La massima
I messaggi whatsapp e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare hanno natura di documenti ex art. 234 c.p.p., sicché è legittima la loro acquisizione mediante mera riproduzione fotografica, non applicandosi né la disciplina delle intercettazioni, né quella relativa all’acquisizione di corrispondenza ex art. 254 c.p.p.: infatti, non si è in presenza della captazione di un flusso di comunicazioni in corso, bensì della mera documentazione ex post di detti flussi (Cass. Pen., Sez. VI, 21 settembre 2023, n. 38678).
Il caso
La pronuncia origina dal ricorso presentato dal difensore della parte civile contro la sentenza di assoluzione emessa dalla Corte d’appello di Brescia che aveva riformato la decisione del Tribunale di prime cure, che aveva assolto l’imputato dal reato descritto nel capo di imputazione.
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione della legge 18 marzo 2008 n. 48 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, fatta a Budapest il 23 novembre 2001, e norme di adeguamento dell’ordinamento interno) e delle successive e conseguenti modifiche degli articoli del codice di procedura penale (artt. 244, comma 2, 247, comma 1 bis, 254 bis, 352, comma 1-bis, 354 c.p.p.) al fine di garantire che i dati non siano stati alterati e ne sia verificabile la paternità.
Con il secondo motivo di ricorso si deducono violazione dell’art. 125, comma 3, c.p.p. e omessa motivazione in relazione all’implicito rigetto della richiesta della parte civile che l’acquisizione dei messaggi di whatsapp in formato word fosse accompagnata dalla produzione del cellulare da cui sono stati estrapolati e del cellulare della vittima.
La sentenza
Nell’esaminare il ricorso la Corte afferma che i messaggi whatsapp e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare hanno natura di documenti ex art. 234 c.p.p., sicché è legittima la loro acquisizione mediante mera riproduzione fotografica, non applicandosi né la disciplina delle intercettazioni, né quella relativa all’acquisizione di corrispondenza ex art. 254 c.p.p.: infatti, non si è in presenza della captazione di un flusso di comunicazioni in corso, bensì della mera documentazione ex post di detti.
Invece, per la concreta utilizzabilità della trascrizione delle conversazioni via wathsapp, la necessità di acquisire il supporto telematico o figurativo contenente la relativa registrazione deve essere valutata in concreto.
Nel caso in esame la produzione documentale, costituita dai messaggi di whatsapp prima indicati, è stata chiesta dalla difesa dell’Imputato con l’atto di appello, al quale risulta allegata, e la difesa della parte civile non si è opposta alla produzione ma ha chiesto che nel caso di acquisizione fosse prodotta una perizia per verificare la provenienza delle conversazioni.
In definitiva, la difesa della parte civile non ha contestato i contenuti delle conversazioni in sé considerati e la loro idoneità, come ritenuto dalla Corte di appello, a condurre a una rivalutazione del quadro probatorio rispetto alla sentenza di primo grado. Né ha sviluppato argomentazioni circa la non decisiva rilevanza, nella prospettiva della assoluzione, dei contenuti delle conversazioni via whatsapp acquisite.
La Corte di Cassazione ha quindi rigettato il ricorso e condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Nato a Treviso, dopo il diploma presso il liceo classico Cavanis di Venezia ha conseguito la laurea in Giurisprudenza (Laurea Magistrale a Ciclo Unico), presso l’Università degli Studi di Verona nell’anno accademico 2016-2017, con una tesi dal titolo “Profili attuali del contrasto al fenomeno della corruzione e responsabilità degli enti” (Relatore Chia.mo Prof. Avv. Lorenzo Picotti), riguardante la tematica della corruzione e il caso del Mose di Venezia.
Durante l’ultimo anno universitario ha effettuato uno stage di 180 ore presso l’Ufficio Antimafia della Prefettura UTG di Venezia (dirigente affidatario Dott. N. Manno), partecipando altresì a svariate conferenze, seminari e incontri di studio.
Ha svolto la pratica forense presso lo Studio dell’Avv. Antonio Franchini, del Foro di Venezia; ha inoltre effettuato un tirocinio di sei mesi presso il Tribunale di Sorveglianza di Venezia in qualità di assistente volontario.
Nella sessione 2019-2020 ha conseguito l’abilitazione alla professione forense presso la Corte d’Appello di Venezia ed è attualmente iscritto all’Ordine degli Avvocati di Venezia.
Da gennaio a settembre 2021 ha esercitato la professione di avvocato presso lo studio legale associato BM&A; attualmente è associate dell’area penale e tributaria presso lo studio legale MDA di Venezia.
Da gennaio 2022 è Cultore di materia di Diritto Penale 1 e 2 presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Udine (Prof. Avv. E. Amati).
È socio della Camera Penale Veneziana “Antonio Pognici” e membro della Commissione per la formazione e la promozione dei giovani avvocati; è altresì socio AIGA – sede di Venezia e di AITRA giovani.
Email di contatto: francescomartin.fm@gmail.com