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Labourdì

Decreto Trasparenza: oggetto, scopo, attuazione e prime problematiche

A cura di Nicola Numeroso

 

Dopo un lungo iter, non privo di incertezze dato il panorama politico, come noto lo scorso 13 agosto è entrato ufficialmente in vigore il d.lgs. n. 104/2022 cd. “decreto trasparenza”, provvedimento di matrice europea di riforma dei contratti di lavoro.

Le disposizioni del decreto trovano applicazione a tutti i rapporti di lavoro in stipula a partire dalla sua data di entrata in vigore. In particolare rientrano nell’ampio ambito di applicazione del decreto i contratti di lavoro subordinato, in somministrazione, e di lavoro intermittenti, i rapporti di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata dal committente (cfr. art. 2, comma I, D.Lgs. n. 81/2015), i contratti di collaborazione coordinata e continuativa (cfr. art. 409, n. 3, cpc), i contratti di prestazione occasionale (cfr. art. 54 bis D.L. n. 50/2017), i rapporti di lavoro con la Pubblica Amministrazione (cfr. art. 1, comma II, D.Lgs. n. 165/2001) e con gli enti pubblici economici, ed i rapporti di lavoro con i lavoratori marittimi e della pesca e con i lavoratori domestici, per questi ultimi con l’eccezione di alcune previsioni e ferma restando la loro disciplina speciale di riferimento.

Primo inevitabile effetto di tale provvedimento è stato quello di rincorsa, dati anche i tempi stretti, da parte di imprese e datori per provvedere alla modifica ed integrazione dei contratti di lavoro e degli eventuali altri contratti commerciali ad essi collegati al fine di consentire il recepimento e l’attuazione delle nuove disposizioni.

Altro effetto invece non del tutto inaspettato è l’impatto che l’applicazione ed attuazione di tale decreto sta avendo nella generale gestione dei rapporti di lavoro tanto da essere stato già fortemente criticato, soprattutto con riferimento ad alcuni suoi punti.

Di seguito si riporta una ricostruzione dei principi e finalità alla base del nuovo decreto, dell’oggetto, la sua attuazione, e le relative prime problematiche interpretative ed applicative. 

I Principi e le finalità alla base: la Direttiva UE 2019/1152

Il provvedimento in oggetto è stato emanato in attuazione della Direttiva UE 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione Europea, da recepire nel termine ultimo del 1 agosto di quest’anno.

Nello specifico, scopo e finalità di tale direttiva è quello di fissare prescrizioni minime relativamente alle informazioni sugli elementi essenziali del rapporto e riguardo le condizioni di lavoro minime applicabili e le relative tutele da fornire al lavoratore quale soggetto debole del rapporto contrattuale.

Tutto con il fine ultimo di garantire ai lavoratori UE un adeguato livello di trasparenza e prevedibilità per quanto riguarda le loro condizioni di lavoro.

Attuazione ed ambito di applicazione

Il testo si compone di 17 articoli divisi in IV Capi: “Finalità e ambito di applicazione”; “Informazioni sul rapporto di lavoro”; “Prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro; Misure di tutela”.

Il Legislatore nazionale recepisce le finalità europee con un intervento generale sui diritti e sulle tutele applicabili ai rapporti di lavoro, ed attraverso un ampliamento degli obblighi di informazione in capo a tutti i datori nei confronti dei loro lavoratori.

A tal fine, attraverso il decreto in oggetto il Legislatore principalmente opera una novella al D.lgs. n. 152/1997 relativo proprio agli obblighi informativi del datore di lavoro con riferimento alle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro, prevedendo un nutrito pacchetto di ulteriori ed aggiuntive informazioni che il datore dovrà fornire ai lavoratori, al momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro, tramite la consegna del contratto di lavoro o alternativamente della copia della comunicazione obbligatoria di instaurazione del rapporto. Tale pacchetto informativo viene inoltre arricchito nei casi di contratti intermittenti, prestazioni di lavoro all’estero, o utilizzo da parte del datore di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.

È previsto poi che le eventuali informazioni mancanti dovranno essere fornite con seguente atto scritto entro i 7 giorni successivi all’inizio della prestazione lavorativa, mentre per alcune di esse il termine è fissato in un 1 mese dall’inizio dell’attività lavorativa.

Gli stessi oneri di comunicazione sussistono anche in caso di variazione di uno di tali elementi in corso del rapporto di lavoro ed entro il primo giorno di decorrenza degli effetti della modifica, a meno che tale variazione non derivi da modifica di disposizioni legislative o regolamentari, ovvero dalla contrattazione collettiva.

Le informazioni dovranno inoltre essere conservate e rese accessibili in qualsiasi momento su richiesta del lavoratore.

Infine, con riferimento alle modalità di fornitura delle informazioni, ratio del nuovo decreto è il divieto per i datori di lavoro di limitarsi ad operare il semplice rinvio.

A tali obblighi informativi è tenuto, nei limiti della compatibilità, ed in considerazione delle diversità, anche il committente.

Per il mancato, ritardato, incompleto o inesatto adempimento da parte del datore degli obblighi informativi è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria di importo variabile a seconda della tipologia di violazione commessa, irrogabile previa denuncia da parte del lavoratore e conseguente accertamento dell’ispettorato del Lavoro.

Altri istituti ritoccati:

Più marginali ritocchi, in alcuni casi neanche da considerarsi vere e proprie novità, subiscono gli istituti del periodo di prova la cui durata massima viene fissata in 6 mesi (1), salvo i casi di diversa inferiore durata prevista dai contratti collettivi, e quello di lavoro a termine ove viene applicato il principio di proporzionalità della durata del periodo di prova alla durata del rapporto, oltre che il divieto di previsione di un nuovo periodo di prova in caso di rinnovo del contratto per lo svolgimento delle medesime mansioni. Infine, viene previsto il prolungamento del periodo di prova in misura corrispondente alla durata dell’assenza dovuta per eventi quali: malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori(2).

Altro istituto “ritoccato” è quello del cumulo di impieghi per il quale viene stabilito il divieto generale per il datore di lavoro di limitare o negare al lavoratore l’esercizio di altra attività lavorativa fuori dall’orario di lavoro concordato, o penalizzarlo per tale ragione, salvo l’obbligo di fedeltà cui il lavoratore è tenuto ai sensi dell’art. 2105 c.c., o nei casi in cui lo svolgimento di altra attività comporti pregiudizio per la salute e la sicurezza (anche con riferimento alla normativa in materia di riposi), in sussistenza della necessità di garantire l’integrità del servizio pubblico, o la diversa e ulteriore attività lavorativa sia in conflitto d’interessi con quella principale pur non violando il dovere di fedeltà di cui all’art. 2105 cc(3).

Ancora, viene riconosciuto il diritto per il lavoratore che abbia maturato un’anzianità di lavoro di almeno 6 mesi presso lo stesso datore di richiedere il passaggio ad una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se disponibile. Tale volontà deve essere manifestata per iscritto al datore che fornisce risposta scritta motivata entro 1 mese. In caso di risposta negativa, il lavoratore ha comunque facoltà di presentare una nuova richiesta trascorsi almeno 6 mesi dalla precedente.

Infine, in materia di formazione è stabilito che questa, quando prevista o obbligatoria per legge o contrattazione collettiva, deve essere erogata gratuitamente, e considerata come orario di lavoro e ove possibile svolta durante lo stesso(4).

Prime problematiche interpretative ed applicative

Sebbene da poco entrato in vigore, già in fase di analisi del testo erano emerse alcune problematiche soprattutto di carattere applicativo, prima tra tutte è stata la rilevata mancata previsione di un vero e proprio regime transitorio, che rischia il crearsi di una categoria di lavoratori “esodati” dall’applicazione della norma, e l’emergere della necessità di una prossima futura modifica legislativa per colmare tale buco normativo(5). 

In particolare, sebbene all’interno del decreto è contenuta una speciale disposizione transitoria per i rapporti di lavoro già in essere alla data dell’1 agosto 2022, per i quali viene previsto che il datore di lavoro dovrà aggiornare o integrare le informazioni già fornite all’atto dell’assunzione entro il termine di 60 giorni dalla richiesta scritta del lavoratore, restano fuori i lavoratori assunti dal 2 al 12 di agosto 2022, per i quali non risulta alcun obbligo, quasi configurandosi una dimenticanza da parte del legislatore.

A ciò è venuto in soccorso in primis l’Ispettorato del Lavoro con la sua circolare del 10 agosto 2022 (n. 4/2022) tramite la quale ha fornito dei chiarimenti interpretativi sui contenuti e ambito di applicazione del nuovo provvedimento, da subito presi a riferimento anche da aziende e professionisti nell’interpretazione delle nuove norme.

Nello specifico, l’Ispettorato ha risolto la questione dei lavoratori con contratto instaurato dal 2 al 12 agosto 2022 facendo rientrare anche questi sotto il cappello della predetta speciale disciplina transitoria prevista per i lavoratori con contratto in corso all’1 agosto 2022.

Mentre con riferimento al recepimento dei contenuti della direttiva comunitaria è stato rilevato un eccessivo ampliamento della loro portata da parte del legislatore nazionale, principale dimostrazione di ciò l’assenza della possibilità di operare il rinvio ai contenuti dei CCNL da parte del datore, invece previsto dalla stessa direttiva. Punto questo classificato addirittura quale vizio originario della riforma. 

Relativamente a ciò l’Ispettorato sempre nel suo provvedimento decide di prevedere solo per alcune “informazioni di dettaglio” tale rinvio, a patto però che lo stesso non sia generico ma che invece si sostanzi in un rinvio specifico e concreto al contratto collettivo applicato o ad altri documenti aziendali consegnati al dipendente, tale da consentire ai lavoratori di accedere in maniera chiara alle informazioni. A riguardo nella circolare vengono forniti due esempi delle informazioni di dettaglio per le quali sarebbe possibile tale rinvio, ossia la spiegazione della complessiva disciplina applicabile in tema di orario di lavoro, e altre eventuali regole esistenti in materia di retribuzione.

Ancora, altro rilevante aspetto sollevato ha riguardato le modalità attraverso cui è previsto che vengano fornite le informazioni, ossia tramite contratto di lavoro oppure con la consegna delle comunicazioni obbligatorie di legge, e ciò in quanto nel primo caso le eventuali modifiche delle informazioni dovranno essere accettate dal lavoratore in quanto con il loro inserimento in contratto entrano come tali nel patrimonio individuale del lavoratore(6).

Quanto infine in generale agli effettivi risultati della riforma, si denuncia un enorme appesantimento degli oneri burocratici nella gestione dei rapporti di lavoro, ed in particolare con riferimento alle fasi di redazione e consegna del contratto di assunzione, con il conseguente concreto rischio di vanificazione della finalità sostanziale del diritto all’informazione.

 

  1.  Già previsto nel nostro ordinamento dall’art. 4 R.D. n. 1825/1924.
  2.  Principio questo, insieme a quello di proporzionalità del periodo di prova in caso di lavoro a termine, già consolidato dalla giurisprudenza, a titolo esemplificativo Cass. n. 4347/2015.
  3. Anche in tal caso si tratta sostanzialmente nel recepimento di orientamento giurisprudenziale, a titolo esemplificativo Cass. n. 13196/2017
  4. Considerando gli obblighi di formazione a cui il datore è già sottoposto ai sensi della normativa in materia, ed in particolare degli artt. 36 e 37 TUSL, la previsione in questione non ha apportato alcuna particolare innovazione.
  5. E. De Fusco, “Informazioni sul rapporto di lavoro, esclusi gli assunti dal 2 al 12 agosto”, 2022; G. Falasca, “Informazioni entro 60 giorni per chi lavora già dal 1° agosto”, 2022.
  6. De Fusco op.cit.

Rossana Grauso

Studentessa della facoltà di giurisprudenza dell'Università degli studi di Napoli "Federico II" e tesista in diritto finanziario, è socia di Elsa Napoli. Appassionata di tributaristica e diritto del lavoro, prende parte al progetto "Ius in Itinere" a giugno 2016, divenendone nel gennaio 2017 responsabile dell'area di diritto tributario e diritto del lavoro. Dall'ottobre 2017 è collaboratore editoriale per AITRA - Associazione Italiana Trasparenza ed Anticorruzione. Nel futuro, un master in fiscalità d'impresa e contrattualistica internazionale. Email: rossana.grauso@iusinitinere.it

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