domenica, Ottobre 13, 2024
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Visto e piaciuto – Nessuna garanzia per i vizi?

Una delle obbligazioni poste a carico del venditore è la garanzia per i vizi della cosa venduta.
Nel nostro ordinamento tale garanzia è prescritta dall’art. 1490 c.c. in forza del quale “ il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore”. Alla predetta norma si aggiunge, nei casi di vendita a consumatori, il Codice del Consumo (d.lgs. 206/2005) che agli artt. 128 e ss. individuano le garanzie legali di conformità e commerciali per i beni di consumo poste a carico del venditore professionista.
È bene rilevare che le prescritte garanzie operano sia nelle vendite che hanno ad oggetto beni nuovi sia in quelle di beni usati.

La clausola visto e piaciuto
Salvo le esclusioni ex lege (art. 1491 c.c.) previste quando l’acquirente ben conosca i vizi o nei casi in cui gli stessi siano facilmente riconoscibili, la garanzia in parola può essere oggetto di deroga ad opera delle parti.
Strumento da tempo diffuso, con il ricorso nella pratica commerciale all’inserimento nei contratti di vendita della cosiddetta clausola “visto e piaciuto”, convenzione mediante la quale l’acquirente, di fatto, rinuncia alla tutela legale prevista in caso di vizi della cosa venduta.
Vediamo però come, quando e con quali limiti opera la predetta clausola distinguendo i contratti conclusi tra privati e contratti conclusi tra professionisti e consumatori.

L’operatività della clausola nei contratti tra privati
Il secondo comma del sopra richiamato art. 1490 c.c. prevede che le parti possano, con patto espresso, escludere o limitare la predetta garanzia, stabilendo però la relativa inefficacia qualora il venditore abbia agito in mala fede, omettendo di dichiarare al compratore vizi a lui noti.
La norma è quindi chiara nel dettare la disciplina dell’esclusione/limitazione della garanzia:
a) occorre che via sia un accordo tra le parti che, essendo stato ricondotto dalla giurisprudenza nell’ambito delle clausole vessatorie, deve essere sottoscritto in modo espresso ai sensi dell’art. 1341 c.c.;
b) restano comunque oggetto di garanzia, con conseguente responsabilità del venditore, tutti i vizi che conosciuti dallo stesso, sono stati scientemente non comunicati al compratore.
Pertanto occorre verificare in che modo la clausola viene inserita nel regolamento contrattuale. Il mero utilizzo nei moduli precompilati dell’espressione di stile che spesso incontriamo del tipo “la vendita avviene nello stato come visto e piaciuto” può non essere sufficiente ad escludere ogni tipo di garanzia.

Sul punto c’è comunque da rilevare l’esistenza di una discrasia di orientamento tra le corti di merito e la Corte di legittimità.
I giudici di merito tendono ad escludere ogni tutela in capo al compratore qualora abbia sottoscritto la clausola, negando l’operatività di ogni garanzia anche in caso di vizi occulti emersi e/o scoperti solo in seguito all’uso del bene, ribadendo che “in forza di tale clausola il compratore all’acquisto, prescindendo da ogni altra considerazione, accetta senza alcuna riserva il bene allo stato in cui appare rinunciando alla garanzia per vizi anche quelli occulti, in quanto per i vizi facilmente riconoscibili l’esclusione della garanzia è disposta dall’ art. 1491 c.c.” (Tribunale di Milano, sentenza n. 9920/2014; in senso conforme anche Corte d’Appello di Firenze n. 234 del 26.01.2011).
La Corte di Cassazione operando un diverso iter argomentativo arriva invece a ritenere in ogni caso coperti da garanzia i vizi occulti. Il Supremo Collegio con sentenza n. 21204 del 19.10.2016 (Sez. VI) ha preliminarmente affermato che “la garanzia prevista dall’art. 1490 c.c. deve ritenersi operante anche per i casi di vendita di cose mobili usate, dovendo rimanere il vizio della cosa, ed, in particolare, il vizio occulto preesistente alla conclusione del contratto, ben distinto dal semplice logorio del bene, dovuto al normale uso. E anche nei casi di beni usati i contraenti, nell’ambito della loro autonomia contrattuale possono derogare alla disciplina legale della garanzia” specificando però che la clausola “vista e piaciuta” “non può riferirsi ai vizi occulti, quelli che si manifestano cioè, dopo i normali controlli eseguiti ante acquisto, soltanto dopo l’uso del bene compravenduto. Né potrebbe essere diversamente, giacché l’espressione “vista”, se priva di precisazioni rafforzative, inequivocabilmente allude solo ai vizi agevolmente riscontrabili dall’acquirente a primo esame”. Pertanto “il visto e piaciuto di per se intende riferirsi allo stato apparente in cui si trova il bene compravenduto, cioè così come possa essere, ragionevolmente, percettibile e manifesto” ed occorre in ogni caso considerare il senso letterale della clausola “alla luce dei principi contrattuali dell’equità e del corretto sinallagma del contratto, nonché della buona fede contrattuale”.
Secondo la Cassazione, quindi, l’accettazione implicita dei vizi occulti non può ritenersi operativa in quanto di fatto determinerebbe un ingiustificato squilibrio del sinallagma contrattuale.

Pertanto, qualora, in seguito all’acquisto concluso con la formula del “visto e piaciuto”, il compratore verifichi l’esistenza di vizi non riconoscibili ictu oculi al momento della conclusione del contratto, potrà far valere la garanzia, con denuncia del vizio al venditore entro otto giorni dalla scoperta e promuovere l’eventuale azione giudiziaria non oltre un anno dalla data di consegna del bene, per far dichiarare la risoluzione contrattuale o, in via alternativa, richiedere la riduzione del prezzo, nonché il risarcimento dei danni eventualmente sofferti e prodotti dal vizio riscontrato.

La disciplina prescritta dal Codice del Consumo
Per i contratti conclusi tra professionisti e consumatori aventi ad oggetto la vendita di beni di consumo si ritiene non operativa alcuna clausola limitativa della garanzia come sopra elaborata. Proprio in virtù della riconosciuta natura vessatoria deve ritenersi sussistente la nullità delle stesse.

Come sopra evidenziato, il codice del consumo ha introdotto garanzie di conformità e garanzie commerciali – che vincolano parte venditrice per un periodo di due anni- a cui il venditore professionista non può sottrarsi, salvi determinati casi previsti dalla legge e che presuppongono l’effettiva conoscenza o conoscibilità (attraverso l’utilizzo dell’ordinaria diligenza) da parte del consumatore dell’esistenza del vizio di conformità.

Anche per tali contratti occorre porre attenzione ai termini per la denuncia dei vizi e per la legittima esperibilità dell’azione giudiziaria. Il consumatore deve denunciare il vizio entro due mesi dalla scoperta e promuovere l’azione entro ventisei mesi dalla consegna del bene.
Nei casi dei vendita di beni usati, l’art. 134, secondo comma, Codice del Consumo, prevede che i contraenti possano limitare la garanzia ad un solo anno, ma è una mera facoltà e, se il consumatore non ritiene congruo il predetto termine può esigere dal venditore la garanzia biennale.

Avv. Paola Minopoli

Avvocato civilista specializzato in contrattualistica commerciale, real estate, diritto di famiglia e delle successioni, diritto fallimentare, contenzioso civile e procedure espropriative. Conseguita la laurea in Giurisprudenza, ha collaborato con la II cattedra di Storia del Diritto Italiano dell'ateneo federiciano, dedicandosi poi alla professione forense. Ha esercitato prima a Napoli e poi nel foro di Milano, fornendo assistenza e consulenza a società e primari gruppi assicurativi/bancari italiani. Attualmente è il responsabile dell’ufficio legale di un’azienda elvetica leader nella vendita di metalli preziosi, occupandosi della compliance, fornendo assistenza per la governance e garantendo supporto legale alle diverse aree aziendali. Email: paola.minopoli@iusinitinere.it

2 pensieri riguardo “Visto e piaciuto – Nessuna garanzia per i vizi?

  • Buongiorno Avvocato,
    io avrei una domanda. anche nel caso del “visto e piaciuto” se io vendo un bene e lo spedisco (tutto tramite un sito) ma l’acquirente in mala fede dichiara che il bene non è quello acquistato (il classico “mattone”) cosa succede in questi casi? dovrei richiedere che me lo rimandi indietro? e nel caso mi mandasse un oggetto different per confermare la sua tesi? chi ha l’onere della prova?
    Grazie

    • Paola Minopoli

      Egr. Sig. Gaetano,
      nel caso da Lei prospettato più che di garanzia per i vizi della cosa, si tratterebbe di consegna di bene diverso (aliud pro alio) o, più nello specifico, in caso di lamentata consegna di “un mattone” si potrebbe delineare una fattispecie penalmente rilevante.
      Restando in ambito civilistico, l’acquirente che denuncia la consegna di un bene diverso, o di un bene che non abbia le caratteristiche essenziali promesse e che lo rendano non fruibile allo scopo cui è naturalmente destinato può agire per la risoluzione del contratto per inadempimento, nell’ordinario termine di prescrizione decennale. Resta a carico del venditore l’onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni, di avere consegnato una cosa che sia conforme a quella compravenduta; ove sia stata fornita tale prova, sarà allora onere dell’acquirente dimostrare l’esistenza di un vizio o di un difetto intrinseco della cosa, ascrivibile al venditore.
      Tutt’altro scenario si apre invece qualora il compratore dichiari in mala fede di aver ricevuto, a seguito di una vendita conclusa a distanza, un pacco vuoto o contenente un mattone. In tali casi come anticipato la strada da percorrere è diversa, con risvolti penalistici. Per una corretta valutazione necessitiamo però di ricevere maggiori elementi.

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