venerdì, Marzo 29, 2024
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Web Tax 2019: funzionamento, panorama europeo e criticità

A cura di Elisa Tedeschi

 

La Legge di Bilancio 2019, in vigore dal 1°gennaio 2019,prevede l’introduzione della “Web Tax”,un’imposta sui servizi digitali che vede coinvolte le aziende che operano nell’ambito dei motori di ricerca, social network, marketplace e-commerce, portali di sharing economy e simili.

Per quanto riguarda le disposizioni di attuazione, viene esplicitato nel testo della Legge che esse verranno stabilite “con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentiti l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il Garante per la protezione dei dati personali e l’Agenzia per l’Italia digitale, da emanare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge”[1].

 

Soggetti passivi e servizi coinvolti

 

In relazione ai soggetti passivi interessati, l’imposta riguarda soggetti che esercitano attività di impresa, i quali, singolarmente o come gruppo, realizzano congiuntamente, nel corso di un anno solare, un ammontare complessivo di ricavi uguale o superiore ad euro 750.000.000 e non inferiore ad euro 5.500.000 in riferimento ai ricavi provenienti dai servizi digitali e realizzati nel territorio italiano.

Per quanto concerne, invece, l’individuazione dei servizi intesi quali fonte di provenienza dei ricavi sopracitati, essi rientrano in tre categorie: fornitura di beni e servizi venduti su piattaforme digitali, veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità destinata agli utenti della medesima e trasmissione di dati raccolti dagli  utenti e generati dall’utilizzo di una connessione digitale.[2]

La Web Tax  non trova applicazione nel caso in cui i servizi siano resi nei confronti dei soggetti controllati o controllanti dall’impresa. Ne consegue, pertanto, l’esclusione di eventuali forme di digitalizzazione interna[3].

Identificazione territoriale

 

Relativamente all’aspetto della localizzazione territoriale delle imprese, esso si presenta problematico, dal momento che la territorialità sarà identificata in base agli indirizzi IP attraverso i quali gli utenti effettuano la connessione alle piattaforme per ottenere accesso ai diversi servizi erogati[4].

Calcolo dell’imposta

Relativamente al calcolo di tale imposta, essa si ottiene applicando un’aliquota del 3% all’ammontare dei ricavi tassabili[5],assunti al lordo dei costi e al netto dell’imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette[6],realizzati dal soggetto passivo in ciascun trimestre. L’imposta deve essere versata entro il mese successivo a ciascun trimestre ed al momento della presentazione della dichiarazione annuale relativa all’ammontare dei servizi tassabili prestati entro quattro mesi dalla chiusura del periodo d’imposta. [7].

Confronto con la Web Tax 2018

Si considera opportuno ricordare che la Web Tax non è una completa novità della Legge di Bilancio 2019, dal momento la Legge di Bilancio 2018 contemplava un’imposta sulle transazioni digitali , senza che sia mai stato prodotto, però, il decreto attuativo da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze. L’imposta contenuta nella Legge di Bilancio 2018, tuttavia, differiva da quella attuale sotto due importanti aspetti: essa non trovava applicazione nei confronti del tradizionale commercio elettronico verso i consumatori (Business to Consumer), escludendo, ad esempio, le vendite online di Amazon o le prestazioni di servizio eseguite da Airbnb. Inoltre, la versione del 2018 prevedeva l’esclusione delle aziende agricole dal novero dei soggetti passivi tenuti al pagamento dell’imposta, contribuenti nel regime forfettario[8].

Panorama europeo

 

Le differenze tra la proposta del 2018 e quella del 2019 si presentano in linea con l’impronta europea, in un’ottica di tassazione equa ed improntata alla crescita. Risulta opportuno fare riferimento, a questo proposito, alla proposta di Digital Service Tax (DST)presentata il 21 marzo 2018 dalla Commissione Europea. L’incipit del documento nel quale la proposta è contenuta recita: “the European Commission has today proposed new rules to ensure that digital business activities are taxed in a fair and growth-friendly way in the EU. The measures would make the EU a global leader in designing tax laws fit for the modern economy and the digital age”[9](tradotto: “la Commissione europea ha proposto oggi nuove regole per garantire che le attività commerciali digitali siano tassati in modo equo e favorevole alla crescita nell’UE. Le misure renderebbero l’UE un leader globale nel progettare leggi fiscali adatte per l’economia moderna e l’era digitale”).

La proposta della Commissione prevede una tassazione del 3% sui ricavi provenienti da: pubblicità in rete, intermediazione digitale e vendita dei dati raccolti dagli utenti, identificate come “revenues created from activities where users play a major role in value creation” (tradotto: “fonti di ricavi provenienti da attività nelle quali gli utenti giocano un ruolo fondamentale nella creazione del valore”)[10].

Criticità: l’allarme di Fieg, Anitec-Assinform e Confindustria Digitale

L’imposta, ideata per contrastare l’evasione fiscale dei grandi colossi della rete andando colpire, pertanto, i profitti che tali multinazionali realizzano sul territorio italiano, a lungo tempo sfuggiti al controllo fiscale grazie all’accurata scelta di paradisi fiscali come sedi della loro attività (a discapito, invece, degli Stati in cui è generato il volume maggiore d’affari)finisce per dispiegare un effetto oneroso anche sulle imprese editoriali e piccole e medie imprese nazionali, che si ritrovano a dover subire, in tal modo, una doppia tassazione, quella prevista dall’ordinamento italiano e la Web Tax.

A questo proposito, significative le parole di Andrea Riffeser Monti, Presidente di Fieg, il quale esprime “sconcerto e stupore per la nuova imposta sui servizi digitali.Una imposta che colpisce i ricavi anche delle aziende italiane del settore già soggette al prelievo ordinario, con una nuova tassa che rischia di deprimere ulteriormente i bilanci delle imprese”. Il testo riguardante la suddetta imposta, infatti, non pone alcuna distinzione tra soggetti passivi residenti e non residenti, diventando, pertanto, incluso il coinvolgimento anche delle imprese italiane, essendo solo necessario che esse incontrino i requisiti previsti.

la Web Tax non può costituire un alibi per una forma generalizzata di nuova tassazione sulle imprese italiane del settore con il rischio di riduzione degli investimenti e della occupazione”, conclude Monti [11].

Scetticismo riguardo la Web Tax è stato mostrato anche Marco Gay, Presidente di Anitec-Assinform, il quale afferma che “la scelta del Governo di aumentare le entrate inserendo una imposta sui servizi digitali preoccupa perché, sebbene si applichi soltanto a grandi imprese globali, rischia di ripercuotersi anche sulle piccole e medie imprese italiane che utilizzano i servizi digitali per promuoversi o vendere i propri prodotti”.

Sulla stessa linea si configura l’opinione di Elio Catania, Presidente di Confindustria Digitale, il quale mostra preoccupazione per il possibile effetto causato dall’imposta, che porterebbe ad aumento dei prezzi di beni e servizi, anche quelli tradizionali, ma comprati sulle piattaforme digitali, così come sullo sviluppo tecnologico, sulla possibilità per nuove società innovative di emergere e, in generale, sull’export”[12].

 

[1] Art. 1 comma 45 L. 145/2018, disponibile qui: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2018/12/31/18G00172/sg

[2] Art. 1 comma 36 L. 145/2018

[3] B. Weisz “ Web tax dal 2019: imprese e servizi coinvolti”, disponibile qui:

[4] A. Pitozzi “Come funziona la nuova Web Tax”, disponibile qui:https://www.wired.it/economia/finanza/2018/12/27/web-tax-italia-novita/

[5] Art. 1 comma 41 L. 145/2018

[6] Art. 1 comma 39 L.145/2018

[7] Art. 1 comma 42 L.145/2018

[8]Redazione, “Web tax, che cos’è e chi potrebbe doverla pagare già dal 2019”, disponibile qui:http://www.today.it/economia/web-tax-chi-la-paga.html

[9] European Commission, “Proposal for a COUNCIL DIRECTIVE laying down rules relating to the corporate taxation of a significant digital presence”, disponibile qui:http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-2041_en.pdf

[10] D. Bunn “A Summary of Criticisms of the EU Digital Tax”, disponibile qui:https://taxfoundation.org/eu-digital-tax-criticisms/

[11] S. Freddi “Web tax, la Fieg lancia l’allarme: colpirà anche gli editori italiani”, disponibile qui:

[12]A. Marini “L’allarme delle imprese: con la web tax a rischio la competitività dell’Ict”, disponibile qui: https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-12-20/anitec-assinform-web-tax-rischia-penalizzare-competitivita-dell-ict-104252.shtml?uuid=AENKr32G

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