appelli da parte di organismi di difesa dei diritti umani, il 4 marzo 2022 il Consiglio dell’Unione europea, su proposta della Commissione[12], ha adottato la Decisione 2022/382[13] (in seguito, la “Decisione”) concernente l’attivazione della protezione temporanea, accertando così l’effettiva esistenza di un “afflusso massiccio di sfollati” in fuga dall’Ucraina a seguito del dilagare del conflitto armato, in conformità a quanto previsto ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2001/55/CE. La Decisione è stata attuata in Italia con DPCM del 28 marzo 2022[14] e si applica retroattivamente, a far data dal 24 febbraio 2022. Il Consiglio non ha previsto un termine esatto della protezione stessa, motivo per cui si considera la durata di almeno un anno dalla data di inizio, prorogabile di sei mesi in sei mesi, per un periodo massimo di un (ulteriore) anno[15].
L’attivazione della protezione temporanea costituisce un unicum nella storia dei movimenti di profughi che hanno interessato l’area europea: sin dall’entrata in vigore della direttiva sfollati nel 2001, l’UE ha visto il susseguirsi di numerose crisi umanitarie, tra cui quella siriana, in corso dal 2011, quella libica e tunisina del 2011, quella ucraina del 2014, e, non da ultimo, quella afgana del 2021. In ciascuno di questi casi di afflusso massiccio di sfollati, tuttavia, la protezione temporanea non è inspiegabilmente mai stata attivata[16], nonostante le crisi precedenti abbiano registrato quote pari o superiori[17] di sfollati rispetto all’attuale contesto ucraino, nonché situazioni di conflitto armato non meno critico e dilagante.
La protezione temporanea, di cui all’art. 2, lett. a, della Direttiva sfollati, si configura quindi come un sistema di reazione rapida (di c.d. “tutela immediata e temporanea”) avverso ingenti flussi di migranti forzati, attivabile “qualora vi sia anche il rischio che il sistema d’asilo non possa far fronte a tale afflusso senza effetti pregiudizievoli per il suo corretto funzionamento, per gli interessi delle persone di cui trattasi e degli altri richiedenti protezione”. Si tratta, invero, di una protezione che coinvolge due differenti esigenze: la necessità di tutelare in maniera rapida e temporanea i diritti di soggetti la cui sicurezza e integrità è posta a rischio e l’esigenza di evitare il collasso di sistemi di accoglienza già fragili. Una volta emanata la Decisione del Consiglio, la protezione temporanea esplica i suoi effetti erga omnes, in tutti gli Stati membri, a prescindere dal fatto che la sua attivazione sia stata approvata o meno all’unanimità. Nel caso di specie, la Decisione 2022/382 si applica all’Irlanda, ma non alla Danimarca, in virtù dell’opt-out dal sistema europeo comune di asilo (SECA)[18].
Una volta attivata la protezione, gli Stati membri sono tenuti all’applicazione delle disposizioni insite nella Direttiva sfollati, fatto salvo un regime di particolare favor e di maggiori tutele che gli Stati possono prevedere a livello interno[19]. Resta ferma, in ogni caso, la possibilità per gli Stati di fruire del supporto finanziario dell’Unione per fare fronte alle spese derivanti dall’attivazione della protezione temporanea[20].
A chi si applica la protezione temporanea?
La Direttiva mira a tutelare i c.d. “sfollati”, intesi come “i cittadini di paesi terzi o apolidi che hanno dovuto abbandonare il loro paese o regione d’origine o che sono stati evacuati, in particolare in risposta all’appello di organizzazioni internazionali, ed il cui rimpatrio in condizioni sicure e stabili risulta impossibile a causa della situazione nel paese stesso, anche rientranti nell’ambito d’applicazione dell’articolo 1A della convenzione di Ginevra o di altre normative nazionali o internazionali che conferiscono una protezione internazionale, ed in particolare: i) le persone fuggite da zone di conflitto armato o di violenza endemica; ii) le persone che siano soggette a rischio grave di violazioni sistematiche o generalizzate dei diritti umani o siano state vittime di siffatte violazioni” (cfr. art. 2, lett. c, Direttiva 2001/55/CE).
Nel caso di specie, il Consiglio ha inteso estendere l’ambito soggettivo di applicazione della Decisione 2022/382 a tre categorie di profughi dall’Ucraina:
- ai cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022[21];
- ai cittadini di Stati terzi o apolidi che beneficiavano della protezione internazionale o di protezione equivalente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022;
- ai familiari delle persone indicate alle lett. a) e b), ove per familiare si intende: il/la coniuge (o partner in una relazione stabile, se la legislazione o la prassi dello Stato membro interessato assimila coppie di fatto e coppie sposate nel quadro della legge sugli stranieri); i figli minori (legittimi, naturali o adottati) del richiedente o del coniuge (sembrerebbe non del partner di fatto); oppure altri parenti stretti che vivevano insieme come parte del nucleo familiare nel periodo in cui gli eventi hanno determinato l’afflusso massiccio e che erano totalmente o parzialmente dipendenti dal richiedente il ricongiungimento in tale periodo.
- ai cittadini di Paesi terzi o apolidi che soggiornavano legalmente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 sulla base di un permesso di soggiorno permanente valido rilasciato conformemente al diritto ucraino e che non possono ritornare in condizioni sicure e stabili nel proprio paese o regione di origine. Nei confronti di questa categoria, gli Stati membri possono applicare alternativamente la protezione temporanea o un’altra “protezione adeguata” sulla base del diritto interno[22].
L’ambito di applicazione soggettivo della Decisione sembra così non estendersi automaticamente ai cittadini di paesi terzi o apolidi che soggiornavano in Ucraina sulla base di un permesso di soggiorno non permanente (ad esempio, per motivi di studio o lavoro). Tali soggetti, tuttavia, dovrebbero comunque essere ammessi nell’Unione “per motivi umanitari” senza richiedere loro, in particolare, il possesso di un visto in corso di validità, la prova di mezzi di sussistenza sufficienti o di documenti di viaggio validi, onde garantire loro un passaggio sicuro al fine del ritorno nel paese o nella regione di origine.
Ai fini dell’ammissione, i richiedenti protezione temporanea devono dimostrare di soddisfare i relativi criteri di ammissibilità “presentando i documenti pertinenti alle autorità dello Stato membro interessato” (considerando n. 12 della Decisione).
Restano in ogni caso esclusi dalla protezione temporanea i soggetti rientranti nelle c.d. cause di esclusione previste già per la protezione internazionale[23]. L’ordinamento italiano ha infine ampliato il novero dei soggetti esclusi, prevedendo la possibilità di respingere la domanda di protezione temporanea anche quando sussistano motivi ragionevoli per considerare il richiedente un “pericolo per la sicurezza dello Stato”, ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del TUI[24].
Quali diritti sono riconosciuti ai beneficiari di protezione temporanea?
La protezione temporanea si configura come una tutela eccezionale e, pertanto, limitata nel tempo: i diritti scaturenti da essa rivestirebbero piuttosto un carattere di “benefici concessi” temporaneamente (così dispone la Direttiva), che di veri e propri “diritti soggettivi fondamentali”, i quali sono invece previsti per le forme più intense di protezione internazionale (status di rifugiato e protezione sussidiaria), di cui lo straniero è (potenzialmente) già titolare, e che lo Stato è semplicemente chiamato a riconoscere[25]. Si badi, nondimeno, che la concessione della protezione temporanea non impedisce la presentazione contestuale di una domanda di asilo (art. 17 della Direttiva) ma, in tale ipotesi, l’esame della richiesta, che può anche essere differito oltre il termine di scadenza della protezione temporanea – come avviene per il caso italiano[26] – soggiace agli ordinari criteri di competenza di cui al reg. (UE) n. 604/2013 (Regolamento Dublino III). Resta tuttavia salva la possibilità, per gli Stati, di escludere, in capo a un medesimo individuo, la contemporanea titolarità dello status di titolare di protezione temporanea e di richiedente protezione internazionale (art. 19 della Direttiva). Per quanto attiene all’ordinamento italiano, il decreto attuativo della Decisione 2022/382 (DPCM del 28 marzo 2022) prevede infine che “[…] il riconoscimento della protezione internazionale preclude l’accesso al beneficio della protezione temporanea”.
Ciò premesso, i titolari di protezione temporanea possono godere di vari diritti riconosciuti dalla Direttiva, fatta salva la possibilità per gli Stati membri di applicare agli sfollati condizioni più favorevoli. Tra i principali benefici concessi ai titolari della protezione rientrano:
- un titolo di soggiorno valido per l’intera durata della protezione stessa. All’occorrenza, gli Stati membri forniscono alle persone ammesse ad entrare nel loro territorio ai fini della protezione temporanea qualsiasi agevolazione utile per ottenere i visti prescritti, compresi i visti di transito. Le formalità (nonché i costi) devono essere ridotte al minimo in considerazione della situazione d’urgenza;
- la possibilità di esercitare qualsiasi attività di lavoro subordinato o autonomo, per un periodo non superiore alla durata della protezione, nonché di accedere ad istruzione e formazione professionale. Ciò non equivale, tuttavia, alla concessione di un canale di accesso prioritario per i beneficiari: per ragioni legate alle politiche in materia di mercato del lavoro, invero, gli Stati membri possono dare priorità ai cittadini dell’UE o di Stati vincolati all’accordo sullo Spazio economico europeo, nonché ai cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti[27];
- il diritto di essere “adeguatamente alloggiato” o di ricevere, se necessario, i mezzi per ottenere un’abitazione;
- gli “aiuti necessari”, per coloro che non dispongano di risorse sufficienti, in termini di assistenza sociale, contributi al sostentamento e cure mediche (ivi incluse, quantomeno, le prestazioni di pronto soccorso ed il trattamento essenziale delle malattie), nonché assistenza socio-sanitaria per coloro che presentino esigenze particolari (quali i minori non accompagnati e le persone che abbiano subito torture, stupri o altre gravi forme di violenza psicologica, fisica o sessuale)[28];
- il diritto, per i soggetti minorenni, di accedere al sistema educativo al pari dei cittadini dello Stato membro ospitante – accesso che può, tuttavia, essere limitato al sistema educativo pubblico.
La Direttiva non riconosce un generico e pieno diritto di libera circolazione intra-UE ai titolari di protezione temporanea. La Decisione 2022/382 prevede che i cittadini ucraini possano fare ingresso nel territorio dell’Unione, circolandovi liberamente, per un periodo massimo di 90 giorni, il che comporta il diritto dei cittadini ucraini di scegliere lo Stato membro in cui fare ingresso ai fini della richiesta di permesso di soggiorno per protezione temporanea. Così disponendo, essa sembra tuttavia escludere da un simile diritto le altre categorie di beneficiari della protezione internazionale, segnatamente: i cittadini di paesi terzi beneficiari di protezione internazionale in Ucraina, gli apolidi e i familiari di cittadini ucraini provenienti da paesi terzi. Il diritto di eleggere il paese in cui richiedere la protezione (quantomeno per i cittadini ucraini), mosso dalla ratio di facilitare il raggiungimento di amici, conoscenti e parenti, permette di alleviare la pressione migratoria incombente sui paesi di frontiera, superando così uno dei maggiori nodi del sistema europeo comune di asilo e, in particolare, del Regolamento Dublino III.
Il diritto di libera circolazione all’interno dello spazio UE è, dunque, soggettivamente e temporalmente limitato. Una volta rilasciato il permesso di soggiorno per protezione temporanea, l’individuo beneficiario non ha il diritto di stabilirsi in altro Stato membro, né di svolgervi attività lavorativa, ma “dovrebbe poter avvalersi dei diritti derivanti dalla protezione temporanea solo nello Stato membro che ha rilasciato il titolo” (considerando n. 16 della Decisione).
Le singole misure di accoglienza: il caso italiano
Posta la vincolatività erga omnes dell’attivazione della protezione temporanea, la prassi dei singoli Stati ha visto l’adozione di diversi modelli di accoglienza, nonché di diversi approcci – più o meno criticabili – nel ripartire e gestire la popolazione sfollata.
Il DPCM del 28 marzo 2022 ha disciplinato nell’ordinamento italiano le misure attuative della protezione temporanea attivata dal Consiglio. Sul piano tecnico-operativo, invece, hanno assunto rilevanza le ordinanze del Capo del Dipartimento della Protezione Civile (OCDPC), regolanti le materie più specifiche dell’assistenza sanitaria per i profughi e della prevenzione della diffusione dei contagi, delle agevolazioni nel trasporto ferroviario, autostradale e marittimo, della donazione di beni finalizzati al soccorso ed all’assistenza alla popolazione, e, non da ultimo, del modello di accoglienza diffusa adottato.
L’emergenza profughi dall’Ucraina è coordinata, sul territorio nazionale, dalla neo-istituita “Direzione di Comando e Controllo” (DiComaC), che svolge attività di supporto tecnico, operativo, organizzativo, logistico ed amministrativo al Capo del Dipartimento[29].
L’Esecutivo ha disposto l’adozione del modello di c.d. accoglienza diffusa, che prevede la conclusione di accordi di partenariato con i Comuni, nonché la pubblicazione di avvisi da parte del Dipartimento di Protezione Civile, rivolti a “enti del Terzo settore, ai Centri di servizio per il volontariato, agli enti e alle associazioni iscritte al registro di cui all’articolo 42 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e agli enti religiosi civilmente riconosciuti” per lo svolgimento, anche in forma aggregata, di attività di accoglienza diffusa sul territorio nazionale a beneficio delle persone richiedenti la protezione temporanea, nel limite massimo di 15.000 unità ospitabili.
Ai richiedenti protezione temporanea che abbiano trovato autonoma sistemazione sarà inoltre riconosciuto un contributo di sostentamento paro a 300 euro mensili pro capite, per la durata massima di tre mesi dall’ingresso, a cui si aggiungono eventuali 150 euro per ciascun figlio di età inferiore ai 18 anni. Ciò vale unicamente per chi abbia trovato alloggio autonomo, e non per coloro che abbiano usufruito di assistenza alloggiativa a carico di fondi pubblici[30].
Conclusioni
Il conflitto ucraino è il prevedibile risultato dell’adozione ultradecennale di politiche che, lungi dal costruire la pace, hanno a contrario predisposto un campo fertile per il conflitto, tra commercio di armi e alimentazione di confronti muscolari, con retoriche militari che speravamo fossero ormai abbandonate dal discorso politico.
A pagare il prezzo di tali politiche sono, ancora una volta, le popolazioni civili, i cui diritti non finiscono di essere violati ai confini nazionali, ma si ritrovano calpestati anche nella ricerca di asilo, come attestato dai paesi del gruppo Visegrád. A ciò si aggiunga la discriminazione della popolazione civile ucraina detenuta (in particolare, in centri di trattenimento per immigrati, i “PTPI”), che in molti casi non ha avuto modo di abbandonare le zone del conflitto, come nel caso dei detenuti presso il centro di “Volyn PTPI”[31]. Ciò si pone in palese contrasto con l’art. 58 (c) del Protocollo n. 1 alla Convenzione di Ginevra, che impone la tutela dell’intera popolazione civile coinvolta in un conflitto[32].
Gli spargimenti di sangue della popolazione civile e la penalizzazione delle minoranze attestano così, ancora una volta, che la guerra non fa distinzioni, ma la politica sì.
[1] Il riferimento è alla “Darkest hour”, con cui è spesso designato il Secondo conflitto mondiale. La locuzione è attribuibile a W. Churchill, che l’avrebbe menzionata in uno dei suoi celebri discorsi alla Nazione.
[2] Cfr. United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR), The State of The World’s Refugees 1993: The Challenge of Protection, 01 gennaio 1993.
[3] Il conflitto russo-ucraino ha visto negli anni passati il susseguirsi di numerose escalation di violenze, che hanno condotto a gravi crisi umanitarie e gross violations dei diritti umani. Il presente contributo non intende, tuttavia, incentrarsi sulla genesi del conflitto, volendosi limitare all’analisi delle ripercussioni dell’attuale conflitto armato sul sistema di asilo europeo.
[4] Cfr. Art. 1 del Decreto del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, del 9 marzo 2022, Revisione della lista dei Paesi sicuri per i richiedenti protezione internazionale, G.U. Serie Generale n.59 del 11-03-2022: “L’applicazione dell’art. 1 del decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale 4 ottobre 2019, citato in premessa, è sospesa fino al 31 dicembre 2022, limitatamente all’Ucraina”. Si ricorda che la designazione di uno Stato nell’elenco dei Paesi di origine sicuri, ai sensi del d.lgs. 25/2008, produce precisi effetti giuridici previsti dallo stesso d. lgs. n. 25/2008 e s.m.i., nella condizione giuridica individuale dei cittadini di quegli Stati e degli apolidi ivi residenti, che presentino in Italia domanda di protezione internazionale. In via generale, è possibile affermare che l’inclusione di un Paese all’interno della lista comporta una presunzione relativa (superabile con specifica prova) di sicurezza per la generalità dei cittadini di tale Paese, con conseguente possibilità di godere di sufficiente protezione all’interno di tale Paese. Conseguentemente comporta la presunzione (sempre relativa) che l’istanza di protezione internazionale presentata in Italia sia “manifestamente infondata”. Cfr. ASGI, Nota di commento del decreto del ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale del 4 ottobre 2019 sull’elenco dei paesi di origine sicuri, 27 novembre 2019.
[5] Cfr. Decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del Consiglio del 4 marzo 2022, che accerta l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2001/55/CE e che ha come effetto l’introduzione di una protezione temporanea, considerando n. 6.
[6] Si veda: UNHCR, Operational data portal (Ukraine refugee situation), disponibile in: https://data2.unhcr.org/en/situations/ukraine. Altrettanto interessanti sono le analisi contenute in: IOM, Ukraine Internal Displacement Report General Population Survey Round 2, 1 aprile 2022, disponibile in: https://displacement.iom.int/reports/ukraine-internal-displacement-report-general-population-survey-round-2-24-march-1-april.
[7] International Organization for Migration (IOM), Ukraine: IOM response 2022, disponibile: https://www.iom.int/ukraine-iom-response-2022
[8] Cfr. Decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del Consiglio del 4 marzo 2022, che accerta l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2001/55/CE e che ha come effetto l’introduzione di una protezione temporanea, considerando n. 20: «[…] Finora, sulla base delle informazioni comunicate da alcuni Stati membri nell’ambito della rete dell’UE per la preparazione e per la gestione delle crisi nel settore della migrazione, le capacità di accoglienza, in aggiunta alla capacità di assorbimento della diaspora ucraina residente nell’Unione, sono pari a oltre 310 000 posti».
[9] Cfr. Regolamento (UE) 2018/1806 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (GU L 303 del 28.11.2018, pag. 39).
[10] In particolare, i cittadini ucraini sono esenti dall’obbligo del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri per “soggiorni la cui durata globale non sia superiore a 90 giorni su un periodo di 180 giorni”. Si comprende, quindi, come tale garanzia sia insufficiente per un conflitto suscettibile di prolungarsi ad oltranza.
[11] Direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi, G.U. n. L 212 del 07/08/2001 pag. 0012 – 0023. Come esplicitato dalla Commissione europea, “Tale direttiva era stata adottata all’indomani del conflitto nell’ex Jugoslavia, quando per la prima volta dopo la Seconda guerra mondiale l’Europa si era trovata di fronte a numeri massicci di sfollati in varie parti dell’Europa a causa di un conflitto in Europa. La direttiva era stata concepita specificamente per promuovere un equilibrio degli sforzi per gestire congiuntamente gli spostamenti massicci di sfollati all’interno dell’Europa mediante la concessione immediata di protezione alle persone in fuga dalla guerra, evitando in tal modo di sovraccaricare i sistemi di asilo degli Stati membri. Le misure previste dalla direttiva sulla protezione temporanea e le misure nazionali di esecuzione consentirebbero agli Stati membri di gestire i flussi di sfollati in fuga dall’Ucraina in modo controllato ed efficace, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e degli obblighi internazionali”. (Cfr. Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio (vedi infra).
[12] Proposta di Decisione di esecuzione del Consiglio del 2 marzo 2022, che accerta l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20 luglio 2001 e che ha come effetto l’introduzione di una protezione temporanea. L’attivazione della protezione temporanea è subordinata al fatto che il Consiglio UE, su proposta della Commissione, accerti con decisione adottata a maggioranza qualificata, l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati (art. 5 co. 1). Detta decisione da parte del Consiglio determina l’attivazione della protezione temporanea, per un periodo definito, in tutti gli Stati membri (art. 5 co. 3). Cfr. ASGI, La protezione temporanea per le persone in fuga dall’Ucraina, Scheda aggiornata al 7.03.2022, disponibile in:
[13] Decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del Consiglio del 4 marzo 2022 che accerta l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2001/55/CE e che ha come effetto l’introduzione di una protezione temporanea.
[14] Sul piano interno, il Governo italiano ha dato attuazione alla Decisione 2022/382 tramite DPCM del 28 marzo 2022, previsto dall’Art. 20 del T.U.I., e dall’art. 3 del d.lgs. 7 aprile 2003, n. 85, che costituisce norma interna di recepimento della Direttiva 2001/55/CE. Il testo del DPCM è disponibile in: https://images.go.wolterskluwer.com/Web/WoltersKluwer/%7Bb148a8e9-d3c0-4f70-845f-d7816ef4ea73%7D_dpcm-ucraina-profughi-marzo-2022.pdf?_ga=2.227594717.1377812498.1648815268-1528829119.1583249534&_gl=1%2A1kh2uzm%2A_ga%2AMTUyODgyOTExOS4xNTgzMjQ5NTM0%2A_ga_B95LYZ7CD4%2AMTY0ODgxNTI2Ny45LjAuMTY0ODgxNTI2Ny4w
[15] Cfr. Considerando n. 21 della Decisione.
[16] Cfr. H. Deniz Genç, N. Aslı Şirin Öner, Why not Activated? The Temporary Protection Directive and the Mystery of Temporary Protection in the European Union, in International Journal of Political Science & Urban Studies, 1 marzo 2019, ISSN 2630-6263, DOI: 10.14782/ipsus.539105.
[17] In particolare, il numero di persone fuggite dalla Siria dall’inizio della crisi ammonta, ad oggi, a più di 5,7 milioni di persone (UNHCR, Syria Regional Refugee Response, disponibile in: , mentre i profughi afgani da inizio crisi ammonterebbero attualmente a 3,4 milioni di persone (UNHCR, Afghanistan situation, disponibile in: .
[18] Cfr. Considerando nn. 25 e 26 della Decisione. Si noti, tuttavia, che la Danimarca ha adottato una legge interna che ricalca sostanzialmente le misure adottate a livello europeo. Per un approfondimento, si veda: European Commission, website on integration, New Danish law for those fleeing Ukraine mirrors EU Temporary Protection Directive, 16 marzo 2022, disponibile in: https://ec.europa.eu/migrant-integration/news/new-danish-law-those-fleeing-ukraine-mirrors-eu-temporary-protection-directive_en .
[19] Cfr. Considerando n. 17 della Decisione.
[20] Cfr. Considerando n. 22 della Decisione.
[21] Tale disposizione è ad oggi foriera di critiche da più movimenti e organismi di tutela dei diritti umani, che premono per un’estensione dell’ambito di applicazione ratione personae della protezione temporanea anche a coloro che non risultino residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022.
[22] A tal proposito, si sottolinea la prassi di alcuni paesi appartenenti al gruppo Visegràd (in particolare, Polonia e Ucraina) di operare distinzioni irragionevoli (discriminazioni) nei confronti dei cittadini di paesi terzi residenti in Ucraina in virtù di un valido titolo di soggiorno. Alcuni organismi di monitoraggio hanno riportato di casi in cui tali individui (in particolare, di etnia africana e asiatica) sono stati respinti alle frontiere nazionali polacche (e quindi anche dell’UE). Si tratta di una prassi fermamente condannata dalla comunità internazionale, che vìola non solo il diritto internazionale umanitario, che impone di tutelare qualsiasi civile che fugga dalla guerra, ma anche ed in particolare il divieto di non discriminazione sulla base della nazionalità e della razza, in aggiunta al divieto di non respingimento o non refoulement verso un paese presso il quale il soggetto in questione corra il rischio di subire tortura o trattamenti inumani e degradanti – principio cardine della Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati, nonché corollario dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Il respingimento alla frontiera, congiuntamente ad altre forme di discriminazione (quali l’accesso preliminare alle vie di fuga ai cittadini Ucraini, nonché il pagamento, solo nei confronti dei residenti di Paesi terzi, dei trasporti in uscita dall’Ucraina – che dovrebbe essere, invece, gratuito) costituiscono un double standard allarmante, segno della distinzione irragionevole, operata da alcuni paesi europei, tra migranti “di serie A” e migranti “di serie B”. Esemplari sono, in tal senso, le parole del Primo ministro ungherese Viktor Orbán: “we are able to tell the difference between who is a migrant and who is a refugee. Migrants are stopped. Refugees can get all the help”. Cfr. Olivia Konotey-Ahulu, Ukraine Crisis Highlights Europe’s History of Treating Some Refugees Differently, in Bloomberg, 10 marzo 2022, disponibile in: https://www.bloomberg.com/news/articles/2022-03-10/refugees-of-color-fleeing-ukraine-are-being-met-with-discrimination-delay
[23] Ad esempio, potrà essere negato il beneficio della protezione temporanea qualora sussistano fondati motivi per ritenere che il soggetto in questione abbia commesso, prima dell’arrivo nello Stato membro ospitante, crimini di diritto internazionale (crimini contro la pace, crimini di guerra o crimini contro l’umanità, quali definiti dagli strumenti internazionali pertinenti). Cfr. Casu S., Diritto d’asilo e protezione internazionale: lo status di rifugiato, in Ius in itinere, 30 gennaio 2020, disponibile in: https://www.iusinitinere.it/diritto-dasilo-e-protezione-internazionale-lo-status-di-rifugiato-25324
[24] Cfr. DPCM del 28 marzo 2022, art. 4, co. 1.
[25] Cfr. ASGI, op. cit.
[26] Ai sensi del comma 2 dell’art. 3 del DPCM del 28 marzo 2022, infatti, “L’esame e la decisione della domanda di protezione internazionale […] sono differiti alla cessazione della protezione temporanea […]”.
[27] N.B.: si applica la normativa vigente negli Stati membri in materia di retribuzione, di accesso ai regimi di sicurezza sociale connessa all’attività di lavoro dipendente o autonomo, nonché di ogni altra condizione di lavoro.
[28] L’ordinamento italiano ha previsto, ad esempio, che dalla presentazione della richiesta di permesso di soggiorno per protezione temporanea sia assicurata agli sfollati l’assistenza sanitaria sul territorio nazionale, previa iscrizione nelle ASL di domicilio per l’attribuzione del medico di base.
[29] Decreto del Capo Dipartimento dell’11 marzo 2022 – Emergenza Ucraina: composizione e funzionamento della Direzione di Comando e Controllo (DiComaC).
[30] OCDPC n. 881 del 29 marzo 2022 – Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per assicurare, sul territorio nazionale, l’accoglienza, il soccorso e l’assistenza alla popolazione in conseguenza degli accadimenti in atto nel territorio dell’Ucraina G.U. n. 77 del 1° aprile 2022.
[31] Cfr. Global detention project, Ukraine country report, disponibile in: https://www.globaldetentionproject.org/countries/europe/ukraine.
[32] A detta di tale articolo: “In tutta la misura praticamente possibile, le Parti in conflitto: […] prenderanno le altre precauzioni necessarie per proteggere contro i pericoli derivanti da operazioni militari la popolazione civile, le persone civili e i beni di carattere civile che si trovano sotto il loro controllo”.
Silvia Casu, nata a Varese nel 1995, ha conseguito il diploma di maturità in lingue straniere nel 2014, che le ha permesso di avere buona padronanza della lingua inglese, francese e spagnola.
Iscritta al quinto anno preso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano Statale, ha sviluppato un vivo interesse per la materia internazionale pubblicistica e privatistica, nonché per la cooperazione legale comunitaria, interessi che l’hanno portata nel 2017 ad aprirsi al mondo della collaborazione nella redazione di articoli di divulgazione giuridica per l’area di diritto internazionale di Ius in Itinere.
Attiva da anni nel volontariato e nell’associazionismo, è stata dal 2014 al 2018 segretaria e co-fondatrice di un’associazione O.N.L.U.S. in provincia di Varese; è inoltre socio ordinario dell’ Associazione Europea di Studenti di Legge “ELSA” , nella sezione locale – Milano.