Design Thinking: una spinta di cambiamento da cogliere
Nel corso dell’esplorazione del fenomeno de design thinking applicato alle politiche e ai servizi pubblici[1] abbiamo fatto il punto sul perché e sul chi sta portando avanti questa sperimentazione in Europa e nel mondo.
Ci sono stati alcuni governi nazionali e locali pionieri che hanno declinato diversi aspetti del design portando innovazione in diversa misura nei propri contesti[2]. Dal più famoso MindLab in Danimarca al TACSI Australiano fino al francese 27eme Region e così via in una lista che vede emergere paesi come Regno Unito, Germania, Finlandia, Stati Uniti, Canada.
Il quadro che emerge è decisamente sbilanciato e descrive come le iniziative nascano e si affermino più facilmente in contesti specifici (paesi o città) dove le premesse socioeconomiche permettono la loro esistenza.
In particolare, “il design thinking si sta affermando nei paesi dove la classe dirigente è più preparata ed addestrata all’uso strategico delle metodologie di design partecipato, in quanto strumento che permette di cogliere con successo le sfide dovute ai cambiamenti dei comportamenti ed alle aspettative di innovazione dei servizi.”[3]
Sono contesti accomunati dalla richiesta di uno standard di welfare alto, dove c’è una forte cultura della partecipazione, un’attitudine a collaborare in processi collettivi, una cultura del design affermata e una progressiva affermazione del design come fattore principale per il cambiamento sociale.
In opposizione, troviamo luoghi più ‘deboli’ dal punto di vista del capitale sociale[4] dove le sperimentazioni del design thinking in contesti pubblici faticano ad esistere e ad avere consistenza. Questi contesti si distinguono per caratteristiche comuni come il forte verticalismo dello stato, un rapporto di assistenzialismo con i cittadini, la debolezza della cultura partecipativa e bassi livelli di fiducia tra le persone e verso le istituzioni[5]
Ma la domanda che qualcuno si sarà posto è come si posiziona l’Italia in questo scenario?
L’Italia presenta alcune caratteristiche dei contesti ‘deboli’ ed è, infatti, in ritardo sull’applicazione di queste pratiche nel settore pubblico. Nonostante ciò, sul nostro territorio sono presenti alcuni esempi virtuosi nati fuori dai governi che hanno provato a diffondere il design come strumento per le politiche e i servizi. In alcuni casi hanno cercato l’appoggio e il coinvolgimento di attori pubblici a scala locale, in altri casi sono riusciti ad affermarsi a scala regionale e nazionale.
Tra le istituzioni che hanno introdotto il tema in Italia c’è il Politecnico di Milano che nel suo dipartimento di design ha dato vita al Design Policy Lab[6] guidato da alcuni ricercatori e professori che contribuiscono alla discussione sull’argomento a livello internazionale.
Si definiscono come un centro di ricerca-azione che vuole “trasformare la pratica del policy-making e creare più significato e impatto cambiando il modo in cui governiamo e siamo governati”. Uno degli obiettivi è contribuire a (ri)sincronizzare i governi con la società e rendere le politiche più ‘sperimentali’.
Per arrivare a questi obiettivi, il laboratorio si impegna nel creare iniziative e spazi per il coinvolgimento dei diversi attori nella discussione, elaborare dati e valutazioni che mirano a influenzare il futuro delle politiche attraverso il design a livello europeo, nazionale e regionale. Inoltre, il laboratorio vuole supportare i governi attraverso il trasferimento di competenze e la creazione di strategie per la crescita e l’innovazione.
Il Design Policy Lab ha sperimentato alcuni progetti con la città di Milano che sono ancora in corso come il progetto Includi.Mi[7], in collaborazione con Tiresia (Dipartimento di Ingegneria Gestionale), co-finanziato da Fondazione Cariplo e supportato dal Comune di Milano.[8] Il progetto ha lo scopo di migliorare la partnership tra il pubblico e il privato per lo sviluppo dell’innovazione sociale attraverso la presentazione di alcuni nuovi strumenti come il pay-by-result[9]dedicati sia alla pubblica amministrazione che agli innovatori sociali.
La prima città che ha fatto un esperimento di pay-by-result è stata la città di Torino dove alcuni soggetti hanno portato le pratiche del design per le politiche pubbliche a scala metropolitana e regionale. SocialFare[10] nato nel 2013 a Torino è un centro per l’innovazione sociale che ha avuto nel tempo anche il ruolo di laboratorio in cui il design è stato posto come approccio e insieme di competenze a sostegno della pubblica amministrazione.
In particolare, SocialFare “risponde alla necessità di creare spazi “politici” neutri, in cui la sperimentazione e l’innovazione servono a promuovere il bene sociale ed il bene comune, e nuove soluzioni di welfare che sostengano il ruolo possibile della pubblica amministrazione come catalizzatore di innovazione sociale.”[11]
Le attività di cui questo centro è promotore messe anche al servizio delle istituzioni (legate fortemente al design-thinking) sono la ricerca etnografica per la comprensione delle necessità dei cittadini, l’analisi qualitativa dei comportamenti economici, il design di servizi e prodotti, laboratori di creatività e di tecnologia sociale e nuovi modelli di imprenditoria sociale.
Un altro progetto che porta uno sforzo di innovazione del settore pubblico attraverso il design nel nostro Paese è il Team per la trasformazione digitale[12] che entra ufficialmente in scena in Italia a settembre 2016 commissionato dal governo italiano sotto l’ombrello dell’Agenzia per il digitale e del Dipartimento per la funzione pubblica con lo scopo di costruire servizi digitali più semplici ed efficaci per i cittadini.
Nonostante, anche questo soggetto non sia un vero e proprio PSI lab, il Team Digitale ha messo a disposizione la piattaforma Designers Italia[13] che si prefigge di essere il punto di incontro tra il design e la pubblica amministrazione.
Oltre ad aver creato le linee grafiche per i servizi pubblici digitali, questo team ha progettato e pubblicato una serie di linee guida e kit per utilizzare il (service) design anche nella ricerca e nella progettazione dei servizi per tutte le pubbliche amministrazioni che se ne vogliono avvalere. Attraverso le proprie comunicazioni, il team digitale ha promosso i diversi utilizzi dello human-centered design ovvero il design che mette al centro la persona, come approccio da perseguire nel settore pubblico.
In particolare, è interessante evidenziare come presentano le diverse declinazioni del design a seconda delle necessità: User Research design nel momento della ricerca utente e dell’analisi dei comportamenti, il Service Design e i suoi strumenti per la progettazione dell’esperienza dei servizi pubblici digitali, User Interface Design per la progettazione di usabilità e visualizzazione delle piattaforme e il Content Design per la progettazione dei contenuti e dell’organizzazione delle informazioni.
Attraverso questi approcci, sono stati ridisegnati alcuni servizi per la cittadinanza come PagoPA l’applicazione per effettuare pagamenti a enti pubblici, i siti web per gli istituti scolastici[14], i siti web per i comuni italiani e per diverse pubbliche amministrazioni come il sito del governo e di alcuni ministeri che sono ora in uso o in fase di preparazione.
Come visto da questi 3 esempi, anche in Italia la comunità di professionisti che si occupa di promuovere gli approcci e gli strumenti del design per l’innovazione dei servizi e delle politiche pubbliche è un numero crescente. Non raggiunge ancora in estensione e impatto quella di Danimarca o Regno Unito ma mostra un indice di interesse verso lo sviluppo di questi temi. Più che altro testimonia la presenza di competenze tecniche e l’energia di una generazione di professionisti che hanno deciso di metter in gioco e ‘prestare’ la propria esperienza formata nel settore privato delle agenzie e delle aziende, per contribuire al bene comune.
I governi municipali, regionali e nazionali come non mai, hanno alle loro porte una grande opportunità che devono cogliere rapidamente: un gruppo di persone con competenze innovative di alto livello che oggi si mette a disposizione ed è pronto a collaborare per rivoluzionare il modo in cui si disegnano servizi e politiche.
I pubblici amministratori che hanno la capacità di vedere l’impatto e l’efficacia che questi approcci potrebbero aver sul futuro dei cittadini o che, almeno, pensano che valga la pena provarlo a capire, vanno facilitati e guidati nel superare le resistenze interne agli enti pubblici. C’è bisogno che guadagnino un piccolo spazio per sperimentare, per apprendere e per non disperdere questa spinta di entusiasmo che potrebbe essere l’incipit di una nuova onda di cambiamento sociale in Italia.
[1] C. Zampella, ”Design e sperimentazione: un nuovo approccio alle politiche pubbliche”, Ius in Itinere, ottobre 2018, https://www.iusinitinere.it/design-e-sperimentazione-un-nuovo-approccio-alle-politiche-pubbliche-13222
[2] C. Zampella, “Design thinking: cosa succede nei laboratori di innovazione pubblica?, Ius in Itinere, ottobre 2018 https://www.iusinitinere.it/design-thinking-cosa-succede-nei-laboratori-di-innovazione-pubblica-13943
[3] L. Orestano, “Il design-thinking e l’innovazione sociale per la buona politica”, Politiche Piemonte, marzo 2014
[4] Putnam ha descritto il capitale sociale come “L’insieme di caratteristiche della vita sociale, le reti, le norme e la fiducia che permettono alle persone di agire insieme in modo più efficace per raggiungere degli obiettivi comuni” Putnam, Robert D., Leonardi R., and Nanetti, R., “Making Democracy Work: Civic Traditions in Modern Italy”, Princeton, NJ: Princeton University Press, 1993b
[5] C. Zampella, “A design toolkit to engage citizens in innovating public policies within weak contexts.”, luglio 2016
https://issuu.com/claudiazampella/docs/claudia_zampella_thesis_book_a_tool
[6] Design Policy Lab, Sito Web ufficiale http://www.designpolicy.eu/
[7] Design Policy Lab, Sito Web ufficiale di Includi.Mi,
[8] Politecnico di Milano, Design Policy Lab, Laboratorio Tiresia, “Presentazione del progetto Includi.Mi”, luglio 2017, https://www.includimi.polimi.it/wp-content/uploads/2017/07/includimi_doc_presentazione_progetto.pdf
[9] Lo strumento del pay-by-result riguarda gli investimenti privati nel welfare pubblico che puntano al raggiungimento di un determinato obiettivo sociale per il ritorno dell’investimento stesso. Questo tema, però, merita un approfondimento dedicato che non tratteremo in questo articolo.
[10] SocialFare, Sito Web ufficiale, http://socialfare.org/en/
[11] L. Orestano, “Il design-thinking e l’innovazione sociale per la buona politica”, Politiche Piemonte, marzo 2014
[12] Team Digitale, Sito Web ufficiale, https://teamdigitale.governo.it/
[13] Sito Web ufficiale Designers Italia, https://designers.italia.it/
[14] Team Digitale, Sito Web ufficiale, pagina forum, sezione design dei servizi digitali delle scuole https://forum.italia.it/t/design-dei-servizi-digitali-delle-scuole/4100
Fonte immagine: https://extensionaus.com.au/extension-practice/design-thinking-innovation/
nata ad Aversa nel giugno 1992.
Laurea al Politecnico di Milano in Product-Service System Design in doppia laurea con la Tongji University di Shanghai e con il Politecnico di Torino.
Tesi sul ruolo del design per la progettazione di servizi pubblici in paesi con un basso capitale sociale dal titolo “A design toolkit to engage citizens in innovating public policies within weak contexts”
Area di interesse: Politica Economica
Interessi: il service design thinking per i servizi e le politiche pubbliche, progettazione cittadino-centrica, sperimentazione nelle politiche pubbliche, public procurement innovation, tecnologia e dati per le decisioni pubbliche, tecnologie civiche, sostenibilità e diritti umani
Lavoro attuale: Civic Service Designer presso una Società Benefit che si occupa di design e tecnologia per l’innovazione sociale attraverso la consulenza e la formazione
Obiettivi futuri: diffusione delle competenze del design per l’innovazione sociale e pubblica in altri contesti; creazione di una community regionale interessata alla pratica e alla sperimentazione di questi temi.