martedì, Ottobre 8, 2024
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Il divieto del velo islamico in luoghi pubblici: il caso Belcacemi e Oussar v. Belgio (CEDU)

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con la sentenza Belcacemi e Oussar v. Belgio , in data 11 Luglio 2017, ha stabilito che il divieto di indossare, in pubblico, indumenti che coprano parzialmente o completamente il volto non viola la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

La decisione, in particolare, fa riferimento ad una legge belga del 1 Giugno 2011  che  vietava l’utilizzo del velo islamico in luoghi pubblici: la Corte, nell’esame del caso, non ha individuato nessuna violazione degli articoli 8 (diritto al rispetto per la vita famigliare e privata), dell’articolo 9 (libertà di pensiero, coscienza e religione) e dell’articolo 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

Il caso è stato portato davanti alla Corte europea da due donne Samia Belcacemi e Yamina Oussar, entrambe residenti a Liegi; a seguito della legge del 2011, la prima aveva deciso di continuare ad indossare il velo per rispetto alle sue credenze religiose, per poi, in un secondo momento, ripensarci per paura di pesanti multe e della possibilità di essere incarcerata; la seconda  aveva, invece, deciso di rimanere confinata in casa con conseguenze per la sua vita privata e sociale.

I giudici di Strasburgo hanno affermato che, come nel caso S.A.S.  v. Francia, la legge belga aveva lo scopo di garantire la “convivenza civile” e , quindi, che il divieto fosse giustificabile; infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, lo Stato gode di un certo margine di apprezzamento nell’adempimento degli obblighi derivanti dall’art. 8 CEDU,  motivo per cui il Belgio era libero di reagire nella maniera che riteneva più idonea a garantire le relazioni umane all’interno della propria società e la sopravvivenza della democrazia.

In secondo luogo, la Corte ha analizzato le sanzioni previste in caso di infrazione del divieto; queste ultime sono sono state ritenute rispettabili del principio di proporzione. Nello specifico la legge prevedeva come sanzioni delle multe e, solo a seguito di una violazione ripetuta della norma, veniva prevista la detenzione in carcere, che quindi non ha applicazione in automatico. La legge belga, difatti, classifica come ibrido il reato: in parte ricadente nel diritto penale e in parte considerato come un illecito amministrativo, prevedendo misure alternative che possono essere messe in pratica anche a livello municipale.

Il giudizio è stato adottato all’unanimità, ma due tra i giudici, Spano e Karakas, hanno espresso un’opinione concorrente, cercando di limitare la portata della sentenza e ricordando che il destinatario della Convenzione EDU è il singolo e la tutela della sua dignità umana, motivo per cui eventuali limitazioni ai diritti tutelati, come nel caso di specie, sono giustificati soltanto alla luce di particolari condizioni oggettive, ugualmente degne di protezione: “il s’ensuit que l’hostilité et l’intolérance publiques à l’égard d’une catégorie particulière de personnes ne peuvent jamais justifier une restriction des droits garantis par la Convention”.

In realtà il caso Belga non un fenomeno isolato. La Francia è stato il primo Paese a vietare il velo integrale nell’Aprile del 2011, successivamente alcuni comuni hanno posto in essere divieti riguardanti il burkini. Nel 2015 anche l’Olanda ha imposto un divieto sul velo integrale limitato ad edifici governativi, ospedali, scuole e mezzi di trasporto pubblico. In Spagna sono previsti divieti in varie regioni della Catalogna, che in un primo momento furono rimossi a seguito di una decisione della Corte Suprema Spagnola che riteneva che tali divieti violassero la libertà religiosa, mentre in alcune parti della Spagna il divieto è rimasto in vigore proprio grazie ad una decisione della Corte Europea dei diritti dell’uomo che nel 2014 ne ha affermato la compatibilità con la Convenzione. Per quanto riguarda l’Italia il caso più importante rimane quello di Novara, dove il governo locale aveva più volte scoraggiato l’uso del velo islamico integrale tramite una serie di delibere.

Episodi come questo fanno capire che i problemi derivanti dall’immigrazione non si esauriscono a problemi di gestione flussi migratori: vi sono una serie di problematiche culturali alle quali l’Europa deve dare una risposta trovando il giusto bilanciamento tra il rispetto del multiculturalismo e la salvaguardia di valori alla base delle democrazie occidentali.

Mattia Monticelli

Mattia Monticelli è nato a Napoli nel 1993, diplomato al Liceo Scientifico Elio Vittorini ed attualmente studente di Giurisprudenza presso la Federico II di Napoli, collabora con Ius in Itinere per l'area di Diritto Internazionale. È da sempre appassionato dei risvolti pratici del diritto. Il suo interesse lo ha spinto ad entrare in ELSA Napoli ed a partecipare alla MOOT Court di Diritto Privato fin dal primo anno. Ama viaggiare e scoprire culture e modi di vivere diversi, questo lo ha portato a studiare, fin dal Liceo, l'Inglese conseguendo numerosi certificati. La voglia di viaggiare lo ha motivato a specializzarsi in futuro nel Diritto Internazionale. Email: mattia.monticelli@iusinitinere.it

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