“Basta, Mi dimetto!” La disciplina del recesso del lavoratore e le sue problematiche
Il recesso dal rapporto di lavoro ad opera del lavoratore prende il nome di dimissioni: si tratta di un atto unilaterale che non necessita del consenso del datore di lavoro.
In materia di dimissioni, le regole generali applicabili sono ancora quelle previste dagli artt. 2118 e 2119 del codice civile, in base ai quali le parti possono recedere dal contratto osservando il termine di preavviso.
Le dimissioni, a differenza dei licenziamenti, non devono essere motivate e sono insindacabili. È comunque necessario rispettare il termine di preavviso fissato dai contratti collettivi di lavoro in misura generalmente diversa a seconda dell’inquadramento e dell’anzianità di servizio del lavoratore, in maniera tale da dare al datore di lavoro la possibilità di organizzarsi per far fronte alla carenza di personale, prima che questa divenga effettiva e il rapporto di lavoro si interrompa. Solitamente, in virtù di tale ratio, il termine di preavviso aumenta a seconda della specificità del ruolo ricoperto dal lavoratore, a causa della maggior difficoltà nel reperire sul mercato lavorativo una analoga figura professionale.
La normativa come detto è quella dell’articolo 2118 c.c :
“Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità .
In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.
La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro.
Ovviamente, come sottolineato recentemente dalla Cassazione con sentenza n. 4305/2013: Il principio per cui il rapporto di lavoro continua, con la permanenza delle reciproche obbligazioni delle parti, durante il periodo di preavviso, non impedisce che, nell’ipotesi di dimissioni, il dipendente che recede dal contratto possa validamente manifestare la volontà di pervenire alla risoluzione del rapporto con effetto immediato, rinunciando così alla continuazione suddetta.
Il termine di preavviso non sempre deve essere osservato, e infatti, l’articolo 2119 c.c. prevede che:
“Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l’indennità indicata nel secondo comma dell’articolo precedente.
Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell’imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda”.
È bene precisare, tuttavia, che la giusta causa è l’unico caso in cui è previsto che il lavoratore possa recedere da un contratto di lavoro a tempo determinato.
Si ritiene che il lavoratore possa rassegnare le dimissioni per giusta causa sia sulla base di fatti attinenti al rapporto di lavoro, che di fatti ad esso estranei. Nel primo caso, la circostanza rilevante consiste in un inadempimento contrattuale del datore di lavoro tanto grave da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto. Nel secondo, invece, la giusta causa viene ravvisata, a titolo esemplificativo, in un impedimento personale del dipendente che non gli permette di svolgere i propri compiti, oppure in talune circostanze particolari -connesse per esempio alla natura dell’attività lavorativa o all’ambiente di lavoro – che rendono la prosecuzione del rapporto di lavoro “intollerabile” per il lavoratore.
Specificamente, tra le causali di dimissioni per giusta causa individuate dai giudici vi sono:
- mancato o ritardato pagamento della retribuzione
- omesso versamento dei contributi (purché non sia stato a lungo tollerato dal lavoratore)
- comportamento ingiurioso del superiore gerarchico verso il dipendente
- pretesa del datore di lavoro di prestazioni illecite da parte del lavoratore
- mobbing
- aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro
- modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative
- spostamento del lavoratore da una sede all’altra senza che vi siano “comprovate ragioni tecniche organizzative e produttive” come richiesto dall’articolo 2103 del codice civile.
L’articolo 2112 del codice civile, prevede un’ulteriore ipotesi di dimissioni. Al comma 4 si legge: “il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all’articolo 2119, primo comma.”
“Sostanziale modifica” che può riguardare certamente le condizioni di lavoro, ma il mutamento non deve necessariamente rilevarsi nelle mansioni svolte dal lavoratore, ben potendo sostanziarsi nella modifica di una qualsiasi circostanza che incida significativamente sullo svolgimento della prestazione lavorativa.
Inoltre Il lavoratore che rassegna le dimissioni per giusta causa diviene titolare di una serie di diritti:
- l’indennità sostitutiva del preavviso, nel caso in cui si tratti di un rapporto a tempo indeterminato. In questo caso, il lavoratore ha diritto a percepire un’indennità economica rapportata alla retribuzione normalmente spettante che avrebbe dovuto essergli corrisposta durante il periodo di preavviso;
- la Nuova prestazione dell’assicurazione sociale per l’impiego (NASPI) – nel caso in cui sussistano i presupposti. Infatti, nel comma 2 dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 22/2015 si afferma che la NASPI viene erogata anche a coloro che hanno rassegnato le proprie dimissioni in presenza di una giusta causa. Il legislatore, dunque, ha espressamente aderito all’indirizzo interpretativo della Corte Costituzionale che già con la fondamentale sentenza n. 269/2002 aveva riconosciuto come in questo caso lo stato di disoccupazione conseguente alle dimissioni non dipendesse dalla volontà del lavoratore e, dunque, si fosse in presenza di un’ipotesi di disoccupazione involontaria legittimante la percezione della relativa indennità.
- il risarcimento per il danno patrimoniale subito – nel caso di contratto a tempo determinato o a tempo indeterminato con una clausola di stabilità. Il risarcimento si calcola con riferimento alla retribuzione che il dipendente avrebbe percepito se il contratto non fosse stato interrotto prematuramente;
- Il diritto al risarcimento per il danno non patrimoniale nel caso in cui la giusta causa di dimissioni si sia concretizzata anche in una obiettiva lesione dell’integrità psicofisica del lavoratore.
Il datore di lavoro, invece, oltre a dover corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso, è anche tenuto a versare il contributo addizionale di recesso all’INPS in tutti i casi previsti dalla legge.
Le dimissioni in bianco
Relativamente alle dimissioni, problematica che storicamente ha segnato il nostro ordinamento, è stata quella delle dimissioni in bianco. Si trattava di un foglio contenente le dimissioni, sprovvisto di data, firmato all’atto dell’assunzione. Stratagemma utilizzato dal datore di lavoro per evitare gli oneri del licenziamento. In merito a tale problematica è però dapprima intervenuta la “Legge Fornero”, che ha disciplinato un sistema complesso per rassegnare le dimissioni, e da ultimo l’obbligo della procedura online a seguito del “Jobs Act”.
Con la legge Fornero, è stato quindi introdotto l’obbligo per il dipendente dimissionario di convalidare le proprie dimissioni presso la Direzione Territoriale del Lavoro, presso il Centro per l’impiego o presso le altre sedi contemplate dai contratti collettivi.
In alternativa, al lavoratore viene data la possibilità di firmare come conferma la ricevuta di trasmissione della comunicazione al Centro per l’impiego di cessazione del rapporto di lavoro.
In assenza di convalida, il datore di lavoro, entro trenta giorni, può invitare il lavoratore ad attivarsi in tal senso. Quest’ultimo, a questo punto, entro sette giorni può contestare le dimissioni replicando al datore di lavoro, ritirarle offrendosi di proseguire il rapporto o convalidarle, anche firmando la predetta ricevuta di trasmissione .Nel caso in cui, nel termine sopra indicato, il lavoratore non ponga in essere alcuna di tali attività, il rapporto di lavoro si reputa validamente concluso. Sempre la riforma Fornero ha inoltre introdotto una pesante sanzione amministrativa per coloro che si avvalgono delle dimissioni in bianco, di importo compreso tra 5mila e 10mila euro.
Infine a seguito delle riforme introdotte con il “Jobs Act”, a partire dal 12 marzo 2016 le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dovranno essere effettuate in modalità esclusivamente telematiche, proprio per debellare definitivamente la problematica delle dimissioni in bianco. La procedura è molto semplice e si rimanda al sito del ministero del lavoro e delle politiche sociali per una spiegazione step by step, fornita anche di video tutorial. (http://www.lavoro.gov.it/strumenti-e-servizi/Dimissioni-volontarie/Pagine/default.aspx)
Classe 1992. Laureato in giurisprudenza alla Federico II nel 2016 con una tesi in diritto penale dell’economia,praticante avvocato presso più di uno studio legale.
Gli piace tenersi in costante aggiornamento sul diritto italiano e su come le leggi incidano sulla nostra vita quotidiana.
Al di fuori della vita professionale si è dedicato ad attività di intrattenimento e informazione: oltre a scrivere per Ius in Itinere, infatti, ha condotto anche dei programmi sulla web-radio.
Affronta le situazioni sia come una sfida che come un modo per migliorarsi giorno dopo giorno. Adora i telefilm a sfondo legale di cui è un patito assoluto.
Il suo motto? “La verità è relativa. Scegline una che funzioni.”
La cosa che più gli piace di questo lavoro? Tutto
Buongiorno, mi potrebbe spiegare bene cosa vuol dire omesso versamento dei contributi PURCHE’ NON SIA STATO A LUNGO TOLLERATO? Grazie
Gentile Sig. Viggiano,
in merito al punto da lei sottolineato, il legislatore prevede che ai fini dell’applicazione delle tutele connesse alle dimissioni del prestatore di lavoro per giusta causa, l’omesso versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, configurabile quale condotta lesiva del rapporto fiduciario sottostante quello lavorativo e ascrivibile alla fattispecie disciplinata dall’art. 1- bis legge numero 638 del 1983 come modificato da ultimo dall’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 8/2016 , non sia oggetto di connivenza da parte del lavoratore. Tale principio di “immediatezza” delle dimissioni deve essere valutato in relazione a parametri strettamente legati alla concreta situazione del prestatore di lavoro, in quanto questo ultimo ben potrebbe attendere qualche tempo prima di addivenire alle dimissioni in considerazione della possibilità di superare la situazione pregiudizievole in accordo con il datore di lavoro. Sperando di averle fornito utili delucidazioni, buona serata.
Rossana Grauso – Responsabile area diritto del lavoro Ius in Itinere
Gentile Sig. Viggiano,
in merito al punto da lei sottolineato, il legislatore prevede che ai fini dell’applicazione delle tutele connesse alle dimissioni del prestatore di lavoro per giusta causa, l’omesso versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, configurabile quale condotta lesiva del rapporto fiduciario sottostante quello lavorativo e ascrivibile alla fattispecie disciplinata dall’art. 1- bis legge numero 638 del 1983 come modificato da ultimo dall’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 8/2016 , non sia oggetto di connivenza da parte del lavoratore. Tale principio di “immediatezza” delle dimissioni deve essere valutato in relazione a parametri strettamente legati alla concreta situazione del prestatore di lavoro, in quanto questo ultimo ben potrebbe attendere qualche tempo prima di addivenire alle dimissioni in considerazione della possibilità di superare la situazione pregiudizievole in accordo con il datore di lavoro. Sperando di averle fornito utili delucidazioni, buona serata.
Rossana Grauso – Responsabile area diritto del lavoro Ius in Itinere