lunedì, Marzo 18, 2024
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Cina e pena di morte: tra passato e modernità

La pena di morte costituisce, ad oggi, uno strumento ancora utilizzato da molti paesi nel mondo per la repressione dei crimini più volenti. Anticamente, la pena capitale rappresentò una forma comune di repressione, adottata per punire i reati espressione di maggior allarme sociale.

Già dalla fine del ‘700, tuttavia, in Europa nacquero molti movimenti legislativi volti all’abolizione della pena di morte; il percorso di abbandono della pena capitale è stato, comunque, lungo e tortuoso e si è arrivati all’abolizione completa di tale misura solo negli anni ’80 del secolo scorso.  Ad oggi, con l’aiuto delle ONG e delle istituzioni internazionali, molti paesi hanno seguito il medesimo percorso: nel 2017, secondo uno studio condotto da Amnesty International [1],  al mondo sono state effettuate 993 esecuzioni, un 4% in meno dal 2016 (1.032 esecuzioni) e un 39% in meno dal 2015.

Da tali statistiche, tuttavia, deve essere esclusa la Repubblica Popolare Cinese (RPC) dove la pena di morte è segreto di Stato dal 2009. Peraltro, secondo stime non ufficiali, all’interno del territorio cinese ci sarebbero migliaia di esecuzioni di pene capitali ogni anno.

Il codice penale cinese, da ultimo emendato nel 2015, prevede numerosi crimini per cui può essere applicata la pena di morte[2]:  a titolo esemplificativo, è prevista per reati come l’omicidio, il furto in appartamento, ma anche per  terrorismo, stupro, falso in bilancio.

Al fine di comprendere l’utilizzo della pena di morte in Cina, occorre interrogarsi sul fondamento filosofico di tale pena. Il confucianesimo influenzò particolarmente il diritto cinese, in quanto si sottoponeva la legge penale cinese ad una morale forte e tradizionalista, sebbene nei testi fondamentali del confucianesimo[3] non si leggeva una concreta apertura alla pena capitale. Piuttosto, si riteneva che la società dovesse essere guidata dalla morale e non dalla legge: ciò perchè dalla morale, che pone le sue radici nella sfera interna dell’individuo, “non si può fuggire”, mentre la legge è un’entità etero-imposta e in quanto tale comporta la naturale avversione degli individui. In definitiva, secondo il confucianesimo, una società basata sulla morale non necessita di tribunali o pene di morte. Ciò, semplicemente, perché non esisterebbe un illecito da punire.

Ci furono anche esperimenti in passato di antichi imperatori che riformarono il sistema penale cinese, senza tribunali o leggi che imponevano un determinato comportamento. Esperimenti ben presto falliti, che fecero spazio ad una nuova convinzione: non la morale, ma la paura deve governare i cittadini. Questa convinzione costituì la base del sistema penale cinese dopo la rivoluzione economica di Mao Zedong e l’apertura della Cina all’economia globale.

Una maggior capitalizzazione dell’economia cinese, con l’avvento della modernità, comportò l’ingente esodo dalle campagne alle città, con il conseguente aumento degli illeciti; per tale ragione il codice penale cinese del 1997 , prevedeva la pena di morte per tutta una serie di reati comuni. I fautori della pena di morte sostenevano che fondamento di tale pena si trovasse proprio nella filosofia di Confucio. Ciò facendo, però, sovvertirono completamente il senso dei testi fondamentali di tale filosofia.

Il fondamento della pena di morte in Cina è, dunque, totalmente retributivo/punitivo. A tale concetto, si aggiunge un qualcosa di caratteristico: alla retribuzione si accompagna una forma globale di general-prevenzione che si fonda  sulla paura di delinquere. La RPC è, ad oggi, l’unico paese al mondo per cui anche crimini economici (tipici dei cd. colletti bianchi) possono essere puniti con la pena di morte[4].

A ciò si aggiunga che il processo penale cinese è un processo sommario, che solo dal 2007 in poi prevede la giurisdizione necessaria della Suprema Corte Cinese con sede a Pechino in materia di pena di morte[5]. Prima infatti accadeva che, rigettato l’appello  dalla Corte territoriale, al condannato a morte non veniva offerto abbastanza tempo per proporre ricorso alla Suprema Corte. Così, si produceva il sostanziale effetto di rendere irrevocabile la sentenza resa in secondo grado. L’iniziativa di riforma del codice di procedura penale[6], ha costituito “la punta di diamante” di un processo di riforma, avviato nel 2007, che ha preso il nome di “uccidere meno, uccidere con cautela”(少杀慎杀[7]).

Tuttavia,  le autorità cinesi continuano a imporre condanne a morte e a eseguire sentenze capitali per una vasta gamma di reati che non raggiungono la soglia dei “reati più gravi”. Questi ultimi, sono gli unici reati per i quali l’uso della punizione capitale potrebbe essere utilizzata, in base al Patto internazionale sui diritti civili e politici  – che la Cina ha firmato ma non ancora ratificato[8] –  il quale al secondo comma dell’art. 6 stabilisce che: “nei Paesi in cui la pena di morte non è stata abolita, una sentenza capitale può essere pronunciata soltanto per i delitti più gravi (..)”

All’interno dell’arena internazionale le NU hanno svolto un ruolo essenziale. Dal 2007, infatti, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato numerose risoluzioni per una moratoria sulle esecuzioni, esortando gli Stati a collaborare con il Segretario generale. Più di recente nella sesta risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il tema relativo alla trasparenza è stato ulteriormente rafforzato. La risoluzione ha invitato i paesi mantenitori a: “[…] rendere disponibili le informazioni rilevanti, disaggregate per sesso, età e razza, a seconda dei casi e secondo altri criteri applicabili, riguardo l’uso della pena di morte e, in particolare, anche il numero di persone condannate a morte, il numero di persone detenute nel braccio della morte e il numero delle sentenze capitali eseguite [9]”

Tanto premesso, l’obiettivo delle NU appare chiaro: imporre alla RPC una maggior trasparenza in materia di  pene capitali. Nel 2016, in risposta alle pressioni dell’Assemblea generale delle NU, la Corte suprema del popolo ha lanciato il sito web China Judgements Online (中国裁判文书网), questo sito è dedicato alla pubblicazione dei documenti prodotti dalle corti del paese, inclusi quelli della Corte suprema del popolo.

I passi da compiere, nondimeno, sono ancora tanti. La RPC, infatti, si sta imponendo nell’arena internazionale come un sistema alternativo su cui puntare per scambi commerciali e investimenti. Eppure, troppi sono ancora i punti oscuri di tale paese. La pena di morte è uno tra questi punti oscuri e, legislativamente parlando, occorre una trasparenza che ad oggi è totalmente assente. Inquinamento, democrazia, censura sul web, giusto processo, sono solo alcuni dei punti chiave su cui dovrà giocare la modernità cinese.

[1] Tratto da : https://www.amnesty.it/pena-morte-nel-mondo-dati-2017/

[2] Tratto da:

[3] The Chinese Theory of Criminal Law (Chi-Yu Cheng) 1949.

[4] Anche se nel 2011 sono stati rimossi 13 reati di carattere economico tra quelli punibili con la pena di morte (https://www.bbc.com/news/world-asia-pacific-12580504)

[5] https://www.duihuahrjournal.org/2014/11/deciding-death-how-chinese-judges.html

[6] Rinvenibile al link:

[7] I segreti mortali della Cina (Amnesty international:

[8] Article 6 (2) of the ICCPR; Dui Hua, “China’s human rights plan downplays UN, Western cooperation”, 10 luglio 2012, http://www.duihuahrjournal.org/2012/07/chinas-human-rights-plan-downplays-un.html

[9] Assemblea generale delle Nazioni Unite, Risoluzione 71/187 del 19 dicembre 2016, UN Doc. A/RES/71/187.

Enrico Corduas

Classe 1993, laureato con lode in  giurisprudenza (Federico II) in diritto dell'energia con una tesi dal nome "Europa-Cina: politiche energetiche a confronto", frutto di un'esperienza di ricerca tesi a Shanghai (Koguan Law school). Attualmente svolge il tirocinio ex art 73 presso la Corte d'Appello di Napoli, I sezione penale.

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