venerdì, Marzo 29, 2024
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Conferimento di criptovalute in società di capitali. Raccolta di capitale di rischio ad opera di Start Up e PMI innovative: quale futuro per il cryptocrowdfunding?

A cura di Alessio Buontempo

  1. Cenni sulla natura delle criptovalute

L’art. 1 del d.lgs. n. 90/2017 definisce la criptomoneta come “la rappresentazione digitale di un valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”, si tratta di una disposizione emanata in attuazione della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, e prima di questa definizione l’ordinamento italiano non conosceva alcuna definizione in merito.

È utilizzata soprattutto negli anni più recenti come un vero e proprio mezzo di pagamento, ma si tratta quindi una moneta in senso proprio? In merito differenti sono le tesi, le cui principali sono due: quella della Cassazione che sembra seguire quella della c.d. teoria statale, in virtù della affermazione secondo cui “può essere qualificata moneta solo il mezzo di pagamento universalmente accettato che è espressione delle potestà pubblicistiche di emissione e di gestione del valore economico”[i] .

Da considerare però che molti studiosi di diritto e di economia ritengono che l’impronta sovrana non sia un requisito necessario per la qualificazione di un valore quale moneta. Ritenendo meritevole una definizione di questa che valorizzi il suo aspetto funzionale (c.d. teoria funzionale), così si potrà considerare moneta qualsiasi bene che sia di diffusa accettazione in una comunità e sia utilizzato per adempiere alle tre funzioni che le sono attribuite: quella di strumento di scambio, di unità di conto e di riserva di valore [ii]. Ma è da tener conto che una moneta generabile da qualsiasi soggetto, senza limiti di qualsiasi natura difficilmente può adempiere ad una funzione monetaria, normalmente le monete presentano una struttura accentrata e dunque un emittente, diversamente le criptovalute si caratterizzano per l’assenza di un emittente, così la funzione monetaria viene assicurata non già dalla fiducia riposta dalla comunità dei consociati in un soggetto emittente, ma dalla fiducia nelle modalità tecniche di un’emissione che risulta “acefala”, ma predefinita[iii]. Sono dunque prodotte da software e il loro “scambio”avviene secondo tecniche di movimentazione elettronica che ricordano quindi i sistemi di gestione accentrata degli strumenti finanziari dematerializzati. I dubbi sulla reale natura delle criptovalute però restano in assenza di una formale previsione ad opera del legislatore, soprattutto con particolare riguardo al conferimento in società di capitali e alle nuove modalità di finanziamento di queste ultime, si pensi appunto al crowdfunding in particolare per il finanziamento di Start-up e PMI innovative.

 

1.1. Conferimento di criptovalute: quali implicazioni?

Non si tratta di un dialogo sterile quello che ha oggetto la domanda di quale sia l’effettiva natura delle criptovalute, e se queste possano essere considerate propriamente denaro, perché il discorso in questione inserito all’interno di dinamiche concrete genera subito non pochi problemi, si consideri in prima istanza l’art.2342 c.c. per le s.p.a e l’art.2464 per le s.r.l. relativamente ai conferimenti, in particolare l’inciso “se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente il conferimento deve farsi in denaro”, alla luce di tale previsione sarà possibile conferire criptovalute soltanto nel momento in cui queste siano considerate denaro, diversamente si applica la disciplina che prevede il procedimento di stima per il conferimento di beni in natura e di crediti. In realtà bisogna ricordare che l’art.1278 c.c. afferma che “i debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale”, si tratta, quindi, dal 1999 dell’euro, ed è proprio alla luce di ciò che la valuta estera è considerata come conferimento in natura ed è sottoposta a procedimento di stima, vero è che la moneta è essa stessa uno strumento di misurazione del valore ma il legislatore esplicitamente riconduce alla nozione di denaro solo la moneta legale domestica al dine di garantire la effettività del capitale, perché la moneta domestica assolve questa funzione dal momento che vi è corrispondenza numeraria tra il suo concreto valore e quello per cui concorre alla formazione del capitale nominale, non è una funzione in grado di garantire la moneta non avente corso legale in Italia in considerazione della loro volatilità espressa dal tasso di cambio e quindi sono maggiormente riconducibili ai beni in natura[iv], quanto appena detto può valere anche per le criptovalute dal momento che il legislatore italiano non ne attribuisce valore di moneta se non ai fini fiscali; ma anche se si considerassero alla stregua di una somma di denaro queste non sarebbero idonee a costituire un conferimento societario a causa della loro alta volatilità, almeno in determinati periodi, il che lederebbe quella effettività del capitale sociale cui il legislatore, con la riforma del 2003 e in ottemperanza delle Direttive comunitarie, ha dato particolare importanza in particolare con la disciplina dei conferimenti in natura e dei crediti, in quanto il valore delle criptovalute eventualmente conferite può crollare in misura considerevole[v] e il valore reale del capitale sociale non corrisponderebbe a quello nominale e il socio sarebbe detentore di una partecipazione che gli conferisce diritti amministrativi e patrimoniali per una misura superiore rispetto a quanto realmente conferito.

 

1.2. Conferimenti in natura e il contributo della giurisprudenza di merito

Il discorso non sembra mutare particolarmente se diversamente si conducono le criptovalute nell’ambito dei beni diversi dal denaro o dalla valuta estera, e quindi prevedendone la sottoposizione al procedimento di valutazione previsto per le s.p.a e s.r.l., in particolare è utile considerare il caso di cui si è occupato il Tribunale di Brescia[vi] (sezione specializzata in materia di imprese) e successivamente la stessa Corte d’Appello. Il tribunale con decreto n.7556/2018 rigettava il ricorso presentato dall’amministratore unico di una s.r.l. nei confronti del rifiuto del notaio di iscrivere una delibera assembleare nel registro delle imprese che aveva ad oggetto un aumento di capitale sociale a pagamento da liberarsi mediante conferimenti in natura, tra cui il conferimento di criptovalute, con apposita relazione di stima di un revisore legale scelto dal conferente; il notaio nel proprio diniego, aveva ritenuto che la delibera non fosse “sufficientemente dotata dei requisiti di legittimità per ordinarne una immediata ed incondizionata iscrizione”. In particolare, il notaio ha ritenuto che la criptovaluta in questione non consentisse “una valutazione concreta del quantum destinato alla liberazione dell’aumento di capitale sottoscritto”, né di valutare l’effettività (quomodo) del conferimento[vii], l’amministratrice della società ricorrente reclamava le conclusioni del notaio in particolare perché: i) la perizia del consulente confermava il valore del bene e il trasferimento della disponibilità in capo alla società; ii) che l’Agenzia delle entrate aveva chiarito che il possesso di una tale moneta richiedeva l’inserimento nella dichiarazione dei redditi e di conseguenza era attribuibile un valore economico alla stessa; iii) che secondo la prassi dei conferimenti oggi è possibile conferire sia crediti che taluni beni immateriale (c.d. conferimenti atipici), sicché non vi era alcuna ragione di escludere le criptovalute; iv) che tale moneta era scambiata su mercati non regolamentati e soggetta alla valutazione da parte di operatori specializzati.

Il Tribunale rigettando il ricorso ex art.2436, comma 2, faceva presente l’assenza di quei requisiti minimi necessari per conferire criptovalute ai sensi degli artt. 2464 co.2 e 2465 c.c.; perché è da considerare che la dottrina ormai consolidata, e anche confermata dall’art.2464 co.2, ritiene che sono conferibili solo elementi suscettibili di valutazione economica, per cui solo ciò che può essere oggetto di stima rientra tra i beni in natura conferibili, questo perché la disposizione ha come ratio quella di evitare conferimenti particolarmente incerti in relazione alla loro effettiva acquisizione assicurando una immediata disponibilità di quanto conferita e la effettiva consistenza del capitale sociale[viii], o c.d. principio di effettività del capitale sociale. Si richiede, dunque, la presenza di due condizioni: che l’entità che si vuole conferire sia ascrivibile all’attivo, e che si tratti, come detto, di una entità suscettibile di valutazione economica. e un elemento dell’attivo è suscettibile di valutazione economica ai sensi dell’art. 2464 c.c. qualora sussistano le seguenti condizioni: (i) attribuibilità di un valore economico attendibile; (ii) idoneità a essere oggetto di valutazione, in un dato momento storico; (iii) esistenza di un mercato di riferimento, ai fini della valutazione del grado dì liquidità del bene stesso e, quindi, della sua velocità di conversione in denaro; (iv) idoneità a essere oggetto di forme di esecuzione forzata[ix]. In particolare, nelle motivazioni della Corte d’Appello adita a seguito della impugnazione del decreto del Tribunale il Collegio evidenziava che la criptovaluta in questione non era presente in alcuna piattaforma di scambio tra criptovalute, con la mi possibilità di poter fare affidamento su prezzi attendibili in quanto discendenti da dinamiche di mercato, e che la perizia riportava semplicemente il “valore normale” tratto dalle quotazioni del sito.

Alla luce di ciò è noto che le criptovalute siano caratterizzate, come detto, nel loro momento genetico da una certa spontaneità in virtù da una parte della assenza di un ente, un organismo centrale che le emetta, e d’altra parte dalla assenza di mercati regolamentati, ad eccezione di chi casi, si può pensare bitcoin, proprio queste caratteristiche le rendono particolarmente voltatili[x] e la giurisprudenza si presenta conseguentemente particolarmente cauta sul tema – certamente per le incertezze giuridiche prima sull’inquadramento delle stesse e poi sulla disciplina applicabile rispetto ai conferimenti – in quanto presenta dei caratteri di novità che mettono alla prova i principi giuridici della materia stessa come fino ad oggi affermati. Prescindendo poi dalla volatilità delle stesse, che comunque rappresenta un profilo essenziale se ancora oggi si vuole attribuire un ruolo di garanzia al capitale sociale, che proprio nelle società a responsabilità limitata costituisce l’unica garanzia dei creditori, anche se con le ultime novità in materia di S.r.l questa concezione è venuta via via ridimensionandosi, basti pensare alle S.r.l. costituite con un solo euro di capitale, quale garanzia può avere in questo senso il capitale sociale? Piuttosto bisogna poi considerare che proprio l’assenza di una autorità centrale che disciplini la circolazione e la stessa erogazione la rende senza dubbio inidonea ad essere soggetta alla disciplina sui conferimenti in denaro di cui all’art.2464, comma 3 c.c. Ma la esigua giurisprudenza di merito attualmente seppur in linea di massima tende ad escludere l’applicazione di tale disciplina, dove incontra particolare resistenza anche alla applicazione di quella sui conferimenti di beni in natura e crediti è la natura ibrida e oggi quindi assolutamente “atipica” delle criptovalute ritenute così no suscettibili al conferimento e non univocamente classificabili, in quanto considerate quasi assimilabili ai beni mobili ma funzionalmente al denaro in quanto utilizzate anche per i pagamenti proprio come le monete statali, ma al tempo stesso difficilmente riconducibili ai beni in natura in quanto non è possibile acquisire le stesse tramite denaro, e di conseguenza non sono economicamente valutabili.

Ulteriore profilo che ha messo in crisi la giurisprudenza è quello della indennità delle criptovalute di essere assoggettate ad esecuzione forzata, si consideri che qualcuno la definisce quale “documento  digitale esprimente un segno convenzionale”[xi] che viene normalmente attribuito ad un individuo mediante codici informatici, con una assenza quindi di documenti fisici in quanto sopperisce la tecnologia replicando digitalmente la documentazione, ciò ricorda fortemente la dematerializzazione e la gestione accentrata dei titoli che avviene nel sistema italiano ad opera della Monte Titoli S.p.a, diversamente nelle criptovalute tutto ciò avviene su carattere fiduciario, il trasferimento da un soggetto ad un altro avviene sulla base del trasferimento e attribuzione di credenziali; tecnicamente il problema principale che si pone per la esecuzione su cripto è la loro reperibilità coercibilità dall’obbligo di consegnare il compendio dal momento in cui non sia possibile reperire le chiavi asimmetriche che in sostanza costituiscono l’unico accesso al controvalore della criptovaluta con la conseguenza che il compendio suddetto può essere efficacemente sottoposto ad esecuzione solo se il creditore riesce ad entrare in possesso di detti codici[xii], così in assenza di una collaborazione ad opera del debitore per la consegna delle criptovalute o anche di un terzo a cui si possano richiedere le generalità del debitore sarà particolarmente difficile risalire al possessore.

Queste implicazioni appena esaminate rappresentano soltanto quei caratteri essenziali da conoscere prima ancora di arrivare a considerare il possibile strumento di esecuzione da poter utilizzare, il che richiederebbe una ulteriore analisi di carattere processual-civilistico.

 

  1. Equity crowdfunding e conferimento di criptovalute in PMI

Le Start up e PMI innovative hanno uno strumento importante per finanziare le loro idee imprenditoriali, si tratta del crowdfunding, ossia la possibilità mediante una portale web di entrare in contatto con un numero rilevante di soggetti ed ottenere, tramite la previa diffusione di informazioni necessarie alla esposizione della attività di impresa che si intende esercitare o che si esercita e gli obiettivi che si intendono perseguire, dei fondi per il finanziamento della propria attività di impresa. Il finanziamento suddetto può assumere diverse forme, ossia quella del Donation crowdfunding ove chi ha donato nulla avrà in cambio, il reward crowdfunding per cui chi ha donato potrò ricevere successivamente delle ricompense, il lending crowdfunding tramite cui l’impresa si finanzia chiedendo un prestito al pubblico, e successivamente l’impresa restituirà il capitale con gli interessi, e ultima forma è l’equity crowdfunding, in questo caso l’impresa ricevendo il capitale da terzi emetterà a favore di questi dei titoli di partecipazione al capitale, quindi siamo nell’ambito del capitale di rischio, e chi mette il denaro diventa socio[xiii].

L’ordinamento italiano si è dimostrato particolarmente all’avanguardia, attestandosi quale primo paese a disciplinare il mercato dell’equity crowdfunding con il D.L. n. 179/2012, art. 30, commi 1-5, seppur inizialmente previsto per le sole startup innovative, l’equity crowdfunding è stato gradualmente esteso dapprima alle PMI innovative, agli OICR e alle società di capitali che investono prevalentemente in startup e PMI innovative (2015) e poi, con la legge di Bilancio 2017, a tutte le piccole e medie imprese italiane. L’obiettivo del legislatore era quello di sviluppare anche in Italia un apparato normativo in grado di favorire la capitalizzazione e il finanziamento delle piccole-medie imprese anche da parte delle entità non bancarie.

Vista l’apertura del legislatore a queste nuove metodologia di raccolta dei capitali a favore di quella tipologia di imprese che rappresentano la maggioranza di quelle presenti sul territorio italiano, sarebbe auspicabile anche un sistema cryptocrowdfunding, e ciò proprio per l’utilizzo che oggi se ne fa delle criptovalute, ossia quale vero e proprio mezzo di finanziamento, immettendo le stesse nel contesto del diritto societario non sembra si possa, in prima istanza, negare un loro utilizzo per una più semplice raccolta di capitali sia ad opera di PMI in forma di s.p.a. sia di PMI in forma di s.r.l. che potrebbero così ottenere dei fondi importanti per la loro operatività e sopravvivenza[xiv], questo discorso si poggia anche su quella che è la scia innovativa apportata dal legislatore ove ha derogato allo storico divieto di cui all’art.2468 c.c. il quale prevede che per le società a responsabilità limitata  le partecipazioni dei soci non possano costituire offerta al pubblico di prodotti finanziari, di fatto oggi l’art.100-ter T.u.f. rubricato “Offerte attraverso portali per la raccolta di capitali” prevede al suo coma 1-bis che “in deroga a quanto previsto dall’articolo 2468, primo comma, del codice civile, le quote di partecipazione in piccole e medie imprese costituite in forma di società a responsabilità limitata possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche attraverso i portali per la raccolta di capitali, nei limiti previsti dal presente decreto”; non si pone qui nessuna critica, ma ci si chiede se alla luce della evoluzione, anche tecnologica, dello stesso sistema di diritto societaria debba far seguito anche una necessaria riscrittura delle disposizioni relative ai conferimenti e non solo, si tratta certamente di un percorso lungo, e che pone molti dubbi a livelli internazionale, ma che ha avuto una prima apertura ad opera della giurisprudenza che non si è spinta particolarmente oltre in virtù soprattutto delle incognite che presentano questi nuovi strumenti, che ad oggi sono sconosciuti anche dalle stesse disposizioni nazionali, se non ai fini antiriclaggio rapidamente indicati nella parte iniziale del contributo.

 

 

 

[i] Così Cass. Civ. sentenza n. 25837 del 02/12/2011.

[ii] Così, Mecenate, “Il deposito del prezzo in Criptovalute dal notaio”, in Rivista delle Società, 2021.

[iii] Si esprime in questo senso Cian, “La criptovaluta – alle radici dell’idea giuridica di denaro attraverso la tecnologia: spunti preliminari”,in Banca Borsa Titoli di credito, 2019.

[iv] Si veda Chiu, “Regulating Crypto-finance: A Policy Blueprint”, in ECGI, 2021.

[v] Si consideri quanto sta avvenendo nell’ultimo anno con i prezzi delle criptovalute, in particolare la più nota Bitcoin che da un valore massimo di 48 mila dollari si attesta oggi a meno della metà.

[vi] Trib. Brescia Sez. spec. imp. Decreto n.7556/2018 del 18 luglio 2018.

[vii] Cfr. Michi, “Criptovalute e capitale sociale: un binomio imperfetto?”, in Rivista del Notariato, 2019., ma sulla esecuzione forzata si ceda anche, Canella, “Esecuzione forzata su criptovaluta: qualche idea e nessuna certezza”, in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, 2021.

[viii] Si spazzarono via così le altre due visioni per cui da una parte si assegnava al capitale un a funzione di garanzia dei terzi, per cui non era possibile ammettere conferimenti di beni non espropriabili, in questo senso infatti Simonetto, “Responsabilità e garanzia nel diritto delle società”, Padova, 1952, p.352; e da un’altra parte chi assegnava al capitale una funzione produttiva che concludeva che qualsiasi bene potesse essere conferito purché idoneo al conseguimento dell’oggetto sociale, così Portale, “Capitale sociale e conferimenti nella s.p.a”, in Rivista delle Società, 1970, p.30

[ix] Si veda, Urbani, “Il conferimento di cripto-attività al vaglio della giurisprudenza di merito”, nota a sentenza Corte d’Appello di Brescia, in Giurisprudenza Commerciale, 2020.

[x] In questo senso, Resta, “Finanziamento delle PMI e nuove tecnologia fra raccolta del capitale e creazione di valori”, in Rivista di Diritto Bancario, 2019, p.512.

[xi] Si esprime così, Cian, “La criptovaluta. Alle radici dell’idea giuridica di denaro attraverso la tecnologia: spunti preliminari”, in Banca Borsa Titoli di credito, 2019, p.330.

[xii] Così, Canella, “Esecuzione forzata su criptovaluta: qualche idea e nessuna certezza”, in Rivista trimestrale di Diritto e Procedura Civile, 2021, p.5.

[xiii] Si veda, Accettella, Ciocca, “Emittente e portale nell’equity -based crowdfunding”, in Giurisprudenza Commerciale, 2017, p.6.

[xiv] Cfr. Vitali, “Equity crowdfunding: la nuova frontiera della raccolta del capitale di rischio”, in Rivista delle Società, 2014.

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