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Diritto e Impresa

Cass. civ., sez. I, 2 luglio 2020, n. 13597

commento breve a cura della Dott.ssa Elena Terrizzi

Con la presente pronuncia, la Suprema Corte ha attribuito natura contrattuale alla responsabilità del curatore ex art. 38 della Legge Fallimentare, in quanto la violazione degli obblighi derivanti dall’incarico professionale è equiparabile a violazione di obblighi specifici e predeterminati per legge. Pertanto, l’inadempimento del “mandato” di curatore conferito dalla legge equivale a violazione di doveri specifici posti nell’interesse della giustizia e dei creditori – non invece di doveri astratti fonte di responsabilità extra-contrattuale.

In altri termini, la Corte di Cassazione ha ribadito il concetto secondo cui la responsabilità contrattuale «presuppone l’inadempimento di uno specifico obbligo giuridico già preesistente e volontariamente assunto nei confronti di un determinato soggetto», laddove la responsabilità extra-contrattuale scaturisce dal compimento di un atto illecito – compiuto in violazione del principio del «neminem laedere» – di guisa che è la stessa obbligazione risarcitoria ad assurgere al ruolo di fonte di responsabilità.

In tale contesto, la responsabilità del curatore che non «adempie ai doveri del proprio ufficio […] con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico» (art. 38 Legge Fallimentare) è equiparabile alla responsabilità nella quale incorre «il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta» (art. 1218 cod. civ.) in qualsiasi ipotesi in cui l’inesatto o mancato adempimento riguardino un’obbligazione preesistente, quale che ne sia la fonte.

 

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 2 luglio 2020, n. 13597

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE      Antonio                          –  Presidente   –

Dott. VELLA       Paola                       –  rel. Consigliere  –

Dott. CAMPESE     Eduardo                          –  Consigliere  –

Dott. FIDANZIA    Andrea                           –  Consigliere  –

Dott. AMATORE     Roberto                          –  Consigliere  –

ha pronunciato la seguente:

                     SENTENZA  

sul ricorso 5582/2018 proposto da:

Curatela del Fallimento (OMISSIS) – (OMISSIS) S.p.a., in persona del

curatore Avv. D.F.C., elettivamente domiciliata in Roma,

Viale Liegi n. 42, presso lo studio dell’avvocato Aloisio Roberto

G., che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

 V.Z.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Melegari Luca Amedeo, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

Allianz S.p.a., in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Crescenzio n. 17/a, presso lo

studio dell’avvocato Clemente Michele, che la rappresenta e difende,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6827/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

pubblicata il 27/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/02/2020 dal Consigliere Dott. Paola Vella;

udito il P.M., in persona del Sostituto procuratore generale Dott.

Cardino Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

conformemente alle conclusioni scritte già depositate;

udito, per la ricorrente Curatela, l’Avvocato Aloisio R.G. che ha

chiesto l’accoglimento;

udito, per la controricorrente Allianz, l’Avvocato Clemente M.

udito, per il controricorrente V.Z., l’Avvocato Melegari L.A che

si è riportato alle conclusioni rassegnate.

Fatti di causa

1. La Corte di Appello di Roma ha rigettato l’appello proposto dalla curatela del Fallimento (OMISSIS) S.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Latina che aveva: respinto la domanda risarcitoria proposta contro il curatore revocato, avv. V.Z.A., per i danni cagionati nella gestione di una pratica di rimborso Iva; dichiarato improponibile l’ulteriore domanda di restituzione del compenso; rigettato la domanda riconvenzionale del curatore per il risarcimento dei danni subiti; compensato le spese tra attore e convenuto; condannato la curatela attrice alla rifusione delle spese processuali della compagnia assicuratrice Allianz (già RAS) S.p.a., chiamata in causa a titolo di manleva dal curatore, che si era costituita eccependo l’inoperatività della garanzia.

Avverso la sentenza d’appello la curatela fallimentare ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui il V.Z. ha resistito con controricorso.

Con ordinanza interlocutoria n. 24189 del 27/09/2019 la Sezione 61 di questa Corte ha disposto rinvio della trattazione del ricorso alla pubblica udienza, assegnando termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Allianz S.p.a., la quale si è costituita con controricorso.

La curatela fallimentare e il V. hanno depositato memorie.

Ragioni della decisione

2. Con l’unico motivo – rubricato “Violazione delle norme e dei principi in tema di responsabilità del Curatore fallimentare. In particolare, violazione della L. Fall., artt. 38 e 111, degli artt. 1176 e 1218 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3″ – la curatela ricorrente censura la sentenza della corte d’appello per aver “escluso la sussistenza di un nesso di causalità tra la condotta serbata dal (ex) Curatore Fallimentare e il danno patito dalla Procedura fallimentare, in quanto l’attività spiegata in subiecta materia dall’Avv. V.Z. aveva ricevuto l’imprimatur da parte del Giudice Delegato”, dal momento che, trattandosi di responsabilità di tipo contrattuale, il provvedimento giudiziale autorizzatorio avrebbe solo la funzione di “rimuovere un limite giuridico al compimento di un atto che è nel potere del curatore decidere se porre in essere o meno”.

2.1. Nella sostanza, il curatore non aveva ottemperato all’obbligo di diligenza qualificata ex art. 1176 c.c., comma 2, poichè, pur avendo ricevuto in data 10/01/2000 la richiesta dello Stato di restituzione del rimborso Iva di Lire 365.261.000 erroneamente effettuato nel 1998 a favore della curatela fallimentare, piuttosto che della Buitoni S.p.a., creditore assegnatario dei crediti pignorati presso terzi ante fallimento – cui pertanto l’Ufficio delle entrate a luglio 2000 versava il dovuto, a mani di F.L. (quale mandatario all’incasso) – ciononostante a giugno del 2011, senza evidenziare tale richiesta, aveva formulato parere positivo sulla domanda di ammissione al passivo fallimentare del F., per il medesimo credito, che veniva perciò pagato a metà agosto 2001, parte “in contanti al difensore (non procuratore) del medesimo (…) con conseguente violazione della normativa antiriciclaggio”, parte con assegni circolari n. t. intestati al F.; di qui la duplicazione del pagamento con danno per la curatela quantificabile nell’importo di Lire 379.247.292 oltre interessi, senza che il curatore avesse mai dato notizia delle questioni inerenti al rimborso Iva, “nè con il brogliaccio di giornale, nè con la bozza di rendiconto finale di gestione depositata il 30.11.01”. A ciò si aggiungevano le ulteriori contestazioni (violazione della L. Fall., art. 34 e mancata istituzione e vidimazione del libro giornale).

3. Il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito indicate.

4. Per quanto ancora rileva in questa sede, dagli atti di causa emerge che il Tribunale di Latina, esclusa la valenza esimente dell’autorizzazione del giudice delegato, ha ritenuto che il curatore convenuto non avesse compiutamente assolto all’onere probatorio di dimostrare l’insussistenza della propria condotta colposa, essendo tra l’altro pacifico, perchè documentalmente provato, che egli non aveva mai segnalato al giudice delegato la richiesta di restituzione proveniente dall’Avvocatura generale dello Stato. Tuttavia, poichè anche la curatela attrice non aveva dimostrato di aver subito danni di carattere patrimoniale – stante la mancata definizione, all’epoca, dei giudizi pendenti con l’Amministrazione finanziaria e il F. – ha rigettato la domanda di risarcimento e restituzione del compenso.

5. Sennonchè, con la sentenza qui impugnata, la corte d’appello non ha compiutamente affrontato i temi ad essa sottoposti con l’appello principale della curatela (sulla prova del danno) e con quello incidentale del curatore (sulla prova dell’assenza di colpa), ma deciso la causa – con rigetto dell’appello principale e assorbimento di quello incidentale – sulla base del ritenuto difetto del “nesso di causalità tra la condotta dell’appellato ed il danno patrimoniale asseritamente subito dalla Curatela del fallimento appellante”, in quanto l’esistenza di uno “specifico provvedimento del giudice equivalente a mandato di pagamento (…) interrompe ogni collegamento tra l’ipotizzato danno alla massa e l’attività posta in essere dal curatore”, peraltro facendo così venir meno “qualsiasi ipotesi di colpa dell’ex curatore ai sensi della L. Fall., art. 38 (…) essendo ben ipotizzabile che il medesimo giudice delegato (sulla base di un formale parere del curatore ed al corrente anche delle pregresse relazioni tra lo stesso e l’Avvocatura dello Stato – come risulta dall’allegato n. 6 alla comparsa di costituzione avv. V.Z. in I grado) potesse aver valutato e considerato come legittima l’istanza avanzata da F.L. rivendicante il pagamento delle somme che l’Agenzia delle entrate di latina aveva in precedenza versato alla Curatela”.

5.1. Appare evidente come tale giudizio, oltre ad essere fuori centro, sia anche del tutto ipotetico, tanto che lo stesso controricorrente si limita a trascriverlo pedissequamente a pag. 7 s. del controricorso, aggiungendo solo che “se comportamento colposo vi fu, questo è riferibile esclusivamente al Direttore dell’Ufficio Iva di Latina, che dispose un nuovo pagamento in favore della Buitoni delle somme già versate al fallimento (cui era stato espressamente demandato anche di individuare l’effettivo titolare del credito)” e soprattutto – che “mai nessuna prova è stata offerta in giudizio circa il fatto che l’Avv. V.Z. fosse a conoscenza di tale doppia erogazione”, così dimenticando che, trattandosi di responsabilità di tipo contrattuale, gravava proprio sul curatore l’onere di dimostrare la non imputabilità dell’inadempimento, ex art. 1218 c.c.

5.2. Peraltro, nel motivare sulla compensazione delle spese la stessa corte d’appello segnala che (testualmente) le “emergenze del giudizio… avevano fatto emergere delle attività del curatore (poi revocato) poste in essere con leggerezza e con poca diligenza tenuto conto dei doveri che gravano sul curatore del fallimento in relazione alle regole scritte (e di cui alla legge fallimentare) ed a quelle legate a doveri di diligenza qualifica“.

6. Orbene, occorre innanzitutto richiamare il consolidato orientamento di questa Corte per cui l’azione di responsabilità contro il curatore revocato, prevista dalla L. Fall., art. 38, ha natura contrattuale, in considerazione della natura del rapporto (equiparabile lato sensu al mandato) e del suo ricollegarsi alla violazione degli obblighi posti dalla legge a carico dell’organo concorsuale (Cass. 16589/2019, 25687/2018, 16214/2007, 5044/2001, 1507/2000, 8716/1996).

6.1. Esso trova conferma dall’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte per cui “la responsabilità nella quale incorre “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta” (art. 1218 c.c.) può dirsi contrattuale non soltanto nel caso in cui l’obbligo di prestazione derivi propriamente da un contratto, nell’accezione che ne dà il successivo art. 1321 c.c., ma anche in ogni altra ipotesi in cui essa dipenda dall’inesatto adempimento di un’obbligazione preesistente, quale che ne sia la fonte”, potendo “discendere anche dalla violazione di obblighi nascenti da situazioni (non già di contratto, bensì) di semplice “contatto sociale”, ogni qual volta l’ordinamento imponga ad un soggetto di tenere, in tali situazioni, un determinato comportamento”. In altri termini, “la distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale sta essenzialmente nel fatto che quest’ultima consegue dalla violazione di un dovere primario di non ledere ingiustamente la sfera di interessi altrui, onde essa nasce con la stessa obbligazione risarcitoria, laddove quella contrattuale presuppone l’inadempimento di uno specifico obbligo giuridico già preesistente e volontariamente assunto nei confronti di un determinato soggetto (o di una determinata cerchia di soggetti)”.

6.2. Anche la categoria delle “obbligazioni ex lege” (da taluno ricondotta agli “altri atti o fatti idonei” a produrre obbligazioni in conformità dell’ordinamento giuridico, cui allude lo stesso art. 1173 c.c.) è soggetta a un regime che non si discosta da quello delle obbligazioni contrattuali in senso stretto, laddove le obbligazioni integranti la cd. responsabilità da fatto lecito (come la gestione di affari altrui e l’arricchimento senza causa) non presuppongono l’inesatto adempimento di un obbligo precedente (di fonte legale o contrattuale che sia) nè dipendono da comportamenti illeciti dannosi (Cass. Sez. U, 14712/2007; conf. Cass. Sez. U, 12477/2018; cfr. ex multis Cass. 25644/2017, in termini di “contatto qualificato” e Cass. 4153/2019, sulle prestazioni accessorie a obblighi legali).

6.3. Il tal senso depone anche la riformulazione della L. Fall., art. 38 – nel senso che “il curatore adempie ai doveri del proprio ufficio (…) con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico” (laddove il precedente testo prevedeva solo che egli dovesse “adempiere con diligenza ai doveri del proprio ufficio”) – poichè il passaggio dal paradigma dell’art. 1176 c.c., comma 1 (per cui “nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia”) a quello del comma 2 (per cui “nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”) costituisce una conferma della natura contrattuale della responsabilità, cui è infatti connaturata la diligenza professionale. Ciò significa che dal curatore si pretende non già un livello medio di attenzione e prudenza, ma la diligenza correlata (anche) alla perizia richiesta dall’incarico professionale, secondo specifici parametri tecnici, sia pure con la conseguente facoltà di avvalersi – a fronte di problemi tecnici di particolare difficoltà – della limitazione di responsabilità contemplata dall’art. 2236 c.c. (che esonera da responsabilità in caso di colpa lieve).

6.4. Dalle superiori considerazioni discende che, ai fini della responsabilità del curatore fallimentare, risulta irrilevante l’eventuale autorizzazione del giudice delegato, la quale può semmai rilevare ai fini di un concorso di responsabilità dell’organo giudiziale (nel caso di specie invero nemmeno adombrato). Di conseguenza, la decisione impugnata – per cui l’autorizzazione del giudice delegato avrebbe interrotto il nesso di causalità tra la condotta del curatore e il danno lamentato dalla curatela fallimentare – merita di essere cassata con rinvio, per un esame dei fatti alla luce dei principi sopra richiamati.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020.

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