lunedì, Aprile 29, 2024
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Natura giuridica della responsabilità precontrattuale

A cura del Dott.re Mario Santoro

È doveroso premettere che il dovere di comportarsi secondo buona fede connota l’intera vicenda negoziale[1] e caratterizza la fase precontrattuale e quella esecutiva interessando il comportamento delle parti anteriore, contestuale e successivo alla conclusione del negozio.

La c.d. responsabilità precontrattuale o per culpa in contrahendo riguarda proprio la violazione degli obblighi di correttezza e buona fede nelle trattative e nella formazione del contratto[2].

CARATTERISTICHE DELLA RESPONSBILITA’ PRECONTRATTUALE

Il fondamento della responsabilità precontrattuale è da ricercarsi in due articoli del codice civile: il 1337 ed il 1338. Il primo, l’art. 1337 c.c.  prescrive un preciso obbligo di comportamento delle parti: queste, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo “buona fede”. Il secondo, l’art. 1338 c.c. tutela, invece, l’affidamento di una delle parti non sulla conclusione del contratto, ma sulla sua validità[3]. Dal combinato disposto di queste due norme emerge la rilevanza del concetto di “trattative”. Le trattative riguardano la fase antecedente alla conclusione di qualsiasi negozio, hanno natura preparatoria e strumentale giacché sono finalizzate alla stipulazione dell’accordo. Nel nostro ordinamento le trattative non sono vincolanti poiché non esiste un obbligo di contrarre, ma, in questa fase, emergeranno comunque dei “doveri” che le parti dovranno eseguire, per non incorrere nella responsabilità sopra menzionata.

Il primo è sicuramente il “dovere di informare”, ovvero che le parti facciano il reciproco e doveroso sforzo di scambiarsi informazioni, chiarimenti e delucidazioni circa il contratto che andranno a stipulare, inclusi eventuali difetti dello stesso.

Il secondo è il dovere di “non recedere ingiustificatamente dalle trattative” ovvero quando si lede l’interesse di quella parte che, ragionevolmente, confidava nella conclusione del negozio. In particolare, in Giurisprudenza, è condivisa la tesi che il recesso sarebbe lesivo della buona fede se le trattative giungono al punto di creare un affidamento circa la felice conclusione del contratto.

Alcuni autori trattano anche del dovere di portare avanti delle trattative serie: secondo questi costituisce violazione della buona fede iniziare a trattare senza avere reale intenzione di concludere il contratto, ma solo, ad esempio, al fine di disturbare la trattativa altrui oppure di conoscere alcune notizie che riguardano la controparte[4].

Per quanto riguarda il risarcimento del danno, secondo la Giurisprudenza prevalente, esso attiene al c.d. interesse negativo (derivante dal pregiudizio subito dalla parte per essere stata coinvolta in trattative inutili e aver confidato nella conclusione di un contratto mai stipulato). Deve dunque essere risarcito il danno emergente (consistente nelle spese sostenute nel corso delle trattative per viaggi, progettazione, compensi a tecnici, eventuali assunzioni e acquisti di attrezzature, ecc.) e il danno da lucro cessante consiste invece nella perdita delle chance di eventuali stipulazioni con altri soggetti di contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi[5].

NATURA DELLA RESPONSABILITA’

 Molto discussa e dibattuta è la natura giuridica della responsabilità precontrattuale, al riguardo sono state formulate diverse tesi nel corso degli anni che la qualificano rispettivamente come responsabilità extracontrattuale, come responsabilità contrattuale, ed infine come un tertium genus ben distinto dalle due ipotesi precedenti.

TESI DEL TERTIUM GENUS

Secondo una dottrina minoritaria[6] la natura giuridica della responsabilità precontrattuale non deve necessariamente essere ricondotta ai due modelli classici per via di lacune insite negli artt. 1337 e 1338 c.c.. Tale dottrina osserva che, nel nostro ordinamento, il perfezionamento di un contratto tra due parti fa sì che i rapporti intercorrenti tra loro siano disciplinati da un insieme di regole differenti rispetto a quelle vigenti prima della stipulazione del negozio, insieme di regole che non sarebbe venuto a esistenza se le parti avessero scelto di non stipulare il contratto. La tesi inoltre accoglie l’osservazione per cui i doveri e i diritti che legano due soggetti impegnati in una trattativa siano un quid pluris rispetto a quelli, per esempio, intercorrenti fra due sconosciuti. Tale tesi, pur apparendo molto vicina al senso comune presenta, rispetto alle altre due opzioni (responsabilità contrattuale ed extracontrattuale) delle problematiche non indifferenti: in primis è da osservare che, nel codice, non è rinvenibile alcuna disciplina, completa ed organica, applicabile esclusivamente alla responsabilità precontrattuale e ciò comporterebbe una lesione del principio di certezza del diritto. In secondo luogo, è da osservare che un sistema di responsabilità privo di regole ben precise, diverrebbe un “mero criterio di imputazione delle spese” prescindendo completamente dalla fase di studio e ragionamento sul concetto di “danno”[7].

TESI DELLA RESPONSABILITA’ EXTRACONTRATTUALE

Esaminata la tesi del tertium genus andremo ad esaminare quella tradizionale ovvero della extracontrattualità[8]. Secondo tale teoria coloro che trattano non sarebbero legati da un rapporto obbligatorio perché l’obbligo di buona fede preesiste e vale erga omnes a tutela di quell’interesse superiore al leale svolgimento della libertà contrattuale, per cui, la sua violazione, configurerebbe l’ingiustizia del danno ex. Art. 2043 c.c.[9] Il fondamento di tale teoria lo si ravvisa nell’assurdo logico che si avrebbe nel configurare una responsabilità di tipo contrattuale senza però che la sussistenza di un contratto o di un’altra obbligazione ne sia un elemento necessario. Infatti, come precedentemente accennato, la responsabilità precontrattuale può sussistere sia in caso di formazione di un contratto invalido o comunque non desiderato, sia in caso di mancato perfezionamento dello stesso. Il limite che questa teoria incontra lo si ravvisa, invece, nel voler accomunare situazioni che, dal punto di vista pratico, risultano ben diverse tra di loro: immaginiamo due soggetti che per mesi e mesi hanno portato avanti delle trattative: possiamo davvero parlare, in questo caso, di responsabilità aquilliana? Possiamo davvero prescindere dal fatto che, durante i mesi di trattativa, tra i soggetti in questione ci sia stato un continuo e reiterato “contatto”? Prima di rispondere a tale interrogativo, è utile compiere una disamina della terza teoria riguardo la natura giuridica della responsabilità precontrattuale.

TESI DELLA RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE

I sostenitori di questa tesi (c.d. contrattualità) affermano che, contrariamente a quanto precedentemente esposto, il rapporto giuridico esiste e nasce ex. Art. 1173 c.c. con il “contatto sociale” a seguito dell’inizio delle trattative ed ha per oggetto la risarcibilità del danno da slealtà e la buona fede riguarda, quindi, lo stesso comportamento esecutivo previsto dall’art. 1375 c.c., per cui ci troveremo dinanzi ad una responsabilità di tipo contrattuale[10]. Questo principio è stato inoltre affermato anche dalla Cassazione Civile nella Sentenza n. 14188 del 2016 con la quale la stessa ha affermato (rispondendo dunque anche all’interrogativo precedentemente posto) che “l’elemento qualificante di quella che si suole denominarsi “culpa in contrahendo“, non è più la colpa, bensì la violazione della buona fede che, sulla base dell’affidamento, fa sorgere obblighi di protezione reciproca tra le parti. Ne discende che la responsabilità per il danno cagionato da una parte all’altra nel corso delle trattative, in quanto ha la sua derivazione nella violazione di specifici obblighi (buona fede, protezione, informazione) precedenti a quelli che deriveranno dal contratto, se ed allorquando verrà concluso, non può che essere qualificata come responsabilità contrattuale[11].

La sentenza in esame ha rivestito grande importanza nel panorama giuridico odierno, compiendo una vera e propria “inversione di marcia” rispetto alle precedenti pronunce Giurisprudenziali: infatti per la prima volta, viene data rilevanza a quel “contatto sociale” che viene a formarsi tra due soggetti a seguito dell’inizio delle trattative e che viene ad essere il momento dal quale prende vita il rapporto giuridico. Seguendo questo iter logico (seppur non privo di zone d’ombra), la Corte arriva dunque ad inquadrare nel campo della responsabilità contrattuale anche la c.d. responsabilità per culpa in contrahendo.

CONSEGUENZE SUL PIANO DELLA DISCIPLINA

Esaminate le due maggiori tesi sulla natura della responsabilità precontrattuale (contrattuale/extracontrattuale) è utile analizzare che, l’adesione all’una o all’altra di tali teorie, comporta serie conseguenze sul piano della disciplina, in termini di onere della prova, prescrizione dell’azione risarcitoria, rilevanza della colpa e dell’incapacità naturale, danno risarcibile[12]:

RESPONSABILITA’ EXTRACONTRATTUALE RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE
ONERE DELLA PROVA ART. 2043 C.C.

IL DANNEGGIATO DEVE PROVARE: 1) IL DANNO, 2) IL FATTO ILLECITO, 3) IL NESSO CAUSALE, 4) DOLO E COLPA DEL DANNEGGIANTE

ART. 1218 C.C.

L’ONERE DELLA PROVA SPETTA AL DEBITORE CHE DOVRA’ DIMOSTRARE DI AVER ADEMPIUTO CORRETTAMENTE O CHE L’INADEMPIMENTO SIA DIPESO DA CAUSA A LUI NON IMPUTABILE

PRESCRIZIONE DELL’AZIONE RISARCITORIA PRESCRIZIONE QUINQUENNALE (ART. 2947 C.C.) PRESCRIZIONE DECENNALE (ART. 2946 C.C.)
RILEVANZA DELL’INCAPACITA’ NATURALE PRESUPPONE LA CAPACITA’ D’INTENDERE E DI VOLERE (ART. 2046 C.C.) NON PRESUPPONE LA CAPACITA’ D’INTENDERE E DI VOLERE
DANNO RISARCIBILE RISARCIBILE SIA I DANNI PREVEDIBILI CHE QUELLI IMPREVEDIBILI (NON SI APPLICA L’ART. 1225 C.C.) RISARIBILE SOLO IL DANNO PREVEDIBILE (ART. 1225 C.C.)

La tabella riassuntiva sopra esposta ci aiuta a comprendere con maggior chiarezza quanto ad oggi importante sia, sotto un profilo tanto teorico quanto pratico, l’inquadramento della suddetta responsabilità all’interno di una delle due classiche tipologie. In realtà nessuna di queste sembrerebbe in grado di ricoprire appieno tutte le casistiche in cui emerge la c.d. responsabilità per culpa in contrahendo rendendo probabilmente necessario l’intervento del Legislatore per l’introduzione di una più corposa disciplina sul tema trattato.

Il dibattito è dunque attualissimo e lungi dall’essere vicino ad una conclusione, complice anche una Giurisprudenza che, negli anni, ha spesso mutato il suo punto di vista non permettendo il raggiungimento di una soluzione che ponesse un (seppur relativo) punto alla questione in esame.

[1] In ultima Cass. 10375/2005, che qualifica la buona fede come “parametro generale per i giudizi di valore”.

[2] P.Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Edizione Scientifiche Italiane, 2018

[3]  Cass. Civ. sentenza 7481/2007

[4] F.Gazzoni, Obbligazioni e contratti, Edizioni Scientifiche Italiane, 2022

[5]Cass. Civile SS.UU n.26724/07

[6] Cuffaro, Responsabilità precontrattuale, in Enc. Dir., XXXIX, Milano 1988 e Rescigno, obbligazioni (nozioni), in Enc. Dir., XXIX, Milano 1979

[7] Ferro-Luzzi, L’imputazione precontrattuale, il preliminare, le trattative, CEDAM

[8] Sulla natura aquiliana della responsabilità precontrattuale Cass. SS.UU 9645/2001

[9] C. M. BIANCA, Diritto Civile. Il contratto, Giuffrè, 2000

[10] F. Benatti, la responsabilità precontrattuale, Edizioni Scientifiche Italiane, 2012

[11] Cass. Civ. I Sez. n.14188/16

[12] F.Gazzoni, Obbligazioni e contratti, Edizioni Scientifiche Italiane, 2022

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