lunedì, Ottobre 14, 2024
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La Corte di Cassazione sull’abitualità di cui all’art. 131 bis cod. pen., rispetto a reati della stessa indole avvinti dal nesso di continuazione

Il caso

Il caso in esame riguarda l’indebito e continuato impiego di una carta bancomat di provenienza furtiva, utilizzo reiterato in dieci distinti episodi illeciti, commessi il 28 e 29 agosto 2020. Con la sentenza num. 49678 del 2022 la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza del GIP del Tribunale di Pordenone con sui si era disposta l’assoluzione dell’imputato, in applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Trieste. Il ricorrente lamentava la violazione di legge rispetto all’applicazione della causa di non punibilità di cui all’articolo 131 bis cod. pen.. In particolare, si riconosce che, a fronte della commissione di più reati della stessa indole, è possibile applicare l’unificazione prevista quoad poenam dall’articolo 81 cod. pen. in relazione al reato continuato, ciò alla luce della sentenza delle Sezioni Unite n. 18891 del 2022, con cui il reato continuato è stato in astratto ritenuto compatibile con la causa di non punibilità in esame. È stato però chiarito che la serialità ostativa, come tale idonea ad integrare l’abitualità del comportamento, si realizza quando l’autore faccia seguire a due dei reati della stessa indole un’ulteriore, autonoma, condotta illecita.

La sentenza

Nell’accogliere il ricorso, il giudice di legittimità ricorda in premessa che, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessiva della fattispecie concreta, compresi, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., le modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile e l’entità del danno o del pericolo.

Il giudice del merito deve quindi valutare l’intera fattispecie concreta e ben potrebbe escludere la particolare tenuità dell’offesa o qualificare il comportamento come abituale, alla luce di una serie di indicatori. Tali indicatori si identificano, in modo non tassativo, alla luce della natura e gravità degli illeciti in continuazione, della tipologia dei beni giuridici protetti, dell’entità delle disposizioni di legge violate, delle finalità e modalità esecutive delle condotte, delle motivazioni e delle conseguenze che ne sono derivate, del periodo di tempo e del contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dell’intensità del dolo e della rilevanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti.

Fermo quanto precede, al §10.2 le Sezioni Unite avevano esaminato lo specifico caso di reati della stessa indole commessi per un numero superiore a tre, stabilendo che “la serialità ostativa, come tale idonea ad integrare l’abitualità del comportamento, si realizza infatti «quando l’autore faccia seguire a due reati della stessa indole un’ulteriore, analoga condotta illecita». Ciò sta a significare che i reati della stessa indole devono essere almeno tre, ricomprendendosi nel numero anche quello per il quale si procede”. Pertanto, allorché venga in rilievo una situazione caratterizzata dalla presenza di una pluralità di reati della stessa indole, si pone la necessità di verificarne il dato numerico, ciò anche nel caso in cui i reati siano avvinti dal nesso di continuazione.

Alla luce di tale statuizione, dal momento che i reati idonei a integrare un comportamento abituale possono essere sottoposti contemporaneamente alla cognizione dello stesso giudice e ciascuno dei fatti -singolarmente considerato- può essere caratterizzato da profili di particolare tenuità, l’applicazione della causa di non punibilità deve ritenersi preclusa allorché risultino a carico dell’imputato almeno tre reati della stessa indole, avvinti fra loro dal nesso della continuazione. Atteso che il caso di specie riguarda una sequenza comportamentale che annovera dieci violazioni della stessa disposizione di legge nell’arco di due giorni, la Corte conclude con la cassazione della sentenza impugnata, poiché la valutazione del Tribunale di Pordenone si è posta in contrasto con il richiamato orientamento delle Sezioni Unite, che viene quindi confermato.

 

La sentenza è  disponibile al seguente link: https://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20221230/snpen@s20@a2022@n49678@tS.clean.pdf

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